«Figliolo, non è che mi piaccia. Lo faccio soltanto perché ti amo.»
E, da quel momento in poi, grasso, grasso, grasso! Dov’era andata a finire? Era sparita nell’abisso dell’adipe. Era progressivamente scomparsa, a mano a mano che ingrassava.
«Figliolo, potresti almeno abbracciarmi, di tanto in tanto.»
«Mi hai scaricato tu, Mamma. Ed era giusto che lo facessi. Adesso sono grande. Non puoi pretendere che lo rifaccia ancora.»
«Tu non mi vuoi più bene!»
— Cosa c’è per colazione, Mamma? — chiede Chib.
— Ho una bella mano, Chibby — dice Mamma. — Come mi hai detto tante volte, adesso sei grande. Solo per stavolta, fatti tu la colazione.
— Perché mi hai chiamato, Mamma?
— Perché mi sono dimenticata dell’ora in cui si inaugura la tua mostra. Volevo dormire un po’, prima di andarci.
— Alle due e mezzo, Mamma. Ma non sei obbligata ad andarci.
Le labbra verdi, coperte di make-up, si schiudono come una ferita in cancrena. Mamma si gratta un seno, coperto di rossetto anch’esso. — Oh, ci tengo a venire. Non voglio perdermi il successo artistico di mio figlio. L’avrai, la borsa di studio?
— Se no, finiamo in Egitto — conclude lui.
— Quegli arabi fetenti! — dice Guglielmo il Conquistatore.
— È il governo che decide, non gli arabi — dice Chib. — Gli arabi li hanno trasferiti per la stessa ragione per cui forse dovremo andarcene noi.
Dal manoscritto inedito del Nonno: Chi l’avrebbe mai pensato che Beverly Hills diventasse antisemita?
— Non voglio andare in Egitto! — piagnucola la Mamma. — Devi assolutamente avere quella borsa di studio, Chibby. Non voglio lasciare la mia zona. Sono nata e cresciuta qui… be’, al decimo livello, almeno, e quando mi sono trasferita qui, tutti gli amici mi hanno seguito. Non voglio andare!
— Non piangere, Mamma — dice Chib che, nonostante tutto, prova compassione per lei. — Non piangere. Il governo non può costringerti, lo sai. Hai i tuoi diritti.
— Se vuoi continuare ad avere tutte le tue belle cose, ti toccherà andare — dice il Conquistatore. — A meno che Chib non vinca la borsa, naturalmente. E io non mi sentirei di dargli torto, se non ci desse dentro per vincerla. Non è colpa sua, se non puoi dire di no allo Zio Sam. Hai il tuo salario purpureo e quello che Chib guadagna vendendo i quadri. Eppure non ti basta. Tu spendi più di quanto incassi.
Mamma strilla infuriata contro Guglielmo; parte la lite. Chib spegne il fideo. Al diavolo la colazione: mangerà più tardi. L’ultimo quadro per il Festival deve essere finito entro mezzogiorno. Preme un pulsante, e la stanza nuda a forma d’uovo si apre qua e là, e il necessario per dipingere salta fuori come un dono degli dèi dell’elettronica. Zeusi ci rimarrebbe secco e Van Gogh darebbe in ismanie, se potessero vedere la tela e la tavolozza e il pennello che usa Chib.
Il processo del dipingere richiede di piegare e torcere migliaia di fili, facendo loro assumere forme diverse a seconda delle varie profondità. I fili sono così sottili che si possono vedere solo con la lente d’ingrandimento e si possono manipolare solo con pinzette estremamente minute.
Ecco spiegati gli occhialoni che lui porta e il lungo strumento, simile a un pizzo, a una trina, che Chib tiene in mano durante le prime fasi della creazione di un quadro. A capo di centinaia di ore di lente e pazienti fatiche (amorose), i fili sono finalmente al loro posto.
Chib si toglie gli occhialoni per valutare l’effetto complessivo. Poi usa lo spruzzatore per coprire i fili con i colori e le sfumature che desidera. La tinta si asciuga e s’indurisce in pochi minuti. Chib collega i cavi elettrici al recipiente e preme un bottone per trasmettere ai fili un voltaggio minimo. I fili risplendono sotto il colore e, come valvole lillipuziane, spariscono lasciando solo una nuvoletta di fumo azzurrognolo.
Il risultato è un’opera tridimensionale composta di duri gusci di colore a parecchi strati, sotto l’involucro esterno. I gusci hanno vario spessore e sono tutti così sottili che la luce si insinua da quello più esterno a quello più interno, quando il quadro viene ruotato di un certo angolo. Alcune parti dei gusci sono soltanto riflettori che hanno la funzione di intensificare la luce, in modo che si possano vedere le immagini che stanno all’interno.
Quando viene esposto, il quadro è montato su un piedestallo semovente che lo fa girare di 12 gradi sulla sinistra e poi di 12 gradi sulla destra.
Il fideo suona. Chib, bestemmiando, si chiede se non sia il caso di staccarlo. Fortuna che non è il citofono, con sua madre che lo chiama istericamente. Non ancora, comunque. Chiamerà di sicuro, se comincerà a perdere forte a poker.
Apriti, Sesamo!