LA FESTA DA S.-BALLO

Madame Trismegista esclama: — Ti leggo la sorte, Chib! Vediamo cosa dicono le stelle per mezzo delle carte!

Lui allora si siede al tavolino di Madame Trismegista, mentre i suoi amici gli si affollano attorno.

Okay, Madame. Come faccio a tirarmi fuori da questo casino?

Lei mischia e scopre la prima carta.

— Gesù! L’asso di picche!

— Farai un lungo viaggio.

— L’Egitto! — grida Rousseau Falco Rosso. — Oh, no, non andarci, Chib! Vieni con me là dove pascola il bisonte e…

Un’altra carta.

— Presto incontrerai una bellissima donna bruna.

— Una maledetta araba! Oh, no, Chib, dimmi che non è vero!

— Presto avrai grandi onori.

— Chib avrà la borsa di studio!

— Se avrò la borsa di studio, non dovrò andare in Egitto — dice Chib. — Madame Trismegista, con tutto il dovuto rispetto, stai dicendo un sacco di stronzate.

— Non farti beffe di me, giovanotto. Non sono un computer. Sono sintonizzata sulle vibrazioni della psiche.

Carta. — Correrai un grande pericolo, fisico e morale.

Chib dice: — Questo mi capita almeno una volta al giorno.

Carta. — Un uomo che ti è molto vicino morirà due volte.

Chib impallidisce, si riprende, e dice: — Un vigliacco muore di mille morti.

— Viaggerai nel tempo, ritornerai al passato.

— Cribbio! — dice Falco Rosso. — Non esagerare, Madame. Ti verrà un’ernia psichica, e dovrai portare un cinto di ectoplasma!

— Ridete pure quanto volete, voialtri stronzoni — dice Madame. — Ci sono molti mondi, non soltanto il nostro. Le carte non mentono, quando le faccio io.

— Gambrinus! — grida Chib. — Un altro boccale di birra per Madame.

I Giovani Radicchi tornano al loro tavolo, che è un disco senza gambe, tenuto sospeso in aria da un campo gravitazionale. Benedectine lancia loro occhiatacce, e va a imbrancarsi con le altre ragazze. A un tavolo vicino siede Pinkerton Legrand, agente governativo, rivolto verso di loro, in modo che il fideo nascosto sotto la finestra a falso specchio della giacca li inquadri. Tutti sanno quel che sta facendo. Lui sa che lo sanno, e l’ha riferito al suo superiore. Si acciglia quando vede entrare Falco Accipiter. Legrand non ama che un agente di un altro dipartimento si immischi nel suo caso. Ma Accipiter non degna Legrand di un’occhiata. Ordina un tè e poi finge di lasciar cadere nella teiera una delle pillole che si combinano con l’acido tannico per formare l’S.

Rousseau strizza l’occhio a Chib e attacca: — Credi davvero che sia possibile paralizzare tutta Los Angeles con un’unica bomba?

— Tre bombe! — lo corregge a voce alta Chib, in modo che il fideo di Legrand colga bene le parole. — Una per il quadro di comando dell’impianto di dissalazione, la seconda per i comandi di riserva, la terza per la tubazione che porta l’acqua alle cisterne del ventesimo livello.

Pinkerton Legrand impallidisce. Trangugia tutto il whisky del bicchiere e poi ne ordina un altro, sebbene ne abbia già bevuto fin troppo. Preme il tasto del suo fideo per trasmettere un allarme a triplice priorità. Al Quartier Generale lampeggiano le spie rosse; un gong echeggia ripetutamente; il capo si sveglia così all’improvviso che cade dalla sedia.

Anche Accipiter ha ascoltato le parole di Chib, ma resta seduto rigido, cupo come la statua in diorite di un falco dei faraoni. Monomaniaco com’è, non lascia che il progetto di inondare Los Angeles lo distragga, neanche se dovesse realizzarsi davvero. Segue le tracce del Nonno, e adesso è qui perché spera di usare Chib come chiave. Un “topo” (così chiama i criminali) corre sempre nella tana dell’altro.

— Quando pensi che potremo entrare in azione? — dice Huga Wells-Erb Heinsturbury, la scrittrice di fantascienza.

— Tre settimane — dice Chib.

Al Quartier Generale, il capo maledice Legrand perché lo ha chiamato. Sono migliaia i giovani, maschi e femmine, che si sfogano inventando simili trame di distruzione, assassinii, rivolte. Non capisce perché quei giovani teppisti parlino così, poiché tutto gli viene dato gratis. Se potesse fare a modo suo, li sbatterebbe in galera, a calci nel culo.

— E dopo, dovremo scappare a rifugiarci all’estero — dice Falco Rosso. Gli brillano gli occhi. — Ve lo dico io, ragazzi, essere un uomo libero nella foresta è meraviglioso. Là sei un vero individuo, non un numero come tutti.

Falco Rosso crede in questa trama per distruggere Los Angeles. È felice perché, anche se non lo ha detto a nessuno, mentre era nel grembo di Madre Natura sentiva profondamente la nostalgia di una compagnia un po’ più intellettuale. Gli altri selvaggi erano capaci di sentire un daino a cento metri, di scoprire un serpente a sonagli tra i cespugli, ma erano sordi al fischio della filosofia, al nitrito di Nietzsche, al ronzio di Russell, al canto di Kant.

— Porci analfabeti! — gli scappa a voce alta. Gli altri chiedono: — Che cosa?

— Niente. Sentite, voi dovreste saperlo che è meraviglioso. Eravate nel CORECOMON.

— Io ero in fureria — dice Omar Runic. — Avevo la febbre del fieno.

— Io ero in permesso per prendere la seconda laurea — ricorda Gibbon Tacitus.

— Io ero nella banda musicale del CORECOMON — spiega Sibelius Amadeus Yehudi. — Uscivamo solo quando andavamo a suonare nei campeggi, ma capitava poche volte.

— Chib, tu eri nel Corpo. Ti piaceva, vero?

Chib annuisce, ma risponde: — A vivere da neoamerindo ti parte via tutto il tempo, solo per sopravvivere. Quando potrei dipingere? E chi vedrebbe i miei quadri, se trovassi il tempo di farli? Comunque, non è una vita adatta a una donna o a un bambino piccolo.

Falco Rosso assume un’espressione offesa, e ordina un whisky mischiato con l’S.

Pinkerton Legrand non vuole interrompere la sua osservazione, ma non sa resistere alla pressione della vescica. Si avvia verso la stanza usata dai clienti a tale scopo. Falco Rosso, incazzato dal rifiuto degli amici, allunga la gamba e gli fa lo sgambetto. Legrand inciampa, si rimette in equilibrio e fa ancora un passo barcollando. Benedectine allunga la gamba a sua volta. Legrand cade bocconi. Adesso non ha più motivo per andare all’orinatoio, se non per lavarsi tutto.

Ridono tutti i presenti, tranne Legrand e Accipiter. Legrand balza in piedi, stringendo i pugni. Benedectine non gli bada e si avvicina a Chib, seguita dalle sue amiche. Chib s’irrigidisce. Lei dice: — Bastardo depravato! Mi avevi promesso di farlo solo con il dito!

— Ti ripeti — dice Chib. — L’importante è questo: che ne sarà del bambino?

— Che t’importa? — dice Benedectine. — Per quel che ne sai tu, potrebbe anche non essere tuo.

— Se non fosse mio — dice Chib — mi sarei tolto un fastidio. Comunque, anche il bambino dovrebbe avere il diritto di dire la sua. Potrebbe avere voglia di vivere… anche con una madre come te.

— E avere una vita disgraziata come questa! — grida lei. — È un favore che gli faccio. Andrò all’ospedale e me ne sbarazzerò. Per colpa tua, dovrò perdere la mia grande occasione al Festival Popolare! Ci saranno agenti venuti da ogni parte, e io non avrò la possibilità di far sentire come canto!

— Sei una bugiarda — dice Chib. — Ti sei tutta tappata per andare a cantare.

Benedectine ha la faccia rosso fuoco; gli occhi sgranati; le narici dilatate.

— Mi hai rovinato tutto il godimento!

E aggiunge, gridando ai presenti: — Ehi, tutti quanti, volete sentirne una bella? Questo grande artista, questo mostro di virilità, Chib il divino, viene solo se lo pompi!

Gli amici di Chib si guardano in faccia, sorpresi. Cos’ha da strillar tanto, quella stronza? È una cosa che sanno tutti.


Dalle Eiaculazioni private del Nonno:

Alcune caratteristiche della religione panamorita, così biasimate e condannate nei secoli scorsi, sono oggi realtà quotidiana. Amore, amore, fisico e spirituale! Non è sufficiente limitarsi a baciare e abbracciare i propri figli. Ma la stimolazione orale dei genitali degli infanti da parte di genitori e parenti ha portato ad alcuni bizzarri riflessi condizionati. Potrei scrivere un libro su questo aspetto della vita della metà del secolo 22°, e non è detto che prima o poi non lo faccia.


Legrand esce dalla toilette. Benedectine schiaffeggia Chib. Chib le restituisce lo schiaffo. Gambrinus apre il ripiano mobile del banco e si lancia attraverso l’apertura gridando: — Poisson! Poisson!

Si scontra con Legrand, che va a sbattere contro Bela, che urla, piroetta e schiaffeggia Legrand, che ricambia lo schiaffo. Benedectine vuota un bicchiere di S. in faccia a Chib. Con un ululato, questi rizza la schiena e le sferra un pugno. Benedectine lo schiva; il pugno le sfiora la spalla e centra nel petto una sua amica.

Falco Rosso balza sul tavolo e grida. — Io sono un vero orso magico, metà alligatore, metà…

Il tavolo, sostenuto da un campo gravitazionale, non può reggere molto peso. S’inclina e lo catapulta in mezzo alle ragazze, che cadono tutte. Mordono e graffiano Falco Rosso; Benedectine lo afferra per i testicoli. Lui urla, si dimena; con i piedi, riesce a scagliare Benedectine sulla tavola.

Questa ha riguadagnato l’altitudine normale, ma adesso s’inclina di nuovo, scaricando la ragazza dall’altra parte. Legrand, che passava in punta di piedi attraverso la folla, diretto verso l’uscita, finisce a terra e ci rimette un incisivo, urtando contro la rotula di qualcuno. Sputando sangue e denti, balza in piedi e sferra un pugno al primo che gli capita sotto tiro.

Gambrinus allora spara con una pistola che lancia un minuscolo razzo illuminante. L’intenzione è quella di abbagliare i litiganti e perciò permettere loro di riacquistare anche il buon senso, mentre recuperano la vista. Il razzo brilla, sospeso nell’aria, come:

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