XXVIII

Dravivian lo fece accomodare in una grande sala rivestita con pannelli di legno. I mobili erano scuri, pesanti, di stile medioevale.

A una parete era appeso un arazzo rappresentante una scena di caccia.

«Vi piace?» chiese Dravivian. «I mobili sono dei miei genitori. Mia moglie ha copiato l’arazzo da un originale che si trova al Metropolitan Museuni. E i miei due figli hanno curato l’arredamento. Volevano mobili che ricordassero l’antica Spagna. Il mio contributo non è visibile. Mi occupo solo della musica barocca.»

«Oltre al lavoro di polizia» osservò Barrent.

«Sì, oltre a quello.»

Dravivian tornò a voltarsi verso l’arazzo.

«Parleremo di questo fra poco. Prima di tutto mi dovete dire cosa ne pensate di questa stanza.»

«È molto bella» disse Barrent.

«Sì. E poi?…»

«Be’… non sono un buon giudice.»

«Dovete giudicare» disse Dravivian. «In questa stanza potete vedere le civiltà della Terra in miniatura. Ditemi quello che ne pensate.»

«Mi sembra senza vita» disse Barrent.

Dravivian si volse verso Barrent e sorrise.

«Sì, esatto. E questa è la stanza di una persona di condizione elevata. Un gran lavoro creativo si è reso necessario per dar vita a questi archetipi antichi. La mia famiglia ha voluto ricreare un pezzo di Spagna del passato, come altri hanno voluto ricreare angoli della civiltà Maya, di Vecchia America, di civiltà Oceanica. Tuttavia la vacuità di tutto questo è evidente. Le nostre fabbriche producono gli stessi beni di anno in anno. Dato che tutti hanno le stesse cose è necessario, per migliorare, per esprimere la nostra personalità, modificare e abbellire da noi questi prodotti. Ecco cos’è la Terra, Barrent. Tutte le nostre energie e le nostre abilità sono incanalate verso scopi decadenti. Copiamo gli oggetti antichi e intanto le frontiere dei lontani pianeti rimangono inesplorate, non conquistate. Da lungo tempo abbiamo cessato di espanderci. La stabilità ha portato il ristagno in cui saremo costretti a soccombere. Siamo ormai così altamente socializzati che la spinta individuale si è rivolta verso gli scopi più inutili e allontanata da qualsiasi realizzazione davvero significativa. Penso che abbiate visto qualcosa da quando siete giunto sulla Terra.»

«Sì. Però non avrei mai pensato di sentirlo dire dal Capo della Polizia Segreta.»

«Sono un uomo imprevedibile» rispose Dravivian con un sorriso. «E la Polizia Segreta è una istituzione altrettanto imprevedibile.»

«E molto efficiente. Come avete fatto a scoprirmi?»

«Per la verità è stato molto semplice. La maggior parte degli abitanti della Terra è condizionata alla sicurezza fin dalla fanciullezza. Quasi tutte le persone che avete incontrato hanno trovato in voi qualcosa di strano. Eravate fuori posto in maniera troppo evidente, come un lupo in mezzo alle pecore. La gente lo notava e lo veniva a riferire direttamente a me.»

«Molto semplice» disse Barrent. «E adesso?»

«Prima, voglio che mi diciate qualcosa di Omega.»

Barrent raccontò cos’era la vita sul pianeta-penitenziario, e vide Dravivian annuire e sorridere appena.

«Sì, è quello che mi aspettavo» disse. «Le stesse cose erano accadute nell’America del Nord e in Australia. C’è una differenza, naturalmente, voi eravate stato allontanato dalla madre patria in maniera più radicale.»

«Cosa farete ora?» chiese Barrent.

Dravivian si strinse nelle spalle.

«Non ha alcuna importanza. Potrei uccidervi. Ma non penso che questo fermerebbe il vostro Gruppo su Omega. E non appena gli Omegani dovessero muoversi in forza, scoprirebbero la verità.»

«Quale verità?»

«Dovrebbe essere ovvia ormai» disse Dravivian. «La Terra non ha più combattuto guerre da circa ottocento anni. L’organizzazione delle astronavi che girano attorno a Omega non è che una semplice facciata. Gli scafi sono completamente automatizzati, idonei ad affrontare condizioni possibili parecchi secoli fa. Un attacco diretto porterebbe facilmente alla cattura di una delle astronavi, e questo faciliterebbe la cattura di tutte le altre. A questo punto nessuno potrebbe fermare gli Omegani, e una volta sulla Terra non ci sarebbe niente con cui combatterli. Questa è la ragione per cui tutti i prigionieri in partenza vengono privati della memoria. Se essi ricordassero, la vulnerabilità della Terra sarebbe troppo evidente.»

«Se sapete questo, perché i capi non fanno qualcosa?»

«Era la nostra prima intenzione. Ma non c’è mai stata una vera spinta a fare qualcosa. Abbiamo preferito non pensarci. Credevamo che quello stato potesse protrarsi indefinitamente. Non volevamo pensare al giorno in cui gli Omegani sarebbero ritornati sulla Terra.»

«Cosa farete voi e le vostre forze di polizia quel giorno?»

«Anch’io sono solo una semplice facciata» rispose Dravivian. «Io non ho forze di polizia. La mia carica di Capo è semplicemente onoraria. Da circa un secolo non c’è più stato bisogno di forze di polizia.»

«Ne avrete certo bisogno quando torneranno gli Omegani.»

«Sì. Ci saranno ancora delitti e situazioni gravi. Però penso che alla fine ci si riuscirà ad amalgamare. Voi su Omega avevate uno scopo, l’ambizione di raggiungere le stelle. Credo che abbiate bisogno di una certa stabilità e di una capacità produttiva, e la Terra ve le può dare. Ma qualunque sarà il risultato, l’unione è inevitabile. Abbiamo vissuto troppo a lungo in un sogno, ed è giunta l’ora di svegliarci.»

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