24 Una tempesta in aumento

La luce di metà pomeriggio si sarebbe dovuta riversare attraverso le finestre della camera da letto di Rand, ma fuori stava cadendo una pioggia battente, e tutte le lampade erano accese per tenere a bada un’oscurità crepuscolare. Il tuono scuoteva i telai delle finestre e i vetri al loro interno. Era una tempesta feroce, che era scesa dal Muro del Drago più velocemente di un cavallo al galoppo e aveva portato con sé un freddo più intenso, quasi tale da consentire una nevicata. I goccioloni che scrosciavano sulla casa erano poltiglia semicongelata, e malgrado i ceppi ardenti nel focolare, un gelo aleggiava nella stanza. Disteso sul letto con gli stivali ai piedi, li teneva uno sopra l’altro sul copriletto e fissava il baldacchino cercando di mettere ordine fra i suoi pensieri. Poteva ignorare la tempesta all’esterno, ma Min accoccolata sotto il suo braccio era un’altra questione. Non cercava di distrarlo; semplicemente ci riusciva senza provarci. Cosa doveva fare con lei? E con Elayne, e con Aviendha. Quelle due erano solo vaghe presenze nella sua testa, così lontano da Caemlyn. Perlomeno supponeva che fossero ancora a Caemlyn. Le supposizioni erano pericolose quando si trattava di quelle due. Tutto quello che sapeva di loro al momento era una generica direzione e la consapevolezza che erano vive. Il corpo di Min era premuto forte contro il suo fianco, e il legarne la rendeva tanto vibrante nella sua testa quanto lo era fisicamente. Era troppo tardi per tenere al sicuro Min, per tenere al sicuro Elayne e Aviendha?

Cosa ti fa pensare di poter tenere qualcuno al sicuro?, sussurrò Lews Therin nella sua testa. Il folle defunto era come un vecchio amico, ora.

Moriremo tutti. Spera solo di non essere tu a ucciderle. Non un amico gradito, solo uno di cui non poteva sbarazzarsi. Non temeva di uccidere Min o Elayne o Aviendha più di quanto temesse di diventare pazzo. Più di quanto non lo fosse già, perlomeno, con un uomo morto dentro la sua testa e alle volte una faccia indistinta che quasi riusciva a riconoscere. Osava chiedere consiglio a Cadsuane su una di tali questioni?

Non fidarti di nessuno, mormorò Lews Therin, poi proruppe in una risata beffarda. Incluso me.

Senza alcun avvertimento, Min gli assestò un pugno nelle costale tanto forte da farlo grugnire.

«Stai diventando malinconico, pastore» brontolò. «Se ti stai preoccupando ancora per me, ti giuro che...» Aveva così tanti modi di brontolare, Min, ognuno associato a diversi tipi di sensazioni attraverso il legame. C’era la leggera irritazione che percepiva da lei, questa volta con una traccia di preoccupazione, e ogni tanto c’era una punta affilata come se si stesse trattenendo dallo staccargli la testa a morsi. C’era un brontolio che quasi gli provocava una risata dal divertimento nella sua testa, o quanto di più simile al riso da quello che sembrava un tempo lunghissimo, e un brontolio di gola che gli avrebbe riscaldato il sangue anche senza il legame.

«Basta con quei pensieri, adesso» gli disse in tono ammonitore prima che lui potesse muovere la mano appoggiata sulla sua schiena e lei rotolasse giù dal letto, lisciandosi la giacca ricamata con uno sguardo di rimprovero. Da quando lo aveva legato a sé, lei era ancora più brava nel leggere i suoi pensieri, e già lo era stata abbastanza prima. «Cos’hai intenzione di fare per loro, Rand? Cos’ha intenzione di fare Cadsuane?»

Un fulmine balenò alle finestre, tanto intenso da annullare quasi la luce delle lampade, e il tuono rimbombò contro i vetri della finestra.

«Non sono ancora capace di vedere ciò che farà prima del tempo, Min. Perché oggi dovrebbe essere diverso?»

Lo spesso materasso di piume si incurvò sotto di lui mentre faceva volteggiare le gambe oltre il bordo e si sedeva rivolto verso di lei. Quasi premette una mano contro le vecchie ferite al fianco senza pensarci, poi si trattenne e modificò il movimento per abbottonarsi la giacca. Quelle due ferite sovrapposte, parzialmente curate e che non sarebbero mai guarite, gli dolevano da Shadar Logoth. O forse era solo più consapevole del loro pulsare, il calore che proveniva da esse era come una fornace febbrile intrappolata in un’area più piccola del palmo della sua mano. Una, almeno, sperava sarebbe cominciata a guarire ora che Shadar Logoth era scomparsa. Forse non era passato ancora abbastanza tempo perché potesse notare qualche differenza. Non era lo stesso lato colpito da Min – era sempre gentile su quello, anche se non col resto di lui – ma Rand reputava di averle tenuto nascosto il suo dolore. Non era il caso di darle altro di cui preoccuparsi. L’inquietudine nei suoi occhi e nella sua testa probabilmente riguardava Cadsuane. O le altre. Il maniero e tutti i suoi edifici periferici adesso erano affollati. Era parso inevitabile che presto o tardi qualcuno avrebbe tentato di usare i Custodi lasciati a Cairhien; le loro Aes Sedai non avevano gridato ai quattro venti che stavano andando a cercare il Drago Rinato, ma non erano state nemmeno particolarmente taciturne. Pure così non avrebbe mai previsto quelli che erano arrivati con loro. Davram Bashere con un centinaio dei suoi cavalieri leggeri saldeani, era smontato in una pioggia battente spinta dal vento borbottando qualcosa su selle rovinate. Più di mezza dozzina di Asha’man nelle loro giubbe nere, che per qualche ragione non li avevano riparati dall’acquazzone. Cavalcavano con Bashere, ma era stato come se fossero arrivati due gruppi che mantenevano fra loro sempre una breve distanza, un forte sintomo di vigile cautela. E uno degli Asha’man era Logain Ablar. Logain! Un Asha’man, che indossava la spada e il drago sul colletto! Sia Bashere che Logain volevano parlargli, ma non di fronte a qualcuno, in particolare non di fronte all’altro, pareva. Inattesi o no, però, non erano certo i più sorprendenti fra i visitatori. Rand aveva pensato che le Aes Sedai dovessero essere altre amiche di Cadsuane, tuttavia avrebbe giurato di averla vista sorpresa quanto lui nello scorgere la maggior parte di loro. Cosa ancora più strana, tutte tranne una parevano essere con gli Asha’man! Non prigioniere e di certo non guardie; ma Logain era stato riluttante a spiegare con Bashere presente, e Bashere riluttante a lasciare a Logain la prima opportunità di parlare con Rand da solo. Ora si stavano tutti asciugando e sistemando nelle loro camere, lasciandolo a mettere ordine fra i suoi pensieri. Per quanto poteva, con Min lì vicino. Cosa avrebbe fatto Cadsuane? Be’, lui aveva cercato di chiederle consiglio. Gli eventi li avevano battuti sul tempo, però. La decisione era stata presa, qualsiasi cosa Cadsuane ne pensasse. Un fulmine balenò di nuovo alla finestra. Pareva che si addicesse a Cadsuane. Non si poteva mai dire dove avrebbe colpito. Alivia la finirebbe, borbottò Lews Therin. Lei ci aiuterà a morire; rimuoverebbe Cadsuane per noi, se tu glielo dicessi.

Non voglio ucciderla, pensò Rand rivolto all’uomo morto. Non posso permettermi che muoia.

Lews Therin ne era al corrente quanto lui, ma l’uomo bofonchiò sottovoce comunque. Da Shadar Logoth, sembrava un po’ meno folle, talvolta. O forse Rand lo era un po’ di più. Dopotutto aveva preso a considerare normale parlare con un uomo morto nella sua testa, e questo non era certo da persona sana di mente.

«Tu devi fare qualcosa» borbottò Min, intrecciando le braccia sotto il seno.» L’aura di Logain parla ancora di gloria, più forte che mai. Forse pensa ancora di essere il vero Drago Rinato. E c’è qualcosa di scuro nelle immagini che ho visto attorno a lord Davram. Se si rivoltasse contro di te, o morisse... Ho udito uno dei soldati dire che lord Dobraine potrebbe morire. Perdere anche uno solo di loro sarebbe un duro colpo. Perdi tutti e tre e potrebbe volerci un anno per riprenderti.»

«Se l’hai visto, allora accadrà. Devo fare quello che posso, Min, non preoccuparmi di quello che non posso.» Lei gli rivolse uno di quegli sguardi che le donne avevano in abbondanza, come se lui stesse cercando di iniziare un litigio.

A un raspare alla porta lui voltò la testa e Min cambiò posizione. Rand sospettava che avesse fatto scivolare un coltello da lancio fuori dalla manica e lo stesse nascondendo dietro il polso. Quella donna portava addosso più coltelli di Thom Merrilin. O di Mat. Dei colori turbinarono nella sua testa, quasi a formare... cosa? Un uomo seduto su un carro? Non il viso che a volte appariva nei suoi pensieri, comunque, e la scena scomparve in un istante, senza le vertigini che accompagnavano la faccia.

«Avanti» chiamò alzandosi.

Elza allargò le sue gonne verde scuro in un’elegante riverenza nell’entrare, i suoi occhi luminosi in mezzo al viso. Una donna dall’aspetto piacente e con lo stesso freddo compiacimento di un gatto; pareva a malapena vedere Min. Di tutte le Sorelle che si erano votate a lui, Elza era la più entusiasta. Le altre avevano avuto le loro ragioni per avergli giurato fedeltà, le loro spiegazioni, e ovviamente Verin e le Sorelle che erano venute a trovarlo ai Pozzi di Dumai non avevano avuto una vera scelta fronteggiando un ta’veren; ma nonostante la sua freddezza esteriore, Elza pareva bruciare di passione perché lui raggiungesse Tarmon Gai’don. «Hai detto di farti sapere quando fosse giunto l’Ogier» disse, non distogliendo mai gli occhi dal suo volto.

«Loial!» urlò Min colma di allegria, infilandosi di nuovo il coltello su per la manica mentre superava di corsa Elza, che batté le palpebre alla vista della lama. «Avrei potuto uccidere Rand se ti avesse lasciato andare in camera tua prima che potessi vederti!» Il legame gli trasmetteva che non lo intendeva davvero. Non esattamente.

«Grazie» disse Rand a Elza, ascoltando i suoni gioviali dal salotto, la leggera risata di Min e il tremore dell’ilarità da Ogier di Loial, come se fosse la terra a ridere. Un tuono rimbombò nel cielo. Forse la passione dell’Aes Sedai arrivava a voler sapere cosa lui volesse dire a Loial, poiché le sue labbra si assottigliarono ed Elza esitò prima di rivolgergli un’altra riverenza e uscire impettita dalla camera da letto. Una breve pausa nei suoni divertiti annunciò il suo passaggio per il salotto, ma il vociare riprese quando fu uscita. Soltanto allora Rand afferrò il Potere. Cercava di fare in modo che nessuno lo vedesse mentre lo faceva.

Fuoco si riversò in lui, più caldo del sole, e freddo tale da far sembrare primavera la peggior tormenta, una rabbia vorticante che faceva scomparire la tempesta all’esterno, minacciando di trascinarlo via alla minima disattenzione. Afferrare saidin era una questione di sopravvivenza. Ma all’improvviso il verde delle cornici fu più verde, il nero della sua giubba più nero, l’oro dei ricami più dorato. Poteva vedere le venature dei pali del letto intagliati a forma di vite, notare gli impercettibili segni lasciati quando l’artigiano li aveva scartavetrati tanti anni prima. Saidin lo faceva sentire come se fosse stato mezzo cieco e insensibile senza di esso. Quella era una parte delle sensazioni che provava.

Limpido, sussurrò Lews Therin. Di nuovo puro e limpido. Lo era. La lordura che aveva insozzato la metà maschile del Potere fin dalla Frattura era sparita. Questo non impedì che la nausea montasse dentro Rand, il violento impulso a piegarsi in due e a vomitare sul pavimento. La stanza parve roteare per un istante, e lui dovette sorreggersi appoggiando una mano sulla colonna più vicina del letto. Non sapeva perché soffrisse ancora di questo malessere, ora che la contaminazione era scomparsa. Lews Therin non lo sapeva oppure non voleva dirglielo. Ma il malessere era il motivo per cui non poteva lasciare che nessuno lo vedesse afferrare saidin, se poteva farne a meno. Elza poteva bruciare dal desiderio di vederlo raggiungere l’Ultima Battaglia, ma erano fin troppi gli altri che volevano vederlo cadere, e non tutti erano Amici delle Tenebre.

In quel momento di debolezza, l’uomo morto si allungò verso saidin. Rand poteva percepirlo tentare di ghermirlo con cupidigia. Spingerlo via gli risultava più difficile di un tempo? Per certi versi, Lews Therin sembrava essere più saldamente parte di lui, dopo Shadar Logoth. Non aveva importanza. Gli rimaneva ancora poco prima di poter morire. Doveva solo durare per quel poco. Traendo un profondo respiro, ignorò le rimanenti tracce di malessere e avanzò a grandi passi nel salotto tra il fragore del tuono.

Min era nel mezzo della stanza con una delle mani di Loial in entrambe le sue mentre gli sorrideva. Ci volevano tutte e due le sue mani per reggerne una di Loial, e assieme non andavano nemmeno vicino a coprirla. La cima della testa dell’Ogier mancava l’intonaco del soffitto di poco. Aveva indossato una giacca pulita di lana blu scuro, la cui parte inferiore si stendeva su pantaloni rigonfi sino agli stivali alti fino al ginocchio, ma una volta tanto dalle sue tasche non sporgevano le protuberanze angolose di libri. Occhi delle dimensioni di tazze da té si illuminarono alla vista di Rand, e il sorriso sulla sua ampia bocca divise davvero in due la sua faccia. Le orecchie dalle punte pelose che spuntavano dai suoi capelli arruffati fremettero di piacere.

«Lord Algarin ha stanze per ospiti Ogier, Rand» tuonò con una voce come un tamburo profondo. «Riesci a immaginarlo? Ne ha sei!

Certo, non vengono usate da un po’ di tempo, ma vengono arieggiate ogni settimana, perciò non c’è muffa, e le lenzuola sono di ottimo lino. Pensavo che avrei dovuto nuovamente piegarmi in due in un letto di dimensioni umane. Non rimarremo qui a lungo, vero?» Le sue lunghe orecchie si afflosciarono un poco, poi presero a contrarsi a disagio.

«Non penso che dovremmo. Voglio dire, potrei abituarmi ad avere un vero letto, e ciò non andrebbe bene se devo stare con te. Voglio dire... Be’, sai cosa voglio dire.»

«Lo so» disse Rand in tono gentile. Avrebbe potuto ridere per la costernazione dell’Ogier. Avrebbe dovuto ridere. Ne sembrava incapace, di recente. Filando una tela contro orecchie indiscrete attorno alla stanza, la annodò in modo da poter lasciar andare saidin. Le ultime tracce di nausea cominciarono a svanire immediatamente. Di solito riusciva a controllare il malessere, con uno sforzo, ma non c’era motivo quando non era necessario. «Qualcuno dei tuoi libri si è bagnato?» La preoccupazione principale di Loial al suo arrivo era stata di controllare i suoi libri.

All’improvviso lo colpì la consapevolezza di aver pensato a ciò che aveva fatto come ‘filare una tela’. Quello era il modo in cui l’avrebbe descritto Lews Therin. Quel genere di cose accadeva fin troppo spesso, le espressioni che usava l’altro uomo gli scivolavano nella testa, i ricordi del morto si mescolavano ai suoi. Era Rand al’Thor, non Lews Therin Telamon. Aveva intessuto una protezione e legato il flusso, non filato una tela per poi annodarla. Ma un’espressione gli veniva in mente con la stessa facilità dell’altra.

«Il mio I saggi di Willim di Maneches si è bagnato» disse Loial in tono disgustato, sfregandosi il labbro superiore con un dito dello spessore di una salsiccia. Non si era rasato per bene oppure quello sotto il suo ampio naso era un principio di baffi? «Le pagine potrebbero macchiarsi. Non sarei dovuto essere così incauto, non con un libro. E anche il mio libro di annotazioni ha preso un po’ di umidità. Ma non ci sono state sbavature d’inchiostro. Tutto è ancora leggibile, ma ho davvero bisogno di costruire un fodero per proteggere...» Lentamente la sua fronte si corruccio, facendo penzolare le lunghe estremità delle sue sopracciglia sulle guance. «Sembri stanco, Rand. Sembra stanco, Min.»

«Sta facendo troppo, ma ora si sta riposando» disse Min con fare protettivo, e Rand sorrise. Un po’. Min lo avrebbe sempre difeso, perfino di fronte ai suoi amici. «Tu stai riposando, pastore» aggiunse, lasciando andare la manona di Loial e piantando i pugni sulle anche.

«Siediti e riposati. Oh, siediti, Loial. Mi verrà il torcicollo se continuo a guardarti dal basso in alto.»

Loial ridacchiò – il mugghiare di un toro smorzato nella sua gola – mentre esaminava dubbioso una delle sedie con lo schienale dritto. Paragonata a lui, sembrava una sedia fatta per un bambino. «Pastore. Non sai quante bello sentirti chiamarlo pastore, Min.» Si sedette con cautela. La sedia dal semplice intaglio cigolò sotto il suo peso, e le sue ginocchia sporgevano alte di fronte a lui. «Sono spiacente, Rand, ma è divertente, e non ho avuto molti motivi di ridere in questi ultimi mesi.»

La sedia stava reggendo. Con una rapida occhiata verso la porta del corridoio, aggiunse a voce un po’ troppo alta: «Karldin non ha un gran senso dell’umorismo.»

«Puoi parlare liberamente» gli disse Rand. «Siamo al sicuro dietro a... una protezione.» Aveva quasi detto dietro a uno scudo, che non era la stessa cosa. Tranne il fatto che lui sapeva che lo era. Era troppo spossato per sedersi, proprio com’era troppo stanco per addormentarsi con facilità la maggior parte delle notti – le ossa gli dolevano dalla stanchezza – perciò andò a mettersi in piedi di fronte al caminetto. I venti che soffiavano dalla cappa facevano danzare le fiamme sui ceppi tagliati e alle volte sospingevano uno sbuffo di fumo nella stanza. Rand poteva sentire la pioggia martellare contro le finestre, ma il tuono sembrava più lontano. Forse la tempesta stava terminando. Serrando le mani dietro la schiena, voltò le spalle al fuoco. «Cosa hanno detto gli Anziani, Loial?»

Invece di rispondere subito, Loial guardò Min come per cercare incoraggiamento o supporto. Appollaiata sul bordo di una poltrona azzurra con le ginocchia incrociate, sorrise all’Ogier e annuì, e lui emise un profondo sospiro, come un vento che spirava attraverso grotte profonde. «Karldin e io abbiamo visitato ogni stedding, Rand. Tutti tranne lo stedding Shangtai, ovviamente. Non potevo andarci, ma ho lasciato un messaggio ovunque siamo stati, e Daiting non è lontano da Shangtai. Qualcuno lo porterà lì. Il Grande Comizio si sta riunendo a Shangtai, e questo attirerà le folle. Questa è la prima volta da mille anni che viene convocato un Grande Comizio, fin da quando voi umani combatteste la Guerra dei Cento Anni, ed era il turno di Shangtai. Di sicuro tratteranno un argomento molto importante, ma nessuno ha voluto dirmi perché sia stato convocato. Non ti dicono nulla su nessun Comizio finché non hai la barba» bofonchiò, tastando una stretta chiazza di peluria sul suo ampio mento. A quanto pareva, intendeva rimediare alla sua mancanza, anche se non era certo che potesse riuscirci. Loial ormai aveva più di novant’anni, tuttavia come Ogier era ancora un ragazzo.

«Gli Anziani?» chiese Rand in tono paziente. Bisognava essere pazienti con Loial, così come con qualunque Ogier. Non percepivano il tempo allo stesso modo degli umani – quale umano avrebbe pensato di chi fosse il turno dopo mille anni? – e Loial aveva la tendenza a parlare a lungo, se solo gliene veniva data l’opportunità. Molto a lungo. Le orecchie di Loial fremettero e lui rivolse un’altra occhiata a Min, ricevendo in cambio un altro sorriso di incoraggiamento. «Be’, come ho detto, ho visitato tutti gli stedding tranne Shangtai. Karldin non ha voluto entrare. Preferirebbe dormire ogni notte sotto un cespuglio, che essere separato dalla Fonte anche per un solo minuto.» Rand non disse una parola, ma Loial sollevò le mani dalle ginocchia, i palmi in fuori. «Sto arrivando al punto, Rand. Ci sto arrivando. Ho fatto quanto potevo, ma non so se sia stato abbastanza. Agli stedding nelle Marche di Confine mi hanno detto di andare a casa e lasciare che di queste faccende si occupassero teste più anziane e più sagge. E lo stesso mi hanno detto a Shadoon e Mardoon, nelle montagne del litorale dell’Ombra. Gli altri stedding hanno acconsentito a sorvegliare le Porte delle Vie. Non penso credano davvero che ci sia qualche pericolo, ma hanno acconsentito, perciò sai che faranno buona guardia. E sono certo che qualcuno lo riferirà anche a Shangtai. Agli Anziani di Shangtai non è mai piaciuto avere una Porta delle Vie proprio fuori dallo stedding. Devo aver sentito l’Anziano Haman dire un centinaio di volte che era pericolosa. So che acconsentiranno a farla sorvegliare.»

Rand annuì lentamente. Gli Ogier non mentivano mai, o perlomeno i pochi che ci provavano erano così mediocri che di rado tentavano una seconda volta. La parola di un Ogier veniva presa con tanta serietà quanto il giuramento di chiunque altro. Le Porte delle Vie sarebbero state ben sorvegliate. Tranne quelle nelle Marche di Confine e nelle montagne a sud dell’Amadicia e di Tarabon. Da cancello a cancello, un uomo poteva viaggiare dalla Dorsale del Mondo fino all’Oceano Aryth, dalle Marche di Confine fino al Mare delle Tempeste, tutto attraverso uno strano mondo in qualche modo fuori dal tempo, o forse accanto a esso. Due giorni di cammino lungo le Vie potevano portarti a cento miglia di distanza, o cinquecento, a seconda del sentiero scelto. E sempre che fossi disposto ad affrontarne i rischi. Era molto facile morire nelle Vie, o peggio. Da molto tempo erano diventate oscure e corrotte. Ai Trolloc però questo non importava, almeno non quando c’era un Myrddraal a guidarli. Ai Trolloc importava solo uccidere, specialmente quando c’era un Myrddraal a guidarli. E nove Porte delle Vie sarebbero rimaste incustodite, col pericolo che una di esse si aprisse riversando decine di migliaia di Trolloc. Predisporre una qualunque sorveglianza senza la cooperazione degli stedding poteva essere impossibile. Molte persone non credevano all’esistenza degli Ogier, e pochi di quelli che la pensavano diversamente si sarebbero immischiati senza permesso. Forse gli Asha’man, se ne aveva abbastanza di cui fidarsi.

All’improvviso si rese conto che non era l’unico a essere stanco. Loial appariva smunto e spossato. La sua giacca era stropicciata e gli ricadeva attorno fin troppo ampia. Era pericoloso per un Ogier stare fuori dallo stedding troppo a lungo, e Loial aveva lasciato la propria casa ben cinque anni prima. Forse quelle brevi visite nel corso degli ultimi mesi non erano state sufficienti per lui. «Forse ora dovresti andare a casa, Loial. Lo stedding Shangtai è a soli pochi giorni di distanza da qui.»

La sedia di Loial scricchiolò pericolosamente mentre si metteva dritto. Anche le sue orecchie si drizzarono in allarme. «Mia madre sarà lì, Rand. Lei è una famosa Oratrice. Non perderebbe mai un Grande Comizio.»

«Non può essere già tornata dai Fiumi Gemelli» gli disse Rand. La madre di Loial era nota anche per essere una famosa camminatrice, tuttavia c’erano dei limiti anche per gli Ogier.

«Non conosci mia madre» borbottò Loial, un tamburo che rimbombava cupo. «Avrà ancora con sé Erith. Di sicuro.»

Min si sporse verso l’Ogier, una luce pericolosa nei suoi occhi.

«Dal modo in cui parli di Erith so che vuoi sposarla, allora perché continui a fuggire da lei?»

Rand la scrutò dal caminetto. Matrimonio. Aviendha presumeva che avrebbe sposato lei, e anche Elayne e Min, alla maniera aiel. Anche Elayne pareva pensarlo, per quanto strano sembrasse. Perlomeno lui riteneva che lo pensasse. E cosa pensava Min? Non l’aveva mai detto. Non avrebbe mai dovuto lasciare che lo legassero. Il legame le avrebbe soffocate dal dolore, quando lui fosse morto.

Le orecchie di Loial tremolavano di cautela, ora. Quelle orecchie erano una delle ragioni per cui gli Ogier erano dei mediocri bugiardi. Lui fece dei gesti per addolcirla, come se fra loro fosse Min quella più grossa. «Be’, lo voglio, Min. Certo che lo voglio. Erith è bellissima e molto intelligente. Ti ho mai raccontato di come mi ascoltasse con attenzione quando spiegavo? Ma certo che l’ho fatto. Lo racconto a tutti quelli che incontro. La voglio sposare sul serio. Ma non ancora. Non è come con voi umani, Min. Tu fai tutto quello che Rand ti chiede. Erith si aspetterà che io mi sistemi e rimanga a casa. Le mogli non permettono mai a un marito di andare da nessuna parte o di fare nulla, se significa lasciare lo stedding per più di qualche giorno. Io ho il mio libro da finire, e come posso farlo se non assisto a tutto quello che fa Rand? Sono sicuro che ha compiuto ogni genere di impresa da quando ho lasciato Cairhien, e so che non riuscirò mai a descriverlo per bene. Erith non capirebbe. Min? Min, sei arrabbiata con me?»

«Cosa ti fa pensare che io sia arrabbiata?» gli chiese lei in tono freddo.

Loial esalò un profondo sospiro, tanto chiaramente di sollievo che Rand per poco non strabuzzò gli occhi. Per la Luce, l’Ogier pensava davvero che lei avesse voluto dire che non era arrabbiata! Rand sapeva di brancolare nel buio quando si trattava di donne, perfino di Min – forse specialmente con Min – ma Loial avrebbe fatto bene a imparare molto più di quello che sapeva prima di sposare la sua Erith. Altrimenti lei lo avrebbe scuoiato come una capra malata. Meglio farlo uscire dalla stanza prima che Min facesse il lavoro di Erith per lei. Rand si schiarì la gola.

«Pensaci stanotte, Loial. Forse domattina avrai cambiato idea.»

Parte di lui sperava che l’Ogier lo facesse. Un’altra parte, però... Avrebbe potuto avvalersi di Loial, se quello che Alivia gli aveva detto sui Seanchan era vero. Talvolta provava disgusto per sé stesso. «In ogni caso, ora ho bisogno di parlare con Bashere. E con Logain.» La sua bocca si tese, a quel nome. Cosa stava facendo Logain nel nero da Asha’man?

Loial non si alzò. In effetti la sua espressione si fece più turbata, le orecchie che pendevano all’indietro e le sopracciglia che si afflosciavano. «Rand, c’è qualcosa che devo dirti. Sulle Aes Sedai che sono venute con noi.»

Dei fulmini balenarono di nuovo fuori dalle finestre mentre proseguiva, e il tuono risuonò sopra le loro teste più fragoroso che mai. Un periodo di quiete con alcune tempeste significava solo che il peggio stava per arrivare.

Ti avevo detto di ucciderle tutte quando ne avevi la possibilità, rise Lews Therin. Te l’avevo detto.

«Sei sicura che siano state legate, Samitsu?» chiese con decisione Cadsuane. E a voce tanto alta da essere udita sopra il tuono che riecheggiava sul tetto del maniero. Tuoni e fulmini si addicevano al suo umore. Le sarebbe piaciuto ringhiare. Starsene seduta calma a sorseggiare té caldo allo zenzero richiedeva buona parte del suo addestramento ed esperienza. Era da molto tempo che non lasciava che le emozioni prendessero il sopravvento su di lei, ma voleva mordere qualcosa. O qualcuno.

Anche Samitsu teneva in mano una tazza da té in porcellana, ma non aveva ancora bevuto una sola goccia, e aveva ignorato l’offerta di una sedia da parte di Cadsuane. La slanciata Sorella stava fissando le fiamme nel caminetto di sinistra, e si voltò facendo tintinnare i campanelli fra la sua chioma scura mentre girava la testa. Non si era preoccupata di asciugarsi per bene i capelli, che le pendevano umidi e pesanti lungo la schiena. I suoi occhi nocciola erano inquieti. «Non è certo il genere di domanda che potrei porre a una Sorella, non è così, Cadsuane? E di certo loro non me l’hanno detto. E chi lo farebbe? Sulle prime pensavo che avessero fatto come Merise e Corele. E la povera Daigian.» Una rapida smorfia di solidarietà le attraversò il volto. Conosceva appieno il dolore che stava rodendo Daigian per la sua perdita. Qualunque Sorella sopravvissuta al suo primo Custode lo conosceva fin troppo bene. «Ma è chiaro che Toveine e Gabrelle stanno entrambe con Logain. Penso che Gabrelle ci vada anche a letto. Se sono stari formati dei legami, sono stati gli uomini a crearli.»

«Voltafaccia» borbottò Cadsuane nel suo té. Alcuni sostenevano che il voltafaccia fosse una pratica leale, ma lei non aveva mai creduto nei combattimenti leali. O combattevi, o non lo facevi, e non era mai un gioco. La lealtà era per persone che se ne stavano al sicuro da una parte, parlando mentre altri sanguinavano. Sfortunatamente c’era poco che potesse fare oltre a trovare un modo per equilibrare gli eventi. L’equilibrio non era la stessa cosa della lealtà. Tutto questo stava diventando un’enorme baraonda. «Sono lieta che tu mi abbia dato almeno un piccolo avvertimento prima di affrontare Toveine e le altre, ma voglio che torni a Cairhien domattina presto.»

«Non c’è stato nulla che potessi fare, Cadsuane» disse Samitsu amaramente. «Metà delle persone a cui impartivo un ordine aveva cominciato a controllare con Sashalle per vedere se era giusto, e l’altra metà mi diceva in faccia che lei si era già pronunciata altrimenti. Lord Bashere l’ha convinta a lasciar andare i Custodi – non ho idea di come abbia fatto anche solo a sapere di loro – e lei ha convinto Sorilea, e non c’è stato nulla che potessi fare per impedirlo. Sorilea si stava comportando come se io avessi appena abdicato! Lei non capisce, e ha detto a chiare lettere che mi ritiene una sciocca. Non ho alcun motivo per tornare indietro, a meno che tu non ti aspetti che io mi metta a portarle i guanti.»

«Mi aspetto che tu la sorvegli, Samitsu. Nient’altro. Voglio sapere cosa fa ognuna di quelle Sorelle votate al Drago quando né io né le Sapienti siamo lì a controllarle con un frustino in mano. Sei sempre stata un’attenta osservatrice.» La pazienza non era la sua dote migliore, ma alle volte era necessaria con Samitsu. La Gialla era davvero un’ottima osservatrice, intelligente, spesso tenace, e soprattutto la migliore Sorella vivente nella Guarigione – almeno fino alla comparsa di Damer Flinn – ma poteva subire i più stupefacenti crolli nella fiducia in sé stessa. Il bastone non funzionava mai con Samitsu, ma le pacche sulle spalle sì, ed era ridicolo non usare ciò che funzionava. Quando Cadsuane le ricordò quant’era intelligente, quanto era abile nella Guarigione – quello era sempre necessario, con Samitsu: poteva cadere in depressione per aver fallito nel Guarire un uomo morto – quanto era acuta; la Sorella arafelliana cominciò a riacquistare la sua compostezza. E la sua fiducia in sé stessa.

«Puoi stare certa che Sashalle non si cambierà le calze senza che io lo sappia» disse in tono vivace. In verità, Cadsuane non si aspettava niente di meno. «Ma se non ti spiace che lo chieda,» disse con ritrovata fiducia – il tono di Samitsu le concedeva quella come unica cortesia, non era certo una mammoletta, tranne quando la sua sicurezza veniva meno – «perché sei qui, nella zona più periferica di Tear? Cos’ha intenzione di fare il giovane al’Thor? O dovrei dire, cos’hai intenzione di fargli fare?»

«Ha in mente qualcosa di molto pericoloso» replicò Cadsuane. Dei fulmini guizzarono fuori dalle finestre, chiare strie argentee nel cielo scuro come la notte. Lei sapeva con esattezza cosa aveva in mente. Solo non sapeva se fermarlo o no.

«Deve cessare!» tuonò Rand, e i fragori nel cielo gli fecero eco. Si era tolto la giacca prima del colloquio, e si era arrotolato le maniche della camicia per esporre i draghi intrecciati in oro e scarlatto attorno ai suoi avambracci, le teste con la criniera dorata sul dorso delle sue mani. Voleva che l’uomo di fronte a lui ricordasse a ogni occhiata che si trovava davanti il Drago Rinato. Ma le sue mani erano pugni, per impedirgli di cedere agli impulsi di Lews Therin e strangolare il maledetto Logain Ablar. «Non ho bisogno di una guerra con la Torre Bianca, e voi maledetti Asha’man non mi darete una dannata guerra con la Torre Bianca! Sono stato chiaro?»

Logain, le mani appoggiate comodamente in cima alla lunga elsa della sua spada, non sussultò. Era un uomo grande e grosso, anche se meno di Rand, con uno sguardo saldo che non dava segno di aver subito un rimprovero o della richiesta di una spiegazione. La spada argentea e il drago rosso e oro scintillarono vividi alla luce delle lampade sull’alto colletto della sua giubba nera, e l’indumento stesso pareva stirato di fresco. «Stai dicendo di rilasciarle?» chiese con calma. «Le Aes Sedai rilasceranno quelli dei nostri che hanno preso?»

«No!» rispose Rand in tono brusco. E amaro. «Quel che è fatto non può essere disfatto.» Merise era rimasta talmente turbata quando le aveva suggerito di rilasciare Narishma, che veniva da pensare che le avesse chiesto di abbandonare un cucciolo al ciglio della strada. E lui sospettava che Flinn si sarebbe battuto altrettanto duramente per rimanere insieme a Corele quanto lei per restare con lui; era piuttosto certo che fra quei due ci fosse qualcosa di più, oltre al legame. Be’, se una Aes Sedai poteva legare un uomo in grado di incanalare, chi poteva dire che una donna graziosa non potesse infatuarsi di un anziano zoppicante? «Ti rendi conto del caos che hai creato, vero? Allo stato attuale, l’unico uomo in grado di incanalare che Elaida vuole che resti in vita sono io, e solo fino alla conclusione dell’Ultima Battaglia. Una volta che apprenderà di questo, sarà doppiamente furente e vi vorrà tutti morti in qualunque modo le sia possibile. Non so come l’altro gruppo reagirà, ma Egwene è sempre stata abile nel mercanteggiare. Potrei far legare degli Asha’man dalle Aes Sedai fino a pareggiare il conto con le Sorelle che voi avete legato. Sempre che non decidano che dovete morire non appena possono predisporlo. Quel che è fatto è fatto, ma non può andare oltre!»

Logain si irrigidì un po’ di più a ogni parola, ma il suo sguardo rimase fisso su Rand. Era evidente come le corna su un ariete che stava ignorando gli altri nella stanza. Min non aveva voluto aver nulla a che fare con questo incontro e si era messa in disparte a leggere; Rand non riusciva a capire nulla nei libri di Herid Pel, ma lei li trovava affascinanti. Era stato lui a insistere perché Loial rimanesse, e l’Ogier stava fingendo di esaminare le fiamme nel caminetto. Tranne quando lanciava un’occhiata alla porta, le orecchie dalle punte pelose che si contraevano come se si stesse domandando se poteva scivolare via inosservato grazie alla tempesta. Accanto all’Ogier, Davram Bashere appariva più basso di quanto fosse in realtà, un uomo ingrigito con scuri occhi obliqui, un naso adunco e spessi baffi che curvavano all’ingiù attorno alla bocca. Portava anche la sua spada, una lama più corta di quella di Logain, e sinuosa. Bashere passava più tempo scrutando nella sua coppa di vino che verso qualunque altra cosa, ma ogni volta che i suoi occhi toccavano Logain, inconsciamente faceva scorrere un pollice lungo l’elsa della spada. Perlomeno Rand pensava che fosse un gesto inconscio.

«Taim ha dato l’ordine» disse Logain, freddamente a disagio nel fornire spiegazioni di fronte a un pubblico. Un fulmine improvviso vicino alla casa proiettò ombre sinistre sul suo volto per un istante, una lugubre maschera di oscurità. «Io presumevo che provenisse da te.» I suoi occhi si mossero leggermente in direzione di Bashere, e la sua bocca si strinse. «Taim da un bel po’ di cose che la gente crede siano tue istruzioni,» proseguì riluttante «ma ha i suoi piani personali. Flinn, Narishma e Manf or sono sulla lista dei disertori, come ogni Asha’man che hai tenuto con te. E lui ha una cricca di venti o trenta che addestra personalmente. Ogni uomo che indossa il drago fa parte di quel gruppo tranne me, e mi avrebbe impedito di portarlo se avesse osato. Qualunque cosa tu abbia fatto, ora è tempo di rivolgere i tuoi occhi alla Torre Nera, prima che Taim la spacchi peggio di quello che è accaduto alla Torre Bianca. Se accadrà, scoprirai che la maggior parte è leale a lui, non a te. Lo conoscono. Molti non ti hanno nemmeno mai visto.»

Irritato, Rand si tirò giù le maniche e affondò in una sedia. A Logain quello che aveva fatto non importava. L’uomo sapeva che saidin era pulito, ma non riusciva a credere che Rand o qualunque altro uomo potesse averlo davvero purificato. Il Creatore aveva forse deciso di allungare una mano pietosa dopo tremila anni di sofferenze? Il Creatore aveva fatto il mondo e poi ne aveva lasciato il destino nelle mani dell’umanità, un paradiso o il Pozzo del Destino a loro scelta. Il Creatore aveva fatto molti mondi, osservato ognuno prosperare o morire, e aveva proseguito per creare altri innumerevoli mondi. Un giardiniere non piangeva la morte di ogni bocciolo.

Per un istante pensò che quelle dovessero essere riflessioni di Lews Therin. Non aveva mai fatto quel genere di ragionamenti sul Creatore o qualunque altra cosa ricordasse. Ma poteva percepire Lews Therin annuire in approvazione, un uomo che ne ascoltava un altro. Nondimeno, non era il tipo di questione su cui avrebbe riflettuto prima di Lews Therin. Quanta distanza rimaneva fra loro?

«Taim dovrà attendere» disse in tono stanco. Quanto avrebbe potuto attendere Taim? Fu sorpreso di non sentire Lews Therin scatenarsi a dirgli di uccidere quell’uomo. Desiderò che quello lo facesse sentire più a suo agio. «Sei venuto solo per assicurarti che Logain mi raggiungesse sano e salvo, Bashere, o per dirmi che qualcuno ha accoltellato Dobraine? O anche tu hai un compito urgente per me?»

Bashere sollevò un sopracciglio al tono di Rand e la sua mascella si contrasse quando scoccò un’occhiata a Logain, ma dopo un momento sbuffò così forte che gli spessi baffi avrebbero dovuto tremolare. «Due uomini hanno messo a soqquadro la mia tenda,» disse, appoggiando la sua coppa di vino su un azzurro tavolo intagliato contro la parete «uno dei quali aveva con sé un messaggio che avrei potuto giurare di aver scritto io, se non avessi saputo che non era così. Un ordine di portar via ‘certi oggetti’. Loial mi ha riferito che gli individui che hanno accoltellato Dobraine avevano lo stesso tipo di messaggio, a quanto pare nella grafia di Dobraine. Anche un cieco potrebbe vedere cosa stavano cercando, pensandoci un attimo. Dobraine e io siamo i candidati più probabili a sorvegliare i sigilli per te. Tu ne hai tre, e dici che tre sono rotti. Forse l’Ombra sa dove si trova l’ultimo.»

Loial si era voltato dal caminetto mentre il Saldeano parlava, le sue orecchie rigide, e ora proruppe: «Questa è una faccenda seria, Rand. Se qualcuno spezza tutti i sigilli della prigione del Tenebroso, o forse anche solo un altro o altri due, il Tenebroso potrebbe liberarsi. Perfino tu non puoi affrontarlo! Voglio dire, so che le Profezie sostengono che lo farai, ma deve trattarsi solo di un modo di dire.» Perfino Logain appariva preoccupato, i suoi occhi studiavano Rand come se stessero valutando le sue possibilità contro il Tenebroso.

Rand si appoggiò all’indietro nella sedia, attento a non mostrare la propria stanchezza. I sigilli sulla prigione del Tenebroso da un lato, Taim che spaccava gli Asha’man dall’altro. Il settimo sigillo era già stato rotto? L’Ombra stava già facendo le mosse di apertura dell’Ultima Battaglia. «Una volta mi dicesti qualcosa, Bashere. Se il nemico ti offre due bersagli...»

«Colpiscine un terzo» terminò prontamente Bashere, e Rand annuì. Comunque lui aveva già deciso. Il tuono sbatacchiò le finestre fino a scuotere l’intelaiatura. La tempesta era in forte aumento.

«Non posso combattere l’Ombra e i Seanchan allo stesso tempo. Manderò voi tre a negoziare una tregua con i Seanchan.»

Bashere e Logain rimasero in silenzio come tramortiti. Finché non cominciarono a discutere, con le voci che si coprivano a vicenda. Loial sembrava davvero pronto a svenire.

Elza si muoveva irrequieta, ascoltando il rapporto di Fearil su ciò che era accaduto da quando l’aveva lasciato a Cairhien. Non era la voce roca dell’uomo a irritarla. Lei odiava i fulmini e desiderava poter impedire ai violenti lampi di balenare alle finestre, proprio come aveva protetto con un flusso la sua stanza contro orecchie indiscrete. Nessuno avrebbe reputato strano il suo desiderio di riservatezza, dato che aveva trascorso vent’anni a convincere tutti di essere sposata con l’uomo dai capelli pallidi. Malgrado la sua voce, Fearil pareva il genere d’uomo che una donna avrebbe sposato, alto, snello e piuttosto piacente. Il duro taglio della sua bocca non faceva che accentuare il suo fascino, in realtà. Certo, qualcuno avrebbe potuto ritenere singolare che lei non avesse mai avuto più di un Custode allo stesso tempo, se ci si soffermava a pensarci. Un uomo con i giusti requisiti era difficile da trovare, ma forse avrebbe dovuto cominciare a cercare. Il fulmine illuminò di nuovo le finestre.

«Sì, sì, basta così» lo interruppe infine. «Hai fatto la cosa giusta, Fearil. Sarebbe parso strano se tu fossi stato l’unico a rifiutarsi di trovare la propria Aes Sedai.» Un senso di sollievo si diffuse lungo il legame. Lei era severa sull’obbedienza ai suoi ordini, e mentre sapeva di non poterlo uccidere – di non volerlo, perlomeno – la punizione richiedeva soltanto che lei mascherasse il legame in modo da non condividere il suo dolore. Quello e una protezione per soffocare le sue urla. Elza detestava le urla quasi quanto i fulmini.

«Comunque è un bene che tu sia con me» proseguì. Un peccato che i selvaggi aiel stessero ancora trattenendo Pera, anche se lei avrebbe dovuto interrogare la Bianca su quale fosse esattamente il perché avesse giurato prima di poter essere ritenuta affidabile. Prima del viaggio a Cairhien, non aveva saputo di condividere qualcosa con Pera. Un vero peccato che nessuna del suo cuore fosse con lei, ma era stata l’unica a essere inviata a Cairhien, e non metteva in discussione gli ordini che riceveva più di quanto Fearil contestasse quelli che lei gli impartiva.

«Penso che presto un po’ di persone dovranno morire.» Non appena avesse deciso quali. Fearil chinò il capo e una scossa di piacere fluì per il legame. Lui adorava uccidere. «Nel frattempo, ucciderai chiunque minacci il Drago Rinato. Chiunque.» Dopotutto, le era diventato perfettamente chiaro mentre lei stessa era prigioniera dei selvaggi. Il Drago Rinato doveva arrivare a Tarmon Gai’don, altrimenti come avrebbe fatto il Sommo Signore a sconfiggerlo lì?

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