Il passaggio era posizionato in modo che Elayne sembrasse uscire da un buco nel muro contro la strada, in una piazza contrassegnata per sicurezza da barili di vino riempiti di sabbia posti sul selciato. Stranamente, non riusciva a percepire nemmeno una donna che stesse incanalando in tutto il palazzo, anche se ne ospitava più di centocinquanta con quella capacità. Alcune sarebbero state di stanza sulle mura esterne della città, naturalmente, troppo lontane da lei perché potesse avvertirle, a meno che non fossero collegate in un circolo, e poche altre si sarebbero trovate proprio fuori città; tuttavia c’era sempre qualcuna a palazzo che stava usando saidar, che fosse per costringere una delle sul’dam prigioniere a confessare di poter vedere i flussi dell’Unico Potere o semplicemente per lisciare le grinze dallo scialle senza scaldare un ferro. Non stamattina, però. L’arroganza delle Cercavento eguagliava spesso la peggior alterigia tipica di qualunque Aes Sedai, ma perfino quella doveva essere schiacciata da ciò che percepivano. Elayne pensava che, se fosse salita fino a un’alta finestra, sarebbe stata in grado di vedere i flussi di quell’enorme faro, a centinaia di leghe di distanza dalla loro posizione. Si sentiva come una formica che si fosse appena resa conto delle montagne, una formica che paragonava la Dorsale del Mondo alle colline per cui aveva sempre provato soggezione. Sì, perfino le Cercavento si sarebbero di sicuro fatte piccole di fronte a un evento del genere.
Sul lato orientale del palazzo e fiancheggiato a nord e a sud da stalle di pietra bianchissima alte due piani, il cortile delle Scuderie della regina ospitava per tradizione le carrozze e i cavalli personali della regina, e lei aveva esitato a usarlo prima che il Trono del Leone le fosse riconosciuto. I passi che conducevano al trono erano delicati come una qualunque danza di corte e, anche se quel ballo alle volte arrivava ad assomigliare a una rissa da taverna, bisognava comunque muoverli con grazia e precisione per ottenere il proprio obiettivo. Rivendicarne le prerogative prima della conferma era costato ad alcune donne la loro possibilità di governare. Alla fine, aveva deciso che questa non era una trasgressione che l’avrebbe marchiata di eccessivo orgoglio. Inoltre quel cortile era relativamente piccolo e non aveva altri usi. Qui c’erano meno persone da tenere alla larga dall’apertura di un passaggio. In effetti, quando entrò, il selciato era vuoto tranne per uno stalliere in giacca rossa che si trovava in piedi sulla soglia ad arco di una delle stalle, ma si voltò per gridare qualcosa all’interno e dozzine di inservienti si riversarono fuori mentre lei guidava Cuore di fuoco lontano dal riquadro contrassegnato. Dopotutto, sarebbe potuta tornare con un seguito di potenti lord e lady, o forse speravano semplicemente che sarebbe stato così.
Caseille condusse le donne della guardia attraverso il passaggio e ordinò alla maggior parte di loro di smontare e provvedere ai loro animali. Lei e un’altra mezza dozzina rimasero in sella, a sorvegliare la gente a piedi. Perfino qui non lasciava Elayne priva di protezione. Specialmente qui, dove era esposta a più pericoli che in ogni residenza che aveva visitato. Gli uomini di Matherin si aggirarono attorno, intralciando stallieri e guardie mentre osservavano a bocca aperta le balconate e i colonnati di pietra bianca che dominavano il cortile e le guglie e le cupole dorate visibili al di là. Sembrava far meno freddo qui rispetto alle montagne – rifiutare di farsi toccare da esso, per quanto ci riusciva al momento, non la rendeva del tutto inconsapevole – ma il respiro di tutti, uomini, donne e cavalli, si condensava in impalpabili nuvolette bianche. Anche l’odore di stereo di cavallo pareva forte, dopo l’aria pulita di montagna. Un bagno caldo davanti a un fuoco scoppiettante sarebbe stato gradito. Dopo avrebbe dovuto immergersi di nuovo nella questione di assicurarsi il trono, ma in questo momento tutto ciò che voleva era starsene a mollo per un po’. Un paio di stallieri corsero verso Cuore di fuoco. Uno prese le sue briglie con un’affrettata riverenza verso Elayne, più preoccupato di assicurarsi che l’alto castrone non causasse noie mentre lei smontava che non delle formalità, e un altro fece il proprio inchino e rimase piegato con le mani a formare una staffa per Elayne. Nessuno dei due rivolse più di un’occhiata al panorama di un prato montano coperto di neve dove di solito si vedeva un muro di pietra. Ormai il personale delle stalle era abituato ai passaggi. Elayne aveva sentito che si guadagnavano da bere gratis nelle taverne vantandosi di quanto spesso vedevano utilizzare il Potere e delle cose che si supponeva avessero osservato fare con esso. Elayne riusciva a immaginare come questi racconti sarebbero suonati una volta raggiunte le orecchie di Arymilla. Le piaceva davvero pensare a lei che si mordicchiava le unghie. Non appena mise piede sul selciato, un drappello di guardie apparve attorno a lei, con cappelli cremisi provvisti di piume bianche appiattite sulle ampie tese, e fusciacche cremisi orlate di merletto, ricamate con il Leone Bianco, di traverso sui loro lucenti pettorali. Caseille attese quel momento prima di portare il resto della scorta di Elayne alle stalle. I loro rimpiazzi erano altrettanto cauti, occhi che scrutavano in ogni direzione, mani che si libravano sopra le else delle spade, a eccezione di Deni, una donna corpulenta e dal volto schietto che portava un lungo randello borchiato d’ottone. Erano soltanto nove. Soltanto nove, pensò con amarezza Elayne. Ho bisogno soltanto di nove guardie perfino qui nel Palazzo Reale! Tuttavia ognuna di coloro che portava una spada era un’esperta. Le donne che seguivano l’arte della spada, come la definiva Caseille, dovevano essere capaci, altrimenti presto o tardi venivano uccise da qualche tizio il cui unico vantaggio era essere abbastanza forte da scaraventarle al suolo. Deni non possedeva alcuna abilità con la spada, ma i pochi uomini che si erano cimentati con il suo randello se n’erano pentiti. Malgrado la sua corporatura, Deni era molto veloce, e non aveva nessuna concezione del combattimento leale, o dell’allenamento, se era per quello.
Rasoria, la tarchiata sottotenente in carica, parve sollevata quando gli stallieri condussero via Cuore di fuoco. Se la sua scorta avesse potuto fare a modo suo, a nessuno tranne loro stesse sarebbe stato consentito di arrivare a portata di Elayne. Be’, forse non sarebbero arrivate a tanto, ma guardavano con sospetto quasi chiunque tranne Birgitte e Aviendha. Rasoria, una Tarenese malgrado i suoi occhi azzurri e i capelli biondi che portava tagliati corti, era fra le peggiori da quel punto di vista, e insisteva perfino per sorvegliare i cuochi mentre preparavano i pasti di Elayne e per far assaggiare ogni cosa prima che le fosse portata. Elayne non aveva protestato per quegli eccessi di zelo. Aver sperimentato una volta del vino drogato era più che sufficiente, perfino sapendo che sarebbe vissuta abbastanza almeno per portare alla luce suo figlio. Ma non fu la sfiducia delle guardie né quella necessità che le fece serrare le labbra. Fu Birgitte, che si faceva strada fra il cortile affollato, ma non verso di lei.
Aviendha fu l’ultima a comparire dal passaggio, naturalmente, dopo essersi assicurata che tutti l’avessero attraversato e, prima che potesse lasciarlo svanire, Elayne si avviò nella sua direzione, muovendosi tanto all’improvviso che la sua scorta dovette fare un balzo per mantenere il proprio anello di guardia attorno a lei. Per quanto la sua andatura fosse stata veloce, però, Birgitte, con la sua folta treccia dorata che le pendeva fino alla cintura, raggiunse Aviendha per prima, l’aiutò a smontare e affidò la giumenta grigia a uno stalliere che sembrava avere le gambe lunghe quanto quelle di Siswai. Aviendha aveva sempre più difficoltà a scendere da cavallo che a montare, ma Birgitte non aveva solo intenzione di aiutarla. Elayne e la sua scorta arrivarono appena in tempo per sentire la donna dire ad Aviendha in tono basso e concitato:
«Ha bevuto il suo latte di capra? Ha dormito abbastanza? Si sente...» Su quelle parole la sua voce si affievoli, e lei trasse un profondo respiro, voltandosi verso Elayne, ostentando calma e affatto sorpresa di trovarla lì. Il legame funzionava davvero in entrambi i sensi. Birgitte non era un donnone, pur essendo più alta di Elayne anche senza gli stivali a tacco alto, e quanto Aviendha, ma era resa ancora più imponente dall’uniforme di capitano generale delle guardie della regina, una corta giacca rossa con un alto colletto bianco, indossata sopra pantaloni blu rigonfi infilati in stivali di un nero lucente, quattro galloni dorati sulla sua spalla sinistra e quattro fasce dorate su ognuno dei polsini bianchi. Dopotutto era Birgitte Arco d’Argento, un’eroina leggendaria. Era sempre cauta sul cercare di essere all’altezza di quelle leggende; affermava che quelle storie erano enormemente esagerate quando non si trattava addirittura di complete invenzioni. Tuttavia era sempre la stessa donna che aveva compiuto ognuna delle imprese che formavano il nocciolo di quelle leggende, e altro ancora. Ora, nonostante la sua apparente compostezza, la preoccupazione per Elayne era velata di disagio e fluiva attraverso il legame assieme al suo mal di testa e allo stomaco in subbuglio. Sapeva molto bene che Elayne detestava che la controllassero alle sue spalle. Questo non era l’unico motivo della sua irritazione, ma il legame mise al corrente Birgitte di quanto era stizzita.
Aviendha svolse con calma il suo scialle dalla testa e se lo drappeggiò sulle spalle, sforzandosi di assumere l’espressione di una donna che non avesse fatto nulla di sbagliato e che di certo non fosse in combutta con qualcuno che l’avesse fatto. Ci sarebbe potuta riuscire, se non avesse sgranato gli occhi per aggiungere un tocco di innocenza. Birgitte esercitava una cattiva influenza su di lei, per certi versi.
«Ho bevuto il latte di capra» disse Elayne in tono piatto, fin troppo conscia delle guardie che circondavano tutte e tre. Erano rivolte all’esterno, gli occhi che scrutavano il cortile, le balconate e i tetti, ma di certo quasi tutte stavano ascoltando. «Ho dormito abbastanza. C’è qualcos’altro che vuoi chiedere a me?» Le guance di Aviendha si imporporarono un poco.
«Penso di avere tutte le risposte che mi servono, per il momento» replicò Birgitte senza nemmeno un accenno del rossore in cui Elayne aveva sperato. Quella donna sapeva che era stanca, sapeva che le aveva mentito a proposito di aver dormito.
Era innegabile che il legame fosse sconveniente, a volte. Lei aveva bevuto soltanto mezza coppa di vino molto annacquato la notte scorsa, ma stava cominciando a soffrire i postumi della sbornia di Birgitte nonché la sua acidità di stomaco. Nessuna delle altre Aes Sedai con cui aveva parlato del legame aveva menzionato nulla del genere, ma lei e Birgitte si rispecchiavano fin troppo spesso, a livello sia fisico che emotivo. Quest’ultimo presentava veri problemi quando i suoi umori erano altalenanti. Alle volte riusciva a scrollarseli, oppure a ricacciarli indietro, ma oggi sapeva che avrebbe dovuto patire finché Birgitte non fosse stata Guarita. Pensava che questo potesse accadere perché erano entrambe donne. Nessuna aveva mai sentito di un’altra donna legata in precedenza. Anche ora poche l’avevano udito, a dire la verità, e alcune di loro parevano credere che non potesse essere vero. Un Custode era maschio quanto lo era un toro. Tutte lo sapevano, e non molte si soffermavano a pensare che quello che ‘tutti sapevano’ meritava un esame più accurato.
Essere sorpresa a mentire quando stava cercando di seguire i dettami di Egwene sul vivere come se avesse già contratto i Tre Giuramenti mise Elayne sulla difensiva, e questo la rese brusca. «Dyelin è tornata?»
«No» rispose Birgitte in tono altrettanto brusco, ed Elayne sospirò. Dyelin aveva lasciato la città giorni prima della comparsa dell’esercito di Arymilla, prendendo con sé Reanne Corly per intessere passaggi e velocizzare il viaggio, e molto dipendeva dal suo ritorno. Da quali notizie avrebbe portato con sé. E da cos’altro avrebbe portato, a parte le notizie.
Scegliere chi sarebbe stata regina di Andor era piuttosto semplice, andando all’essenziale. C’erano oltre quattrocento casate nel regno, ma solo diciannove abbastanza forti perché altre seguissero la loro guida. Di solito tutte e diciannove spalleggiavano l’erede al trono, o molte di loro, a meno che questa non fosse chiaramente un’incapace. La casata Mantear aveva perso il trono in favore di Trakand quando Mordrellen era morta solo perché Tigraine, l’erede al trono, era scomparsa e gli altri rampolli di Mantear erano maschi. E perché Morgase Trakand aveva radunato tredici casate a sostenerla. Solo dieci su diciannove erano necessarie per ascendere al trono, secondo la legge e la tradizione. Perfino le pretendenti che pensavano ancora che il trono spettasse a loro di solito si uniformavano al resto, o perlomeno restavano in silenzio e abbandonavano la loro rivendicazione, una volta che un’altra donna aveva dieci casate a spalleggiarla.
La situazione era già abbastanza negativa quando aveva tre rivali dichiarate, ma ora Naean ed Elenia erano unite dietro Arymilla Marne, proprio lei, che aveva meno probabilità di successo, e questo voleva dire che lei aveva due casate – due abbastanza grandi, perlomeno: Matherin e le altre diciotto che aveva visitato erano troppo piccole – la sua Trakand e Taravin di Dyelin, contro sei. Oh, Dyelin insisteva che Carand, Coelan e Renshar avrebbero sostenuto Elayne, e anche Norwelyn, Pendar e Traemane, ma le prime tre volevano Dyelin stessa sul trono, e le altre tre sembravano andate in letargo. Dyelin le era saldamente leale, però, e si adoperava instancabilmente per Elayne. Conservava la convinzione che alcune delle casate che non si erano ancora pronunciate potessero essere convinte a sostenere Elayne. Certo, Elayne non poteva avvicinarle di persona, ma Dyelin sì. E adesso le circostanze erano sull’orlo della disperazione. Sei case a sostenere Arymilla, e solo uno sciocco avrebbe creduto che lei non avesse mandato emissari a tastare il polso alle altre. O che qualche casata avrebbe potuto schierarsi per Elayne solo perché Arymilla ne aveva già sei.
Malgrado Caseille e le sue guardie avessero abbandonato il cortile, Elayne e le altre dovettero farsi strada per il selciato fra una folla. Gli uomini di Matherin erano finalmente smontati da cavallo, ma stavano ancora lì attorno, facendo cadere le loro alabarde e raccogliendole, solo per lasciarle cadere di nuovo, mentre cercavano di scaricare il loro cavallo da soma lì nel cortile. Uno dei ragazzi stava inseguendo un pollo che in qualche modo si era liberato e stava sgattaiolando fra le zampe dei cavalli, mentre uno dei vecchi raggrinziti urlava degli incoraggiamenti, anche se non era chiaro se fossero rivolti al ragazzo o al pollo. Un portabandiera dal volto incartapecorito a cui rimaneva una semplice frangia di capelli bianchi, in una giacca color rosso sbiadito che si tendeva sopra alla sua pancia, stava cercando di ristabilire l’ordine con l’aiuto di una guardia di poco più giovane: era probabile che entrambi fossero stati richiamati dalla pensione, come molti altri; ma un altro dei ragazzi pareva in procinto di condurre il suo irsuto cavallo dentro il palazzo stesso, e Birgitte dovette ordinargli di farsi da parte prima che Elayne potesse entrare. Il ragazzo, un giovane con le guance coperte di lanugine che non poteva avere più di quattordici anni, rimase a guardare a bocca spalancata Birgitte come aveva fatto col palazzo. Nella sua uniforme, era di certo più pittoresca dell’erede al trono in abito per cavalcare, e lui aveva già visto l’erede al trono. Rasoria gli diede uno spintone verso il vecchio portabandiera, scuotendo il capo.
«Non so dannatamente cosa fare con loro» borbottò Birgitte mentre una cameriera in livrea bianca e rossa prendeva il mantello e i guanti di Elayne nel piccolo atrio. Piccolo secondo la scala del Palazzo Reale. Con lampade dorate su sostegni che brillavano debolmente fra esili colonne scanalate, era grande una volta e mezzo l’atrio principale di Matherin, anche se il soffitto non era così alto. Un’altra cameriera col Leone Bianco sopra il seno sinistro del suo vestito, una ragazza non molto più grande del giovane che aveva cercato di portar dentro il proprio cavallo, offrì un vassoio d’argento lavorato con motivi a corde con alti calici di vino speziato fumante prima che Aviendha e Birgitte assumessero simultaneamente un’espressione accigliata che la fece indietreggiare. «I maledetti ragazzi si addormentano se vengono messi di guardia» proseguì Birgitte, scoccando un’occhiataccia alla cameriera che si allontanava. «I vecchi rimangono svegli, ma metà di loro non riescono a ricordarsi quello che dovrebbero dannatamente fare se vedono qualcuno scalare le maledette mura, e gli altri non riuscirebbero a ricacciare indietro sei pastori e un cane.» Aviendha sollevò un sopracciglio verso Elayne e annuì.
«Non sono qui per combattere» le ricordò Elayne mentre si avviavano lungo un corridoio piastrellato di blu e fiancheggiato da lampade provviste di specchi e cassapanche intarsiate, Birgitte e Aviendha ai suoi lati e le donne della guardia disposte a pochi passi di distanza avanti e dietro. Per la Luce, pensò, non l’avrei preso, il vino! La testa le pulsava all’unisono con quella di Birgitte, e lei si toccò la tempia, domandandosi se ordinare alla sua Custode di andare a farsi Guarire immediatamente.
Birgitte aveva altre idee, però. Lanciò un’occhiata a Rasoria e alle altre di fronte, poi si guardò sopra la spalla e fece cenno a quelle che le seguivano di allontanarsi un poco. Questo era strano. Aveva selezionato personalmente fino all’ultima donna della guardia, e si fidava di loro. Tuttavia, quando parlò, lo fece in un tono concitato più simile a un sussurro, piegando la testa vicino a quella di Elayne. «È accaduto qualcosa appena prima del tuo ritorno. Stavo chiedendo a Sumeko di Guarirmi prima che tu tornassi, e all’improvviso ha avuto un mancamento. Ha roteato gli occhi ed è caduta a terra. Non solo lei. Nessuno ammetterà un dannato nulla di nulla, non a me, ma anche le donne della Famiglia che ho visto hanno avuto una maledetta reazione di soprassalto, e pure le Cercavento. Nessuna di loro avrebbe potuto sputare, nemmeno se avesse dovuto. Sei tornata prima che potessi trovare una Sorella, ma sospetto che anche loro mi avrebbero fissato come dei pesci lessi. Ma con te parleranno.»
Il funzionamento del palazzo richiedeva l’equivalente della popolazione di un grosso villaggio, e cominciarono ad apparire dei servitori, uomini e donne in livrea, che si affrettavano lungo i corridoi, appiattendosi contro le pareti o scartando in passaggi laterali per far spazio alla scorta di Elayne, perciò spiegò il poco che sapeva a voce bassa e con meno parole possibile. Non le importava che alcune dicerie raggiungessero le strade, e Arymilla inevitabilmente, ma racconti su Rand potevano avere effetti deleteri quanto dicerie sui Reietti, dopo qualche rimaneggiamento dovuto al passare di bocca in bocca. Peggiori, in un certo senso. Almeno nessuno avrebbe creduto che i Reietti stessero cercando di mettere lei sul trono come un fantoccio. «In ogni caso,» concluse Elayne «non ha nulla a che fare con noi qui.»
Pensò che il suo tono fosse stato molto convincente, freddo e distaccato, ma Aviendha allungò una mano per stringere la sua, l’equivalente di un abbraccio confortante per gli Aiel, con così tante persone attorno, e la solidarietà di Birgitte fluì attraverso il legame. Era più che commiserazione: era il sentimento condiviso di una donna che aveva già sofferto la perdita che lei temeva, e altro ancora. Per Birgitte, Gaidal Cain era perduto come se fosse morto, e per di più i ricordi delle sue vite passate stavano svanendo. Non si ricordava con chiarezza di quasi nulla precedente alla fondazione della Torre Bianca, e di quell’evento proprio niente. Certe notti la paura che anche Gaidal scomparisse dalla sua memoria, che avrebbe perso ogni ricordo di averlo davvero conosciuto e amato, la lasciava incapace di dormire almeno finché non aveva bevuto tutta l’acquavite che poteva reggere. Era una soluzione mediocre, ed Elayne desiderava potergliene offrire una migliore, tuttavia sapeva che i suoi stessi ricordi con Rand non sarebbero svaniti fino alla propria morte, e non riusciva a immaginare quanto potesse essere terribile perdere quelle memorie. Nondimeno, sperava che qualcuna si affrettasse a Guarire i postumi della sbornia di Birgitte, prima che la sua stessa testa si spaccasse come un melone maturo. La sua abilità con la Guarigione non le consentiva di farlo, e Aviendha non era più capace di lei, in questo.
Malgrado l’emozione che poteva percepire in Birgitte, l’altra donna mantenne il proprio volto liscio e indifferente. «I Reietti» borbottò in tono secco. E piano. Non era certo un nome da sbandierare. «Be’, finché non ha nulla a che fare con noi, siamo dannatamente a posto.» Un grugnito che poteva essere una risata smascherò la sua menzogna. D’altro canto, anche se Birgitte diceva di non essere mai stata un soldato prima, vedeva le cose a quel modo. Le situazioni da affrontare avevano sempre scarse probabilità di riuscita, ma bisognava portare a termine il lavoro in ogni caso. «Chissà cosa ne pensano loro» aggiunse, facendo un cenno col capo verso le quattro Aes Sedai che erano appena sbucate dal corridoio a un’intersezione più avanti.
Vandene, Merilille, Sareitha e Careane tenevano le teste vicine mentre camminavano, o meglio, le ultime tre erano assiepate attorno a Vandene, sporgendosi verso di lei e parlando con gesti concitati che facevano ondeggiare le frange dei loro scialli. Vandene procedeva lentamente come se fosse da sola, non prestando attenzione. Era sempre stata esile, ma il suo vestito verde scuro, ricamato a fiori sulle spalle e sulle maniche, le pendeva addosso come se fosse stato cucito per una donna più abbondante, e i bianchi capelli raccolti alla base del collo parevano aver bisogno di essere spazzolati. La sua espressione era lugubre, ma poteva darsi che non avesse nulla a che fare con quello che le stavano dicendo le altre Sorelle. Era stata cupa fin dall’omicidio di sua sorella. Elayne avrebbe scommesso che quel vestito fosse appartenuto a Adeleas. Dall’assassinio, Vandene indossava gli abiti della sorella con più frequenza dei propri. Non perché le calzassero meglio. Le due donne avevano avuto la stessa taglia, ma l’appetito di Vandene era morto con la sorella. Il suo gusto per molte altre cose, oltre al cibo, sembrava essere morto allora.
Sareitha, una Marrone il cui scuro volto squadrato non era ancora toccato dall’età indefinibile, vide Elayne proprio in quel momento e mise una mano sul braccio di Vandene come per guidarla lungo quel corridoio. Vandene scacciò via la mano della Tarenese e proseguì riservando a Elayne solo uno sguardo fugace, sparendo lungo il corridoio da cui erano comparse. Due donne nel bianco da novizie, che stavano seguendo le altre a rispettosa distanza, si profusero in veloci riverenze verso le Sorelle rimanenti e si affrettarono dietro Vandene. Merilille, una donna minuta in un abito grigio scuro che faceva risaltare il suo pallore cairhienese come avorio, la fissò come per seguirla. Careane si aggiustò lo scialle a frange verdi sulle spalle più larghe di quelle di molti uomini ed ebbe uno scambio rapido e sommesso con Sareitha. Entrambe le donne si voltarono per andare incontro a Elayne mentre si avvicinava, rivolgendole inchini profondi quasi quanto quelli che le novizie avevano offerto loro. Merilille notò le guardie e batté le palpebre, poi si accorse di Elayne e sobbalzò. Il suo inchino fu pari a quello delle novizie.
Merilille aveva indossato lo scialle per oltre cento anni, Careane per più di cinquanta, e perfino Sareitha l’aveva portato più a lungo di Elayne Trakand, ma il rango fra le Aes Sedai era determinato dalla forza nel Potere, e nessuna di queste tre era più che passabile fra le Sorelle. Agli occhi delle Aes Sedai, una forza superiore conferiva, se non un’accresciuta saggezza, perlomeno un maggior peso alle proprie opinioni. Con un divario sufficiente, quelle opinioni diventavano ordini. Alle volte Elayne pensava che il metodo della Famiglia fosse migliore.
«Non so di cosa si tratti,» disse prima che una qualunque delle altre Aes Sedai potesse parlare «ma non c’è nulla che possiamo fare al riguardo, perciò faremmo meglio a smettere di preoccuparci. Abbiamo già abbastanza problemi senza agitarci per eventi che non possiamo influenzare.»
Rasoria fece per voltare la testa, corrucciandosi e domandandosi chiaramente cosa si era persa, ma le parole scacciarono l’ansia dagli occhi scuri di Sareitha. Forse non dal resto di lei, dato che le sue mani si muovevano come se volesse lisciare le sue gonne marroni, tuttavia era disposta a seguire la guida di una Sorella del rango di Elayne. Alle volte una posizione che consentiva di soffocare le obiezioni con una frase aveva i suoi vantaggi. Careane aveva già riguadagnato la serenità, se mai l’aveva persa. Le si addiceva, anche se pareva più un carrettiere che non una Aes Sedai malgrado le sue vesti di seta con pieghe color berillio e un volto color rame senza età. D’altra parte, le Verdi erano di solito più tenaci delle Marroni. Merilille non pareva affatto serena. Occhi sgranati e labbra socchiuse le davano un aspetto spaventato. Questa era la norma per lei, però.
Elayne continuò lungo il corridoio, sperando che se ne sarebbero andate per i fatti loro, ma Merilille si accostò a Birgitte. Alla Grigia sarebbe spettata l’autorità su quelle tre, ma aveva sviluppato una tendenza ad attendere che qualcuno le dicesse cosa fare, e si spostò senza una parola quando Sareitha chiese educatamente a Birgitte di farle spazio. Le Sorelle erano immancabilmente cortesi nei confronti della Custode di Elayne quando era nel ruolo di capitano generale. Era Birgitte come Custode che cercavano di ignorare. Aviendha non ricevette la stessa cortesia da parte di Careane, che si fece largo a gomitate fra lei ed Elayne. Qualunque donna non addestrata nella Torre Bianca era una selvatica per definizione, e Careane detestava le selvatiche. Aviendha increspò le labbra, anche se non sguainò il coltello che aveva alla cintura e neanche diede l’impressione di poterlo fare, cosa per cui Elayne fu grata. La sua sorella prima poteva essere... precipitosa, a volte. Ripensandoci, in quella situazione avrebbe perdonato un po’ di avventatezza da parte di Aviendha. L’usanza proibiva la maleducazione verso un’altra Aes Sedai in ogni circostanza, ma Aviendha avrebbe potuto ringhiare delle minacce e sventolare il suo coltello quanto le pareva. Quello sarebbe potuto bastare ad allontanare quel terzetto, anche se in modo piuttosto turbolento. Careane non parve notare la fredda occhiata che quegli occhi verdi le scoccarono.
«Ho detto a Merilille e Sareitha che non si trattava di nulla per cui potessimo fare alcunché» disse con calma. «Ma non dovremmo essere pronte a fuggire nel caso si avvicinasse? Non c’è vergogna nello scappare da qualcosa del genere. Anche collegate, saremmo come falene contro un incendio boschivo. Vandene non si è degnata nemmeno di ascoltare.»
«Dovremmo fare davvero qualche genere di preparativo, Elayne» mormorò Sareitha con fare assente, come se stesse compilando delle liste nella sua testa. «È quando non prepari dei piani che desidereresti averli fatti. Ci sono parecchi volumi nella biblioteca che non devono essere lasciati indietro. Ritengo che molti di essi non si possano trovare nella biblioteca della Torre.»
«Sì.» La voce di Merilille era ansante e ansiosa come i suoi grandi occhi scuri. «Sì, dovremmo proprio essere pronte ad andarcene. Forse... forse non dovremmo aspettare. Di certo allontanarci per necessità non violerebbe il nostro accordo. Sono certa di no.» Solo Birgitte le rivolse un’occhiata, ma bastò a farla trasalire.
«Se ce ne andiamo,» disse Careane come se Merilille non avesse parlato «dovremo portare con noi tutta la Famiglia. Se consentiamo loro di disperdersi, solo la Luce sa cosa potranno fare o quando saremo in grado di riprenderle, specialmente ora che hanno appreso a Viaggiare.»
Non c’era ostilità nella sua voce, anche se solo Elayne fra le Sorelle a palazzo sapeva Viaggiare. Per Careane pareva fare la differenza che le donne della Famiglia avessero fatto parte della Torre Bianca, anche se molte erano state espulse e alcune erano scappate. Lei stessa ne aveva identificate non meno di quattro, inclusa una fuggitiva. Almeno non erano selvatiche.
La bocca di Sareitha si serrò, invece. La turbava il fatto che diverse donne della Famiglia fossero in grado di intessere passaggi, e sul loro conto aveva un’opinione molto diversa. Di norma, lei limitava le proprie obiezioni a un cipiglio occasionale o a una smorfia sprezzante, da quando Elayne aveva messo in chiaro come la pensava, ma la tensione di quella mattina pareva averle sciolto la lingua. «Dobbiamo davvero portarle con noi,» disse in tono tagliente «altrimenti affermeranno tutte di essere Aes Sedai non appena saranno lontane. Ogni donna che sostiene di essere stata scacciata dalla Torre oltre trecento anni fa potrà dire qualunque cosa! Devono essere tenute sotto stretta sorveglianza, se vuoi il mio parere, invece di andarsene in giro a piacimento, specialmente quelle che sono in grado di Viaggiare. Finora possono essere andate dove hai ordinato e poi tornate, Elayne, ma quanto passerà prima che una di loro non faccia ritorno? Ricordati di quello che ti dico, una volta che una sarà scappata, altre la seguiranno, e avremo per le mani una confusione che non riusciremo a ripulire.»
«Non abbiamo motivo di andarcene da nessuna parte» replicò Elayne risoluta, rivolta tanto alle guardie quanto alle Sorelle. Quel faro distante stava ancora nello stesso posto dove l’aveva percepito la prima volta, e se si fosse mosso era improbabile che l’avrebbe fatto verso Caemlyn, tanto meno che sarebbe arrivato direttamente lì; ma voci che delle Aes Sedai stavano pianificando di scappare sarebbero state sufficienti a causare un fuggifuggi generale, folle che si accapigliavano per tentare di raggiungere i cancelli prima di qualunque cosa potesse spaventare delle Aes Sedai. Un esercito che avesse saccheggiato la città non avrebbe ucciso altrettante persone. E queste tre emettevano dei cicalecci come se non ci fosse nessuno a sentirle tranne gli arazzi alle pareti! Poteva esserci una scusante per Merilille, ma non per le altre.
«Rimarremo qui, come l’Amyrlin Seat ha ordinato, finché l’Amyrlin stessa non comanderà altrimenti. Le donne della Famiglia continueranno a ricevere ogni cortesia finché non saranno riammesse nella Torre, e anche questo è un ordine dell’Amyrlin, come ben sapete. E proseguirete con le lezioni alle Cercavento e con le vostre vite come farebbe qualunque Aes Sedai. Si suppone che il nostro ruolo sia quello di affrontare le paure della gente e placarle, non diffondere chiacchiere insensate e panico.»
Be’, forse era stata un po’ più che risoluta. Sareitha fissò lo sguardo sulle piastrelle del pavimento come una novizia rimproverata. Merilille trasalì di nuovo al sentir nominare le Cercavento, ma questo era prevedibile. Le altre impartivano lezioni, ma il Popolo del Mare aveva su Merilille una stretta pari a quella sulle proprie apprendiste. Lei dormiva nei loro alloggi e di norma non veniva vista in giro senza due o tre di loro, trascinandosi umilmente al seguito. Da lei rifiutavano di accettare qualunque atteggiamento che non fosse docile.
«Ma certo, Elayne» si affrettò a dire Careane. «Ma certo. Nessuna di noi suggerirebbe di disobbedire all’Amyrlin.» Esitando, si aggiustò il suo scialle a frange verdi sopra le braccia, apparentemente occupata nel posizionarlo proprio a quel modo. Riservò un’occhiata compassionevole a Merilille. «Ma, parlando del Popolo del Mare, potresti dire a Vandene di occuparsi della sua parte di lezioni?» Quando Elayne non disse nulla, la sua voce assunse un tono che in chiunque non fosse stata una Aes Sedai sarebbe stato definito astioso. «Dice di essere troppo occupata con quelle due fuggitive, ma certe notti trova abbastanza tempo per trattenermi a parlare finché non sono mezza addormentata. Quelle due sono già abbastanza intimidite che non caccerebbero un verso se i loro abiti prendessero fuoco. Non hanno bisogno della sua attenzione. Potrebbe prendersi carico della sua porzione di insegnamento a quelle dannate selvatiche. Anche Vandene deve cominciare a comportarsi come una Aes Sedai!»
Rango o meno, rimprovero o meno, scoccò a Elayne un’occhiata malevola che impiegò un momento a reprimere. Era stata Elayne a stipulare l’accordo che aveva portato le Aes Sedai a dover insegnare alle Cercavento, ma finora lei stessa era riuscita a evitare di impartire buona parte delle lezioni, affermando di avere doveri più impellenti di cui occuparsi. Inoltre, il Popolo del Mare considerava gli insegnanti terricoli, perfino le Aes Sedai, come persone prezzolate, e ai loro occhi di rango perfino inferiori a un mozzo. Un mozzo che cercava pure di scansare il proprio lavoro. Careane stessa pensava ancora che Nynaeve se ne fosse andata soltanto per evitare di impartire quelle lezioni. Di certo nessuna si aspettava di finire nello stato di Merilille, ma perfino poche ore alla volta erano troppo.
«Oh, no, Careane» si inserì Sareitha, ancora evitando lo sguardo di Elayne. E di Merilille. A suo modo di vedere, la Grigia si era cacciata in questo pasticcio e pertanto si meritava le conseguenze, ma non cercava di spargere sale sulla ferita. «Vandene è sconvolta per sua sorella, e Kirstian e Zarya l’aiutano a tenere la mente occupata.» Qualunque cosa pensasse sull’altra donna della Famiglia, accettava il fatto che Zarya fosse una fuggitiva, e doveva farlo, dato che Zarya era una di quelle che Careane aveva riconosciuto, e se Kirstian doveva essere una bugiarda, la sua stessa menzogna le avrebbe fruttato una punizione esemplare. Le fuggitive non venivano trattate con benevolenza. «Anch’io passo ore con lei, e non parla quasi di nient’altro tranne Adeleas. E come se volesse aggiungere i miei ricordi ai suoi. Penso che le si debba concedere tutto il tempo che le serve, e quelle due le impediscono di essere sola troppo spesso.» Rivolgendo a Elayne un’occhiata in tralice, trasse un respiro.
«Tuttavia, insegnare alle Cercavento è sicuramente... impegnativo. Forse un’ora ogni tanto la aiuterebbe a distogliersi dallo sconforto, anche solo facendola arrabbiare. Non sei d’accordo, Elayne? Solo un’ora o due ogni tanto.»
«A Vandene sarà concesso tutto il tempo che le serve o che desidera per piangere sua sorella» disse Elayne in tono piatto. «E non ci saranno altre discussioni in merito.»
Careane emise un pesante sospiro e si aggiustò di nuovo lo scialle. Anche Sareitha sospirò debolmente e cominciò a rigirare l’anello col Gran Serpente sull’indice della mano sinistra. Forse avevano percepito il suo umore, o forse era solo il fatto che nessuna di loro era impaziente di tenere un’altra sessione con le Cercavento. L’espressione perennemente sorpresa di Merilille non cambiò, anche se d’altro canto le sue sessioni col Popolo del Mare duravano tutto il giorno e la notte a meno che Elayne non riuscisse a strapparla alle loro grinfie, e le Cercavento erano sempre meno disposte a lasciarla andare, per quanta forza Elayne impiegasse per sottrargliela.
Almeno era riuscita a evitare di essere brusca con le tre. C’era voluto uno sforzo, specialmente con Aviendha lì. Elayne non sapeva cos’avrebbe fatto se avesse perso sua sorella. Vandene non stava solo piangendo una sorella: stava cercando l’assassina di Adeleas, e non c’era dubbio che fosse Merilille Ceandevin, Careane Fransi o Sareitha Tomares. Una di loro o, peggio, più d’una. Era difficile credere a quell’accusa nei confronti di Merilille, nelle sue attuali condizioni, ma del resto non era facile sospettare di nessuna Sorella. Come aveva rilevato Birgitte, uno dei peggiori Amici dell’Ombra che avesse mai incontrato, durante le Guerre Trolloc, era un pacifico ragazzino che sobbalzava a ogni rumore forte. E aveva avvelenato l’intera riserva d’acqua di una città. Il suggerimento di Aviendha era stato di mettere tutte e tre sotto interrogatorio, cosa che aveva scandalizzato Birgitte, ma Aviendha era considerevolmente meno in soggezione nei confronti delle Aes Sedai rispetto a una volta. Era il caso di mantenere le formalità appropriate, finché non c’erano prove sufficienti per una condanna. Dopodiché non ci sarebbe stata alcuna cortesia.
«Oh» disse Sareitha, rallegrandosi all’improvviso. «Ecco qui il capitano Mellar. Si è comportato di nuovo da eroe mentre non c’eri, Elayne.»
Aviendha afferrò l’elsa del suo pugnale e Birgitte si irrigidì. Il volto di Careane si fece immobile e assai freddo, e perfino Merilille riuscì a esibire un’espressione di alterigia. Nessuna Sorella faceva mistero della propria antipatia per Doilin Mellar.
Con quella faccia stretta, non era bello né piacente, tuttavia si muoveva con la grazia flessuosa che denotava forza fisica. Come capitano della guardia del corpo di Elayne, il suo rango gli attribuiva tre galloni dorati, e lui li portava saldati a entrambe le spalle della sua lucida corazza brunita. Un osservatore ignorante avrebbe potuto pensare che superasse in grado Birgitte. Le cascate di niveo merletto alla gola e ai polsi erano due volte più spesse e lunghe di quelle indossate da qualunque donna della guardia, ma aveva lasciato nuovamente da parte la fusciacca, forse perché avrebbe nascosto una delle serie di galloni dorati. Affermava di non volere nient’altro dalla vita se non comandare la sua guardia del corpo, tuttavia parlava di frequente di battaglie che aveva combattuto da mercenario. Pareva che non fosse mai stato dalla parte degli sconfitti, e la vittoria spesso era scaturita dai suoi sforzi non celebrati sul campo. Si tolse il cappello decorato con piume bianche in un profondo inchino plateale, trattenendo agilmente la sua spada con una mano, poi ne rivolse uno più piccolo a Birgitte con un braccio contro il petto in segno di saluto.
Elayne compose il suo volto in un sorriso. «Sareitha mi ha riferito che ti sei dimostrato di nuovo un eroe, capitano Mellar. In che modo?»
«Non è stato nulla più che il dovere verso la mia regina.» Malgrado una voce carica di modestia, il suo sorriso di risposta fu più caldo del dovuto. Metà del palazzo pensava che fosse lui il padre del bimbo di Elayne. Il fatto che lei non avesse stroncato quella diceria pareva fargli credere di avere delle prospettive. Quel sorriso non raggiungeva mai i suoi occhi, però. Rimanevano freddi quanto la morte. «Il mio dovere nei tuoi confronti è fonte di gioia, mia regina.»
«Il capitano Mellar ha condotto un’altra sortita non autorizzata ieri» disse Birgitte in un tono di voce attentamente uniforme. «Stavolta il combattimento si è quasi riversato all’interno della Porta di Far Madding, che aveva ordinato di lasciare aperta fino al suo ritorno.»
Elayne percepì il suo volto irrigidirsi.
«Oh, no» protestò Sareitha. «Non è andata affatto così. Un centinaio degli armigeri di lord Luan aveva tentato di raggiungere la città nella notte, ma erano partiti troppo tardi e l’alba li aveva sorpresi. Così come una forza tre volte più numerosa di uomini di lord Nasin. Se il capitano Mellar non avesse fatto aprire i cancelli per guidare un salvataggio, sarebbero stati fatti a pezzi in vista delle mura. Invece è riuscito a salvare ottanta persone leali alla tua causa.» Sorridendo, Mellar si beò della lode dell’Aes Sedai come se non avesse udito la critica di Birgitte. Ovviamente sembrava anche non curarsi degli sguardi di disapprovazione di Careane e Merilille. Riusciva sempre a ignorare il biasimo.
«Come facevi a sapere che erano uomini di lord Luan, capitano?» chiese Elayne in tono pacato. Un sorriso accennato che avrebbe dovuto fungere da avvertimento per Mellar apparve sulla faccia di Birgitte. D’altro canto lui era uno di quelli che sembravano non credere che fosse un Custode. E anche se non fosse stato così, pochi tranne Custodi e Aes Sedai sapevano cosa comportava il legame. Semmai, l’espressione di Mellar si fece più compiaciuta.
«Non mi baso sugli stendardi, mia regina. Chiunque può portare uno stendardo. Ho riconosciuto Jurad Accan attraverso il mio cannocchiale. Accan è un uomo di Luan fino alla punta dei piedi. Una volta resomi conto di ciò...» Fece un gesto sbrigativo agitando il merletto. «Il resto non è stato altro che un po’ di esercizio.»
«E questo Jurad Accan portava qualche messaggio da lord Luan?
Qualcosa provvisto di firma e sigillo, che affermava il supporto della casata Norwelyn a Trakand?»
«Nulla di scritto, mia regina, ma come ho detto...»
«Lord Luan non si è dichiarato per me, capitano.»
Il sorriso di Mellar sbiadì un poco. Non era abituato a essere interrotto. «Ma, mia regina, lady Dyelin dice che ormai Luan è dalla tua parte. La comparsa di Accan è la prova...»
«Di nulla, capitano» disse Elayne in tono freddo. «Forse lord Luan alla fine passerà dalla mia parte, capitano, ma finche non lo dichiarerà, mi hai dato ottanta uomini che hanno bisogno di essere sorvegliati.»
Ottanta su cento. E quanti dei suoi aveva perso? E aveva messo a rischio Caemlyn nel farlo, che fosse folgorato! «Dal momento che riesci a trovare tempo fra i tuoi doveri di comandante della mia guardia del corpo per guidare delle sortite, puoi trovare anche il tempo per organizzare una sorveglianza. Non assegnerò nessuno degli uomini che pattugliano le mura. Fa’ in modo che mastro Accan e i suoi compagni si occupino delle esercitazioni degli uomini che ho portato dalle residenze. Questo li terrà tutti occupati e lontano dai guai per la maggior parte del giorno, ma lascio a te il compito di trovare un modo per tenerli lontani dalle mura il resto del tempo. E mi aspetto che rimangano lontano dalle mura e fuori dai guai, capitano. Puoi provvedervi, ora.»
Mellar la fissò sbigottito. Non lo aveva mai rimproverato prima, e non gli piaceva affatto, specialmente di fronte a così tanti testimoni. Ora non c’erano sorrisi cordiali. La sua bocca si contrasse e un calore astioso crebbe nei suoi occhi. Ma non poté far altro che scattare in un altro inchino, mormorare: «Come la mia regina comanda» con voce roca, e andarsene con tutta la grazia a cui riusciva a fare appello. Prima di essersi allontanato di tre passi stava incedendo per il corridoio come se volesse travolgere chiunque si fosse messo sul suo cammino. Elayne avrebbe dovuto dire a Rasoria di fare attenzione. Il capitano avrebbe potuto tentare di sfogare la sua rabbia su coloro che avevano visto e udito. Merilille e Careane fecero cenni col capo quasi identici: se fosse stato per loro, Mellar sarebbe stato rimosso dal suo incarico e magari cacciato da palazzo già da molto tempo.
«Perfino se ha fatto qualcosa di sbagliato,» disse Sareitha con cautela «e non sono sicura che sia così, il capitano Mellar ha salvato la tua vita a rischio della propria, Elayne, la tua vita e quella di lady Dyelin. C’era davvero bisogno di metterlo in imbarazzo di fronte a noi?»
«Non credere mai che io non ripaghi i miei debiti, Sareitha.»
Elayne sentì Aviendha stringerle una mano e Birgitte l’altra. Strizzò entrambe lievemente. Quando eri circondata da nemici, era bello avere vicino una sorella e un’amica.«Andrò a farmi un bagno caldo, ora, e a meno che una di voi non desideri strofinarmi la schiena...»
Erano in grado di riconoscere un congedo, e si allontanarono con più grazia del capitano Mellar, Careane e Sareitha che già discutevano se le Cercavento avrebbero davvero voluto delle lezioni oggi, Merilille cercando di guardare in tutte le direzioni allo stesso tempo sperando di evitare le Cercavento. Cos’avrebbero detto più tardi, però? Che Elayne aveva avuto un battibecco col padre del suo bambino? O che erano riuscite a nascondere la propria colpa per l’omicidio di Adeleas?
Io ripago sempre i miei debiti, pensò Elayne, guardandole allontanarsi. E aiuto i miei amici a pagare i loro.