Malgrado il russare vigoroso di Doc, destinato a rialzare il morale della compagnia, nessuno, a eccezione di Rama Joan, cercò di seguirne l'esempio, e dopo mezz'ora lo stesso Doc rizzò il capo, si mise a sedere, appoggiandosi ai gomiti, e s'inserì in una discussione tra Paul e Hunter sui sentieri cosmici che la Terra e il Vagabondo avrebbero seguito, rispettivamente.
«Ho già fatto i calcoli mentalmente… con una certa approssimazione, è naturale,» disse Doc. «Presumendo che siano di massa uguale, essi gireranno intorno a un punto mediano tra loro in un mese della durata di circa diciannove giorni.»
«Dovrà essere più breve, non c'è dubbio,» obiettò Paul. «Be', possiamo vedere con i nostri occhi a quale velocità si stia muovendo il Vagabondo.» Indicò il punto ove il pianeta straniero, ora di color mattone e arancio chiaro, si stava inclinando, tuffandosi nell'oceano, con il giallo ovale della luna che passava sulla faccia del pianeta, quasi da basso.
Doc ridacchiò:
«Quel movimento è soltanto la rotazione della Terra… lo stesso fenomeno che fa sorgere e tramontare il sole.» Poi, quando Paul si diede una manata sulla fronte, pensando alla propria stupidità, Doc aggiunse, «È un errore classico abbastanza naturale… continuo a farlo anch'io, mentalmente, e questo l'ho ereditato dai miei antenati cavernicoli, insieme alle ossa della coda! Ehi, guardate quanto si è ritirato il mare! Ross, temo che gli effetti di marea si mostrino più presto di quanto pensassimo.»
Paul, cercando di ritornare al nocciolo della discussione, si sforzò di visualizzare il quadro d'assieme… il fatto che maree ottanta volte più alte volevano dire anche maree ottanta volte più basse, a intervalli di sei ore, nella maggior parte dei luoghi.
«Tra parentesi,» aggiunse Doc, «Ci vorranno circa dieci giorni per entrare in quell'orbita di diciannove giorni, poiché l'accelerazione della terra è solo di circa cinque centesimi di pollice al secondo. Quella della luna, anche in relazione al Vagabondo, dev'essere stata di circa un metro e venti al secondo, cumulativa, naturalmente.»
Una fredda brezza di terra cominciò a soffiare, raggelando la nuca di Paul. Egli strinse ancor più la giacca intorno al corpo… Margo gliel'aveva restituita, quando l'Omino le aveva dato una delle giacche di cuoio. Malgrado ciò, Margo aveva infilato Miao nella giacca, per ottenere un po' di calore in più; e fissava in silenzio la spiaggia lunga e piatta.
«Guardate come la luce si riflette sulla sabbia umida,» disse Margo, senza rivolgersi a nessuno in particolare. «Come ametiste e topazi accumulati così, senza un disegno preciso.»
«Zitta,» disse la donna grassa, che era accanto a lei. «Lui sta ricevendo dei messaggi.»
Dall'altra parte, sempre accanto a Wanda, Bacchetto stava fissando il Vagabondo come se fosse stato ipnotizzato dalla sua luce, con il mento appoggiato al pugno chiuso, in un atteggiamento che faceva pensare al «Pensatore».
«L'imperatore dice, 'Nessun male venga fatto alla Terra',» dichiarò in quel momento Bacchetto, con voce monotona, quasi in trance. «'Le sue acque turbolente saranno quietate, e gli oceani si ritireranno dalle coste'.»
«Un pianeta pieno di Re Canuti,» mormorò gentilmente Doc.
«Il suo imperatore avrebbe dovuto muoversi prima, per scongiurare i terremoti,» disse acidamente la signora Hixon. Il signor Hixon le posò la mano sul braccio, e le mormorò qualcosa. Lei si strinse nelle spalle, ma non fece altri commenti.
Rama Joan aprì gli occhi.
«Come stanno andando le sue teorie adesso, Rudolf?» domandò a Doc. «Angeli o demoni?»
Lui rispose:
«Intendo aspettare fino a quando uno non voli abbastanza vicino a me, perché io possa vedere se le sue ali sono di piume o di cuoio.» Poi, rendendosi conto che la sua non era stata necessariamente una battuta di spirito, lanciò una rapida occhiata al Vagabondo, simulando un brivido ironico. Poi si alzò in piedi, si stirò, e osservò la piattaforma.
«Ah, vedo che avete caricato il camion, mentre io dormivo,» fu il suo commento. «Ottima idea. Non avete dimenticato nemmeno i contenitori dell'acqua… immagino che si debba ringraziare lei per questa idea, Dodd.» Poi, a bassa voce, rivolgendosi a Hunter, «Come sta Ray Hanks?»
«Non si è nemmeno svegliato, quando abbiamo issato la branda a bordo. Lo abbiamo avvolto con una coperta.»
Si udì un grande ronzio nel cielo. Tutti s'immobilizzarono. Molti lanciarono sguardi apprensivi in direzione del Vagabondo, come se avessero temuto che qualcosa arrivasse di là. Poi Harry McHeath chiamò, eccitato:
«È un elicottero di Vandenberg… credo…»
Ma aveva l'aspetto di un normale elicottero d'osservazione della guardia costiera, che scivolava lentamente verso il mare, per poi descrivere un ampio arco e ritornare verso la spiaggia, a una quota di circa quindici metri da terra. Improvvisamente, l'elicottero si diresse verso di loro, e rimase sospeso in alto. Il ronzio diventò un ruggito. Il vento prodotto dalle eliche fece volar via i programmi accumulati sulla sedia.
«Quel maledetto idiota non cercherà di atterrare sulla nostra testa?» domandò Doc, guardando in alto, come tutti gli altri.
Una grande voce dominò il ronzio e scese su di loro:
«Andate via! Andate via da qui!»
«Be', che bastardi!» ruggì Doc, in modo che non si riuscì a capire ciò che la voce disse subito dopo. «Non sono soddisfatti di averci sbattuto la porta in faccia. Adesso ci ordinano di lasciare anche il quartiere!» Accanto a lui, l'Omino sollevò il pugno, e lo agitò rabbiosamente.
«Andate via subito dalla spiaggia!» terminò la grande voce, quando l'elicottero s'inclinò e continuò il suo tragitto lungo la costa.
«Ehi, Doc!» gridò Wojtowicz, prendendo la spalla dell'altro e scuotendola. «Forse cercano di avvertirci del pericolo della marea!»
«Ma quello non verrà prima di sei ore…»
Doc si interruppe, quando fu chiaro a tutti che il ruggito non se ne andava insieme all'elicottero, e mentre l'acqua spumeggiante sprizzava in almeno una dozzina di punti, dalle fessure della piattaforma.
La piattaforma era completamente circondata da un bianco mare di spuma. L'onda era venuta mentre tutti gli occhi erano rivolti all'elicottero, e il ruggito delle eliche aveva soffocato quello dell'onda.
«Ma…» domandò Doc, anch'egli simile a un Re Canuto.
«Non è un'onda di marea, ma tsunami!» Gli gridò Hunter. «Onde prodotte da movimenti sismici… maremoto!»
Doc si asciugò la fronte.
Con un sibilo di rabbia e un cupo crepitio di sassolini e conchiglie, l'acqua si ritirò, lasciando dietro di sé un disegno spettrale di schiuma.
«Ne sta arrivando un'altra!» gridò Paul, guardando una lontana muraglia pallida, con orrore. «Mettete in moto il camion!»
Gli Hixon stavano già salendo a bordo. Il motore tossì, e si spense. Hunter, Dodd, Doc e Harry McHeath balzarono sulla sabbia bagnata, e si prepararono a spingere. Rama Joan portò via quasi di peso Ann, la spinse a bordo del camion, e quando lei cercò di scendere, la schiaffeggiò sul viso. «Resta qui, e reggiti forte,» le ordinò. Wanda cercò di seguire Ann, ma Wojtowicz l'afferrò al volo, e le ringhiò, «Questa volta no, Cicciona!» Paul abbassò il telo del camion, cercando di fermarlo.
Finalmente il motore si accese. Wojtowicz spinse da una parte Wanda, e lui e Paul cominciarono a spingere, barcollando quando il camion avanzava di pochi centimetri. Gli pneumatici posteriori stridevano, girando a vuoto nella sabbia bagnata. Una spinta dagli uomini che si trovavano in basso, un'altra spinta da Paul e Wojtowicz, sulla piattaforma, e il camioncino avanzò di qualche altro centimetro. Un'esitazione, un'altra spinta, e improvvisamente il camion si allontanò rapidamente, con il telone posteriore che sbatteva nel vento, e le luci di posizione che scintillavano sull'acqua incrostata di bianca schiuma che avanzava.
La seconda ondata fu abbastanza alta da bagnare un angolo della piattaforma, e lasciarvi una traccia di sabbia e di sassolini, mentre le fessure si trasformavano in una rete di sorgenti, che sprizzavano acqua e schiuma. Mentre l'onda recedeva, Paul spinse Margo lungo la piattaforma dalle assi di legno umide. Margo portava con sé Miao. Indugiò sul bordo opposto della piattaforma, e si guardò intorno, vedendo gli altri, e gli uomini che si rialzavano a fatica, in basso, nell'acqua poco profonda.
«Avanti. Presto, prima che arrivi la terza ondata!» urlò, e scese dalla piattaforma, insieme a Margo, guidando l'inseguimento del camion.
Arab, Pepe e 'High' si aspettavano fiumi azzurri di poliziotti che si riversassero dietro di loro, nella stazione della metropolitana di Lenox e della 125a Strada. Così si prepararono mentre Arab era pronto a gettare la marijuana rimasta nel gabinetto, e 'High' pronto a tirar l'acqua, mentre Pepe stava ad ascoltare nervosamente. Non si trattava di un espediente molto astuto, ma lo fecero quasi istintivamente.
Ma nessun altro cercò di entrare; non udirono i passi pesanti e i richiami dei poliziotti, anzi non udirono nulla. E dopo qualche tempo uscirono dal loro precario rifugio.
La stazione vuota era come una casa stregata, così, per qualche tempo, essi girarono qua e là, senza una meta precìsa. Pepe cercò di prendere della cioccolata da una macchinetta distributrice, ma la macchina non funzionò. Pepe la scosse, un volta, ma si fermò bruscamente, nell'udire il rumore. Salirono nell'ultimo vagone del vuoto treno in attesa, che era diretto in centro, e lo percorsero fino al primo vagone. Poi, nella motrice, Arab abbassò una leva, e gli sportelli cominciarono a chiudersi; allora Arab riportò la leva nella posizione iniziale. Arab abbassò un'altra leva, e il ronzio del treno si fece più forte, il convoglio parve tendersi, pronto a partire; Arab si affrettò a riportare in posizione di partenza anche quella leva.
«Meglio lasciar stare questi aggeggi,» disse, ridacchiando.
Studiarono il nero, doppio tunnel davanti alla motrice, aspettando che arrivasse un treno, dall'una o dall'altra parte, ma non accadde nulla.
Più la stazione rimaneva vuota, più essa sembrava un piccolo mondo privato dei tre fratelli di viaggio. Sentendosi ricchi come i padroni del mondo, si accesero un altro «fornello» di droga, e fumarono seduti sulla piattaforma.
Finalmente, Arab disse:
«Cosa credi che sia accaduto in realtà, 'High'?»
'High' corrugò la fronte, pensieroso. Poi:
«I russi sbarcano alla Battery, da enormi sottomarini. Grande sconfitta per i poliziotti nella battaglia di Union Square. I poliziotti si ritirano a nord, combattendo delle azioni di retroguardia. I russi avanzano. I miei ordini, per la giornata: nascondetevi sottoterra, uomini, e fate i sordi e i ciechi.»
Arab annuì.
«Pepe?»
«Quella palla di fuoco! Lei è emersa alla Battery, si è divisa senza scoppiare, e poi è discesa galleggiando per le strade. La gente l'ha creduta di gas velenoso ed è scappata sui tetti, ma in realtà si trattava di fumo buono, fumo migliore del nostro. Tutti sono soffocati, meno noi. Avevamo troppa paura anche per respirare. Arab?»
Un vento caldo cominciò a soffiare accanto a loro, dalla galleria davanti. Era un vento greve di odori sotterranei: metallo, terra secca, sudore, e un crepitio elettrico, un sentore di ozono che pervadeva ogni cosa.
«Avanti, Arab, sei stato tu a cominciare,» lo incoraggiò Pepe.
«Va bene, adesso ho capito tutto,» disse Arab. «Il fiume era alto, l'abbiamo visto anche noi. Ha continuato a salire. L'acqua è traboccata alla Battery, ha invaso la terra e ha continuato ad avanzare verso nord. Un diluvio, come quello di Noè! La gente è stata avvertita, è fuggita sui tetti e si è trasformata in una congrega di statue di sale. L'ordine è stato quello di sgomberare gli scantinati e la metropolitana. La polizia è scappata. I pompieri erano pronti con gli idranti, ma l'acqua è una cosa che loro non possono combattere. Così sono scappati via anche loro. E l'acqua sta sempre arrivando, sale e sale e si avvicina.»
«Ehi, ma questa è davvero buona!» disse 'High'. «Re-alistica!»
La brezza si fece più forte, e gli odori aumentarono, nella metropolitana, ma ora a questi odori se ne mescolava uno strano, inappropriato, fuori luogo.
In fondo alla galleria, lontano, si vide un lampo azzurrino.
«Sta arrivando un treno,» disse Pepe.
Ci fu un altro lampo azzurrino, e un altro ancora. La brezza diventò un vento di uragano, e ora l'odore fuori posto diventò chiaro: era l'odore che si sentiva vicino al fiume. E c'era un brontolio lontano, che lentamente aumentava, diventava un ruggito.
«Un treno nero in arrivo, su entrambi i binari!» urlò Arab.
I lampi lividi, azzurrini, si avvicinarono, si avvicinarono, sempre più intensi, un temporale abbacinante. Il vento acre, salmastro, era quello di un tornado; carte e polvere volavano follemente intorno; il ruggito era quello di mille e mille leoni.
Per un momento, stretti gli uni agli altri, abbracciati sulla piattaforma, essi lo videro chiaramente: il fronte spumeggiante, nero di terriccio e di rifiuti, e con i piedi crepitanti di fiamma azzurrina.
Poi il pistone d'acqua salata carica di elettricità li travolse.
Sally Harris e Jake Lesher presero le uova strapazzate e il caviale da una padella d'argento posata su una fiamma azzurrina, e un vaso di cristallo circondato dal ghiaccio.
«Accidenti, siamo in alto,» disse Sally, guardando oltre il grande terrazzo dell'attico. «Vedo soltanto l'Empire State, l'RCA, il Chrysles, la Sixty Wall Tower… e quel punticino laggiù non è per caso il Waldorf Astoria?»
«Quaranta piani, prima di entrare nell'ascensore privato di Hasseltine,» le disse Jake, spalmando un po' di caviale su una fetta di pane tostato. «Li ho contati.»
Sally portò la sua tazzina di caffè sulla balaustra cromata, e si sporse, con un gesto irrequieto.
«Guarda, accidenti, la gente sembra un branco di formiche,» disse, senza voltarsi. «Stanno correndo tutti… non so perché. Jake, una volta ti avevo chiesto a cosa servivano quei piccoli idranti che sporgono dagli edifici… credevo che servissero a spegnere degli incendi di automobili, ricordi, o per respingere degli assembramenti di dimostranti.»
«Niente di tutto questo… servono per lavare i marciapiedi, al mattino,» le spiegò Jake, versandosi una tazza di caffè dall'alta caffettiera sottile, con la luce rossa alla base.
Lei annuì:
«Lo pensavo… li stanno usando, adesso.»
«Non è possibile, li usano alle quattro del mattino. Adesso sono le otto.» L'espressione dei suoi occhi si fece remota. Gli pareva che il pensiero, l'idea fabbricasoldi che aveva avuto a Times Square stesse finalmente tornando.
«Be', può darsi, ma laggiù sembra maledettamente bagnato.» Studiò la scena ancora per un poco. Poi, «Jake?»
«Cosa c'è adesso? Sal, io sto cercando di pensare.»
«Avevi ragione. L'acqua non esce da quei piccoli idranti. Esce dagli sbocchi della sotterranea.»
Jake balzò su, e ricadde con uno scossone che lo fece vibrare dolorosamente. Anche il pavimento aveva saltato. L'edificio ruggì e traballò… e traballò ancora. Jake agitò le braccia in aria, e poi si aggrappò alla balaustra cromata, dove Sally stava ondeggiando e squittiva, superando anche il ruggito sordo. Centinaia di metri più in basso, o almeno così sembrava, la sua tazzia da caffè, e grandi fiocchi di pietra, produssero degli schizzi piatti e minuscoli.
Il sordo brontolio, e l'ondeggiamento del grattacielo, diminuirono. Sally si sporse ancora dalla balaustra, e puntò il braccio verso il basso, dove un nastro nero stava uscendo lentamente dal loro edificio, vicino alla base.
«Guarda!» gridò lei. «Del fumo! Oh, Jake, non è emozionante?» domandò, quando lui cercò di tirarla dentro. «Dovremmo tirarne fuori una commedia!»
Nel caos del momento Jake fu ancora capace di rendersi conto che era quella l'idea fabbricasoldi che aveva cercato così affannosamente.
Dietro di loro, lo spioncino rosso alla base della caffettiera si spense, e la luce arancione del tostapane impallidì.
Gli studiosi dei dischi volanti avevano continuato a correre, sfuggendo ad altre tre onde sismiche che erano fatte più di schiuma che d'acqua… arrivavano alla caviglia… e poi erano riusciti a raggiungere la sabbia asciutta, e si erano fermati là, quasi tutti senza fiato; Bacchetto e Ida trascinavano quasi l'altra donna, e il momento pareva indurre a una tregua, quando le onde veramente alte cominciarono a inseguirli.
In alto, le colline rotondeggianti delle montagne di Santa Monica torreggiavano cupe e massicce sullo sfondo di un cielo già ingrigito dall'alba. Più vicino, ma già abbastanza lontano, le tremolanti luci di posizione del camion continuavano a ritirarsi. Hixon aveva scelto la via più diretta per allontanarsi dal mare, una via al centro, tra il grande rigonfio di Vandenberg e i primi corrugamenti del terreno che avevano sepolto le automobili, e gli altri avevano seguito il camion. Era stata la cosa più saggia… qualsiasi altro percorso li avrebbe fatti andare, traversalmente, proprio verso le ondate, attraverso una spiaggia ancor più bassa; il guaio era che anche la via centrale non era altro che sabbia e piatto terreno sabbioso, per una lunga distanza… il letto di un fiume in secca.
Dietro di loro, il Vagabondo toccò il bordo dell'oceano. La losanga della luna stava traversando di nuovo la faccia del pianeta. Il pianeta, a sua volta, stava di nuovo mostrando la sua faccia yin-yiang, benché ora apparisse inclinata… Doc, ansimando, pensò, Be', ma così siamo ritornati al principio. Quell'affare ha completato una rotazione… ha un giorno di sei ore. Poi qualcosa di nero e quadrato e dai bordi frastagliati s'innalzò torreggiante, e nascose al suo sguardo il disco del Vagabondo.
Era la piattaforma sulla quale avevano tenuto il simposio sui dischi volanti, sollevata come una piuma dalla seconda delle grandi ondate.
Gli altri avevano ricominciato a correre, ed egli li seguì affannosamente, con tutto il lato sinistro del corpo trafitto da sottili punture, piccoli aghi che gli pungevano il cuore.
Poi… bene, fu come se in un terribile, istantaneo planare il Vagabondo avesse saltato un quarto di milione di miglia nella volta celeste, e si fosse fermato proprio sopra di loro, nascondendo tutto il cielo, a eccezione di un grigio, circolare limite di orizzonte.
Questo fu sufficiente a farli fermare di colpo, malgrado i pallidi orrori che agitavano pugni di relitti che ruggivano verso di loro, risalendo la spiaggia.
Hunter fu il primo a riacquistare il senso della distanza e delle proporzioni, e pensò, Be', ma è semplicemente (mio Dio, semplicemente!) un disco volante, largo dodici metri, fermo grazie a motori antigravitazionali a circa quattro metri da noi, e dipinto con un yin-yang violetto. Poi ricominciò a correre.
La prima, e più piccola, delle grandi ondate li spruzzò di spuma, e gorgogliò intorno a loro, alta fino al ginocchio. Benché la mente e i sensi fossero ancora ipnotizzati dall'oggetto fermo sopra di loro, il corpo reagì a quell'assalto materiale. Si aggrapparono gli uni agli altri, per non cadere; mani bagnate e scivolose toccarono mani bagnate e scivolose, o cinture bagnate, e giacche fradice. Wanda finì sott'acqua, e Wojtowicz si tuffò per ripescarla.
Le unghie di Margo affondarono nel collo di Paul, e lei gli gridò, all'orecchio:
«Miao! Prendi Miao!» muovendo nel contempo la mano. Paul riuscì a scorgere una piccola coda felina e delle orecchie appuntite, che sparivano nella schiuma sporca, e si tuffò follemente dietro di esse, muovendo le mani avanti. Così Paul non vide quello che accadde dopo.
Un portello rosa, largo un metro e mezzo, si aprì come per magia al centro del disco volante, e da esso si sporse, sospesa proprio al di sopra delle loro teste con due arti che terminavano in artigli e una coda prensile appuntita, con il pelo verde e violetto, una…
«Il diavolo!» urlò Ida. «Lei aveva detto che sarebbe venuto il diavolo!»
«Una tigre!» urlò Harry McHeath. Doc udì quelle parole, e la sua mente cominciò a rotolare, come un paio di dadi non truccati, incontrollabilmente, con il pensiero: Mio Dio, la seconda pagina domenicale di Buck Rogers! Gli Uomini-Tigre di Marte!
«Imperatrice!» gridò Bacchetto, piegando le ginocchia fredde; nelle sue narici, insieme al salmastro fetore del mare, sentì l'alito di un profumo celestiale…
Grandi occhi viola dalla pupilla nera li osservarono tutti, rapidamente, eppure dando l'impressione del pigro distacco sdegnoso di uno spettatore.
La seconda, enorme ondata distava meno di trenta iarde, e la piattaforma viaggiava sulla sua cresta, come l'asse del vecchio gioco di scivolare sull'acqua, mentre sedie sparpagliate ballonzolavano tutt'intorno, e dietro di essa stava giungendo anche la casa sulla spiaggia, visione torreggiante che in parte essi si aspettavano.
Una zampa verde si mosse, puntò una grigia pistola dalla canna a punta verso il mare, e la mosse a ventaglio, avanti e indietro.
Non si vide alcun lampo, né bagliore, né segni di sorta, ma la grande onda affondò, schiumò, si dissolse. La piattaforma scivolò su di essa, e si rovesciò di fianco. La casa sulla spiaggia galleggiò verso Vandenberg. Tutta la spuma sfrecciò via, svanita. Si videro le acque gonfiarsi e quietarsi confusamente, un grande vortice alto di là, la spiaggia nuda di qua. L'acqua non arrivava nemmeno alla coscia, e mancava della forza della prima ondata, quando finalmente li raggiunse.
La grigia pistola continuò a muoversi a ventaglio, avanti e indietro, sopra le loro teste.
Un grande soffio di vento passò sopra di loro, dalla terraferma. Doc, in equilibrio precario, cominciò a cadere. Rama Joan era aggrappata a lui.
La testa e le spalle di Paul emersero dalla schiuma. Teneva sulla spalla Miao, fradicia come un topo.
Il vento continuava a soffiare.
L'essere appeso al bordo del portello rosa parve allungarsi, in maniera quasi impossibile, diventando una curva verde a striscie violette che si tendeva verso Paul.
La pistola grigia cadde, e Margo la prese.
Artigli grigi e viola affondarono nella spalla di Paul, e lui e Miao vennero tirati su, da una forza muscolare certamente sovrumana, vennero attirati nel portello rosa. Margo, Doc e Rama Joan, aggrappati gli uni agli altri per non cadere, videro accadere la cosa con estrema chiarezza.
L'essere verde e violetto s'infilò nuovamente nel disco volante, dopo Paul e la gatta.
Poi, senza alcuna transizione visibile, il disco volante si trovò a centinaia di metri di altezza, non più grande della luna, e il portello era un punto pallido.
Margo s'infilò nella giacchetta la pistola grigia.
Il vento che soffiava dalla terra diminuì.
Il punticino svanì, e il disco scomparve.
Poi stavano tutti lottando per risalire, mano nella mano, sulla spiaggia, attraverso acque limacciose, che arrivavano al ginocchio, e venivano risucchiate dal mare.
Bagong Bung, al timone della Machan Lumpur, da poco uscita dalla piccola baia resa accessibile dall'alta marea, a sud di Do-Son, dopo la riuscita consegna di un carico di merci assortite di contrabbando… una consegna riuscita, ma spiacevolmente ritardata… vide il Vagabondo sorgere dall'orizzonte nuvoloso del Golfo del Tonchino, nella giovane notte, nell'istante in cui… a una buona metà del pianeta di distanza… gli studiosi dei dischi volanti, sfuggiti ai tsunami, stavano osservando l'ultima fetta sottile affondare nel Pacifico. Per Bagong Bung, lo yin-yang era un familiare simbolo cinese che egli amava chiamare 'Le Due Balene', ma la luna deformata… verso la quale diresse subito il suo cannocchiale di bronzo… era adesso, per lui, come una grossa borsa di diamanti un po' ingialliti.
Così, per Bagong Bung, il Vagabondo che sorgeva là dove la luna avrebbe dovuto sorgere da sola non fu tanto un'intrusione sconvolgente, bensì una promessa di buona sorte, un incoraggiamento soprannaturale. I diamanti lo fecero pensare ai tesori sommersi nelle navi perdute, sotto il mare poco profondo che lo circondava. Istantaneamente, e irrevocabilmente, egli decise che all'alba di domani, e con l'arrivo della bassa marea, lui avrebbe preso tempo per compiere almeno un'immersione nella nuova posizione che, secondo i suoi calcoli, doveva ospitare il relitto della Sumatra Queen.
«Vieni, Cobber-Hume,» chiamò, attraverso il rugginoso tubo di comunicazione, rivolgendosi al suo ingegnere australiano. «Una grande fortuna per noi. No, non posso dirtelo. Vieni su, vedrai con i tuoi occhi. Oh, vedrai!»