CAPITOLO SETTIMO


Insomma, cosi va ilmondo, pensava J. R. Isidore che ancora stringeva il panetto di margarina in mano. Magari cambiera idea e mipermettera di chiamarla Pris. Emagari, se riesco a rimediare una scatoletta di verdura anteguerra, cambiera idea anche sulla nostra cena.

Ma forse non sa cucinare, penso d'un tratto. E va bene, vorra dire che cucino io; preparero la cena per tutti e due. E le faccio vedere come si fa, cosi, se vuole, in futuro lo puo fare anche lei. Probabilmente le verra voglia di farlo, appena le faro vedere come si fa; per quanto ne so, alla maggior parte delle donne, anche a quelle giovani come lei, piace cucinare; e un istinto.

Salite le scale buie, ritorno al suo appartamento. Certo, non e molto al corrente su un sacco di cose, penso mentre indossava l'uniforme bianca da lavoro. Anche se si fosse messo a correre ormai era in ritardo e il signor Sloat si sarebbe arrabbiato - e allora, chi se ne importa? Ad esempio, non ha mai sentito nominare Buster Friendly. Impossible; Buster e il piu importante uomo vivente, certo, se si eccettua Wilbur Mercer... ma Mercer, penso, non e un essere umano; si tratta evidentemente di un'entita archetipica proveniente dalle stelle, sovrimposta alla nostra cultura attraverso una specie di matrice cosmica. Almeno, cosi ho sentito dire in giro; e quello che dice il signor Sloat, ad esempio. E Hannibal Sloat e uno che sa quello che dice.

E anche strano che si sia contraddetta sul suo stesso nome, riflette. Puo darsi che abbia bisogno di aiuto. Ma che aiuto posso darle, io? Non mi posso sposare e non posso emigrare e col tempo la polvere mi uccidera. Non ho proprio nulla da offrirle.

Vestito e pronto ad andare, lascio l'appartamento e sali sulla terrazza dov'era parcheggiata la sua malconcia aereomobile di seconda mano.


Un'ora dopo, sul furgone dell'azienda, aveva ritirato il primo animale malfunzionante del giorno. Un gatto elettrico: sdraiato nella gabbia da trasporto in plastica impermeabile alla polvere, nel retro del furgone ansimava con strana irregolarita. Si potrebbe quasi dire che e vero, osservo Isidore sulla via del ritorno alla Clinica per Animali Van Ness - quella piccola impresa dal nome cosi accuratamente fuorviante che resisteva a stento nel duro mondo della concorrenza tra gli addetti alla riparazioni degli animali finti. Il gatto soffriva e gemeva.

Accident, si disse Isidore, sembra davvero che stia morendo. Forse la batteria vecchia di died anni e andata in corto e tutti i circuiti stanno sistematicamente bruciando. Un lavoro di quelli grossi; Milt Borogrove, il meccanico della Clinica per Animali Van Ness, avrebbe avuto il suo bel da fare. E alproprietario non ho neanche fatto un preventivo, si rese conto, rabbuiandosi. Il tizio mi ha buttato in braccio il gatto, ha detto che aveva cominciato a star male durante la notte, e poi mi sa che se n 'e andato al lavoro. Ad ogni modo, d'un tratto il veloce scambio verbale s'era interrotto e il proprietario del gatto era sfrecciato rombando su nel cielo nella sua fantastica aereomobile, un nuovo modello personalizzato. Tra l'altro, l'uomo era un cliente nuovo.

Rivolto al gatto, Isidore disse: «Ce la fai a resistere finche arriviamo in officina?» Il gatto continuava a rantolare. «Ti ricarico io qui al volo per strada», decise Isidore; fece scendere il furgone sulla prima terrazza disponibile dove parcheggio lasciando il motore acceso, entro carponi nel retro del furgone e apri la gabbia da trasporto in plastica impermeabile alla polvere che insieme al suo camice bianco e al nome sul furgone creava un'impressione assolutamente credibile di un vero veterinario che si occupava di un vero animale.

Il meccanismo elettrico, sotto il pelo in apparenza autentico, gorgogliava ed emetteva bolle d'aria, le videolenti erano vitree e opache, le mascelle di metallo serrate. Lo avevano sempre sorpreso questi circuiti di "malattia" inseriti negli animali finti; il marchingegno che si stava tenendo in grembo era stato messo insieme in modo tale che quando un componente principale cominciava a guastarsi, tutto l'insieme pareva non tanto rotto quanto piuttosto organicamente malato. Io cisarei cascato in pieno, si disse Isidore mentre tastava il pelo della finta pancia cercando il pannello di controllo nascosto (piuttosto piccolo per questo modello d'animale finto) e i terminali delle batterie a ricarica rapida. Non riusci a trovare ne l'uno ne gli altri. Ne poteva permettersi di cercare a lungo; era chiaro che il meccanismo stava smettendo di funzionare. Se davvero si tratta di un corto che sta bruciando i circuiti, riflette, allora forse dovrei cercare di staccare uno dei cavetti delle batterie; il meccanismo si spegnerebbe, ma non ci dovrebbero essere danni. Epoi, un volta in officina, Milt puo ricaricarlo. Con destrezza fece correre le dita lungo la pseudocolonna vertebrale. I cavi dovevano essere piu o meno li. Accidentia quella meccanica evoluta; un'imitazione davvero assolutamente perfetta! I cavi non saltarono fuori nemmeno dopo un'ispezione accurata. Dev'essere un prodotto della Wheelright & Carpenter- costano di piu, ma casptta che bel lavoro fanno!

Rinuncio; il gatto finto aveva intanto smesso di funzionare, evidentemente il cortocircuito - se era davvero quello il problema di quell'affare — aveva scaricato le batterie e bloccato il motore centrale. Riparare questo coso costera un bel po', penso pessimisticamente. Be', si vede che il tizio non gli ha fatto fare la pulizia e la lubrifcazione quadrimestrale preventiva, perche a farla si vede davvero la dffferenza. Magari - ora che ci aveva sbattuto il muso - il proprietario avrebbe imparato qualcosa.

Ritorno carponi al sedile di guida e mise il volante in posizione di ascesa, quindi sibilo di nuovo in aria e riprese il volo di ritorno verso l'officina.

Almeno cosi non sentiva piu l'angosciante ansimare di quel coso; poteva rilassarsi. Che strano, penso; anche se da un punto di vista razionale so che e tutto finto, il rumore di un animale meccanico a cui si stanno bruciando le batterie e il motore per me e come un pugno nello stomaco. Mipiacerebbe, penso accorato, trovare un altro lavoro. Se non mi avessero bocciato a quel test per il quoziente intellettivo non mi troverei ridotto a svolgere questi compttf ignominiosi e a sopportarne anche gli strascichf emotivi. D'altro canto, il dolore meccanico degli animali finti non dava fastidio ne a Milt Borogrove, ne al loro principale, Hannibal Sloat. Forse sono io, si disse John Isidore. Forse, piu si regredisce lungo la scala dell'evoluzione, come e successo a me, piu si sprofonda nell'abietto abisso del mondo della tomba... hmmm, meglio abbandonare questa linea di ricerca. Nulla lo deprimeva di piu dei momenti in cui confrontava le sue attuali facolta mentali con quelle di cui disponeva in passato. Ogni giorno la sagacia e il vigore diminuivano. Lui e le altre migliaia di speciali del pianeta Terra erano tutti destinati a confluire nel mucchio della spazzatura. A trasformarsi in palta vivente.

Per sentirsi un po' in compagnia accese l'autoradio e si sintonizzo sul programma radiofonico di Buster Friendly che, come la versione televisiva, andava in onda ventitre ininterrotte roventi ore al giorno... mentre l'altra ora era occupata da una sigla di fine-delletrasmissioni di carattere religioso, seguita da dieci minuti di silenzio e poi da una sigla di ripresa-delle-trasmissioni sempre di carattere religioso.

«...contento d'avervi di nuovo all'ascolto e in visione», stava dicendo Buster Friendly. «Allora, Amanda; sono due giorni interi che non veniamo a trovarti. Hai in programma qualche nuovo film, cara?»

«Eppene, io folevo antare a fare film ierri, ma penza, loro folere me partire a le zette...»

«Le sette del mattino?» la interruppe Buster Friendly.

«Ciusto, tel matino, Buuster; a le zette!» Amanda Werner scoppio nella sua famosa risata, imitata quasi quanto quella di Buster. Amanda Werner e varie altre belle ed eleganti signore straniere dal bel seno conico, provenienti da vaghi paesi mai specificati, piu alcuni cosiddetti umoristi bucolici, costituivano il nocciolo duro delle perpetue repliche di Buster. Le donne come Amanda non facevano mai film, non avevano mai parti in teatro; vivevano le loro stravaganti belle vite come ospiti nello spettacolo senza fine di Buster, comparendo sullo schermo - Isidore una volta l'aveva calcolato - anche la bellezza di settanta ore a settimana.

Come faceva Buster Friendly a trovare il tempo di registrare sia lo spettacolo radiofonico che quello televisivo? A Isidore sarebbe piaciuto saperlo. E come faceva Amanda Werner a trovare il tempo di fare l'ospite un giorno si e l'altro no, mese dopo mese, anno dopo anno? Come facevano a parlare in continuazione? Non si ripetevano mai, per quanto poteva accorgersene lui. Le loro battute, sempre sagaci, sempre nuove, non le provavano. La chioma di Amanda risplendeva, gli occhi le luccicavano, i denti brillavano; non calava mai di tensione, non si stancava mai, non si trovava mai disorientata quando doveva escogitare una battuta spiritosa in risposta alla continua raffica di frizzi e lazzi, facezie e arguzie di Buster. Il Buster Friendly Show, audioteletrasmesso via satellite su tutta la Terra, si riversava anche sugli emigranti dei mondi colonizzati. Alcune trasmissioni sperimentali erano state lanciate anche verso Proxima, nel caso la colonizzazione umana fosse arrivata tanto lontana. Se il Salander 3 fosse giunto a destinazione, i membri dell'equipaggio avrebbero trovato il Buster Friendly Show ad attenderli. E loro ne sarebbero stati contenti.

Ma c'era qualcosa in Buster Friendly che indispettiva John Isidore, un particolare inquietante. In modo subdolo, quasi senza dare nell'occhio, Buster ridicolizzava le scatole empatiche. E non una volta sola, di continuo. Infatti, lo stava facendo proprio adesso.

«...non troverai segni di sassate sul mio corpo», ciangottava Buster con Amanda Werner. «E se proprio devo scalare il fianco di una montagna, voglio portarmi dietro almeno un paio di bottiglie di birra Budweiser!» Il pubblico in studio scoppio a ridere, e Isidore senti uno scroscio di applausi. «E rendero pubblica la mia denuncia, minuziosamente documentata, da lassu — l a rivelazione che avra luogo esattamente tra dieci ore!»

«Fenco angh'io, tezoro!» proruppe Amanda. «Pottami con te! Io fenire con te, quanto loro tirare noi pietra io proteccere te!» Il pubblico esplose un'altra volta, e John Isidore si senti deriso e provo una rabbia impotente salirgli nel petto fin quasi a sgorgare. Perche Buster Friendly continuava a prendere in giro il Mercerianesimo? La cosa non sembrava dar fastidio a nessun altro; perfino l'O.N.U. approvava. Eppure sia la polizia americana che quella sovietica avevano dichiarato pubblicamente che il Mercerianesimo riduceva il tasso di criminalita, rendendo i cittadini piu consapevoli delle condizioni del proprio prossimo. L'umanita ha bisogno di maggior empatia, aveva dichiarato piu volte Titus Corning, il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Forse Buster e geloso, i potizzo Isidore. Certo, potrebbe essere una spiegazione; lui e Wilbur Mercer sono in concorrenza l'uno con l'altro. Ma in concorrenza per cosa?

Per le nostre menti, concluse. Litigano per il controllo della nostra psiche; la scatola empatica da un lato, gli sberleffi e le allusioni maligne di Buster dall'altro. Devo dirlo a Hannibal Sloat, si disse risoluto. Devo chiedergli se e vero; lui lo sapra senz'altro.


Parcheggiato il furgone sulla terrazza della Clinica per Animali Van Ness, Isidore porto subito la gabbia di plastica con il finto gatto ormai esanime giu nell'ufficio di Hannibal Sloat. Quando entro, il signor Sloat sollevo lo sguardo da una pagina di un catalogo di componenti e il volto grigio e segnato dall'eta gli si increspo come acqua percorsa dal vento. Troppo vecchio per emigrare, Hannibal Sloat, anche se non era uno speciale, era destinato a guadagnarsi a fatica il resto della vita sulla Terra. La polvere, per anni, l'aveva logorato; gli aveva fatto divenire i lineamenti grigi, i pensieri grigi; l'aveva ingobbito, gli aveva indebolito le gambe rendendogli malfermo il passo. Hannibal vedeva il mondo attraverso lenti letteralmente ispessite dalla polvere. Per chissa quale motivo, Sloat non si puliva mai gli occhiali. Era come se si fosse arreso; aveva accettato le scorie radioattive che avevano gia da molto tempo intrapreso l'impresa di seppellirlo. Intanto, gli avevano gia oscurato la vista. Nei pochi anni che gli restavano la polvere gli avrebbe degradato anche gli altri sensi fino a che alla fine gli sarebbe rimasta solo la voce stridula da uccello, e poi se ne sarebbe andata anche quella. «Che cos'hai chiese il signor Sloat.

«Un gatto con un cortocircuito all'impianto di alimentazione». Isidore appoggio la gabbia sulla scrivania del capo, completamente coperta da fogli.

«E perche lo porti a me?», domando Sloat. «Portalo giu in officina da Milt». Eppure, pensieroso, apri la gabbia e ne estrasse l'animale. Un tempo anche lui aveva fatto riparazioni. Era stato un ottimo meccanico.

Isidore disse: «Secondo me, Buster Friendly e il Mercerianesimo si combattono per ottenere il controllo delle nostre anime psichiche».

«Se e cosi», disse Sloat, mentre esaminava il gatto, «Buster sta vincendo».

«Sta vincendo adesso», disse Isidore, «ma a lungo andare verra sconfitto».

Sloat alzo la testa, e lo guardo. «Perche?»

«Perche Wilbur Mercer si rinnova continuamente. E eterno. In cima al colle viene abbattuto; sprofonda nel mondo della tomba, ma poi inevitabilmente risorge. E noi con lui. Cosi, anche noi siamo eterni». Si senti soddisfatto, per aver parlato tanto bene; di solito quando aveva a che fare con il signor Sloat balbettava.

Sloat disse: «Anche Buster e immortale, come Mercer. Nessuna differenza».

«Ma come fa? Lui e solo un uomo».

«Non lo so», disse Sloat. «Ma e vero. Non l'hanno mai ammesso, ovviamente».

«E per questo che Buster Friendly riesce a fare quarantasei ore di spettacolo al giorno?»

«Esatto», disse Sloat.

«E allora Amanda Werner e quelle altre donne?» «Immortali anche loro».

«Rappresentano forse una forma di vita superiore proveniente da un altro sistema?»

«Questo non sono mai riuscito a stabilirlo per certo», disse il signor Sloat che intanto stava ancora ispezionando il gatto. Adesso si era levato gli occhiali coperti dalla polvere e osservava da vicino la bocca socchiusa. «Come invece ho stabilito con definitiva certezza nel caso di Wilbur Mercer», concluse, in tono quasi impercettibile. A quel punto comincio a imprecare: un rosario di insulti, parolacce e bestemmie che a Isidore parve durare un minuto buono. «Questo gatto», disse alla fine Sloat, «non e finto. Sapevo che un giorno o l'altro ci sarebbe capitato. E morto». Riabbasso lo sguardo e fisso il cadavere del gatto. E riprese a imprecare.

Con indosso il grembiule di tela per vele blu incrostato di sudiciume, il tarchiato Milt Borogrove dalla pelle ruvida e granulosa comparve sulla soglia dell'ufficio. «Che cos'e tutto 'sto baccano?» borbotto. Vedendo il gatto, entro nell'ufficio e prese in mano l'animale.

«Guarda che cosa ci ha portato il cervello di gallina », disse Sloat. Non aveva mai usato prima d'allora quel termine in presenza di Isidore.

«Fosse stato ancora vivo», intervenne Milt, «l'avremmo potuto portare a un vero veterinario. Mi piacerebbe sapere quanto vale. Non c'e in giro una copia del Sidney?»

«Ma la s-s-sua ass-sicurazione non c-c-copre...?» chiese Isidore al signor Sloat. Le gambe gli tremavano ormai senza controllo e si rese conto che la stanza si stava colorando di un marrone scuro screziato di macchie verdi.

«Si», disse finalmente Sloat, quasi ringhiando. «Ma e un peccato, e lo spreco che mi fa imbestialire. La perdita di un'altra creatura vivente. Isidore, possibile che non sei capace di distinguere niente? Non hai notato l a differenza?»

«Ho pensato», riusci a dire Isidore, «che era davvero un bel lavoro. Tanto ben fatto da riuscire a mettermi nel sacco; cioe, sembrava vivo e un lavoro cosi ben fatto...»

«Non credo che Isidore sia in grado di notare la differenza», disse Milt conciliante. «Per lui sono tutti vivi, anche gli animali finti. Probabilmente ha anche provato a salvarlo». Rivolto a Isidore, disse: «Che hai fatto? Hai provato a ricaricargli le batterie? O hai cercato di individuare il corto circuito?»

«S-s-si», ammise Isidore.

«Probabilmente il gatto era gia talmente partito che non ce l'avrebbe fatta comunque», concluse Milt. «Lascia in pace il cervello di gallina, Han. Non ha tutti i torti; gli animali finti cominciano a essere maledettamente vicini a quelli veri. Pensa ai circuiti di malattia che inseriscono nei nuovi modelli. E poi, gli animali vivi muoiono; e uno dei rischi inevitabili per i proprietari. E che noi non ci siamo abituati perche vediamo solo animali finti».

«E uno spreco della malora», disse Sloat.

«Secondo M-m-mercer», puntualizzo Isidore, «ogni v-v-vita ritorna. Il ciclo e c-ccompleto anche p-p-per gli animali. Cioe, t-t-tutti ascendiamo c-c-con lui, t-t-tutti moriamo...»

«Vallo a raccontare al padrone del gatto», disse il signor Sloat.

Incerto se il suo principale stesse scherzando o dicesse sul serio, Isidore chiese: «Vuoi dire che devo dirglielo io? Ma lo sa che non sono in grado di fare le videofonate». Aveva una spiccata fobia nei confronti del videofono e per lui, specialmente se doveva contattare uno sconosciuto, era virtualmente impossibile fare una chiamata. Il signor Sloat, naturalmente, lo sapeva benissimo.

«Non farlo chiamare», disse Milt. «Chiamo io». Fece per prendere il ricevitore. «Dimmi il numero».

«Ce l'ho io da qualche parte», Isidore si mise a frugare nelle tasche del camice da lavoro.

Sloat insistette: «Voglio che chiami il cervello di gallina».

«N-n-non s-s-so usare il videofono», protesto Isidore con il cuore in gola. «Perche sono brutto, sporco, peloso, curvo, grigio, e ho i denti storti. E poi mi sento male per le radiazioni; mi sento di morire».

Milt sorrise e disse a Sloat: «Mi sa che se mi sentissi cosi, neanch'io vorrei usare il videofono. Su, Isidore; se non mi dai il numero del proprietario non posso chiamare e dovrai chiamare tu per davvero». Tese verso di lui la mano in modo garbato.

«Chiama il cervello di gallina», disse Sloat, «altrimenti lo licenzio». Non guardava ne Isidore ne Milt, ma teneva lo sguardo fisso davanti a se.

«Ma dai!» protesto Milt.

Isidore disse: «N-n-non v-v-voglio che mi si c-c-chiami cervello di gallina, capito? La p-ppolvere ha rovinato un bel po' anche v-v-voi. Nel c-c-corpo, anche se m-m-magari n-n-non vi ha p-p-preso il cervello, c-c-come nel mio c-c-caso». Sono licenziato, si disse. Non riesco a chiamare. E poi d'un tratto si ricordo che il proprietario del gatto era filato via al lavoro. A casa non ci doveva essere nessuno. «C-c-credo di riuscire a c-c-chiamare», disse, ripescando la targhetta con il numero.

«Visto?» disse a Milt il signor Sloat. «Quando e costretto, ci riesce».

Seduto al videofono, con il ricevitore in mano, Isidore compose il numero.

«Gia», disse Milt, «ma non dovrebbe esserci costretto. E poi ha ragione: la polvere si e fatta sentire anche per te; sei a un pelo dal diventare cieco, e tra un paio d'anni sarai anche sordo».

«Si e fatta sentire anche per te, Borogrove. Hai la pelle che sembra cacca di cane», ribatte Sloat.

Sul videoschermo apparve una faccia, una donna dall'aspetto mitteleuropaische, circospetta, con i capelli raccolti in uno stretto chignon. «Si?» disse.

«S-s-signora Pilsen?» chiese Isidore, improvvisamente inondato di paura; proprio non ci aveva pensato che il proprietario potesse avere una moglie e che naturalmente ella fosse a casa. «V-v-volevo d-d-dirle d-d-del suo g-g-g-g-g-g-...» Si interruppe, passandosi automaticamente piu volte la mano sul mento. «Del gatto».

«Oh, certo. E venuto a prendere Orazio», disse la signora Pilsen. «Allora era davvero polmonite come pensava mio marito?»

«Il gatto e morto», annuncio Isidore.

«Oh santo cielo, no!»

«Glielo sostituiremo», disse Isidore. «Siamo assicurati». Lancio un'occhiata al signor Sloat che parve approvare. «Il proprietario della nostra compagnia, il signor Hannibal Sloat...» Si impappino. «Provvedera personalmente...»

«No», disse Sloat, « le daremo un assegno. Il prezzo di listino del Sidney».

«...Provvedera personalmente alla scelta di un gatto che possa sostituire il vostro», si sorprese a dire Isidore. Iniziata una conversazione che non riusciva a sostenere, si scopri incapace di uscirne. Quel che diceva possedeva una logica intrinseca che non riusciva ad arginare; andava dritta verso le proprie conclusioni.

Il signor Sloat e Milt Borogrove lo fissavano stupiti mentre lui continuava a snocciolare: «Ci dia le caratteristiche specifiche del gatto che desiderate. Colore, sesso, razza; ad esempio, Persiano, Abissino, dell'Isola di Man...»

«Orazio e morto», disse la signora Pilsen.

«Polmonite», disse Isidore. «E deceduto durante il trasporto in ospedale. Il nostro primario, il dottor Hannibal Sloat, ha espresso il parere che nulla e nessuno a quel punto sarebbe riuscito a salvarlo. Ma non e una bella cosa, signora Pilsen, che gliene diamo un altro? Non ho ragione?»

La signora Pilsen, con le lacrime che iniziavano ad apparirle sul volto, disse, «Non c'e un altro gatto come Orazio. Ci guardava - quando era ancora un micetto - da sotto in su come se ci stesse chiedendo qualcosa. Non abbiamo mai capito la domanda. Forse ora Orazio ha trovato la risposta». Nuove lacrime sgorgarono. «Credo che tutti noi, prima o poi, la troveremo».

A Isidore venne un'ispirazione. «Che ne pensa di un perfetto duplicato elettrico del vostro gatto? Possiamo fornirle un perfetto manufatto della Wheelright & Carpenter. Ogni minimo particolare dell'animale defunto sara fedelmente replicato in modo durevole...»

«Ma e terribile!» esclamo la signora Pilsen. «Ma cosa sta dicendo? Non si azzardi a dirlo a mio marito, non glielo accenni nemmeno o lo fara andare su tutte le furie. Voleva bene a Orazio piu che a qualunque gatto abbia mai avuto fin dall'infanzia».

Togliendo il videoricevitore dalle mani di Isidore, Milt disse alla donna, «Possiamo darle un assegno con l'importo stabilito dal listino Sidney oppure, come le ha suggerito il signor Isidore, possiamo scegliere noi un gatto nuovo che vi aggradi. Ci spiace molto che il vostro gatto sia morto, ma come le ha gia fatto notare il signor Isidore, il gatto aveva la polmonite, che e quasi sempre inevitabilmente fatale». Sprizzava professionals da tutti i pori; di loro tre, alla Clinica per Animali Van Ness, Milt era quello che faceva le migliori videofonate di lavoro.

«Non posso dirlo a mio marito», disse la signora Pilsen.

«Certo, signora», disse Milt accennando a una smorfia. «Lo chiamiamo noi. Ci puo fornire il numero del suo posto di lavoro?» Cerco una penna e un pezzo di carta; il signor Sloat glieli passo.

«Senta», disse la signora Pilsen, che pareva stesse riavendosi. «Forse il suo collega ha ragione. Forse dovrei commissionarvi una copia elettrica di Orazio, ma Ed non dovrebbe mai venire a saperlo. Si potrebbe realizzare una riproduzione tanto fedele che mio marito non riuscirebbe mai a capire la differenza?»

Dubbioso, Milt disse: «Se e questo quello che vuole. Ma secondo la nostra esperienza, non si riesce mai a imbrogliare il proprietario dell'animale. Funziona con gli osservatori casuali, ad esempio con i vicini. Vede, quando si viene a contatto con un animale falso...»

«Ed non entrava mai in contatto fisico con Orazio, anche se gli voleva un sacco bene. Ero io a prendermi cura delle necessita personali di Orazio, ad esempio della sua scatola dei bisognini. Credo che valga la pena di provare un animale finto. Se poi non funzionasse, allora ci potreste trovare un sostituto vero. La cosa essenziale e che mio marito non lo sappia. Non credo che riuscirebbe a sopravvivere. Per questo non si avvicinava mai a Orazio: aveva paura. E quando Orazio si e ammalato - di polmonite, come mi avete confermato - Ed si e fatto prendere dal panico e ha rifiutato di affrontare il problema. Ecco perche ha aspettato tanto a chiamarvi. Troppo... lo sapevo anche prima che mi chiamaste. Lo sapevo». Annui, riuscendo adesso a controllare le lacrime. «Quanti giorni ci vogliono?»

Milt fece un rapido calcolo. «Possiamo averlo finito entro dieci giorni. Lo potremmo consegnare durante il giorno, mentre suo marito e al lavoro». Chiuse la chiamata augurando il buongiorno e riattacco. «Se ne accorgera», disse al signor Sloat. «Entro cinque secondi. Ma se la moglie vuole cosi».

«I proprietari che amano i propri animali», disse solennemente Sloat, «escono distrutti da un'esperienza del genere. Per fortuna noi abbiamo poco a che fare con gli animali veri. Vi rendete conto che i veterinari degli animali veri devono fare telefonate come questa tutti i giorni?» Si mise a fissare John Isidore. «Dopotutto non sei poi cosi stupido, Isidore. Hai sbrigato la faccenda piuttosto bene. Anche se e dovuto intervenire Milt».

«Stava andando benone», disse Milt. «Dio, e stata dura». Prese in mano il defunto Orazio. «Lo porto giu in officina; Han, tu intanto chiama la Wheelright & Carpenter e fai venir qui un loro tecnico a misurarlo e fotografarlo. Non voglio che se lo portino in fabbrica. Voglio confrontarlo io stesso con la copia».

«Mi sa che ci faccio parlare Isidore con loro», decise Sloat. «E lui che ci ha ficcato in questo pasticcio; dovrebbe essere in grado di trattare con la Wheelright & Carpenter dopo aver avuto a che fare con la signora Pilsen».

Milt disse a Isidore: «Ma non fargli prendere l'originale». Tiro su Orazio. «Vorranno prenderselo perche gli renderebbe il lavoro un bel po' piu facile. Cerca di essere irremovibile».

«Hmmm», mormoro Isidore, socchiudendo gli occhi. «E va bene. Mi sa che e meglio chiamarli subito, prima che cominci a decomporsi. E vero che i cadaveri si decompongono, o qualcosa del genere?» Si sentiva al settimo cielo.

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