CAPITOLO VENTIDUESIMO


Rimise a posto il ricevitore senza togliere gli occhi dal punto scuro che si era mosso appena fuori dalla macchina. Sul terreno, in mezzo alle pietre, c'era come un rigonfiamento. Un animale, disse tra se e se. E il suo cuore perse qualche colpo sotto il peso eccessivo, lo choc del riconoscimento. So che cos'e, si rese conto all'improvviso; non ne ho mai visto uno prima, ma lo riconosco da uno di quei vecchi documentali naturalistici che mandano in onda sulla rete del governo.

Ma sono estinti!esclamo dentro di se; tiro subito fuori la copia ormai consunta del Sidney e ne sfoglio le pagine con dita tremanti.

ROSPO (Bufonidae), tutte le varieta ...E

Erano ormai anni che era estinto. La bestola piu cara a Wilbur Mercer, insieme all'asino. Ma il rospo veniva prima di tutti.

Ho bisogno di una scatola. Si contorse tutto, ma sul retro della macchina non vide niente che facesse al caso; salto giu, ando al bagagliaio, ne fece scattare la serratura e lo apri. C'era un contenitore di cartone con dentro una pompetta di alimentazione di ricambio. Tiro fuori la pompetta, trovo dell'ispido spago di canapa, giro lentamente attorno alla macchina e si diresse al punto dove si trovava il rospo, senza togliergli gli occhi di dosso.

L'animale, noto, si mimetizzava perfettamente con la grana e il colore dell'onnipresente polvere. Forse aveva subito un'evoluzione, adattandosi al nuovo clima come si era adattato a tutti i climi precedenti. Se non si fosse mosso, non l'avrebbe mai visto; eppure era stato seduto a non piu di due metri di distanza da lui. Che succedeva quando si trovava se ci si riusciva - un animale considerato estinto?si chiese, sforzandosi di ricordare. Succedeva cosi di rado. Gli pareva che si riceveva una stella d'onore dall'ONU e un premio in denaro. Una ricompensa di milioni di dollari. E, tra le tante le possibilita che c'erano, andare a trovare proprio la bestiola piu sacra a Mercer. Gesu, penso; non puo essere. Forse dipende da qualche danno cerebrale che ho subito: sono rimasto troppo esposto alla radioattivita. Sono diventato uno speciale, penso. Mi deve essere successo qualcosa. Come a quel cervello di gallina di Isidore con il suo ragno; quello che e successo a lui sta succedendo anche a me. Oppure e una cosa organizzata da Mercer? Ma Mercer sono io, no? L'ho organizzata io; sono stato io a trovare il rospo. L'ho trovato perche vedo attraverso gli occhi di Mercer.

Si accovaccio vicino al rospo. L'animale aveva spinto da una parte la terra per farsi una tana, spostando la polvere con il didietro. Solo la testa piatta e gli occhi spuntavano dal terreno. Nel frattempo il suo metabolismo aveva rallentato fin quasi a fermarsi e l'animale era entrato in una specie di trance. Negli occhi non c'era una scintilla, nessuna consapevolezza della presenza di Rick, che terrorizzato penso: e morto, magari di sete. Lo aveva visto muoversi, pero.

Poso a terra la scatola e comincio a spazzare via con grande cautela la terra smossa attorno al rospo. L'animale non sembrava opporsi, ma naturalmente era perche non si rendeva neanche conto della sua esistenza.

Quando sollevo il rospo dalla tana avverti la strana freddezza della pelle; nelle sue mani il corpo sembrava secco e rugoso - quasi flaccido - ed era freddo come fosse stato, fino a quel momento, in una grotta nelle viscere piu profonde della Terra, lontanissima dal sole. In quel momento il rospo si mosse: con le zampe posteriori fece un debole tentativo di staccarsi dalla sua presa, cercando istintivamente un modo per ricadere in terra. E pure grosso, penso: adulto e saggio. Capace, a modo suo, disopravvivere anche a quello a cui noi, in realta, non riusciamo a sopravvivere. Mi chiedo dove trovi l'acqua per le sue uova.

E cosi e questo che Mercer vede, penso, mentre con estrema cura legava la scatola di cartone, girandole piu volte lo spago tutt'attorno. Vita che noi non riusciamo piu a vedere; vita sepolta con cura fin quasi alla fronte nella carcassa di un mondo morto. In ogni piu piccolo granello dell'universo probabilmente Mercer riesce a vedere la vita invisibile. Adesso lo so, penso. E una volta che ho imparato a guardare attraverso gli occhi di Mercer, magari non smettero piu.

E nessun androide, penso, tagliera le zampe al mio rospo. Come hanno fatto al ragno di quel cervello di gallina.

Depose con cautela la scatola di cartone tutta legata sul sedile dell'aereomobile e si mise al volante. Ecome esser ridiventatibambini, penso. Ormai tutto il peso che sentiva prima, la stanchezza oppressiva e monumentale, lo aveva abbandonato. Aspetta che Iran senta questa novita; afferro il videoricevitore e comincio a fare il numero. Poi si fermo. No, le faro una sorpresa, decise. Ci vorranno solo trenta o quaranta minuti di volo per tornare a casa.

Riaccese il motore e dopo qualche secondo sfrecciava gia impaziente nel cielo in direzione di San Francisco, settecento miglia piu a sud.

Iran Deckard era seduta alla tastiera del modulatore d'umore Penfield e con la punta dell'indice destro sfiorava i tasti numerati. Ma non li premeva; si sentiva troppo depressa e svogliata per desiderare alcunche: si sentiva oppressa da un peso che la tagliava fuori dal futuro e le precludeva qualsiasi opportunita che avrebbe potuto in precedenza contenere. Se Rick fosse qui, penso, mi convincerebbe a premere il tre e cosi mi rttroverei con la voglia di selezionare qualcosa d'importante, una gioia esuberante o se non proprio quella, magari un 888, il desiderio di guardare la TV qualsiasi cosa trasmetta. A proposito, chissa che cosa trasmettono a quest'ora, penso. Ma poi si domando ancora una volta che fine avesse fatto Rick. Puo darsi che sta tornando a casa o forse no, disse tra se e se, sentendosi le ossa che con l'eta le si ritiravano dentro.

Qualcuno busso alla porta dell'appartamento. Iran poso il manuale del Penfield e salto su dalla sedia, pensando: Non ho piu bisogno di selezionare, ora; se e Rick, ho gia l'umore giusto. Corse alla porta d'ingresso e la spalanco.

«Ciao», disse lui. Eccolo li, un taglio sulla guancia, i vestiti sgualciti e grigi, perfino i capelli saturi di polvere. Anche le mani, la faccia - la polvere gli si era attaccata dappertutto tranne che sugli occhi, che brillavano spalancati dallo stupore, come gli occhi di un ragazzino; ha l'aspetto di un bambino che e stato fuori a giocare e adesso e ora di smettere e di tornare a casa. Per riposare e lavarsi e raccontare le meraviglie della sua giornata.

«E bello rivederti», gli disse Iran. «Ho una sorpresa». Teneva davanti a se, con entrambe le mani, una scatola di cartone; entro in casa ma non la poso. Come se, penso la moglie, contenesse qualcosa di troppo fragile e troppo prezioso da lasciare andare; come se volesse tenerlo per sempre tra le mani.

«Ti preparo una bella tazza di caffe», gli disse. Ando in cucina e premette il pulsante per il caffe; dopo un attimo depose una gran tazza fumante sul tavolo, al posto dove di solito sedeva lui. Sempre tenendo la scatola con ogni precauzione, lui si sedette, gli occhi ancora pieni di quello stupore infantile. In tutti gli anni che avevano passato insieme non gliela aveva mai vista questa espressione. Gli era successo qualcosa dall'ultima volta che l'aveva visto; da quando, la sera prima, se n'era andato all'improvviso in macchina. Ora era tornato e si era portato dietro questa scatola: dentro ci doveva essere tutto quello che gli era accaduto nel frattempo.

«Io me ne vado a dormire», annuncio lui. «Tutta la giornata. Ho chiamato l'ufficio e ho parlato con Harry Bryant; mi ha detto di prendermi la giornata libera e di riposare. Ed e esattamente quello che ho intenzione di fare». Con estrema cautela poso la scatola sul tavolo e prese la tazza di caffe; obbediente, la scolo perche lei voleva che prendesse il caffe.

Iran si sedette di fronte a lui e gli chiese: «Che cosa hai in quella scatola, Rick?»

«Un rospo».

«Posso vederlo?» Lo guardo mentre scioglieva lo spago e toglieva il coperchio. «Oh!» esclamo Iran appena vide il rospo; chissa perche quella bestia la spaventava. «Morde?» gli chiese.

«Prendilo pure. Non morde mica; i rospi non hanno denti». Rick tiro fuori il rospo e glielo porse. Superando l'avversione che provava, lei lo accetto. «Credevo che i rospi fossero estinti», disse, mentre se lo rigirava tra le mani, curiosa di vedergli le zampe; sembravano quasi appendici superflue. «Sanno saltare come le rane? Voglio dire, puo saltarmi all'improvviso dalle mani?»

«I rospi hanno le zampe deboli», spiego Rick. «E la principale differenza tra loro e le rane, oltre al fatto che non vivono in acqua. Una rana deve stare vicino all'acqua, ma un rospo puo vivere anche in un deserto. Infatti questo l'ho trovato in un luogo deserto, vicino al confine con l'Oregon. Dove tutto il resto e morto». Allungo le mani per riprendere la bestiola. Ma lei aveva scoperto una cosa; sempre tenendolo rovesciato, gli tasto la pancia e poi, con un'unghia scopri il piccolo pannello di controllo e ne apri con uno scatto il coperchio.

«Oh!» La delusione s'impossesso pian piano della sua faccia. «Ah, be', adesso capisco; hai ragione tu». Avvilito, scruto in silenzio l'animale finto; lo tolse dalle mani di lei e

giocherello perplesso con le zampe - sembrava non capire bene quel che era successo. Poi lo ripose con cura nella scatola. «Chissa come e andato a finire in quella parte desolata della California. Qualcuno deve avercelo per forza portato. Non c'e modo di sapere come o perche».

«Forse non avrei dovuto dirtelo - che era artificiale». Iran allungo una mano e gli tocco il braccio; si sentiva un po' in colpa, vedendo l'effetto, il cambiamento, che la rivelazione aveva avuto su di lui.

«No», rispose Rick. «E meglio che lo so. O piuttosto...» Tacque per un attimo. «Insomma, preferisco saperlo».

«Vuoi usare un po' il modulatore d'umori? Cosi, magari, ti senti meglio? Hai sempre saputo sfruttarlo al massimo, piu di quanto sappia fare io».

«Non fa niente, adesso mi passa». Scosse la testa, come se, ancora sbigottito, cercasse di chiarirsi le idee. «Il ragno che Mercer ha dato a Isidore, il cervello di gallina - probabilmente era anche quello artificiale. Ma non importa. Anche questi cosi elettrici hanno una loro vita. Anche se non hanno poi un gran valore».

«Sembra che tu abbia camminato per cento miglia», gli disse Iran.

«E stata una giornata lunga», annui lui.

«Mettiti a letto e dormi un po'».

Lui allora la fisso, come perplesso. «E finita, vero?» Sembro affidarsi completamente a lei, come se si aspettasse che lei fosse in grado di dirglielo, come se lei lo sapesse. Come se detta da lui la cosa non avesse significato niente; dubitava delle sue stesse parole; non sarebbero diventate reali, finche lei non fosse stata d'accordo.

«E finita» disse lei.

«Dio, che missione mi hanno affidato, peggio di una maratona», disse Rick. «Una volta cominciata non c'e stato verso di interromperla; ha continuato a trascinarmisi dietro finche non sono arrivato ai Baty e poi, d'un tratto, non avevo piu niente da fare. E alla fine, quella...» Esito, evidentemente stupito da quello che stava per dire. «Quella e stata la parte peggiore», disse infine, «dopo aver finito. Non potevo fermarmi perche dopo essermi fermato non ci sarebbe stato piu niente. Avevi ragione tu, ieri mattina, quando mi hai detto che non ero altro che un rozzo sbirro con rozze mani da sbirro».

«Non ho piu quell'impressione», disse lei. «Sono solo contenta, accidenti, di averti di nuovo in casa dove dovresti essere». Lo bacio e la cosa sembro fargli piacere; il volto gli s'illumino, quasi quanto prima - prima di rivelargli che il rospo era artificiale. «Secondo te ho sbagliato?» chiese lui. «Cioe, a fare quel che ho fatto?» «No».

«Mercer ha detto che era sbagliato, ma che dovevo farlo lo stesso. Pero e strano. A volte meglio fare la cosa sbagliata piuttosto che quella giusta».

«E la maledizione che incombe su di noi», spiego Iran. «Quella di cui parla sempre Mercer».

«Vuoi dire la polvere?» chiese lui.

«No, gli assassini che l'hanno trovato quando lui aveva solo sedici anni, quando gli dissero che non poteva far tornare indietro il tempo e riportare in vita le cose. Percio ora non puo fare altro che lasciarsi trascinare dalla vita, e andare dove lo porta, cioe verso la morte. E gli assassini gli tirano le pietre; sono loro che gliele tirano. Lo inseguono ancora. In realta, inseguono anche tutti noi. E stato uno di loro a farti quel taglio sulla guancia, vero?»

«Si», rispose lui con un fil di voce.

«Ti metti a letto, adesso? Se vuoi, ti regolo il modulatore sul 670». «Che effetto ha?» chiese Rick. «Tranquillita a lungo cercata», rispose Iran.

Lui si alzo e rimase in piedi a fatica, la faccia assonnata e confusa, come se una miriade di battaglie fossero montate e avanzate sulla sua pelle nel corso di molti anni. Poi, pian piano, riusci a farsi strada verso la camera da letto. «Va bene», disse. «Vada per la tranquillita a lungo cercata». Si sdraio sul letto, con la polvere che dai vestiti gli cadeva sulle lenzuola immacolate.

Non c'e neanche bisogno di mettere in funzione il modulatore di umori, si rese conto Iran appena spinse il pulsante che oscurava le finestre. La luce grigiastra del giorno scomparve.

Dopo un attimo, Rick s'era gia assopito.

Iran rimase con lui per un attimo, tenendolo d'occhio per controllare che non si svegliasse e non si tirasse di scatto su a sedere come a volte gli capitava di notte. Poi, dopo un po' ritorno in cucina e si risedette al tavolo.

Accanto a lei il rospo elettrico si agitava e frusciava dentro la scatola; Iran si chiese cosa "mangiasse" e quanto sarebbe costato farlo riparare. Decise che doveva nutrirsi di mosche artificiali.

Apri l'elenco telefonico e consulto le pagine gialle sotto animali elettrici, accessor; fece il numero e appena la commessa rispose, disse: «Per favore, vorrei ordinare mezzo chilo di mosche artificiali, di quelle che volano e ronzano per davvero».

«Servono per una tartaruga elettrica, signora?»

«No, per un rospo».

«Allora le suggerirei il nostro assortimento di insetti striscianti e volanti, ce ne sono di tutti i tipi, compresi...»

«Mi bastano le mosche», taglio corto Iran. «Fate anche le consegne a domicilio? Sa, non voglio uscire di casa; mio marito dorme e voglio assicurarmi che stia bene».

La commessa aggiunse: «Per il rospo le suggerirei anche una pozzanghera a ricambio automatico, a meno che non si tratti di un rospo cornuto, nel qual caso abbiamo un kit contenente sabbia, ciottoli colorati e pezzetti di residui organici. E se lei desidera abituarlo a un ciclo nutritivo regolare le consiglierei di rivolgersi al nostro reparto manutenzione per fargli registrare periodicamente la lingua. Per un rospo e un controllo vitale».

«Va bene», disse Iran. «Lo voglio in perfetta efficienza. Mio marito gli e molto affezionato». Le detto l'indirizzo e riappese.

Poi, sentendosi gia meglio, finalmente si preparo una bella tazza di caffe nero e fumante.

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