Al livello 1 era notte fonda. Il dottor Loring saliva lentamente la lunga spirale di gradini metallici che portavano all’osservatorio nel mozzo dell’astronave. I tubi che collegavano i livelli più lontani dal centro avevano scale a energia, e si poteva salire senza fatica, semplicemente pigiando un pulsante. Molti, ora che il generatore centrale non funzionava e l’energia elettrica scarseggiava, usavano i gradini, ma il dottor Loring considerava suo privilegio personale usare le scale a energia.
Ma verso il centro, dal livello 4 in avanti, era tutto lavoro di muscoli. Niente scale a energia, solo una interminabile serie di gradini metallici. Era dura, per un vecchio con tanti chili addosso, anche se a quei livelli la gravità diminuiva rapidamente. Loring sudava e borbottava tra sé. Nei tunnel c’era buio quasi completo: erano accese solo le luci d’emergenza, deboli e molto distanti una dall’altra.
Arrivato al settimo livello, Loring si fermò a riprendere fiato. Sapeva che da metà dell’ultimo tunnel sarebbe andato avanti fluttuando, senza quasi toccare i gradini. Poteva concedersi un po’ di riposo.
Il portello alla sua sinistra si apriva sugli uffici del gruppo Propulsione e Potenza, quello a destra portava ai reattori. Niente a che fare con lui: con uno sforzo, ricominciò a salire, lasciandosi dietro il livello 7.
— Insonnia, dannazione dei vecchi — borbottò. — Potrei essere nel mio letto a dormire pacifico, e invece sono qua a vagare nel buio, guastandomi il cuore e lo stomaco.
Cominciava ad avvertire l’assenza di peso. E sebbene fosse salito all’osservatorio un’infinità di volte, i primi dieci minuti di gravità zero, o quasi, gli mettevano regolarmente lo stomaco sottosopra. Era come cadere, cadere senza fine. Un impulso primitivo lo spingeva a urlare, e il suo stomaco reclamava decisamente qualcosa di più solido.
Se almeno ci fosse un po’ di luce, pensò. Coi piedi che non toccavano più i gradini e fluttuavano nel vuoto, si aggrappò alla ringhiera della scala, per mantenere almeno il senso dell’alto e del basso e procedendo come un nuotatore attaccato a una fune si spinse avanti finché non urtò con la testa contro un portello. Imprecando sottovoce, aprì il portello manualmente (i comandi automatici erano stati disattivati) ed entrò fluttuando nell’osservatorio.
Per un attimo provò l’orrenda sensazione di essere fuori, nello spazio.
L’osservatorio era una grande cupola trasparente, fatta quasi tutta di vetroplastica, e in quell’attimo Loring ebbe l’impressione che non ci fosse niente tra lui e le stelle. Poi si riprese, sorrise, e fluttuando come un bambino su una nuvola si girò a mezz’aria a guardare i suoi vecchi amici.
Alpha Centauri? e vedo anche te, laggiù, Proxima. La Croce e Achenar. Si girò di nuovo. Come sei piccolo e lontano, vecchio Sole. E Cassiopea, e la lucente Stella Polare… sempre al vostro posto. In eterno, eh? In eterno. O quasi.
Si accorse a poco a poco delle sagome scure attorno a lui, che gli nascondevano pezzi di cielo. Erano i ferri del suo mestiere d’astronomo: telescopi, strumenti di registrazione, videoschermi e telecamere, terminali dell’elaboratore.
Nuotò verso la scrivania incuneata nel mezzo della congerie di strumenti, e premette il pulsante vicino al video sul piano. Il video si accese, mostrando un’immagine nitida di quello che vedeva il telescopio principale: le due stelle maggiori del sistema di Alpha Centauri e, in mezzo a loro, le macchioline luminose di due pianeti.
Il dottor Loring fece ruotare la sedia e attivò il terminale dell’elaboratore. Il piccolo schermo annesso rimase buio, ma, vicino, brillò il segnale verde di PRONTO.
Il dottor Loring controllò l’ora, poi disse la data, il suo nome, e le parole di codice della sezione di memoria in cui veniva archiviato il suo lavoro.
Poi: — Rimettere in posizione il telescopio principale per l’osservazione di Epsilon Indi.
Con un ronzìo di motori elettrici, la sagoma massiccia del telescopio oscillò contro lo sfondo di stelle sopra la testa del vecchio. Loring guardò il videoschermo, e vide apparire, al centro, una lucente stella arancione.
— Analizzando i risultati delle osservazioni della settimana scorsa — recitò per la memoria della banca dei dati dell’elaboratore, — ho concluso che sia Epsilon Eridani sia Epsilon Indi hanno uno o più pianeti. Tutt’e due le stelle sono di sequenza K, più luminose e più calde delle stelle nane rosse osservate in precedenza. La massa del pianeta di Epsilon Eridani è circa un centesimo di quella di Giove, o approssimativamente, tre volte quella della Terra. Sono dati preliminari, che potrebbero anche applicarsi al totale delle masse di più pianeti, benché finora ne sia stato osservato soltanto uno. Lo scopo delle osservazioni di stasera è raccogliere dati sulla massa del pianeta o dei pianeti di Epsilon Indi. Le misurazioni spettroscopiche possono…
S’interruppe. Aveva visto qualcosa muoversi tra le ombre. Il grande, sepolcrale osservatorio era illuminato solo dalle stelle e dal tenue bagliore del videoschermo. Ma qualcosa si era sicuramente mosso, vicino al telescopio principale.
— Chi è? — chiese il dottor Loring. Nessuna risposta. Seccato, il dottor Loring alzò la voce. — Ho visto qualcuno muoversi, sono sicuro. Preferirei non dover accendere la luce, ma se, chiunque siate, non uscite…
Una mano sulla spalla lo fece trasalire.
— Co… chi…
— Cosa ci fate qui, vecchio scemo? — bisbigliò una voce. — Perché non ve ne siete stato tranquillo a letto?
— Ma chi è? Cosa…
Loring ebbe la fugace visione d’una mano, poi il cranio gli esplose, e non vide né udì più niente.
L’esile figura che lo sovrastava si chinò e gli tastò il polso. Poi lo tirò giù dal sedile, e nell’assenza di peso l’astronomo sgusciò via, urtò contro il terminale dell’elaboratore e scivolò verso il ponte. L’esile figura nera toccò alcuni pulsanti sul terminale, e tutte le osservazioni del dottor Loring passarono sullo schermo: le sue parole, le sue note di commento, le cifre che aveva fatto calcolare all’elaboratore, la registrazione delle immagini fornite dal telescopio.
La figura misteriosa toccò il pulsante: CANCELLAZIONE, L’elaboratore attese un microsecondo, poi fece lampeggiare sullo schermo una domanda: CONFERMARE ORDINE DI CANCELLAZIONE.
— Sei duro a morire anche tu, eh? — La figura sorrise, e premette di nuovo il pulsante di cancellazione.
ESECUZIONE segnalò l’elaboratore, CANCELLAZIONE COMPIUTA.
La figura nera annuì solennemente, poi si voltò, afferrò il dottor Loring per il collo della tuta e lo tirò verso il portello. L’aprì e spinse nel tunnel il corpo dell’astronomo, che cadde fluttuando, prima lentamente, e poi, a mano a mano che la gravità aumentava, sempre più in fretta. La figura stette a guardare, intravvedendo il corpo a intervalli, ogni volta che passava davanti a una delle fioche luci d’emergenza.
— Cade come una bomba — mormorò, senza umorismo, senza odio, senza emozione. — Lo troveranno al quarto o al terzo livello… quello che ne sarà rimasto, almeno.
Larry percorreva con passo rigido il corridoio, che era ancora in penombra, nella fioca illuminazione notturna. Era un budello interminabile, di una monotona uniformità interrotta solo dalle porte sui due lati. I colori pastello alle pareti si fondevano, nella luce scarsa, in un grigio indistinto. Il pavimento piastrellato seguiva la curvatura della gigantesca ruota del livello 1. Non si aveva mai, però, la sensazione di andare in salita.
Ma a Larry, in quel momento, pareva di arrampicarsi su una parete di roccia. Andava avanti senza guardare le targhe sulle porte: sapeva qual era la porta che cercava.
Ci arrivò e si fermò. Respirò a fondo, poi batté un colpetto leggero.
Valery venne immediatamente ad aprire.
— Che succede, Larry? — bisbigliò ansiosa. — Al telefono avevi una faccia…
Larry ce l’aveva ancora, quell’espressione tirata, stanca, infelice.
— Tua madre è sveglia? — chiese entrando nell’alloggio dei Loring.
— No; non l’ho svegliata. Papà dev’essere all’osservatorio. L’ho sentito uscire un paio d’ore fa. Ha cercato di non far rumore, ma per lui è un’impresa.
Vide l’espressione della faccia di Larry e si fermò, improvvisamente allarmata.
— È successa una disgrazia — disse Larry.
Valery aprì la bocca, ma non le uscì una parola.
— Tuo padre… dev’essere scivolato. È precipitato nel tunnel… per tre livelli.
— Oh, no! — Val si coprì la faccia con le mani.
Con voce opaca, Larry continuò: — L’hanno visto a uno dei monitor. Ora è in infermeria… ma i medici non credono che se la caverà. È conciato male.
Valery gli si abbandonò addosso, e Larry la sostenne, combattendo l’impulso di lasciarsi andare. Qualcuno dev’essere forte. Qualcuno deve tenere la testa a posto. Niente cedimenti. Non ora. Più tardi.
E fu forte e calmo, comprimendosi dentro la paura, il dolore, il senso di colpa. Aiutò Val a calmarsi, e poi svegliarono la signora Loring e le diedero la notizia. Ci volle quasi un’ora prima che, tremante e con la faccia rigata di lacrime, fosse vestita e pronta per uscire. Poi tutt’e tre, in silenzio, andarono all’infermeria.
Il dottor Loring era nello stesso cubicolo in cui era stato ricoverato Dan. Il suo corpo disegnava una montagnola sul materasso liquido. La faccia era irriconoscibile, metà nascosta sotto le bende di plastica a spruzzo, l’altra metà smorta e ammaccata. Le braccia e le gambe erano coperte da ingessature di plastica. Da una batteria di macchine accanto al letto, alcuni tubi gli entravano in tutto il corpo.
Larry diede un’occhiata agli indicatori sopra il letto: frequenza del polso, respirazione, ritmo alfa, indice metabolico, pressione sanguigna… tutto basso, debole.
La signora Loring svenne, e Larry fece appena in tempo ad afferrarla prima che cadesse. Due infermiere si materializzarono d’incanto e la portarono via, mormorando: — Lo choc… ipersensibile…
Poco dopo entrò un medico.
— Forse sarà meglio che la signora Loring resti qui, almeno per stanotte.
Larry annuì.
— Come sta… — A Val tremava la voce. — Quante probabilità ha mio padre…
Il medico tentò un sorriso che gli riuscì male. — Stiamo facendo tutto il possibile. Le sue condizioni sono stazionarie… almeno, nell’ultima mezz’ora non è peggiorato. Ma è ridotto male… ha bisogno di molti interventi chirurgici. E le nostre capacità sono limitate…
— Ci sono chirurghi di valore tra gli addormentati, vero? — disse Larry.
— Sì, ce n’è qualcuno. — Il medico annuì. — Non conosco bene il loro curriculum.
— M’informerò io. Potremmo rianimarli.
— Rianimarli? Ci vuole un permesso speciale.
— Lo so — disse Larry.
— E per la rianimazione occorrono settimane — continuò il medico. — Dovremmo sottoporre il dottor Loring al crio-sonno in attesa che i chirurghi siano in grado di operarlo. Non sono sicuro che sopravviverebbe al congelamento, nelle sue condizioni.
Larry sentiva il peso di Val appoggiata al suo braccio. Senza guardarla, disse: — Il dottor Loring è un membro importantissimo del Consiglio, e a me è caro come un padre. Più, anzi, del mio padre vero. Voglio che si faccia uso di tutte le risorse che abbiamo a disposizione per salvarlo. Ho già perduto un padre, non voglio perderne un altro. Mi avete capito bene?
— Certo, presidente. — Il medico per poco non s’inchinò. — Tutto quello che si può fare, verrà fatto. Vi do la mia parola.
Rivolgendosi a Val, Larry disse: — Bene. Su, andiamocene di qui. Non possiamo fare altro che aspettare.
E, lentamente, la portò fuori dall’infermeria.
Mentre andavano per il corridoio senza una meta precisa, Larry disse: — Chiama un’amica, qualcuno che ti faccia compagnia. Non voglio che resti sola.
— Sì — disse Val, quietamente.
Larry guardò l’orologio: era quasi l’ora del suo turno.
— Larry…
— Dimmi.
Valery era pallida, e aveva lo sguardo spaventato. — Non pare anche a te che sia come una malattia che dilaga nell’astronave? Prima l’incendio, poi le accuse di Dan, e ora papà… tutto si guasta.
Larry non rispose subito, e per qualche minuto i soli rumori furono lo strascichìo dei loro piedi sulle mattonelle del pavimento, il loro respiro, e il respiro più sonoro dei ventilatori.
— Forse — disse Larry alla fine — è davvero una malattia. Forse c’è un pazzo tra noi.
Val non ebbe la reazione di sorpresa che lui si aspettava. — Vuoi dire Dan.
La sua non era affatto una domanda.
Larry scosse la testa. — Non voglio fare accuse. Dan si comporta in modo strano da quando è morto suo padre, ma questo non significa…
— È tutta colpa mia! — gridò improvvisamente Val, con gli occhi pieni di lacrime.
— Colpa tua?
— Mi sono messa tra voi due. Dan mi odia perché gli ho preferito te. Vuole toglierti di mezzo… a tutti i costi, capisci? Si è convinto che hai assassinato suo padre. E ora… e ora… — scoppiò a piangere e non riuscì a continuare.
E ora ha tentato di uccidere il dottor Loring, il mio padre adottivo. È questo che vuol dire?
Quando Larry entrò nella sala, i membri del Consiglio erano già tutti ai loro posti, con le facce serie, gravi. L’unica sedia vuota era quella del dottor Loring.
Larry si sedette, e col tono più inespressivo di cui fu capace, disse: — Mi scuso del ritardo. Sono stato all’infermeria. Il dottor Loring è ancora vivo, ma è sempre molto grave. I medici hanno deciso di sottoporlo al sonno criogenico e tenerlo in sospensione finché non sarà rianimata un’équipe di chirurghi in grado di operarlo.
— Ma ci sono, fra noi, questi chirurghi? — obiettò uno dei membri degli anziani. — Non mi sembra di ricordarne poi tanti, nel gruppo originario. Di biochimici e genetisti sì, ce n’erano una quantità. Ma chirurghi…
Larry annuì seccamente. — L’elaboratore sta vagliando le schede personali, in cerca degli uomini adatti. Se li troverà, il Consiglio è disposto a sorvolare sulla regola che impone di mettere in sospensione una persona per ciascuna che viene rianimata?
Tutti acconsentirono, con mormorii e cenni della testa.
— E se non ci sono chirurghi in grado di salvarlo? — chiese Adrienne Kaufman.
— Allora daremo a un gruppo di giovani la preparazione necessaria, e intanto il dottor Loring sarà mantenuto nel criosonno.
— Potrebbe volerci una generazione!
— Che importa, se lui dorme tranquillo?
— È stato imprudente, però, ad aggirarsi di notte per il tunnel — disse un consigliere giovane. — Bisogna saperle evitare, le disgrazie.
— Ma è stata davvero una disgrazia? — chiese Dan Christopher, dal fondo della tavola. — Non vi pare che ce ne siano state troppe, di disgrazie, negli ultimi tempi?
— Come sarebbe a dire?
Larry avrebbe voluto dire qualcosa, controllare la discussione, ma esitava, temendo di inasprire l’antagonismo tra lui e Dan.
— Cosa faceva lassù il dottor Loring — disse Dan, — a quell’ora di notte? A che cosa stava lavorando? Sua figlia mi dice che in questi ultimi tempi passava ore e ore all’osservatorio, con un compito preciso…
Un paio di consiglieri si voltarono a guardare Larry. Ha voluto nominare Valery, si disse Larry, e tentò di soffocare l’odio freddo che lo invadeva.
— Non è un segreto per nessuno — disse seccamente Adrienne Kaufman. — Sappiamo tutti, o quasi tutti, evidentemente — e guardò gelida Dan, — che il dottor Loring cercava un pianeta simile alla Terra.
— Ma non c’è traccia del suo lavoro nella memoria dell’elaboratore — disse Polanyi. — Ho fatto un controllo ieri, appena ho saputo della disgrazia.
— Non è stata una disgrazia — disse Dan, deciso. — E il lavoro del dottor Loring è stato cancellato dall’elaboratore.
— Cosa?
— Che assurdità!
— È ridicolo!
Dan scattò in piedi. — Ridicolo, eh? E se vi dessi la prova che c’è un assassino tra di noi?
Tutti sbottarono a parlare insieme, discutendo, gridando.
— Basta! — ruggì Larry.
Tutti tacquero improvvisamente. Le braccia smisero di agitarsi, le voci si abbassarono, le facce si voltarono verso il presidente.
Calmo e gelido, Larry disse a Dan: — Che cos’è questa storia?
— Ho fatto anch’io le mie ricerche all’elaboratore — disse Dan, con lo sguardo acceso. — E ho trovato la prova che c’è qualcuno, tra di noi, deciso a sabotare il viaggio… un pazzo in libertà, che vuole evidentemente portarci tutti a morire!
Scoppiò di nuovo il putiferio.
— Un momento — disse Larry, alzando una mano per far tacere i consiglieri. — Dan, se hai questa prova, faccela vedere. Subito.
Dan pigiò violentemente un tasto sul pannello che aveva davanti al tavolo. — Guardatela.
Lo schermo a parete in fondo alla sala si accese, e apparve la faccia di un uomo: Louis Christopher, il padre di Dan, l’uomo che con la forza della sua volontà aveva ottenuto l’astronave e reso possibile il viaggio.
Quando Louis Christopher cominciò a parlare, Larry non riuscì a pensare che all’enorme somiglianza tra padre e figlio. La stessa faccia lunga, magra e cupa: lo stesso sguardo intenso, fanatico.
— Nessuno vedrà questa registrazione prima che io sia morto — disse Louis Christopher. — Il fatto che voi in questo momento la stiate guardando significa che sono morto. Spero che la mia morte sia stata una faccenda privata, che non abbia turbato in nessun modo l’andamento del viaggio.
Fissava la telecamera come se avesse voluto ipnotizzarla, pensò Larry. Col risultato che lo spettatore si sentiva guardato dritto negli occhi, faccia a faccia.
— Nel momento in cui registro questo messaggio, il viaggio è appena cominciato. La Terra è ancora visibile e grande dietro di noi, e le stelle sono lontane, lontanissime. Molti di noi disapprovano l’impresa, la considerano una pazzia. Si sarebbero accontentati di vivere per sempre su quest’astronave orbitando attorno alla Terra, prigionieri a vita, esuli eterni. Ma abbiamo deciso con una votazione di puntare alle stelle, e siamo partiti, ci stiamo andando. Molti, però, covano ancora del malcontento. Hanno paura dell’ignoto. Lasciarsi dietro la Terra per sempre li spaventa.
«Forse questa gente tenterà di sabotare il viaggio. Forse deciderà che è meglio vivere da esuli vicino alla Terra che da uomini liberi fra le stelle, e tenterà di farci tornare indietro.
«Per questo ho pensato di lasciare un messaggio. Io sono morto, ormai, e quello che farete non mi riguarda più. Ma è importante per le generazioni future, per i nostri figli e per i loro. Continuate il viaggio! Non permettete che i paurosi, i pusillanimi si impadroniscano di questa bella astronave, che abbiano la meglio sui coraggiosi. Le stelle sono nostre! Abbiamo la possibilità di arrivare ad Alpha Centauri e là cominciare una nuova vita, in un mondo nuovo. Combattete quelli che vogliono desistere!»
Alcuni consiglieri cominciarono ad agitarsi sulle sedie. Due o tre si voltarono a guardare Larry.
— Noi abbiamo lottato e superato ostacoli tremendi — continuò Louis Christopher — per intraprendere questo viaggio. Abbiamo rischiato tutto e abbiamo ipotecato le generazioni future, per costruirci un mondo nuovo, lontano dalla vecchia Terra in sfacelo. Dovete continuare, arrivare fino in fondo. E ora lasciate che vi metta in guardia contro un altro pericolo. Probabilmente i pianeti di Alpha Centauri non offriranno le stesse condizioni di vita della Terra. Ma noi siamo in grado di adattare geneticamente i nostri figli a vivere in un mondo diverso. Non abbandonatevi alla tentazione di proseguire oltre Alpha Centauri. Io so com’è fatta quest’astronave, so quello che può dare e quali sono i suoi limiti. Non ce la farebbe a portarvi fino a un’altra stella. Fermatevi ad Alpha Centauri, o vi distruggerete, e tutto sarà stato inutile.
«Non sarà facile modificare i vostri figli perché possano vivere su un mondo diverso. Ma dovete farlo, non c’è altra possibilità. Siate forti, coraggiosi. Buona fortuna. E addio.»
Lo schermo si spense.
Per mezzo minuto almeno nessuno si mosse né parlò. Poi uno dei consiglieri tossì nervosamente, e tutti si voltarono verso il tavolo, scambiandosi mormorii. Dan rimase in piedi al suo posto, tremando visibilmente per l’emozione.
Larry disse, più pacatamente che poté: — E questa, secondo te, sarebbe la prova che tra noi c’è un assassino?
— Perché? Non ti basta? — ribatté impetuosamente Dan. — Lui sapeva quello che sarebbe successo! Sapeva che qualcuno avrebbe tentato di sabotare il viaggio, di farci proseguire per un’altra stella, e così farci morire tutti quanti. E ha lasciato un avvertimento!
— Ma questo non prova che sia stato assassinato — disse una delle donne.
— Né che la caduta del dottor Loring non sia stata una disgrazia.
Furioso, Dan continuò: — Sappiamo tutti che se mio padre fosse ancora vivo, sarebbe rianimato e prenderebbe il posto del presidente.
Larry non parlò.
— E sappiamo anche che il dottor Loring cercava un altro pianeta più simile alla Terra attorno a un’altra stella. Se l’avesse trovato, l’avrebbe raccontato a tutti. Invece non ha detto niente, e questo significa che non l’ha trovato. Anzi, deve essere arrivato alla conclusione che non esiste… perché la persona che ha tentato di ucciderlo ha cancellato dalla memoria dell’elaboratore tutto il suo lavoro, così che nessuno ne sapesse mai niente.
Larry puntò un dito contro Dan e urlò: — E se fosse il contrario? Se questo fantomatico assassino avesse voluto, invece, impedirci di venire a sapere che Loring aveva trovato da qualche parte una nuova Terra, un pianeta molto più abitabile di quello di Centauri?
Rimasero a fissarsi con odio da un capo all’altro del tavolo, senza parlare.
— Se continuate così, non concludiamo niente — disse Adrienne Kaufman.
Larry respirò a fondo e si calmò un poco. — La verità è che niente prova che la caduta di Loring sia stata un tentato assassinio e non una disgrazia. E non solo questo, ma tutti i guai che abbiamo avuto sono da attribuirsi a cause accidentali. E chiunque — e guardò fisso Dan — insista a voler cercare del losco in tutto quello che sta capitando su questa astronave, corre il rischio di essere considerato pazzo.
Per un momento Dan rimase immobile, tremando di rabbia, con la faccia in fiamme. Poi si voltò e uscì con passo infuriato dalla sala.
Larry si rivolse al medico capo, seduto circa a metà del tavolo.
— Voglio che sia portato immediatamente in infermeria e sottoposto a un esame minuzioso. Se si ribella, legatelo. Non si può tollerare che un pazzo si aggiri liberamente per l’astronave!
Perché se è pazzo, pensò fra sé, può essere benissimo anche un assassino!