IV

Dan Christopher fluttuava in stato di quasi totale assenza di peso, nella torretta d’osservazione al centro dell’astronave.

Non c’era un alto e un basso. O meglio, l’alto e il basso potevano essere dovunque, a seconda del punto di vista. In quel momento, Dan guardava una stella particolarmente brillante, che spiccava tra le altre, spruzzate a milioni, come polvere lucente, nel nero infinito dello spazio. E guardandola attentamente, vedeva che non era una stella ma due, le componenti del sistema triplo di Alpha Centauri. La meta del viaggio.

Indietro, molto indietro, a quasi quarantamila miliardi di chilometri, se si era tanto sciocchi da esprimere così le distanze interstellari, c’era il Sole, e la Terra.

Faceva freddo nella torretta d’osservazione, il freddo mortale del vuoto che filtrava dal vetroplastica. Dan si strinse addosso la tuta termica.

— I sogni — mormorò fra sé. — Se solo riuscissi a non sognare più.

Non ne aveva parlato con nessuno. I medici non volevano dimetterlo dall’infermeria, ma lui li aveva convinti. Stava perfettamente bene, a parte i sogni. E per tutta la settimana dopo la morte di suo padre, aveva trovato la forza di sognare senza urlare, senza nemmeno agitarsi nel sonno. La mente può dominare il corpo, si diceva, può farne quello che vuole. Rabbia e terrore, li aveva sepolti dentro, e li sentiva ribollire. Ma nessuno se n’era accorto, nemmeno i medici, anche se erano stati riluttanti a dimetterlo.

Sentì il sibilo di un portello che si apriva alle sue spalle. Si voltò e nel debole chiarore delle luci antiriflesso distinse la sagoma tozza di Joe Haller, che entrò nella torretta a testa in giù e, sempre capovolto, avanzò fluttuando a mezz’aria, raddrizzandosi lentamente man mano che si avvicinava.

— Ah, sei qui — disse Joe.

— Sono qui.

— Ero passato a trovarti in infermeria, ma i medici mi hanno detto che ti avevano dimesso. T’ho cercato per tutta l’astronave…

— Mi sono rintanato qui a pensare.

— Fa un freddo cane. Dobbiamo riparare alla svelta il generatore centrale. Ne avremo bisogno quando arriveremo ad Alpha C.

— Ce la farete a ripararlo in tempo?

— Sì, credo di sì… se non incontriamo ostacoli imprevisti.

Dan annuì. — Com’è che ha smesso di funzionare? Hai poi scoperto la causa del guasto?

— Usura, più che altro. Non si può far funzionare una macchina cinquantanni senza logorarla. Anche se non ha parti mobili.

— Non era revisionato regolarmente?

— Sì, certo… però il materiale isolante e alcuni collegamenti elettrici non sono stati cambiati dal primo giorno.

Dan rimase pensieroso un momento, poi chiese: — Non avete trovato indizi di… danneggiamento?

— Danneggiamento?

— Sì, intenzionale. Sabotaggio, insomma.

Pur nella luce fioca, Dan vide Joe rimanere a bocca aperta. — Sabotaggio? Chi mai si sognerebbe di fare una cosa simile?

— Non avete trovato nessun indizio?

— Veramente non ne abbiamo cercati. Stiamo impazzendo per vedere di aggiustare quel maledetto arnese. Non abbiamo tempo di metterci anche a fare i poliziotti dilettanti.

— Dunque è possibile che il generatore sia stato sabotato.

Joe scosse la testa e, nella gravità zero, con quel movimento si spostò tutto il corpo. — Ma chi potrebbe avere avuto interesse a fare una cosa simile? È un tagliarsi la gola da sé. Abbiamo tutti bisogno dell’energia elettrica…

Dan gli voltò le spalle e tornò a guardare le stelle. La stella doppia, vicina, ammiccante.

— Una cosa tira l’altra — disse. — Il generatore centrale salta, e questo determina un sovraccarico di lavoro per le unità ausiliarie. I circuiti dello spazio crionico si surriscaldano, e scoppia l’incendio. Mio padre muore, io sono ricoverato in infermeria, e il Consiglio elegge il nuovo presidente.

— Ti rendi conto di quello che stai dicendo? — La voce di Joe era appena udibile, scioccata.

Dan annuì, cupo. — Me ne rendo conto, ed è per questo che lo dico a voce bassa, qui e soltanto a te. Se avessi qualcosa di più che brutti sogni e brutti pensieri, lo urlerei all’altoparlante, e inseguirei gli assassini con qualunque arma trovassi a portata di mano.

— Gli assassini? Dan… ma dici cose pazzesche!

— Davvero? Ne sei proprio sicuro?

Joe non rispose, si limitò a scuotere la testa.

— Fra due mesi saremo in orbita attorno al pianeta più grande di Alpha Centauri — disse Dan. — E allora molti saranno risvegliati dal sonno criogenico. Mio padre che all’inizio della spedizione era il capo, l’uomo più importante a bordo, avrebbe naturalmente ripreso il comando…

— Non è vero. Il presidente resterà e sarebbe restato in ogni caso quello eletto dal Consiglio.

— Ma sarei stato io! Sarei stato io, se Larry non m’avesse soffiato la carica mentre stavo chiuso in infermeria. E dopo che mio padre era morto.

Joe indietreggiò da lui, volutamente stavolta. — Dan… tu stai accusando Larry… Dio mio, ma è morto anche suo padre nell’incendio.

— Io non accuso nessuno — disse Dan, controllando a fatica il furore che sentiva dentro. — Per il momento, almeno. Non ho le prove. Ma fiuto del marcio, Joe, e devo scoprire se ho ragione o torto.

— Cosa hai intenzione di fare?

— Non so… Ho bisogno d’aiuto. Tu mi aiuterai?

— In che modo?

Dan fece una smorfia. — Tenendo gli occhi aperti. Cercando le prove. Può darsi che mi sbagli del tutto, lo so. Ma… Joe, io non riesco più a dormire. Per riavere la pace, devo essere sicuro che è tutto un incubo, o… — La voce s’indurì. — …o trovare le prove e punire l’assassino.

— Un assassino… — bisbigliò Joe. — Ma tu pensi davvero che qualcuno di noi sia un assassino?

— Non so, ma vorrei saperlo.


Larry, seduto a capo del lungo tavolo del Consiglio, era nervoso. I consiglieri stavano entrando nella saletta, a gruppetti di due o tre. Il dottor Loring prese posto vicino a Larry, sorridendogli. Cerca di farmi coraggio, pensò Larry. I membri a vita occupavano i posti pari, e i membri giovani, con incarico temporaneo, sedevano tra uno e l’altro di loro, in un alternarsi di teste folte brune, bionde o rosse, e teste grigie, bianche o calve. Dei ventiquattro consiglieri, nove erano donne.

Il tavolo era quasi al completo quando Dan Christopher e Joe Haller entrarono assieme.

Larry rimase profondamente sorpreso. Poi si alzò e andò incontro a Dan.

— Ehi, mi fa piacere vederti ristabilito — disse, tendendo la mano — Come ti senti?

Senza entusiasmo, Dan gli strinse la mano. — Bene — disse.

— Non sapevo che ti avessero già dimesso — disse Larry, in tono di scusa. — Volevo venire a trovarti. Sono passato dall’infermeria, una volta, ma mi hanno detto che dormivi.

— Adesso sto bene — disse Dan.

E sei pieno di veleno, pensò Larry. — Senti… troviamoci dopo la riunione, e chiacchieriamo un po’. Devo darti delle spiegazioni.

Dan annuì. — Va bene.

Ancora più nervoso di prima, Larry tornò a sedersi al posto del presidente e aprì la seduta. Sperando di calmarsi un po’ nel tempo richiesto dai consueti preliminari, assistette, col cuore che gli martellava nelle orecchie, alla proiezione dei verbali della seduta precedente sullo schermo in fondo alla lunga sala.

Si discusse brevemente di vecchie faccende, e Joe Haller riferì sui lavori di riparazione del generatore. Poi Adrienne Kaufman, capo della Sezione Genetica, invitò il Consiglio a esprimere solidarietà a quelli che avevano perduto i familiari nell’incendio.

Mentre l’assemblea accoglieva unanime la proposta, Larry sbirciò Dan, e vide che lo guardava fisso, con gli occhi che mandavano lampi.

Poi si passò a trattare le questioni nuove, e Larry disse: — Come sapete, tra due mesi raggiungeremo il sistema Alpha Centauri. La nostra traiettoria ci porterà a passare in prossimità del pianeta più grande e a un certo punto, prima di arrivare alla distanza minima, dovremo decidere se vogliamo decelerare ed entrare in orbita attorno al pianeta o proseguire e uscire dal sistema Centauri. Perciò è arrivato il momento di prendere in esame tutto quello che sappiamo sui pianeti e stabilire se lanciare o meno le sonde per raccogliere altri dati. — Premette un pulsante inserito nel piano del tavolo, e continuò: — Questa è la migliore olografia che abbiamo del pianeta principale. È stata presa dalla sonda originaria inviata dalla Terra quasi un secolo fa.

Lo schermo in fondo alla sala parve dissolversi, e al suo posto prese forma lo spazio infinito, con stelle sospese dappertutto, e adagiata nel vuoto una gonfia palla giallastra: il pianeta.

— Dottor Loring, volete riassumere tutto quello che sappiamo del pianeta principale di Alpha Centauri? — disse Larry.

— Volentieri, anche se devo premettere con rammarico che non è gran che — cominciò Loring, nel suo migliore stile pedante. — La sonda originaria era molto piccola, e i problemi di comunicazione enormi. Non è cosa da poco, credetemi, trasmettere dati olografici a una distanza di più di quattro anni luce. E, naturalmente, gli uomini che lanciarono quella sonda non prevedevano di andare a vivere su un pianeta di Alpha Centauri. Anzi, quando lanciarono la sonda, non sapevano nemmeno che Alpha Centauri avesse dei pianeti.

— Interessante — disse uno dei membri anziani. — Ma ora parliamo di quello che sappiamo noi.

— Certo, certo — disse il dottor Loring. — Ometterò di trattare del pianeta più piccolo… è privo di atmosfera, roccioso, cotto dalla stella grande, Alpha Centauri A che, come sapete, è quasi in tutto simile al nostro sole. Non prevedo problemi di radiazioni da A, e nemmeno dalla stella B, che è piccola e fredda. Per quanto riguarda flussi di ultravioletti, raggi X e simili, niente paura, Proxima, la terza stella del sistema, debole e lontana, ci apparirà come una stella tra tante altre su in cielo. Nessunissimo influsso sul pianeta.

— Ecco, noi vorremmo sapere qualcosa del pianeta — disse seccamente Adrienne Kaufman.

— Ah, sì… Dunque, non sarà il paradiso. Quelle nuvole bianche che chiazzano la superficie sono vapore acqueo, e fin qui tutto bene, e la temperatura media del pianeta dovrebbe permettere la presenza di acqua allo stato liquido. Ma, come vedete, la superficie è per lo più gialloverde. E i pianeti ricchi d’acqua, come la Terra, tendono all’azzurro.

— Il giallo e il verde che significa?

Loring si strinse nelle spalle. — Magari sapessi dirvelo! I dati spettroscopici forniti dalla sonda originaria erano molto scarsi. Io ho fatto altre osservazioni, usando gli strumenti del mozzo, ma ne so ancora troppo poco. Non ho ancora trovato tracce d’acqua liquida sulla superficie, per esempio. La densità del pianeta sembra alquanto elevata, a giudicare dalle orbite dei suoi piccoli satelliti. La gravità in superficie potrebbe essere anche di uno virgola cinque g… certo non meno di uno virgola due. A starci in piedi ci si sentirà dal venti al cinquanta per cento più pesanti, e questo potrebbe rendere la vita difficile.

Il medico capo disse: — Più che difficile. Impossibile. Un essere umano non può vivere una vita normale, attiva, con un carico costante di uno virgola cinque g. Finirebbe col rovinarsi la schiena, la parete addominale, i piedi e le gambe.

— D’altra parte i dati sono ancora così scarsi…

Larry prese la parola. — Non solo sono scarsi, ma potrebbero essere anche sbagliati. Io credo che dovremmo lanciare le nostre sonde il più presto possibile, e cominciare a raccogliere informazioni più precise e attendibili.

Ci fu un generale mormorìo d’approvazione.

Poi Dan Christopher parlò: — Se scopriamo che il pianeta è inabitabile, cosa facciamo?

Silenzio. Tutti si voltarono verso Dan, seduto in fondo al tavolo, poi, a uno a uno, tornarono a guardare Larry, in attesa di una risposta.

Larry inarcò le sopracciglia. — In questo caso, abbiamo due alternative. Possiamo restare in orbita e vivere nell’astronave allevando una nuova generazione geneticamente adatta alle condizioni di vita del pianeta… oppure andare avanti e cercare un’altra stella con un pianeta più simile alla Terra.

— Tu quale soluzione sceglieresti? — chiese Dan.

Larry sentì il pericolo, fiutò la trappola. — È troppo presto per rispondere a questa domanda — disse. — Ci sono ancora troppe incognite.

Joe Haller intervenne. — Io, a dir la verità, non scommetterei che questa carcassa sia in grado di andare molto oltre Alpha Centauri.

— E non abbiamo la più vaga nozione che esista, da qualche parte, un pianeta simile alla Terra — fece notare il dottor Loring.

— Perciò dovremo fermarci e modificare i nostri figli, renderli adatti a vivere sul pianeta maggiore di Alpha Centauri — disse Dan.

Larry scosse la testa. — Non so. Intanto non è detto che ci riusciremmo, anche volendo. E poi l’idea di passare tutta la vita sull’astronave ad allevare figli che ci lascerebbero per andare a vivere sul pianeta… be’, mi pare che creerebbe a tutti noi dei grossi problemi psicologici.

— E non pensi che ci creerebbe dei grossi problemi psicologici anche proseguire verso un’ignota destinazione?

— Ah sì, certo… — Larry s’interruppe. Vuole a tutti i costi attaccar lite. — Senti, io rimanderei la discussione a quando le sonde ci avranno trasmesso qualche dato sicuro.

Emile Polanyi, capo del gruppo ingegneri, disse con la sua voce profonda che portava ancora le tracce della vecchia Europa: — Le sonde si potranno lanciare dopo qualche giorno di collaudi. Sopportano alte accelerazioni, ed entrerebbero in orbita attorno al pianeta maggiore nel giro di poche settimane.

— E per quanto riguarda l’atterraggio? — chiese Dan.

— Sono dotate di strumenti che si possono calare sulla superficie del pianeta con atterraggio morbido.

— Bene. Allora cominciamo subito i collaudi — disse Dan. Solo a questo punto Larry si rese conto di quel che stava succedendo. Tenta di portarmi via le redini della riunione. Fa di tutto per creare l’impressione che è lui a comandare, anche se non è stato eletto presidente.

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