5

Phil smise di battere i pugni, e il nero silenzio si chiuse attorno a lui sommergendolo, soffocandolo, come un preambolo della cella d’ospedale e dell’elettrosonno ai quali, ne fu improvvisamente sicuro, intendeva consegnarlo il dottor Romadka. Nell’oscurità sentiva il cuore battergli forte. Il suo respiro affannoso era quello di un animale.

Si chiese disperato perché l’analista, dopo aver preso così alla leggera la sua allucinazione della satiressa, l’avesse immediatamente identificato come un pazzo pericoloso non appena aveva parlato del gatto verde. Gli psicologi, presumibilmente, conoscevano delle cose sul linguaggio segreto della mente che non venivano mai dette alla gente comune: simboli apparentemente innocenti che bollavano un uomo come codardo, stupratore, assassino, traditore, criptocomunista, anticonformista. Si ricordò di un frammento di conversazione che aveva udito da qualche parte: «Naturalmente, non appena lui interpretò la macchia in quel modo lo portarono in manicomio».

Si udì uno scatto secco. Phil sobbalzò e guardò in alto. Una sottile lama di luce apparve sul soffitto, si allargò, proiettando un ovale luminoso sul tavolo. Si rese conto che lo specchio era scivolato di lato. Non riusciva a vedere molto della stanza soprastante, a parte delle file di microfilm e un pezzo di una macchina tele-lettrice, di quelle che potevano collegarsi con tutte le microlibrerie d’America. Da dove si trovava non poteva scorgere nessuna figura umana, ma non voleva entrare nel fascio di luce. Si chiese, con un certo incredulo orgoglio, se era un tipo tanto pericoloso da essere catturato con una rete, come un pesce. Proprio in quel momento, dal buco ovale, spuntò un piede.

Era un piede delizioso, snello, rivestito della più lussuosa e brillante delle calze, di quelle che offrivano a ogni dito un suo traslucido compartimento. Fra le dita passavano quattro cordicelle di velluto nero che sostenevano una leggerissima scarpetta nera e che davano al piede un aspetto eccitante, pur facendolo assomigliare vagamente a un ragno. Si intravedeva anche una caviglia sottile e un polpaccio ben tornito, che non aveva affatto bisogno della calza per essere affascinante. Era tutto quello che poteva vedere per il momento, ma l’attesa non durò a lungo. Il primo piede fu seguito dall’altro, e subito dopo da tutto il resto della ragazza. Rimase appesa per un attimo, voltandogli le spalle. Ebbe una rapida immagine di un corto abito da sera nero, una mantellina nera, lunghi capelli scuri che cadevano sciolti e bianche braccia coperte da guanti neri che cominciavano sotto il gomito e terminavano alle nocche.

Il suo piede, strisciando sul tappeto, fece un lieve rumore. Di scatto lei si girò come una pantera, con un verso acuto. Il breve movimento colpì Phil per due cose: la prima, che gli venne rivelata dall’aprirsi della mantellina, era che il suo abito da sera cominciava da sotto il seno: una moda di cui aveva letto e fantasticato parecchio, ma che al suo livello sociale non era affatto seguita; la seconda, molto più degna di attenzione, era che le dita della mano destra della ragazza terminavano con degli artigli d’argento e che nella sinistra stringeva un oggetto anacronistico ma piuttosto preoccupante: un coltello dalla lama scintillante, lungo trenta centimetri. Con mossa da spadaccino glielo appoggiò alla gola.

— Ti ha mandato mio padre a spiarmi? — chiese, sibilando le parole.

— No, no — rispose Phil con voce soffocata, cercando di non muovere il pomo d’Adamo.

— Cosa ci fai qui allora, nascosto al buio? — chiese premendo un po’ di più con il coltello.

— Vostro padre mi ha chiuso dentro — disse Phil, piegandosi indie tro.

— Ishtar! Lo fa anche con i suoi pazienti — commentò lei. Il suo tono era ancora dubbioso, ma abbassò il coltello mettendosi in posizione di guardia, cosa che permise alla mantellina di coprirla in modo meno provocante.

— Mi ha chiuso e ha spento le luci — confermò Phil.

Lei socchiuse gli occhi, guardandolo pensosa fra le lunghe ciglia — Potrei quasi credere alla prima parte — disse. — Manda spesso qui i suoi pazienti per osservarli.

— Per osservarli?

Lei indicò il soffitto con un artiglio d’argento. — Lo specchio è trasparente dalla parte di sopra. Gli piace guardare cosa fanno i suoi pazienti quando credono di essere soli, o in coppia. Olimpico guardone! Ma questa sera gli ho lasciato il segno. — Mostrò gli artigli, macchiati di un colore bruno rossiccio.

Phil sentì che lo stomaco gli si rivoltava, ma colse l’occasione per chiedere: — Se lo specchio è trasparente, com’è che non mi avete visto quando mi ha chiuso dentro?

— Lui lo copre sempre quando non lo usa — rispose lei — e a me interessava aprirlo, non guardarci dentro. Ho scoperto la serratura solo mezzo minuto fa. Mio padre probabilmente non sa neppure che esiste. È molto abile nel suo sudicio lavoro, ma di meccanica non capisce niente.

— Voi invece sembrate brava in un sacco di cose — disse Phil. — Nella scherma soprattutto.

Lei si toccò pensosamente il labbro superiore con la punta della lingua. — Non sei male, anche se hai un’aria un po’ fiacca. Perché ti ha chiuso qui? Ti interessa troppo il sesso? Credevo che incoraggiasse la cosa nei suoi pazienti, e cercasse di imperdirla soltanto alla sua amata figliola.

Mentre Phil cercava le parole più adatte a rispondere, gli occhi scuri della ragazza si fecero pensosi. — Di’, che ne diresti di noi due? — Fece una pausa, poi con un gesto secco lanciò il coltello sul pavimento, dove si conficcò vibrando. Avanzò verso Phil. — Sì, tu ed io.

— Vostro padre può tornare da un momento all’altro — protestò Phil agitato.

— Giusto, e mi piacerebbe tanto vedere la faccia che farebbe. — Sollevò le braccia. — Guarda come sono bella. Guardali. Sembrano due boccioli di rosa.

Era veramente molto bella. Ma nonostante questo Phil si sentì gelare. Lei scoprì i denti e avventò gli artigli verso la sua guancia, ma all’ultimo momento trasformò l’unghiata in una carezza sprezzante.

— Non preoccuparti — disse. — So che il mio fascino è di quelli che terrorizzano i deboli. E poi il corvo non si accoppia col coniglio. Volevo farlo solo per dispetto a mio padre. Perché ti ha rinchiuso? Mi sembri così inoffensivo.

— Ho detto qualcosa a proposito di un gatto verde, tutto qui — rispose Phil con un tono di voce petulante.

Lei strabuzzò gli occhi. — Per Tammuz! Proprio dopo aver incoraggiato gli Akeley ad adorare Bast. È così incostante quell’uomo che certe volte penso sia un criptocomunista con una gran confusione in testa a forza di camuffarsi da qualcosa d’altro.

— Ha detto anche qualcosa a proposito di una sua ex paziente violenta che va in giro con…

— …una pistola a spruzzo placcata d’oro, lo so — lo interruppe lei. — È la sua storiella preferita per liberarsi dei pazienti.

— Ma non mi ha dato l’impressione di volersi liberare di me.

— No — confermò lei allegramente, estraendo il coltello dal pavimento. — Sembra che voglia tenerti qui.

— Io credo che voglia mandarmi in un ospedale psichiatrico — azzardò Phil, con la segreta speranza di essere contraddetto, ma lei si limitò ad annuire.

— Non ti invidio — aggiunse, infilando il coltello in un fodero nella gonna. — Mio padre è un seguace dei metodi all’antica, tipo terapia per convulsioni e fosse dei serpenti simulate. Bene, se gli assistenti torturatori sono in arrivo, sarà meglio che me ne vada. — Fece tre rapidi passi, poi si voltò a guardarlo freddamente, stringendo le labbra. — Vuoi venire con me? — chiese. — Non che tu mi piaccia, neanche lontanamente. Detesto gli uomini; sto ribollendo di protesta contro i maschi, come direbbe mia nonna. Ma mi piace sempre contraddire mio padre.

Phil aveva la sensazione di dover scegliere fra la padella e la brace, ma non esitò a rispondere di sì.

Lei fece un cenno di assenso con la testa e si diresse verso una parete. — Volete provare con l’ascensore? — provò a chiedere Phil.

— No di certo — rispose lei seccamente.

— Ma lui ha detto che l’unica altra via…

— Sshh! — sibilò lei, e schiacciò un bottone di apertura.

La parete non si mosse di un centimetro. — Dunque è in codice — osservò la ragazza. — Dovevo immaginarlo. — Premette ancora il bottone secondo un rapido ritmo, con il medesimo risultato. — Oh, oh, è nel codice speciale, l’unico che io non dovrei conoscere. — Gettò un’occhiata a Phil. — Devi essere importante — sbuffò. Premette il bottone con un altro ritmo. Questa volta, con una certa sorpresa da parte di Phil, la parete si aprì obbediente. Lui la seguì in una cucina luccicante; c’erano scaffali sotto vetro con bistecche e verdure sterilizzate ai raggi gamma, freezer, forno a raggi infrarossi, coltura di funghi e un piccolo serbatoio di microbi per gli aperitivi. Phil spalancò gli occhi alla vista di tanto lusso, poi gli venne in mente una cosa. — E lo specchio aperto? Se vostro padre salisse di sopra e si accorgesse che me ne sono andato?

— Non questa sera, dopo quello che gli ho fatto. Ora smettila di fare domande. — Era in piedi di fronte a un cilindro verticale che sporgeva per metà da una parete, impegnata ancora una volta a premere bottoni. Una lucina verde salì lungo una colonna di pulsanti, veloce come un razzo. — Vai a prendere un cuscino in libreria, presto!

Quando Phil tornò stringendo al petto un cilindro di gommapiuma alto una trentina di centimetri, sul montacarichi era aperta una porticina che al massimo poteva servire a un nano. — Mettilo sulla piattaforma — gli ordinò — sopra tutte quelle cinghie. Servono per i pacchi. Bene. Ora entra e sieditici sopra. Metti le mani ai due lati del cuscino e afferrati alle cinghie. Stringile bene, perché scende più in fretta che se fosse in caduta libera e non ti conviene restare indietro seduto a mezz’aria. E stai dritto, se non vuoi farti portar via la testa.

— Un momento! — disse Phil, ritirando il piede che aveva già infilato nell’apertura. — Non vorrete…

— Io vengo dopo, perché so come far funzionare il bottone dal di dentro. Sbrigati.

— Ma questo è il montacarichi, vero? — chiese lui.

— Cosa ti aspettavi? Degli schiavetti che ti portassero giù per una scala a chiocciola? Oppure, se ne hai voglia, puoi sempre cercare di convincere mio padre a comprarmi un elicottero.

— Volete dire — disse Phil con voce tremante — che io dovrei andar giù per quel buco su una piattaforma senza protezione?

Lei tirò fuori il coltello dalla gonna. — Voglio dire che lo farai; altrimenti ti chiudo di nuovo nella biblioteca.

Phil fece un salto indietro, e si sedette immediatamente sulla piattaforma, fece scivolare la testa sotto l’apertura, ritirò lentamente le gambe e assunse la posizione del Budda Ansioso. — Non c’è bisogno di spingere — disse dignitosamente.

— Ti manderò al primo piano sotterraneo — disse lei seccamente. — Hai cinque secondi per uscire. Spero che la porta sia aperta. In caso contrario, dovrai tornare su, sperando che sia io a chiamare e non un altro piano. Non preoccuparti — gli disse chiudendo la porta. — Io l’ho fatto una dozzina di volte… O almeno ci ho pensato.

Nel buio la schiena di Phil si irrigidì come acciaio temprato, e le mani che stringevano le cinghie divennero quelle di un gorilla. Ebbe solo il tempo di pensare che se avesse avuto con sé Lucky, infilato sotto la giacca…

La piattaforma schizzò via sotto di lui, trascinandolo con sé. Lo stomaco gli si arrampicò rapidamente sopra il cuore e si sistemò appena sotto il pomo d’Adamo. Un serpente gigante sibilò e Phil si rese drammaticamente conto di trovarsi a soli pochi centimetri da una terribile morte per attrito. Poi, mentre cominciava a pensare di essersi sistemato, sentì distintamente la piattaforma attraverso il cuscino, le caviglie gli affondarono nel sedere, le vertebre si infilarono nei dischi intervertebrali e varie altre cose si rimescolarono dentro di lui.

Si ritrovò a guardare confusamente una stanza vuota e semibuia. Ebbe la netta sensazione che i minuti stavano passando. Si tuffò fuori, appena in tempo prima che la piattaforma partisse con un violento risucchio. Stava ancora prendendo fiato, quando dallo scivolo giunse una folata d’aria e la piattaforma si fermò con uno zing. La signorina Romadka balzò agilmente a terra e si inchinò a un pubblico immaginario.

— Non l’avevate mai fatto prima? — chiese Phil accigliato.

— Certo che l’ho fatto. Ma sapevo che dicendoti il contrario avresti preso la cosa più seriamente. — Gli pizzicò un orecchio. — Vieni, non sei ancora sfuggito alle grinfie di mio padre.

Quasi suo malgrado Phil si accorse che poteva alzarsi e seguirla. Si sentiva quasi calmo. — Come siete riuscita a premere il bottone dall’interno?

— L’ho tenuto schiacciato con del nastro adesivo, sono entrata e ho chiuso la porta. La piattaforma non si muove se una delle porte dei piani superiori è aperta.

— A proposito, come vi chiamate?

— Mitzie — disse lei. — Mitzie Romadka.

— Io Phil. Phil Gish.

Lei lo condusse in un garage immerso nell’ombra, pieno di macchine di lusso tutte decorate, chiuse in box simili a celle di prigione. Più avanti c’era una rampa che portava verso l’alto. Mitzie premette un segnale in codice di un cancello che proteggeva una piccola coupé nera completamente priva di fronzoli.

— Ha un’aria molto innocente, vero? — osservò lei. — Era di un becchino. — Saltò dentro. Lui alzò le spalle con rassegnazione e la seguì. Constatò, senza particolare sorpresa, che lei aveva indossato una maschera da sera nera che le copriva tutto il viso. — Non è mia — spiegò. — La tengo nascosta per conto di Carstairs e della banda. È roba che scotta.

Con questa rassicurante osservazione si diresse verso la rampa, mentre il piccolo motore elettrico della macchina ronzava sommessamente. Il portone si aprì automaticamente. Si ritrovarono fuori, nella luce spettrale dello specchio al sodio. Avevano quasi raggiunto il livello stradale quando una grossa auto si fermò proprio davanti a loro, bloccando per tre quarti l’uscita. Ne balzarono fuori due uomini, mentre un terzo, di cui Phil riuscì a scorgere soltanto le gambe e la pancia rotonda, corse loro incontro con andatura ondeggiante.

— Sta’ a sentire, se questo è un altro falso allarme… — sentì che diceva uno degli uomini dentro l’auto con tono scettico.

— Non essere assurdo — disse seccamente un altro, e Phil riconobbe la voce del dottor Romadka. — Ti ripeto che ha parlato di un gatto verde.

In quel momento l’analista voltò la testa e vide Phil che lo guardava con occhi spalancati.

— Eccolo! È lui!

Il grido rabbioso del dottore venne coperto dallo stridìo dei pneumatici, mentre Mitzie lanciava l’auto nello stretto passaggio tra il muro della rampa e la macchina dei nemici. I paraurti dei due veicoli si agganciarono, si staccarono con un rumore stridente, ma alla fine si ritrovarono sulla strada, prendendo lentamente velocità. Phil si guardò alle spalle.

— Sono risaliti — disse a Mitzie. — Stanno girando.

— L’avevo detto io che eri importante — mormorò lei sotto la maschera, ancora incredula. — Forza allora! — E improvvisamente infilò la macchina in una piccola rampa che conduceva verso il basso — Ehi, c’è scritto Solo uscita! — guaì Phil.

— È proprio per questo che l’ho presa — disse lei seccamente.

Lui chiuse gli occhi mentre la macchina correva all’ingiù, ma quella sera gli dèi sembravano più inclini alla generosità.

Quando la macchina si fu raddrizzata, Phil riaprì gli occhi. Si trovavano al livello stradale sotterraneo, dove brillavano i gialli lampioni al sodio e stavano avanzando a discreta velocità. Ancora una volta Phil si guardò alle spalle.

— Ci hanno seguiti — disse con stupore, misto forse a un po’ d’orgoglio.

— Sei davvero importante — mormorò Mitzie scuotendo la testa. — Bene, questo topolino non è stato certo fatto per battere quel rinoceronte. Preparati per l’accelerazione, e prega che le auto nei prossimi dieci incroci siano al posto giusto.

Phil si sentì schiacciare contro il sedile di gommapiuma su cui aveva appoggiato la nuca. Proprio dietro di loro apparve un bagliore rossastro. La macchina inseguitrice rimpicciolì rapidamente. Voltandosi con difficoltà, si accorse che le luci al sodio si erano trasformate in una striscia gialla. L’auto schizzò di fronte a un autocarro che stava sbucando da una strada laterale. A quella velocità tutto sembrava fermo. Alcuni isolati più avanti saettarono fra due auto, anch’esse apparentemente immobili. Il bagliore rosso si spense. Presero un’altra rampa segnata SOLO USCITA e sbucarono nella gialla notte spettrale. Presero un’andatura molto meno spericolata e girarono quattro angoli uno dopo l’altro.

— Questo dovrebbe bastare — disse Mitzie con professionale noncuranza. Phil annuì debolmente.

— Carstairs ha fatto montare il servorazzo ieri — spiegò lei. — Non era del tutto sicuro che l’allineamento fosse perfetto. Un bel trucco, vero? È molto utile se per esempio hai appena svuotato un robot venditore e ci sono tre macchine della polizia che ti puntano addosso, e magari anche un elicottero sulla testa. È molto più utile di una cortina fumogena. Vedrai.

— Ho già visto — l’assicurò Phil con un brivido, ma un po’ distrattamente.

— Questo era niente — disse lei con disprezzo. — Il bello è quando hai appena fatto un colpo e ti stanno beccando. Allora sì che c’è da divertirsi. Vedrai, ti dico. Sai una cosa, Phil, mi piaci. Sei spaventato a morte, però stai al gioco. Sono sicura di poter persuadere Carstairs a lasciarti entrare nella banda.

Phil rabbrividì di nuovo, ma la sua mente era altrove. Né i passatempi criminali di Mitzie Romadka, né la sua improvvisa amicizia riuscivano a risvegliare il suo interesse. Con lo sguardo fisso sulla strada colorata di giallo, pensava a Lucky e a come si era sentito quando il gatto era con lui.

Improvvisamente si riscosse. — Cos’era quel gatto verde, a proposito? — stava chiedendo Mitzie con indifferenza. — Uno smeraldo intagliato o la parola d’ordine di una società segreta?

Phill scrollò le spalle.

— Bene, dimentichiamocene allora — disse lei — e divertiamoci un po’. — Spinse al massimo la velocità del motore elettrico e passò un semaforo rosso che emise un guaito di protesta. I suoi occhi brillavano malignamente dietro il pizzo nero della maschera. Il suo respiro si fece più affrettato, la voce eccitata. — Carstairs ha individuato una serie di robot venditori. Gli saltiamo addosso e li sventriamo: uno, due, dieci! Saltate, sorelle, saltate!

Quest’ultima, esuberante osservazione, era rivolta a due donne avvolte in mantelli in bilico su piattaforme luccicanti, e venne accompagnata da un insidioso tuffo della macchina verso di loro. Fecero appena in tempo a rifugiarsi sul marciapiede, dove caddero sulle ginocchia, gridando. Mitzie tubò felice.

Come se si svegliasse da un sogno Phil improvvisamente esclamò: — No! Non voglio averci niente a che fare! Potete lasciarmi al 3010 della Opperly Avenue, livello superiore — aggiunse.

Lei, una volta tanto, lo guardò con una certa curiosità, perfino con sorpresa. — Va bene — disse dopo un po’ — ti accontenterò, se non altro per come mi sono divertita a vedere la faccia che hai fatto quando ho chiuso la porta del montacarichi. — Fece una strettissima conversione a U, contro tutte le norme del codice. Senza neppure guardarlo disse rudemente: — Non cerco mai di investire i vecchi, sai. Non hanno abbastanza ormoni, non c’è divertimento. Quelle due ragazze invece erano uno spettacolo.

Lui non fece commenti. Per un po’ proseguirono in silenzio. Poi Phil si rese conto vagamente che Mitzie gli lanciava delle occhiate.

— Se ti riuscisse di raccogliere un po’ di coraggio e cambiassi idea — disse lei irritata — potrai trovarci al Tan Jet, sul tardi.

Ancora una volta Phil rimase zitto. Lei continuò a bassa voce: — La notte è l’unico momento in cui si può vivere, sai; almeno in questo secolo. Ci hanno portato via le giungle, e il mare aperto e le autostrade, perfino lo spazio e l’aria. Hanno abolito metà della notte. Hanno cercato di sottrarci anche il rischio. Ma noi l’abbiamo ritrovato nelle città; noi che abbiamo fegato e odiamo le pecore! Bene, eccoci al 3010 della Opperly — aggiunse, bloccando la macchina.

Phil aprì la portiera e fece per uscire. Soltanto allora Mitzie sembrò accorgersi della grande insegna luminosa e si rese conto che l’indirizzo era quello dello stadio di lotta della Divertimenti SpA. Si sporse attraverso il sedile mentre lui era già sul marciapiede e si voltava per chiudere la portiera.

— Così è questo che ti interessa! — gli gridò con rabbia, mentre la maschera si gonfiava e sgonfiava al ritmo del suo respiro. — Mi respingi, arricci il naso di fronte ai miei amici e ai miei modi, sei superiore alla violenza e al sesso, e poi non pensi ad altro che a soddisfare i tuoi istinti guardando lottare uomini e donne! — Per un istante, prima che gli sbattesse la portiera in faccia, dei lampi sembrarono scoccare attraverso i buchi per gli occhi della maschera. — Io almeno i miei divertimenti me li godo in prima persona, piccolo verginello schifoso!

Загрузка...