18

Il salotto degli Akeley era nelle stesse condizioni di completo disordine in cui l’aveva visto l’ultima volta. Nessuno si era preoccupato molto di pulire, dopo la lotta. In più, anzi, c’erano un gran numero di piatti sporchi, di tazze e di bicchieri sparsi nei posti più strani. A giudicare dai resti di cibo e di bevande, erano stati consumati tre pasti dalla sera prima, senza contare gli spuntini.

Le tende di velluto nero all’estremità della stanza erano state tirate da parte, rivelando l’altare che Sacheverell aveva preparato per Lucky, in quella che circa un secolo prima era stata la sala da pranzo. Esso consisteva in un piccolo tavolo, o in una cassa, posta contro la parete di fondo e coperta con un drappo di velluto bruno rossiccio che scendeva in ampie pieghe fino al pavimento. Appesa al muro al di sopra dell’altare vi era l’ankh, la croce ansata degli antichi egizi con il braccio superiore fatto ad anello, simbolo della fecondità e della vita. Su dei piccoli tavoli, ai due lati si trovavano delle grandi candele spente e le statuette di molte divinità egizie: la regale Isis, Osiris armato di frusta, Anubis dalla testa di sciacallo, e Bast stesso, la dea-gatto.

Da ogni angolo spuntavano gatti, ma non erano più così tranquilli come quando Lucky era stato nella casa. Si aggiravano furtivamente, con le orecchie tirate all’indietro e la coda ritta; si tendevano imboscate da dietro e da sotto i mobili; si saltavano addosso l’un l’altro, ringhiando ogni volta che si incontravano. Quelli intenti a divorare i resti di cibo dai piatti alzavano ogni tanto la testa, soffiando minacciosamente. L’unico addormentato era empiamente raggomitolato sull’altare di Lucky.

Il tavolino con la stella a cinque punte era stato sistemato al centro della stanza, con sopra dei bicchieri e una bottiglia di brandy. Vicino ad esso sedeva Juno Jones. Indossava ancora il vestito stracciato, con la manica che le pendeva dal braccio muscoloso, ma si era calcata in testa di nuovo il cappellino a fiori. Sembrava di umore tetro e sulla difensiva.

Dall’altra parte del tavolo, chinati in avanti, sedevano Dion da Silva e Morton Opperly. Si alzarono entrambi quando Sacheverell introdusse trionfante Phil e Dytie nella stanza, dicendo: — Il nostro consiglio di guerra, o forse dovrei dire di combattiva pace, è al completo!

Opperly sorrise cortesemente. Lo scienziato sembrava del tutto a suo agio in quell’ambiente pazzo, meraviglioso e sudicio; forse una mente come la sua, avida di concretezza, apprezzava quell’atmosfera bohémienne.

Da parte sua Dion da Silva, non appena vide Dytie, posò sul tavolo il grosso bicchiere di whisky che stringeva, pronunciò due o tre parole in una lingua straniera, poi si riprese e disse: — Ciao, cara! Felice vedere. Ciao, ciao, ciao.

Nel frattempo Dytie era corsa fra le sue braccia, e lui la strinse in maniera che a Phil parve decisamente poco fraterna. Neanche lei, per la verità, si comportò molto da sorella. Finalmente lo respinse col fiato grosso. — Questo basta — disse. — Anche io felice vedere te, sciocco. Era ora.

Dion assunse un’aria offesa giusto il tempo necessario per riprendere il bicchiere di whisky. — Sai cosa fatto io? — chiese eccitato.

— Sì, tu ubriacato — disse lei, e sussurrò a Phil: — Sai Dion di cosa abbreviazione? Diònisio, dio del vino. Ben scelto, eh?

— No ubriacato — affermò Dion con una certa dignità. Poi la sua eccitazione ebbe il sopravvento, e sbottò: — Noi trovato micio!

Phil udì una risatina nota. Guardandosi attorno vide Mary Akeley che sedeva nella sua alcova, con i suoi scaffali pieni di bambole di cera, occupata a cucire vestitini sotto una grossa lente. La giovane moglie di Sacheverell dal naso di strega indossava questa volta un abito da sera che le lasciava quasi interamente scoperto il seno, e si era legata un grande fiocco verde fra i capelli.

— Quell’uomo mi strazia ogni volta che dice una parola — disse con voce rauca, senza interrompre il lavoro. — È così carino.

— Grazie, tesoro — replicò Dion facendole un cenno col bicchiere. — Io tutto carino. Pieno sorprese. Mostro te qualche volta.

Dytie soffocò una risata e sussurrò a Phil: — Ricordi io detto? Due gambe, ghiandole mammarie? — Phil annuì, anche se a suo avviso l’interesse di Dion per Mary non si avvicinava neppure lontanamente alla sua famelica adorazione per Dora Pannes. Il satiro (Phil si sentì scosso per come gli era venuta naturale quella parola) si stava tenendo solo in allenamento.

Sacheverell ignorò quello scambio di complimenti. La sua faccia abbronzata mostrava i segni di una eccitazione repressa. — Questa signorina è Dytie da Silva, la sorella di Dion — disse a Opperly e a Juno. Poi si rivolse a Phil. — Immagino vi stiate chiedendo perché il dottor Opperly e il señor da Silva sono qui. Li ho portati con me dalla Fondazione, perché entrambi sinceramente si interessano a Lui, e tutti insieme abbiamo delle buone probabilità di liberarLo dai suoi nemici.

— Cosa vuol dire lui? — chiese Dytie a Phil. — Vuol dire micio?

Phil annuì.

— Voglio dire il Gatto Verde — confermò Sacheverell, con una certa aria di rimprovero. — Voglio dire Bast reincarnata, la portatrice dell’amore e della concordia.

Dytie non gli prestò molta attenzione, e mormorò invece a Phil: — Lui detto Opperly? Opperly quell’uomo magro simpatico, faccia buona? Fammi conoscere, per favore.

Sacheverell, che si stava preparando a tenere un lungo discorso, lanciò a Phil un’occhiata un po’ addolorata quando questi presentò i due. Con grande sorpresa di Phil, il dottor Opperly baciò la mano di Dytie e poi la tenne fra le sue.

Non si comportava per niente come uno scienziato di ottant’anni passati. E Dytie, da parte sua, si dimostrò molto più carina verso di lui di quanto non lo fosse stata con Phil. Mentre i due si mormoravano l’un l’altra paroline dolci, anche se certamente molto intelligenti, Phil provò un impulso di gelosia, e gli venne voglia di dire ad Opperly: “Aspetta di vedere le sue gambe”. Ma in qualche modo sospettava che lo scienziato non sarebbe rimasto affatto sconvolto dalle gambe di Dytie, e da qualsiasi altra cosa di lei. Aveva notato un’espressione sorpresa sul viso di Opperly quando questi aveva preso la mano della ragazza, e in base alla propria esperienza poteva benissimo immaginare il perché: la sorpresa dello scienziato però non si era trasformata in repulsione, ma in un acuto interesse.

La voce di Opperly si fece d’improvviso acuta, chiara e romantica. — Ne sarei deliziato, signorina da Silva.

Dytie si rivolse agli altri con un sorriso soddisfatto. — Opperly e io dobbiamo molto discutere — annunciò. — Scusate, per favore. Dion, pensa tu affare micio.

Lei e Opperly se ne andarono sotto braccio attraverso la sala da pranzo, sorridendosi l’un l’altra e chiacchierando piacevolmente.

Sacheverell li guardò allontanarsi con espressione severa. — Non mi sembra che diano molto peso alla gravità della situazione, direi, perciò dovremo approntare da soli i piani per salvare il Gatto Verde. Signor Gish, cosa potete dirci di interessante?

In poche parole Phil raccontò come aveva trovato Lucky alla Divertimenti SpA, come l’aveva perso e poi ritrovato alla Fondazione Humberford, poco prima che se ne impadronisse Dora Pannes.

Non appena ebbe finito, intervenne Mary Akeley. Aveva finito di cucire gli abiti, ed ora li stava mettendo addosso ad una bambola piuttosto grossa, in cui Phil riconobbe l’immagine di Moe Brimstine, iniziata la sera prima. Con grande stupore Phil si accorse che Mary faceva indossare alla bambola perfino la biancheria intima e con delle pinzette infilava nelle tasche dei pantaloni degli oggetti quasi microscopici.

Disse: — Phil, avete per caso scoperto per quale ragione il nostro caro dottor Romadka ha rapito tre dei nostri gatti?

Phil spiegò rapidamente e col maggior tatto possibile quello che era capitato alle tre bestiole.

Mary prese da uno scaffale la bambola che rappresentava il dottor Romadka e la fissò col suo sguardo più crudele.

— Acido fatto colare lentamente sulla fronte — disse con una intensità che fece venire a Phil la pelle d’oca. — E spero che ci metta dei giorni prima di arrivarti negli occhi. Questo è il primo e il più lieve dei tuoi tormenti. — Poi prese la bambola che aveva appena finito di vestire e l’informò: — Questo vale anche per te. Quando l’acido ha raggiunto il primo occhio, passeremo alle altre parti del corpo. Per cominciare…

Un’improvvisa zuffa fra gatti impedì a Phil di scoprire fino a che punto di perversione giungesse l’immaginazione di Mary Akeley. Sacheverell separò i cinque contendenti con alcuni calci ben piazzati, anche se non dolorosi. Poi si aggiustò i pantaloni turchesi e guardando severamente la moglie disse: — Forse è opportuno dimenticare gli odi e tutte le altre oscure vibrazioni e pensare al da farsi. Ecco come stanno le cose, signor Gish. Questa mattina Juno ha sentito suo marito Jackie che diceva a Cookie dove sono nascosti Moe Brimstine e Billig…

— Solo Moe Brimstine — lo corresse Juno.

— Fa lo stesso — continuò Sacheverell. — Ora Jackie e Cookie stanno tranquillamente dormendo di sopra…

— Già — intervenne ancora Juno — ma non per molto.

— Dopo quello che hai messo nel loro whisky? — le chiese Sacheverell con un sorriso.

— Senti — gli disse Juno — quei due hanno bevuto tante di quelle cose nei loro whisky che tu non te le immagini neanche. Hanno la pelle dura, quei bastardi.

— Be’, anche se si svegliano sono sicuro che potrai tenerli a bada. Questa è la situazione, signor Gish, ma purtroppo la signora Jones non vuole dirci dove si trova il signor Brimstine. Aveva cominciato, poi non siamo più riusciti a cavarle una parola di bocca. L’abbiamo scongiurata, pregata, le abbiamo rivolto delle promesse. Io ho fatto del mio meglio per spiegarle quanto sia importante che il Gatto Verde venga servito e adorato come si deve, perché possa cambiare il mondo. Il señor da Silva ha cercato di adularla in ogni modo, il dottor Opperly le ha parlato con la più grande gentilezza. Ma lei si ostina a non dire niente.

— Di sicuro non dirò niente a dei balordi come voi — sbottò la lottatrice infuriata. — Se non aveste cominciato a farmi tante moine, avrei detto tutto subito. Ma io non sono mica il tipo a cui piace essere adulata o cose del genere…

— Scusate, prego — l’interruppe da Silva. — Io non adulare, davvero. Tu piaci molto a me, Juno Jones. Grande donna forte.

— E non mi piacciono i discorsi balordi — continuò Juno rivolta a Sacheverell, ignorando da Silva. — Tutte quelle stupidaggini che mi hai detto per farmi parlare mi hanno convinta ancora di più a star zitta. — Bevve un sorso e si rivolse a Phil, appoggiando i grossi gomiti sulle ginocchia, altrettanto grosse. — Ma con te è un’altra cosa. Hai delle idee un po’ strane in fatto di mangiare, ma a parte questo sei abbastanza umano. E devo ammettere che hai del fegato, perché ti ho visto metterti contro Brimstine, e da quanto ho sentito, l’hai dimostrato anche dopo. Ma la cosa più importante è che quel gatto è tuo, o almeno lo stavi cercando la prima volta che ti ho incontrato. E non mi pareva che tu allora avessi tante idee balorde su quel gatto, vero, Phil? O anche tu hai in mente qualcosa di mistico per lui?

— Io voglio solo trovarlo — disse Phil onestamente.

— Questo mi basta. È il tuo gatto, e tu hai diritto di sapere dove si trova, anche se rischi di farti ammazzare per trovarlo, e io finirò in un sacco di dannati guai per aver parlato. Vuoi che te lo dica in privato, Phil, o devo farlo sapere anche a questi svitati?

— Grazie, Juno — disse Phil quietamente. — Dillo pure a tutti.

Juno aprì la bocca… — Oh, mio Dio! — esclamò.

Phil si voltò. Jack e Cookie stavano arrivando in quel momento dall’ingresso.

— Bella moglie sei — disse Jack, avanzando verso di lei con le mani affondate nelle tasche. — Non posso lasciarti sola dieci minuti che subito cerchi di giocarmi qualche brutto tiro. — Con gli occhi cerchiati e la barba di un giorno sul mento, il piccolo lottatore dal maglione nero riusciva perfettamente a darsi un’aria offesa e derelitta. Ma Cookie, imitando automaticamente il suo eroe, aveva solo l’impressione di una ragazzina bionda sul punto di piangere.

— Mi hai spiato — affermò Jack.

— Hai tradito la sua fiducia — disse Cookie.

— Fiducia? — Juno diede un tale pugno sul tavolino intarsiato che lo fece sobbalzare e dovette affrettarsi a prendere il bicchiere e la bottiglia prima che cadessero. — Accidenti, proprio due maiali come voi mi vengono a parlare di fiducia!

— E poi non mi piace la compagnia che frequenti — continuò Jack. — Già era troppo quello scimunito — disse, degnando Phil appena di un’occhiata, prima di passare a da Silva. — Mi piacerebbe proprio sapere dove diavolo sei riuscita a scovare quest’imbecille untuoso che non sa neanche parlare inglese.

— Quella specie di gigolò — aggiunse Cookie, sprezzantemente.

Dion, che fino a quel momento aveva osservato la scena con distaccato interesse, appoggiò il bicchiere e puntò su Jack uno sguardo truce. — Non piacere te — affermò. — Vuoi calcio in faccia?

Phil ebbe un brivido, immaginandosi la scena.

— Sai con chi stai parlando? — chiese Cookie a Dion.

— Non fate confusione, ragazzi — disse Mary dalla sua alcova. — Almeno finché non ho finito. — Era intenta a dare gli ultimi tocchi al viso di Brimstine sotto la lente. — Poi mi piacerebbe vederti scalciare, Dion caro.

— Non preoccupatevi — disse Jack tristemente. — Non farei a pugni nemmeno se fossi obbligato. Sono troppo affranto per quello che mi ha fatto questa donna sventata e ignorante.

— Ignorante? — esplose Juno. — Dopo tutti questi anni di matrimonio? Hai tante di quelle idee sballate in testa tu che sei peggio di un’intera università. Be’, ormai mi sono laureata. E adesso sta’ zitto, perché devo dire a Phil dove può trovare Moe Brimstine e forse anche Billig e il gatto.

Jack si girò di scatto verso di lei. — Juno, non sai quello che stai dicendo. Non sai cosa potrebbe succedere. Vieni di sopra un minuto e ti spiegherò tutto.

— Vieni di sopra! — disse Juno, facendogli il verso. — Puoi provarci con le ragazze di campagna che cercano di entrare nel racket della lotta, non con me. Allora, sta’ a sentire, Phil…

— Juno! — gridò Jack. — Non volevo dirtelo di fronte a tutti, ma c’è un milione di dollari per noi due se Billig riesce a tirarsi fuori dai guai. E questo può farlo finché ha il gatto verde da scambiare col governo. Senti, Juno, Billig ha perso le sue guardie del corpo, il suo potere, tutto. Gli restiamo solo Brimstine, io e Cookie.

Juno lo fissò. Per un secondo o due vi fu silenzio. Poi Sacheverell tossicchiò delicatamente.

— Jack — disse senza fretta — io sono convinto che tu abbia un rispetto profondo per i valori spirituali. La tua aureola talvolta vacilla e si oscura, ma alla fine torna sempre a risplendere chiara e brillante. Ieri hai rinunciato ai diecimila dollari che Moe Brimstine ti offriva per il Gatto Verde, affinché noi potessimo adorarLo debitamente e aiutarLo a cambiare il mondo. Se eri disposto a farlo ieri…

— Lo so, lo so — lo interruppe Jack impaziente — ma questa volta sono un sacco di soldi.

Sacheverell rivolse gli occhi al soffitto, come se stesse invocando silenziosamente qualche dio a testimone della malvagità del mondo.

— Per un po’, tu e Mary mi avete incantato — continuò Jack. — Mi piaceva il vostro stile, e andavo in estasi per certe vostre idee. Ti ho dato retta sulla faccenda dei diecimila dollari, anche se a dir la verità avevo intenzione di rubarlo e di venderlo a Brimstine, dopo averti lasciato divertire un po’ con lui. Ma adesso tirati la tua aureola sopra le orecchie e ficcati bene questo nella zucca: qui sono in ballo un sacco di soldi.

Sacheverell disse: — Mary, ricordami di bruciare i maglioni neri domani mattina.

Dall’espressione di Juno, Phil capì che Jack finalmente aveva detto qualcosa che le aveva fatto piacere.

Ma ormai era troppo tardi. La soddisfazione svanì dal viso di Juno, e al suo posto rimase soltanto una dura determinazione. Disse:

— Fino a mezzo minuto fa quel milione era solo per te, Jack, o per te e Cookie. E c’è un’altra cosa: Billig non riuscirà a cavarsela, e anche se ce la fa, è il tipo capace di ammazzare quelli che l’hanno salvato. Ma ammesso che tu riesca ad avere il tuo milione di dollari, io non ne vorrei neanche un centesimo. Non credete che qualcuno mi abbia rammollita, neppure quel gatto verde. È solo che non accetterò mai qualcosa da te, Jack. Mai più. — E senza neppure una pausa, si rivolse a Phil e disse: — Billig si trova dietro il banco del Bug-Eyed Bar, al Parco dei Piaceri. Ti porterò al posto esatto.

In quell’istante, mentre tutti stavano guardando Juno, dalla sala da pranzo si udì una voce fredda: — E noi verremo con voi.

Phil volse la testa assieme agli altri. In piedi di fronte all’altare di Lucky, con espressione sprezzantemente divertita, c’era Carstairs. Alla sua sinistra, con gli occhi brillanti nel viso nero e impassibile, stava Llewellyn. Alla destra di Carstairs, appoggiato alla parete con aria indolente, ma con lo sguardo vigile, c’era Buck. I tre banditi avevano un’aria minacciosa quanto le pistole che stringevano con tranquilla sicurezza. Vicino a Buck era in piedi Mitzie Romadka.

Carstairs disse: — Abbiamo scoperto anche noi alcune cosette su questo gatto verde. — Parlava a voce molto bassa, ma le sue parole erano chiaramente distinguibili perché nella stanza non si sentiva volare una mosca. — Siamo giunti alla conclusione che sarebbe molto più piacevole se fossimo noi a vendere il gatto allo Zio Sam. E voi ci aiuterete a prenderlo. A proposito, pagliaccio — disse rivolgendosi a Phil — è stata la tua amichetta a portarci qui. Non è vero, Mitz?

Mitzie non disse niente. Era pallida come un lenzuolo e teneva le labbra strette. Aveva un’aria troppo affranta per una che stesse godendo della sua vendetta, pensò Phil.

— Sì — continuò Carstairs. — È venuta da noi piagnucolando poco fa, chiedendoci di rapirti, o qualche altra scemenza del genere. Capisci, pagliaccio, la tua ragazza è così stupida da credere che l’avremmo perdonata e perfino aiutata, dopo che l’avevamo buttata fuori dalla banda e lei ci aveva consegnato a Billig. Le illusioni della gioventù sono dure a morire. Con un po’ di persuasione, ci ha detto tutto quello che sapeva sul gatto verde, più qualche indirizzo. Incluso questo.

Phil si accorse che Mitzie lo stava guardando con espressione sconvolta, cercando di parlare, ma non riusciva ad aprir bocca. Si rese conto che le labbra dovevano esserle state incollate con qualche materiale trasparente e antiriflesso. Buck le torse un braccio, osservandole attentamente il viso.

— Non ci resta molto da dire — concluse Carstairs. — Tu, tu e tu — indicò con la canna della pistola Jack, Cookie e Sacheverell — resterete qui col mio amico Llewellyn. Anche la cara Mitz resterà qui, caso mai ti vengano delle strane idee, pagliaccio. Voialtri verrete con me e Buck in questo avventuroso viaggio al Parco dei Piaceri. Da quanto ci ha detto Mitz, potreste servirci per catturare il gatto. La macchina è qui di fronte.

Juno si alzò, stringendosi cupamente nelle spalle. Dion, una volta tanto, pareva molto tranquillo. Phil si chiese se anche Opperly e Dytie erano stati sorpresi dai banditi.

Mary Akeley prese le statuette del dottor Romadka e di Moe Brimstine, le mise in una grossa borsa, tirò a sé un bolero e annunciò con calma: — Bene, io sono pronta.

Загрузка...