Era un gioco maledetto quello che continuava a condurre Alwir…
Rudy inciampò e cadde pesantemente a terra tra i pilastri che formavano l’arcata della scala d’entrata alla villa, e chiuse gli occhi.
Si sentiva in preda ad un vortice di sensazioni: la luce selvaggia delle torce, le urla che giungevano fino a lui come lance che gli trafiggevano la testa, e poi vertigine, ed affanno per la corsa…
Che la ricchezza vinca su ogni cosa e trasformi Karst nella Capitale del nuovo Regno prima che sprofondi nel nulla… Ingold, qualsiasi cosa abbiano fatto di lui, aveva ragione!
Il ragazzo aprì di nuovo gli occhi, e la luminosità della sala gli trafisse la vista ed il cervello come una lama: sembrava di essere nella sala d’attesa del Giorno del Giudizio.
L’intero ambiente e l’entrata, su ambedue i lati dell’arco scanalato, erano zeppi di gente, profughi dei boschi e della piazza che avevano cercato riparo quando le linee difensive intorno alla città avevano ceduto.
Molti piangevano, altri pregavano, ed altri ancora lanciavano maledizioni con voce stridula; si accalcavano l’uno sull’altro come pecore impaurite alla presenza del lupo. Il fracasso martellante somigliava a quello del finale di un concerto rock, talmente assordante da impedire di udire una sola parola, mentre i visi illuminati dalla luce sanguigna delle torce si contorcevano in smorfie di disperazione e di terrore.
L’aria era diventata quasi irrespirabile, ed era piena di fumo e del sentore acre della paura.
Rudy si chiese se non fosse capitato in uno dei famosi incubi di Gil, ma sentiva troppo forti i morsi della fame per pensare di essere addormentato, ed inoltre, se si fosse veramente trattato di un sogno, aveva certamente cominciato a sognare dalla parte sbagliata, ancora prima di dormire.
Spero che non si tratti della fine del mondo, disse tra sé il ragazzo. Non avrei mai creduto che fosse così rumorosa…
Simile ad un Principe delle Tenebre, Alwir se ne stava in piedi al centro del locale; il sangue gli colava da una ferita sulla guancia e solcava di rosso il suo viso accaldato. Una mano stringeva spasmodicamente il pomo della spada e l’altra gesticolava in aria, mentre parlava con il Comandante Janus e con il Vescovo Govannin, anch’essa appoggiata alla sua lama, le maniche rimboccate a cercare un po’ di refrigerio.
Sotto i segni evidenti della battaglia, quel viso scheletrico era calmo, e Rudy rifletté sul fatto che tutti in città sembravano saper maneggiare una spada tranne lui.
Alwir suggerì qualcosa, ma il Vescovo scosse il capo in un secco gesto di rifiuto. Il Cancelliere reagì con un gesto furioso che non sfuggì a nessuno nella stanza.
Rudy ebbe la brutta sensazione di sapere quale fosse il problema: la casa era certamente indifendibile!
Era ovvio. Erano stati trascinati in quel posto quando le difese intorno alla piazza si erano sgretolate sotto l’attacco dell’Oscurità che, come una densa nebbia, aveva coperto la luce dei falò. In quel momento Rudy era riuscito a rimanere in piedi tra le file di uomini armati, stringendo goffamente l’elsa di una spada che qualcuno gli aveva messo tra le mani. Poi era stato spinto indietro, oltre il bagliore fumoso di una dozzina di falò sferzati dal vento insieme ad una folla urlante, civili indifesi che, agghiacciati, si affollavano nella piazza in cerca di una protezione, fissando terrorizzati i movimenti indistinti oltre la cortina di fiamme.
Infine l’Oscurità aveva iniziato ad avvicinarsi, e la traccia mutevole di quei corpi nebulosi era diventata sempre più nitida.
Rudy aveva visto i falò diventare pallidi e fiacchi… quindi era stato coinvolto nella fuga cieca e precipitosa verso un luogo qualsiasi dove nascondersi, un muro, un riparo contro quell’incubo travolgente.
Era stato uno dei fortunati: la piazza e le strade intorno invece traboccavano dei corpi smembrati degli altri…
L’ironia del caso, pensò Rudy guardandosi intorno nella confusione dantesca che regnava dappertutto, aveva voluto che quel luogo dove si erano radunati, fosse difendibile quanto una gabbietta per canarini.
Non era niente più che una residenza estiva, e non c’era bisogno di una laurea in architettura per capirlo. L’intero palazzo era progettato per far entrare luce, aria, e la brezza estiva. I colonnati si univano a gallerie aperte; graziosi archi a forma di trifoglio si aprivano su stanze dalle ampie finestre; le due scale che partivano dalla sala d’entrata sulla sua sinistra, finivano in una balconata collegata al resto della villa da grandi arcate. L’intera casa era inutile: come una tovaglia di pizzo in un uragano!
Se non fosse stato accecato dalla stanchezza ed in procinto di dover affrontare una sorte sconosciuta e terribile, Rudy si sarebbe messo a ridere.
Janus intanto si agitava proponendo un qualche suo piano di fuga, ma Alwir scosse la testa.
Da qui non usciremo di certo!, pensò Rudy.
L’oscurità sembrava premere come un’entità incorporea contro le lunghe vetrate che coprivano una parete intera. Alcuni minuti prima, attraverso quei vetri era ancora possibile scorgere il riflesso rossastro e lontano dei falò. Adesso c’era solamente oscurità!
Lentamente, l’assordante brusio dei fuggitivi cominciò a spegnersi: gli uomini e le donne si spingevano in silenzio nell’oscurità tenebrosa della sala d’entrata oltre l’arcata, come a cercare un posto sicuro dove nascondersi, ma facendo in modo di non lasciare entrare nessun altro.
Alwir puntò il dito verso il basso, e Rudy pensò che stesse indicando le cantine della Villa.
Il Vescovo gli chiese qualcosa, e gli occhi del Cancelliere brillarono di rabbia.
Prima ancora che riuscisse a rispondere, un fragore violento salì dalle profondità della casa facendo vibrare le pareti di pietra fin dalle fondamenta. Nel silenzio che seguì, la voce di Janus arrivò distinta anche negli angoli più lontani della sala: «Galleria Est,» disse brevemente.
Una donna iniziò a mugolare, e la sua voce si alzò in una nota continua e stridula. A pochi passi da lui, Rudy scorse una giovane donna, più o meno della sua stessa età, che stringeva a sé un gruppo di bambini piccoli che si afferravano alla sua gonna per cercare rifugio e coraggio. Un uomo grasso che impugnava un rastrello, saltellava nervosamente guardandosi attorno, quasi aspettasse che il Buio arrivasse trasportato dall’aria o da qualche regione sconosciuta.
La folla continuava a stringersi quasi quello fosse l’unico modo per poter sfuggire a quella terribile minaccia…
Le voci ripresero a salire in un crescendo di terrore incontrollabile ma, per fortuna, la voce di Alwir, addestrata alle battaglie, attraversò quel clamore con la forza di una mannaia.
«Con me! Possiamo difendere le sale…»
«Non torneremo più nelle sale! Mai più…», gli rispose una voce sconosciuta.
Rudy inciampò di nuovo, e lanciò un’imprecazione mentre barcollava rischiando di tagliarsi in due una mano con la spada che continuava a reggere goffamente. Non gli interessava tanto sapere dove sarebbero andati a nascondersi, quanto essere certo che quel posto avesse delle pareti spesse ed una porta robusta.
La folla gridò e, ondeggiando come una massa unica, si riversò dietro Alwir che si era diretto verso il passaggio sotto l’arco, nel punto più lontano della sala.
Le torce erano state strappate via dalle pareti e la solita luce rossastra vorticava nell’ambiente rifrangendosi sulle pareti.
Qualcuno si spinse contro Rudy nella ressa, lottando contro il flusso di gente che si precipitava nella direzione opposta; il ragazzo afferrò un braccio familiare.
«Dove diavolo credi di andare?»
I capelli di Minalde scendevano sciolti lungo la sua gonna bianca, sporca e consumata.
«Tir si è alzato», rispose la giovane. «Ho pensato che Medda volesse portarlo giù.»
Qualcuno li spinse ancora più vicini. Nel biancore del suo viso, gli occhi spiccavano, luminosi e del colore dell’iris che le fiamme delle torce accentuavano.
«Non puoi andare là ora!», disse Rudy, aggiungendo, mentre la ragazza cercava di svincolarsi dalla sua stretta: «Se la porta è chiusa e c’è della luce nella sua stanza, quelle creature la eviteranno, ed il bambino riuscirà a sopravvivere. Ci sono fin troppe prede qui sulle quali possono scagliarsi.»
«Sanno chi è…», sussurrò Minalde con voce disperata. «È lui che stanno cercando, ed è lui che vogliono!»
Con un movimento rapido, si liberò dalle mani di Rudy e corse via verso le scale, scivolando tra la folla come un’anguilla.
«Pazza! Ti farai ammazzare inutilmente…»
Rudy corse dietro di lei, anche se la sua altezza gli era d’impaccio e la folla cercava di trascinarlo con sé.
Vide Alde fermarsi ai piedi delle scale ed afferrare una torcia dal supporto sul muro. Sgomitando e lottando furiosamente, raggiunse il posto pochi attimi dopo la ragazza, afferrò un’altra torcia e la inseguì nell’oscurità. La raggiunse sulle scale e le strinse un braccio con una violenza che neanche lui si aspettava.
«Lasciami andare.»
«Non lo farò,» le gridò. «Ora ascoltami…»
Con un gesto furioso, la giovane gli spinse la torcia verso il volto e Rudy fu costretto a ritrarsi evitando per un pelo di cadere dalle scale. Minalde scappò ancora. Rudy la vide svanire come un bianco fantasma nella galleria ventosa, con la torcia che fluttuava nella sua scia come una bandiera di fiamma. La seguì.
A dispetto del Buio, Minalde lasciò aperta per lui la porta della stanza del bambino e il giovane non si fece pregare per varcarla, chiudendola poi dietro di sé ansimando per lo sforzo e per la rabbia.
«Sei completamente pazza. Lo sai?», le gridò. «Potevamo ammazzarci tutti e due. E non sapevi neanche se il bambino fosse ancora vivo!»
Minalde però non lo stava ascoltando: china sulla culla dorata, aveva preso Tir tra le braccia. Il Principe era sveglio, ma silenzioso come lo era stato nella baracca sperduta tra gli aranceti della California, con gli occhi blu scuro sgranati e colmi di una paura che nessuno avrebbe potuto togliergli.
La ragazza si tolse i capelli appiccicati sul viso, e pizzicò leggermente la guancia paffuta del bambino. Rudy si accorse che le sue mani stavano tremando. Leggermente, ma tremavano.
«Ecco», disse Rudy bruscamente, prendendo uno scialle dal tavolo accanto alla culla e porgendolo alla ragazza. «Fa’ un’imbracatura e legati il bambino addosso. Hai bisogno delle mani libere per portare le torce.»
Minalde ubbidì in silenzio, senza guardarlo negli occhi.
«Non so se essere arrabbiato con te! Forse, se ti rompessi la testa, potrei farci entrare un po’ di buon senso!»
La ragazza prese la torcia dal muro e si voltò verso di lui con uno sguardo diffidente. Rudy grugnì qualcosa riconoscendo, senza volerlo, il suo coraggio, anche se continuava a pensare a lei come ad una irriducibile testarda.
«Dovrai dirmi dove possiamo trovare queste sale di cui tutti parlano.»
«Giù dalle scale, attraverso l’arco in fondo alla grande sala, a destra…», rispose la giovane a bassa voce. «Forse intendevano parlare della sala principale, dove si conserva il vino. È il solo spazio abbastanza grande per tutti.»
Rudy prese la sua torcia e si guardò intorno, osservando i particolari della piccola stanza ottagonale con le pareti da cui pendevano cupi arazzi dorati e con una lunga striscia di ebano filigranato che tappezzava tutto l’ambiente. Poi tornò a guardare la ragazza ed il suo volto pallido, bianco come la sua veste.
«Avremmo anche potuto morire…», iniziò a dire, poi si fermò. «È tutto inutile… Come potrebbe capire qualcosa una pazza come te?»
Le affidò la sua torcia e si avvicinò alla porta stringendo l’elsa della spada con entrambe le mani, e cercò di imitare i gesti che aveva visto fare a Ingold. Alde rimase in piedi alle sue spalle, senza dire una parola.
«Sei pronta?»
«Si,» rispose lei sottovoce.
Rudy brontolò qualcosa.
«Qui comincia il bello, dolcezza!», e fece un passo avanti.
Con un movimento veloce colpì il battente della porta con un calcio e si gettò in avanti mulinando la lama. Il Guerriero del Buio che sembrava quasi attenderli, scese verso di loro come una nera tempesta di protoplasma, ma incontrò la punta vorticante della spada e quasi si frantumò su di essa investendoli con il suo licore puzzolente. Il secondo Guerriero seguì il primo, ma fece in tempo a fermarsi ritirandosi indietro in un agitarsi furibondo d’aria putrescente. Neppure un’ombra era visibile nel corridoio buio che si snodava davanti a loro; c’era soltanto qualcosa di indistinto che si agitava freneticamente nella parte più lontana. Rudy afferrò Alde per un braccio e corse.
Ombre fluttuanti li inseguirono: la luce delle fiaccole rifletteva sulle pareti le sagome mostruosamente distorte del gruppetto. Un lampo di luce illuminò per un attimo gli archi aperti alla loro sinistra ma, oltre quelli, il buio regnava sovrano, e la vista non poteva spingersi oltre quella oscurità degna di una notte infernale.
Rudy poteva percepire la presenza del Buio tutto intorno a loro, e quelle orribili creature sembravano giocare come fa il gatto con il topo, osservandoli con la loro intelligenza aliena, assaporando il momento opportuno per piombare sul gruppetto.
Dalla cima delle scale, Rudy e Minalde riuscirono ad intravedere lo spazio aperto della sala dove una torcia, caduta chissà a chi, stava finendo di bruciare sul pavimento e rivelava, con guizzi fumosi, un ammasso di vestiti consumati e logori, scarpe abbandonate, mobili sconquassati e calpestati dalla folla che era fuggita.
Intorno all’arcata, appena visibili al di là, un mucchio di ossa sanguinanti e di corpi straziati e raggrinziti, mostravano ciò che era accaduto dopo che Rudy si era gettato all’inseguimento di Alde. Oltre quel macabro segnale, un’oscura massa, fluida e mutevole, sembrava quasi scorrere e scivolare sui corpi dei caduti.
Rudy sentì la gola che gli si stringeva. Esposti com’erano in cima alle scale, niente avrebbe potuto indurlo a scendere in quella sala e a cercare di attraversare quello spazio. Accanto a lui, Alde gemette, e lui vide cosa cercava di indicargli.
Quattro o cinque creature, neri gusci di lumaca dai quali scendevano lunghe code sinuose che flagellavano l’aria, erano attaccate al soffitto ad arco della stanza. La pallida luce della fiaccola aleggiò sul baluginare chitinoso delle loro schiene rilucenti e mise in risalto il groviglio di artigli e di spine che usavano per uccidere e straziare, mentre dalle loro bocche invisibili colava lungo la parete una brillante bava di acido.
Una alla volta, come mostruosi pipistrelli, quelle creature lasciavano la presa e si lanciavano in aria, cambiando forma e grandezza per poi tornare a confondersi con le altre ombre. Anche se li aveva scorti in quel loro volteggiare, Rudy non avrebbe saputo dire dove fossero scomparse.
«C’è un’altra strada per le sale. È dietro di noi…»
Il sussurro di Alde lo colse di sorpresa, ma seguì immediatamente la ragazza che si era messa a correre.
Non c’era certo bisogno di sprecare altre parole, pensò Rudy, mentre si muoveva veloce con i lunghi capelli della ragazza che svolazzavano davanti a lui. Quante di quelle cose ci volevano per soffocare la luce di un fuoco? Una dozzina? Mezza dozzina? Quattro?
La sua maglietta e la giacca di tela erano ormai inzuppate di sudore, e la mano gli doleva tanto la teneva stretta sull’elsa della spada. Le ombre intorno a loro sembravano muoversi ad ogni passo avvicinandosi sempre più, mentre la luce della torcia si rifletteva nello sguardo fisso e terrorizzato di Tir.
Un passaggio si aprì improvvisamente nel corridoio, ma continuava ad accompagnarli la certezza di qualcosa che correva con loro, dietro di loro, come un respiro profondo che scompariva non appena si voltavano indietro a guardare.
Il respiro di Alde divenne sempre più affannoso, ed i suoi passi sembrarono improvvisamente più pesanti e faticosi.
Una piccola porta nera li condusse verso l’improvvisa spirale di una angusta scala a chiocciola che portava verso il basso, sempre più giù, ripida come una scala a pioli e tremendamente scivolosa; il tremolio ambrato delle torce si diffuse sulle pareti che sembravano stringersi sempre di più attorno a loro.
Infine raggiunsero il fondo, e Rudy avvertì l’odore aspro e nitroso delle cantine.
«Dove diamine siamo finiti?», sussurrò. «Nelle prigioni sotterranee?»
Sulle pareti aleggiava un lucore misterioso, quasi fossero coperte di fosforo che scendeva fino alle pietre melmose del pavimento.
Alde annuì ed indicò il corridoio che si apriva davanti a loro.
«Di là…»
Rudy afferrò una delle torce e la tenne bassa come se non volesse sfiorare il soffitto di pietra con la fiamma.
«Allora siamo veramente vicino alle segrete?»
«Si,» rispose a bassa voce la ragazza. «Però si parla di molto tempo fa. Ogni grande Casata del Regno aveva le sue truppe e dettava legge sul proprio popolo. I grandi Re, i Re di Gae, hanno cambiato tutto: qualsiasi uomo ora può appellarsi contro le decisioni delle Corti dei proprietari terrieri, o uno dei Lord a quella del Re… Questo vale per la legge civile naturalmente. La Chiesa è ancora Ubera di giudicare per suo conto.» In quel momento, esitò di fronte ad una diramazione.
Quelle prigioni apparivano come un labirinto umido e buio di passaggi stretti e tortuosi: Rudy si chiese come quella strana ragazza potesse essere, in quelle condizioni disperate, così fiduciosa.
«Quaggiù… penso,» mormorò Alde.
I due giovani attraversarono lo stretto corridoio, e la fiamma delle loro torce sfiorò leggermente le porte chiuse delle antiche celle. Erano fatte di pesanti tavole di quercia intagliate, coperte di bronzo verdastro e ferro rugginoso, a volte allo stesso livello del passaggio, a volte più in basso. La maggior parte di esse erano sbarrate, sigillate da pesanti marchi di piombo, ma una o due erano state murate, e le mani di Rudy sudarono al pensiero della sorte di chi vi era stato rinchiuso in base, magari, al giudizio affrettato e distratto di qualche giudice vendicativo. Quella vista gli fece ricordare di essere su un altro mondo, in un altro universo dove vigevano leggi e usanze diverse. Lì esisteva una giustizia e dei sistemi sommari per trattare coloro che si opponevano al sistema…
Alde inciampò, e dovette aggrapparsi al suo braccio per non cadere. Fermandosi per sostenerla, Rudy avvertì improvvisamente uno spostamento d’aria innaturale ed un odore che ormai gli era divenuto familiare.
Non si scorgeva niente nel corridoio davanti a lui, e le pareti sembrarono restringersi in un rettangolo d’oscurità che la luce della torcia non riusciva a penetrare, un’oscurità agitata dal vento, che quasi pareva attenderli.
Il vento divenne più forte e piegò la fiamma della torcia; Rudy divenne improvvisamente consapevole del buio che riempiva il passaggio alle loro spalle e che li lasciava ancora una volta completamente indifesi. Forse furono i suoi nervi tesi fino allo spasimo, o lo sforzo di conservare un minimo di lucidità in quegli attimi tremendi, in quelle lunghe ore d’incubo, ma credette di scorgere un movimento davanti a loro.
Mezzo paralizzato, riuscì però a mormorare qualcosa.
«Non c’è via di uscita qui, Alde. Guarda se qualcuna di queste porte non è ben chiusa…»
Si mossero con circospezione, e Rudy non distolse mai lo sguardo dalle ombre. Dal tremolio della torcia alle sue spalle, capì che la ragazza lo seguiva controllando una porta dopo l’altra. Quel bagliore gli sembrò però misera cosa rispetto al peso schiacciante del buio, poi, d’improvviso, sentì Alde sussurrare:
«Questa è soltanto sbarrata, non è sigillata.
Allora tornò piano indietro fino a raggiungerla.
La porta era in cima a tre gradini logori, stretta ed invalicabile, con i pesanti cardini ed i massicci chiavistelli profondamente incassati nella roccia. Rudy porse la sua torcia ad Alde e si accostò alla segreta.
Con la sua spada cominciò a tagliare il filo che stringeva ai cardini i pesanti listelli di piombo. Il metallo era vecchio e consumato, e stridette una acuta e rugginosa protesta quando cercò di tirare indietro il chiavistello, mentre i cardini scricchiolavano quando tentò di aprirla quel tanto bastante ad entrare.
Da quello che riusciva a scorgere alla luce della fiaccola, il luogo era vuoto, poco più di un buco rotondo con una minuscola nicchia nella parete più lontana, ed una piccola pila di paglia sulla quale giacevano poche ossa polverose e spolpate. L’aria era pesante, ed il tanfo di chiuso lo disgustò mentre entrava cautamente spalancando gli occhi per sondare l’intensa oscurità della cella.
Anche se si era preparato a qualche sorpresa, l’attacco che lo colpì dall’oscurità fu troppo veloce per riuscire a sentire almeno un rumore: tra un battito e l’altro del suo cuore venne sollevato per la gola, ed un colpo potente lo scagliò contro il muro mozzandogli il respiro.
Colpì la parete di pietra con la testa, e il suo grido si spense sotto la pressione di un avambraccio che gli schiacciò la carotide. Sentì la spada sfuggirgli di mano e, dopo un attimo, avvertì il morso dell’acciaio accanto alla giugulare. Dall’oscurità che lo circondava una voce sussurrò:
«Non muoverti…»
Era una voce conosciuta… Rudy chiese in un sussurro:
«Ingold?»
Il braccio che lo strangolava allentò la presa sulla sua trachea. Il giovane non riusciva a vedere nulla nell’oscurità, ma il tessuto che sfiorò con la mano gli era familiare.
Deglutì, cercando di riprendere fiato.
«Cosa ci fai qui, amico?»
Lo Stregone sbuffò.
«A rischio di dire qualche stupidaggine, posso affermare che sto cercando di demolire la prigione che i tuoi amici hanno inutilmente eretto. Gil è con te?»
«Gil?» Rudy non riuscì a ricordare sul momento quando avesse visto per l’ultima volta la sua compagna di disavventure. «No… io… Gesù, Ingold…» La sua voce si ruppe e il giovane si sentì improvvisamente perso e solo.
Un bagliore luminoso si profilò nell’arco scuro dell’entrata mentre le ombre si agitavano sulle robuste pareti della cella. Minalde oltrepassò la porta e si fermò, mentre i suoi occhi si spalancavano per la sorpresa nello scorgere lo Stregone. La ragazza abbassò lo sguardo dopo un attimo, ed un muto rossore le scaldò il viso. Si agitò come volesse scappare di nuovo nel corridoio anche se non poteva farlo; nella sua confusione, si guardò intorno per cercare le torce e gettarle via.
Rudy stava ancora cercando di riprendersi da quella sorpresa, quando il Mago attraversò la stanza e si avvicinò a Minalde togliendole gentilmente una delle fiaccole di mano.
«Ragazza mia», le disse dolcemente, «un gentiluomo non ricorda mai cosa una signora può dirgli in un momento di rabbia. Considera pure dimenticato tutto.»
Le parole dello Stregone non fecero altro che aumentare il rossore di Minalde; lei cercò di allontanarsi, ma Ingold la strinse leggermente per un braccio e scostò la scura ciocca di capelli che nascondeva la figura del bambino silenzioso raccolto nello scialle della ragazza. Gli accarezzò teneramente la testa e poi fissò di nuovo lo sguardo su Minalde. Non c’era alcun tono inquisitorio nella sua voce quando le disse:
«Così sono arrivati, alla fine.»
Lei annuì, e le labbra di Ingold si strinsero sotto l’ispida barba arruffata. In quell’istante Minalde, come ricordandosi del pericolo che sovrastava tutti, si gettò contro la porta cercando di richiuderla.
Ingold disse con fermezza:
«Non farlo!»
I suoi occhi si spostarono verso Rudy cercando una conferma a quell’ordine imperioso.
Ingold continuò.
«Se chiudi quella porta, rimarremo chiusi qui per sempre.» Indicò la base di una piccola nicchia nel muro dalla quale sporgeva un teschio che li fissava tristemente tra le ombre. «Ci sono incantesimi gettati su questa segreta che io stesso stento a comprendere.»
«Ma là fuori ci sono i Guerrieri del Buio, Ingold!», sussurrò Rudy. «Nella villa sono morte centinaia di persone, e forse migliaia sono i caduti nella piazza e nei boschi. Sono dovunque, come fantasmi… non c’è speranza per noi…»
«C’è sempre speranza,» replicò Ingold. «I sigilli sulla porta di questa cella mi impedivano di uscire, ma ero certo che qualcuno sarebbe venuto prima o poi, e che lo avrei potuto sopraffare se fosse stato necessario. Qualcuno lo ha fatto…»
«Si, ma si è trattato di una…», Rudy cercò il termine migliore. «Una coincidenza!»
Gli occhi di Ingold scintillarono con una eco della loro vecchia ed indiavolata luce.
«Non verrai a dirmi che credi ancora nelle coincidenze, Rudy?» Afferrò la spada. «Troverete un certo sigillo appeso ai chiavistelli della porta. Rimuovetelo e ficcatevi qua dentro. Vi chiuderò quando sarò uscito. Qui sarete al sicuro come non potreste essere in nessun altro posto di Karst, fino a che non vi manderò a chiamare, oppure ritornerò. È una soluzione drastica», continuò vedendo gli occhi di Minalde spalancarsi per la paura, «ma almeno posso stare tranquillo sapendo che il Buio non verrà qui. D’accordo?»
«Vuoi dire che, una volta chiusa quella porta, nessuno può uscirne?», chiese ansiosamente Rudy guardando con la coda dell’occhio la ragazza e il teschio nella nicchia buia.
«Precisamente: la porta è del tutto invisibile dall’interno.»
Rudy sbirciò il pesante battente e non gli sembrò affatto straordinario. Quello che lo preoccupava veramente era l’oscurità del corridoio. La fioca luce della fiaccola delineava il ferro massiccio dei chiavistelli e rivelava la rozzezza delle antiche tavole di quercia impregnate di fumo.
Il vento che spirava dal corridoio fece ondeggiare vistosamente i sigilli di piombo appesi ai chiavistelli, quasi fossero dotati di vita propria. Rudy si accorse che, sebbene Ingold fosse in piedi accanto alla porta con la sua torcia alta in mano, non riusciva a sfiorare il battente.
«Presto,» disse il Mago. «Dovete decidervi: non abbiamo molto tempo.»
«Rudy…» la voce di Alde era incerta, ed i suoi occhi sembravano enormi alla luce della fiaccola. «Se sono veramente al sicuro qui dentro, al sicuro come in nessun altro posto di Karst, preferirei che tu andassi con Ingold. Se dovesse succedere qualcosa, mi sentirei meglio sapendo che almeno due persone conoscono questo posto, invece di una sola…»
Rudy cercò di capire cosa volesse dire la ragazza.
«Non avrai paura a restare qui da sola?»
«Non più di quanta ne ho avuta fin’ora.»
«Prendi il sigillo allora,» disse Ingold, «ed andiamo.»
Rudy si avvicinò cautamente alla porta; la luce fluttuante illuminava a malapena la stretta fessura della toppa. Il sigillo penzolava ancora dai nastri neri che aveva tagliato. Era una placca scura, rotonda, e sembrava assorbire più che riflettere la luce. Era marcata su entrambi i lati con una lettera dell’alfabeto di Darwath. Non appena l’ebbe sfiorata, provò un violento senso di disgusto a cui non seppe dare un nome. C’era veramente qualcosa di terrificante legato a quella cosa.
«Non possiamo lasciarlo qui?»
«Non posso permetterlo,» rispose semplicemente Ingold.
La sensazione di orrore e di incomprensibile sporcizia che emanavano da quel sigillo piccolo e grigiastro, impedirono a Rudy di chiedere una spiegazione più chiara per quello strano comportamento del Mago. Si limitò a togliere l’oggetto dai nastri neri dai quali pendeva, e a gettarlo con un rapido movimento del braccio tra le ombre della nicchia. Rudy notò, mentre compiva il gesto, che Alde si era ritratta, quasi temesse di essere contaminata dall’aura malefica che emanava dal sigillo.
La ragazza fissò la base della sua torcia in una fessura della parete e si volse verso Rudy cullando il bambino che teneva tra le braccia.
«Vi manderemo presto qualcuno,» promise Rudy a bassa voce. «Non preoccuparti.»
Minalde scosse il capo. L’ultima cosa che il ragazzo vide di lei fu l’esile figura bianca avvolta nella nera cascata di capelli con il bambino stretto al seno. L’oscurità della porta li aveva incorniciati come una dorata immagine votiva in qualche misterioso sacrario.
Poi la porta si richiuse, e Rudy provvide egli stesso a tirare il ferro arrugginito del chiavistello.
«Cos’era quella cosa?», sussurrò, provando nuovamente un senso di ripugnanza nel toccare i fili ai quali era stata appesa.
«È il Segno Magico della Catena,» gli rispose Ingold, che era già arrivato in cima ad una delle logore scalinate, mentre scrutava il corridoio lontano. «La cella stessa ha un suo potere nascosto nelle pareti, così che nessuno dall’interno possa trovare o aprire la porta. Con quel segno messo lì appositamente per me, anche se avessi trovato la porta e l’avessi aperta, non sarei mai stato in grado di varcare quella soglia. Con ogni probabilità contavano di lasciarmi qui fino a che non fosse stata pronunciata una formale condanna di bando nei miei confronti, sperando che nel frattempo sarei morto di fame.»
«Ma non potevano farlo!», esclamò Rudy disgustato.
Ingold scrollò le spalle.
«E chi glielo avrebbe impedito? È normale che un Mago badi a se stesso. Ora però l’Arcimago è scomparso, e la città dei Maghi giace avvolta nei suoi incantesimi protettivi.» Scorgendo l’orrore e lo sgomento dipinti sul volto di Rudy, Ingold sorrise e la severità scomparve dai suoi occhi. «Ma io tengo molto a me stesso e, come vedi, in un modo o nell’altro, ne sono uscito con o senza la magia! Sono felice che tu abbia portato Alde e il bambino con te. È stata la cosa migliore che tu potessi fare: qui almeno saranno al sicuro dal Buio.»
Quindi sollevò la sua torcia, e l’esiguo bagliore penetrò appena nella fredda oscurità del corridoio. «Di qua,» decise, indicando la direzione verso la quale si erano diretti poco prima Rudy e Alde.
«Cos’era quella storia con Minalde?», chiese Rudy, non appena si incamminarono nel buio corridoio sferzato dal vento.
«Durante il nostro ultimo incontro, la ragazza minacciò di uccidermi… la ragione non è importante… Ora può pentirsi della forza dei suoi sentimenti o della gaffe compiuta. Se uno sta per…»
Un rumore violento scosse le volte: era un frastuono cupo e profondo simile al rimbombare di un pugno mostruoso, la cui eco si frantumò sulle pareti del corridoio. Ingold si fermò, e i suoi occhi socchiusi sembrarono bruciare per l’intensa concentrazione mentre cercava di ascoltare qualcosa di estremamente lontano. Poi proseguì, e Rudy lo seguì quasi aggrappato alla sua spada sguainata.
Appena girato l’angolo, il giovane vide il Mago fare qualche gesto misterioso intorno alla torcia che teneva in mano. Il legno grezzo sembrò allora allungarsi, trasformandosi in un’asta lunga poco meno di sei piedi; il fuoco che bruciava sulla sua punta si gonfiò divenendo bianco della stessa lucentezza di un diamante o di una fiamma al magnesio, e si diffuse con una vibrazione cristallina in ogni crepa di quelle vecchie pareti incrostate di sporcizia e di polvere.
Sorreggendo l’asta luminosa come fosse un’arma, il vecchio Stregone si mosse, mentre il suo logoro mantello gli svolazzava dietro le spalle come un paio di grandi ali di corvo. Rudy corse verso di lui, mentre l’oscurità si addensava più indietro preparandosi a circondarli.
In qualche luogo, e questa volta sicuramente più vicino, risuonò un secodo colpo che scosse la pietra come l’urto di un pistone in un gigantesco motore.
Ghiacciato e stremato a causa della fame e della fatica, si chiese, in un lampo di curiosa lucidità, se fosse giunta la loro ora. I corridoi convergevano, puntando dritti nell’oscurità, e sembravano quasi indicare il punto verso il quale i due uomini erano diretti.
Rudy si accorse di colpo del sentore di acqua e fango che aleggiava in quel luogo, ma più di tutto riuscì a percepire l’ormai familiare odore acido del Buio. In qualche luogo, i pochi rimasti tra le persone che avevano cercato rifugio nella villa di Alwir — una manciata di Guardie e le truppe scarlatte della Chiesa, l’uomo grasso con il rastrello da giardino e la giovane donna con il suo gruppo di bambini, e tutte le facce che erano fuggite nel vortice luminoso al di sopra delle scale — se ne stavano rintanati nelle ombre scure e ondeggianti delle sale, aspettando con gli occhi gonfi di terrore il momento nel quale la terrificante energia dei Guerrieri del Buio l’avrebbe avuta vinta contro le pesanti porte di ferro, strappandole dai loro cardini.
Rudy si accorse di poter quasi sentire la potenza del Buio: fu come un violento colpo in faccia che lo lasciò intontito, quando la terza esplosione scosse le fondamenta della villa. Riuscì a percepire la contrazione dolorosa dell’aria e l’intelligenza maligna che stava dietro a quella forza ad osservarli mentre avanzavano verso di lei.
Il vento era diventato più forte e soffiava attraverso i corridoi quasi facesse presagire l’arrivo di una burrasca; il mantello di Ingold svolazzava insieme ai suoi lunghi capelli, ma la luce del bastone nella mano del Mago divenne più luminosa quasi fosse quella del sole a mezzogiorno, e rivelò i segreti dell’oscurità.
Guidati da quel bagliore accecante, girarono un angolo e si immisero su uno dei corridoi principali al termine del quale si potevano scorgere, attraverso le ombre pesanti che impregnavano l’aria come folti veli di nebbia, le grandi porte che segnavano l’uscita da quel labirinto.
Anche se Rudy non riusciva a cogliere una singola forma, poteva però avvertire un senso di malevolenza che percorreva l’atmosfera di quel luogo sinistro, e quella presenza sembrava attraversare l’aria col battito di migliaia di ah. Il loro potere pareva estendersi dappertutto, impregnando anche le mura del corridoio; al di là di esso, appena visibile nel coagulo d’oscurità che ostruiva il passaggio, si poteva scorgere l’ampia linea della luce delle torce che filtrava attraverso i battenti chiusi. Oltre quell’ultima barriera però, non si udiva alcun rumore, quasi che quelli che erano riusciti a raggiungere quell’ultimo riparo, osservassero il loro destino avanzare nel più completo silenzio.
Rudy si accorse che qualcosa stava cambiando: fu come un’esplosione sorda di energia, e l’improvviso tuono di quella deflagrazione gli colpì le orecchie, mentre sotto i suoi occhi le porte si deformavano e crollavano, frantumandosi in un uragano di aguzze schegge di legno.
Comparve qualche volto indistinto oltre le porte ormai ridotte a semplici macerie, e il riverbero della torcia proiettò sulle pareti delle esili sagome che divennero improvvisamente reali nell’Oscurità!
Fu in quella assenza di luce che si lanciò Ingold senza un attimo di esitazione: la luce gelida del suo bastone lo circondava come fosse accompagnato dal cuore stesso di una stella. Rudy non poté fare altro che seguirlo aggrappandosi a quella luce. Per un istante che gli parve eterno, sembrò quasi che la cortina di Buio si richiudesse su di loro coprendo e spegnendo quella luce bruciante.
Forse era colpa della stanchezza, oppure qualche effetto secondario della magia del Buio, ma Rudy non riuscì mai a spiegarsi cosa accadde: non aveva certo chiuso gli occhi e nemmeno aveva spostato lo sguardo ma, per un istante, l’oscurità si era effettivamente riversata su loro due. Il momento successivo però non rimaneva altro che la luce che circondava la sagoma forte e decisa di Ingold che avanzava rigido in quel corridoio vuoto.
Attraverso le porte sconquassate, quella luminosità si rifletté sui volti cerei e terrorizzati, fu spezzata da occhi spalancati, e colpì selvaggiamente l’acciaio delle armi strette spasmodicamente nelle mani dei pochi guerrieri che si erano frapposti tra l’ultimo baluardo e la folla disperata dei rifugiati che erano sopravvissuti.
Poi la luce pian piano si estinse; divenne, da bagliore accecante che era, una macchia gialla, e poi tornò ad essere una semplice fiamma di torcia.
Rudy sapeva che il Buio era fuggito. Era soltanto una sensazione, niente più di una impressione, che lo lasciò sconvolto e incerto. Ma non c’era più nessuno nelle sale, così come nessuno si aggirava più per le stanze superiori della villa.
Ingold ed il giovane attraversarono le porte, ed i loro passi produssero un’eco profonda nelle cavità ormai libere del corridoio: Rudy poté sentirsi finalmente sicuro che nessuna creatura si annidasse in quegli angoli scuri.
Se il Buio fosse fuggito perché sazio della carneficina o per opera del Mago, non avrebbe saputo dirlo. In un certo senso non aveva alcuna importanza; ciò che importava era che loro erano vivi, ed anche il resto dei profughi… Erano sopravvissuti alla notte.
La stanchezza lo assalì con dita di metallo e, per un secondo, le gambe non riuscirono più a reggerlo, quasi che tutta la forza fosse svanita improvvisamente dal suo corpo.
Inciampò e si appoggiò al muro per trovare un appoggio. Ingold invece salì sulla soglia spezzata dove tre figure si erano allontanate dalla fila di Guardie ed ora si mostravano, incorniciate dai rottami di legno e ferro. Sotto il sudiciume e le incrostazioni della battaglia, Rudy riconobbe Alwir, il Vescovo Govannin e Janus.
Senza pronunciare una parola, il Comandante della Guardia di Gae fece un passo avanti, si inginocchiò davanti al Mago, e baciò le sue mani escoriate. Di fronte a questo gesto di fedeltà, il Cancelliere ed il Vescovo si scambiarono un’enigmatica occhiata di disapprovazione per il comportamento della Guardia.
Le parole del Comandante Janus echeggiarono nel corridoio deserto:
«Pensavamo che te ne fossi andato via…»
Ingold sfiorò la testa china dell’uomo, poi lo fece rialzare e gettò uno sguardo verso Alwir.
«Giurai che avrei rivisto Tir in un luogo sicuro» rispose con calma, «e così farò… No, non sono andato via: a dire il vero, mi trovavo… in prigione.»
«In prigione?» Le spesse sopracciglia di Janus incorniciarono, aggrottandosi, i suoi occhi arrossati. «Per ordine di chi?»
«L’ordine di detenzione non era firmato», disse il Mago con la sua voce più dolce. «Solo sigillato con il Marchio Reale. Chiunque abbia accesso a quel Sigillo avrebbe potuto farlo.» La luce della torcia si rifletté negli occhi di Janus. «La cella poi è stata chiusa con il Segno della Catena…»
«L’uso di quella pratica è illegale!», commentò Govannin incrociando le braccia scheletriche con i suoi occhi scuri da lucertola nei quali non brillava neanche un’emozione. «E sarebbe stata un’azione veramente sciocca ordinare una cosa così in un momento come questo…»
Alwir scosse il capo.
«Io certamente non ho firmato un tale ordine», disse con voce incrinata dall’imbarazzo. «Per quanto riguarda il Segno Magico poi, c’erano delle dicerie che si trovasse da qualche parte tra i tesori del palazzo di Gae, ma ho sempre pensato che fosse una delle tante vecchie leggende. Sono contento però che tu sia riuscito ugualmente a fuggire ed a farlo in tempo per venire in nostro soccorso. Il tuo arresto è stato, evidentemente, un errore da parte di qualcuno!»
Lo sguardo del Mago si posò prima sul volto del Cancelliere, poi su quello del Vescovo, ma non disse altro che:
«Ovviamente…»
Molto più tardi, quando ormai era mattino avanzato, Rudy ritornò indietro sui suoi passi verso la cella senza porta, ora vuota ed aperta. Aveva intenzione di recuperare quell’oscuro sigillo e di gettarlo in qualche pozzo, preferibilmente molto profondo.
Quando però raggiunse la cella, anche se il posto era in ordine, e dopo aver cercato a lungo tra le ossa polverose e mummificate nella nicchia, non riuscì a trovarne traccia da nessuna parte.
Qualcuno era stato lì prima di lui…