CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Aveva iniziato a nevicare forte quando Gil e Ingold giunsero in vista del campo sulle rive del Fiume della Freccia. Nel grigiore incombente riuscirono ad intravedere le figure raggruppate intorno alle deboli fiamme dei falò, ed udirono il crocchiare cupo della paglia e degli zoccoli delle bestie. C’era un’attività frenetica sul margine della gola, ed un andirivieni continuo intorno ai tronconi spezzati del ponte.

Dall’altra parte della gola, lo spettacolo non era diverso. Diverse luci si muovevano qua e là, e le capre si lamentavano con belati che assomigliavano ad un lamento funebre. Da qualche parte, un bambino stava urlando.

Tra i due campi si stendeva la gola, un abisso a strapiombo nell’oscurità nel cui interno si poteva soltanto udire il gorgoglio minaccioso del torrente. Su ognuno dei margini spuntavano i tronconi spezzati di quello che era stato un ponte.

«Quanto è profonda la gola in questo punto?», chiese Gil socchiudendo gli occhi sotto l’incalzare di una raffica particolarmente violenta di neve ghiacciata.

«Circa quaranta piedi. È difficile scendere da questo lato per poi risalire, ma l’acqua non è molto profonda. Come puoi vedere, stanno traghettando la maggior parte dei carichi.» Ingold indicò tre uomini che guidavano un gruppo di maiali verso il convoglio. «Da quello che mi hai detto del tuo sogno, credo che il Buio abbia indebolito i pilastri principali del ponte così che questi non hanno retto sotto il peso dei carri. È stato un tentativo di strage. Ma, anche se è fallito, il Principe Tir si troverà lo stesso nei guai questa notte, là nella gola, tagliato fuori dalla maggior parte del convoglio, con un campo dove regna la più totale confusione. Sarebbe molto difficile per il Buio mancarlo.»

Appoggiandosi al bastone, il Mago iniziò a scendere il pendio.

Rudy li incontrò ai margini dell’accampamento.

«Cosa avete trovato?», chiese.

Mentre si avviavano nel buio verso la tenda di Alwir, Gil gli parlò della Valle del Buio, di Renweth, del Torrione, e di quello che aveva raccontato Tomec Tirkenson. Infine gli chiese:

«Perché Alde non era nel suo carro?»

«Le ho detto io di star fuori,» rispose Rudy. «Ho avuto il presentimento che questa notte quelle creature avrebbero tentato di fare qualcosa. Non ho mai pensato però che potessero esporsi alla luce del giorno. Eravamo a pochi passi dal ponte quando è crollato.»

«Credi ancora nelle coincidenze?», lo rimproverò Ingold. «Mi meraviglio di te!»

«Hai ragione», ammise Rudy. «Questa volta non posso darti torto.»

La tenda di Alwir era una delle poche rimaste. Piantata al riparo del vento sotto alcuni alberi, era illuminata, e dal suo interno si sentiva giungere la voce stridula di Govannin alla quale si aggiungeva quella smielata e leggera di Bektis.

«Il cuore della tempesta non ci ha ancora raggiunto…», stava dicendo in tono grave il Mago. «E non ci raggiungerà, perché io la allontanerò e la spingerò sulle montagne a nord finché non saremo arrivati al Torrione.»

«Allontanarla?», gridò Govannin. «Sei stato nel campo dall’altra parte del fiume, mio signor Mago? La gente è quasi seppellita dalla neve, e sta morendo dal freddo.»

«Non possiamo andar via stanotte,» si intromise Alwir, che aggiunse con malizia: «Abbiamo troppo pochi carri e cavalli per mantenere un buon ritmo di marcia. Saranno gli uomini a trasportare la roba sulla schiena e, se non ci libereremo delle cose inutili…»

«Inutili!» Il Vescovo quasi sputò. «Inutili per quelli che si sbarazzerebbero di tutto ciò che ha a che fare con i Sacramenti della Chiesa. Questa gente sarebbe capace di dimenticare perfino la propria esistenza!»

Alwir protestò con tono da martire.

«La Chiesa di Dio è qualcosa di più di un mucchio di carte ammuffite, mia Signora. Essa è profondamente radicata nel cuore degli uomini.»

«E nei cuori dei fedeli rimarrà per sempre!», replicò seccamente il Vescovo. «Ma la memoria non risiede nel cuore, né nella legge. Uomini e donne hanno lottato e sono morti per acquisire questi diritti alla Chiesa, e il frutto del loro sacrificio — quelle registrazioni — è conservato in quei carri. Non li abbandonerò nella neve seguendo il consiglio di un seguace del Re bambino!»

Ingold scostò la pesante chiusura della tenda. Il volto di Alwir, quando lo vide, si trasformò in una maschera d’argento, con la linea pallida della bocca che sembrava acciaio. Il Cancelliere vacillò e, nell’alzarsi di scatto, sfiorò con il capo la base della lampada che pendeva al centro della tenda, sovrastando la figura del Vescovo accanto alla quale era seduto poco prima. Per un momento sembrò che le stesse cadendo addosso, ma la donna si limitò ad alzare lo sguardo verso di lui. I suoi occhi neri, senza luce come quelli di uno squalo, sembravano quasi sfidarlo.

«Mio Signore Alwir!» La voce di Ingold, aspra ed inconfondibile, giunse a spezzare quella tensione che si era fatta quasi palpabile. Entrambi si girarono, e il Mago chinò rispettosamente il capo. «Mia Signora Vescovo…», completò cerimoniosamente il suo saluto.

La donna si rilassò lasciando che il suo corpo si adagiasse contro lo schienale della sedia. Alwir invece appoggiò una mano al fianco.

«Così hai deciso di ritornare…», disse.

«Perché avete piantato il campo?», chiese Ingold.

«Mio caro Ingold…», il Cancelliere si calmò. «Come puoi vedere, si è fatto buio.»

«Questo è proprio quello che mi preoccupa,» replicò Ingold aspramente. «Avreste dovuto proseguire e raggiungere il Torrione questa notte, oppure attraversare il fiume e unirvi al convoglio principale. Isolati su questo lato del torrente, non siete niente altro che una preda appetibile!»

Pazientemente, Alwir rispose.

«Abbiamo costruito, come avrai visto, un ponte provvisorio attraverso il quale stiamo trasportando il resto del convoglio. Ci sono Guardie a sufficienza per affrontare qualsiasi eventualità durante la notte…»

«Pensi che le Guardie possano rappresentare qualche difficoltà per il Buio? Non ne ha avute con solide porte di quercia… e nemmeno con i piloni di pietra del ponte.»

«Il Buio non ha niente a che fare con quanto è successo!», esclamò Alwir, irritato.

«Pensi davvero di no?»

Le lunghe dita di Bektis non avevano smesso un attimo di giocherellare con un grande solitario ad occhio di gatto che portava alla mano sinistra.

«Non puoi pretendere che tutti credano ciecamente alle tue parole», interloquì con il suo solito fare vanesio. «Non sei l’unico Mago del convoglio mio caro Ingold, ed anch’io ho fatto uso dei miei poteri per controllare la zona al di là delle montagne. L’unico Nido che c’è tra queste cime è stato chiuso molti anni fa, e anche tu sai che non abbiamo sentito la presenza del Male da quando abbiamo raggiunto le quote più alte.»

Sollevò quindi le palpebre e fissò Ingold con aria di sfida. C’era risentimento ed un malcelato disprezzo nei suoi occhi neri e luminosi.

«Sarà sembrato chiaro a te!», replicò Ingold lentamente. «Ma io vengo proprio da quel Nido, e ti assicuro che non è affatto chiuso come sembra.»

«Questa sarebbe un’altra di quelle occasioni,» si intromise il Vescovo incrociando le dita sul tavolo davanti a lei come un mucchietto di bastoncini d’avorio, «nelle quali la tua è l’unica verità?»

La luce della lampada guizzò contro la neve fresca alle spalle del Mago quando questi si girò verso di lei.

«Sapete bene che ci sono cose come i Comandamenti di Dio che hanno valore per tutti, e nessuno è tenuto a metterli in dubbio mia Signora. Certamente converrete con me che esiste una sola verità ed una sola strada per la salvezza dell’uomo, ma questa verità e questa strada spesso sono in contrasto con il senso comune e, a volte, con lo stesso istinto di sopravvivenza. Per quanto mi riguarda, le mie parole — e quelle di Gil che era in mia compagnia — sono le uniche verità che posso offrirvi. Il Buio è in quella Valle, e i suoi Guerrieri non hanno attaccato il convoglio, perché hanno rivolto la loro forza contro il ponte per uccidere il Principe o; in caso contrario, isolarlo su questo lato del fiume.»

Govannin aprì la bocca per parlare, poi la richiuse inseguendo un qualche pensiero.

«I Guerrieri del Buio», continuò Ingold, «non possono permettere a Tir — sia per quello che potrebbe diventare che per i segreti che potrebbe rivelare — di raggiungere il Torrione. La tempesta ci ha offerto una possibilità, ed io suggerisco di metterci subito in marcia, stanotte, sotto la sua protezione, per raggiungere la Torre di Dare.»

«Protezione?» Alwir si girò verso il Mago con tono di scherno. «Nascondiglio vorrai dire! Moriremo tutti di freddo…»

«Morirete di freddo anche qui!», lo interruppe seccamente Ingold.

Irritato, Bektis si intromise di nuovo.

«Io sono capace di allontanare tempeste anche peggiori di questa.»

«E anche il Buio?», chiese Ingold schernendolo.

Il Mago lo fissò per un attimo, e sul suo viso comparve un’intensa espressione d’odio, mentre arrossiva visibilmente.

Senza attendere una risposta Ingold aggiunse:

«Neanch’io so farlo. Esistono limiti ad ogni genere di Potere.»

«E alla sopportazione», lo interruppe ancora il Vescovo, imperturbabile. «Da parte mia non scapperò per paura come fa la pecora nel mattatoio. Possiamo resistere a questa tempesta e muoverci alla luce del giorno.»

«E se la tempesta non cessa fino al tramonto di domani? E se dura ancora di più?»

Alwir appoggiò la mano inguantata sullo schienale della sua sedia intagliata.

«Non pensi di dare troppa importanza a questa tempesta? Sono pienamente d’accordo su qualsiasi decisione, sempre che si trovi il modo di trasportare le cose del Governo…»

Gli occhi di Govannin si accesero.

«Certo non a costo di…»

«Non siate sciocchi.»

Queste parole furono pronunciate in tono secco, e furono accompagnate da un refolo d’aria gelida quando la porta della tenda si aprì ed apparve una figura femminile coperta di seta bianca. Il viso di Minalde spiccava nella cornice dei lunghi capelli neri. Per lottare contro il gelo, si era avvolta in una trapunta ricamata con grandi stelle d’oro, e stringeva Tir al petto nascondendolo sotto la pesante coperta. Gli occhi del bambino, enormi e spalancati, giravano per tutta la stanza meravigliati: erano dello stesso colore blu zaffiro di quelli della madre e di Alwir.

«Vi state comportando peggio di Tir!», disse la Regina a bassa voce. «Si sta alzando la marea, e voi state qui a discutere su chi sarà il primo ad entrare nella barca…»

Le narici di Alwir si allargarono in un gesto annoiato. Disse soltanto:

«Minalde, ritorna nella tua stanza.»

«Questa volta no!», rispose lei con lo stesso tono calmo.

«Queste cose non ti riguardano.»

Il tono di Alwir era lo stesso che avrebbe adoperato per averla vinta su un bambino recalcitrante.

«Ti sbagli Alwir. È affar mio.»

La giovane Regina rimase calma, e Alwir e Rudy la fissarono meravigliati, quasi fosse entrata nella tenda facendo delle acrobazie. Il Cancelliere era rimasto senza fiato, come se lei lo avesse schiaffeggiato. Era ovvio che non aveva mai pensato alla sua piccola sorellina come ad una creatura con un proprio carattere ed una propria volontà. Rudy, ricordando come gli avesse spinto una torcia accesa in faccia mentre lottavano sulle scale a Karst, riuscì a dominare meglio la sorpresa.

«Tir è mio figlio,» continuò Alde imperterrita. «La vostra testardaggine potrebbe anche causarne la morte!»

Il volto impassibile di Alwir si imporporò. Sembrava fosse lì lì per dirle di tenere a freno la lingua con coloro che erano più vecchi e più saggi di lei. Ma Minalde era pur sempre la Regina.

«Quello che il mio Lord Ingold dice è vero», aggiunse ancora la ragazza. «Io gli credo ed ho fiducia in lui. Andrò con lui al Torrione questa notte. Anche se dovrò farlo da sola!»

Nascosta nell’ombra, Gil si accorse di quanto stesse costando ad Alde quella prova di coraggio: la giovane Regina stava letteralmente tremando. Non doveva certamente essere facile sfidare un uomo che, in fin dei conti, aveva governato quasi tutta la sua vita. Il rispetto di Gil per quella fragile figura che se ne stava da sola al centro di una stanza sfidando le decisioni dei potenti del Regno, aumentò all’improvviso.

«Grazie per la tua fiducia, mia Signora», disse Ingold, e i due si guardarono per un istante.

Gil sapeva per esperienza che lo sguardo del Mago poteva denudare un’anima e renderla indifesa ma, qualsiasi cosa Alde vide in quegli occhi, dovette rassicurarla ed offrirle maggior forza, perché si girò e se ne andò via, risoluta a mantenere quanto aveva detto.

Alwir l’afferrò per un braccio e la tirò a sé, sussurrandole qualcosa che nessun altro riuscì a sentire, ma il suo viso era serio ed arrabbiato. Alde si svincolò con uno strattone ed uscì senza dire una parola. Fu meglio così: non vide infatti il viso del Cancelliere suo fratello trasformato dall’ira. Era la stessa espressione che Gil aveva visto su quel volto un’altra volta: inumana, nella sua gelida impersonalità.

Quando si rivolse agli altri il sorriso era tornato ad illuminargli i lineamenti.

«Sembra che, nonostante tutto, questa notte dovremo muoverci…», commentò scherzosamente, ma con una punta tagliente nel tono.

Era chiaro che quella situazione stava rapidamente degenerando, ma il Vescovo interruppe Alwir tanto dolcemente che la sua intrusione apparve del tutto casuale.

«Se le cose stanno così, devo andare subito a preparare i carri della Chiesa.»

Ed uscì velocemente dalla tenda vietando a chiunque di richiamarla per qualche ordine o incarico.

Era ormai notte inoltrata quando il campo si accinse a partire. La neve ora scendeva fitta e regolare, ed il vento faceva turbinare piccoli fiocchi granulosi sulle ceneri dei fuochi spenti, ricoprendo di un bianco manto il fango mosso della strada.

Era stato dato l’ordine di attraversare il fiume sul ponte di fortuna, e uomini e donne si stavano accingendo a compiere quell’ultima fatica. Famiglie intere attraversarono le fragili passerelle affidandosi completamente alla ragnatela vacillante di paletti e di funi con i loro carichi sulle spalle.

Stranamente, quando Rudy raggiunse il ponte con Ingold e Gil per occuparsi dell’unico carro che Alwir era riuscito a strappare ad uno dei suoi amici mercanti, trovò che tra la gente si era diffusa una sensazione di allegro ottimismo che contrastava vivacemente con la situazione reale. Ciononostante, quasi tutti continuavano a lamentarsi, e le maledizioni e le bestemmie venivano pronunciate ad alta voce.

La gente, con i pochi averi stretti sottobraccio o assicurati con rozzi legacci, andava avanti stropicciandosi le mani con la neve gelata per riscaldarle, e intanto urlava, litigava, e lottava con il proprio vicino. Era tutto uguale, ma qualcosa era sottilmente cambiato.

In realtà era sparita l’amara disperazione che aveva accompagnato la prima parte del viaggio. In quell’aria che bruciava i polmoni e accecava, si poteva respirare un’atmosfera vivace, un senso di speranza che non era mai stata avvertita prima. Erano ancora abbastanza lontani dal Torrione, ma, se ce l’avessero fatta, questa sarebbe stata l’ultima marcia!

«Quello che dovremo fare,» disse Ingold mentre osservava un gruppo di Guardie e le truppe di Alwir che lottavano contro il carro mezzo smontato per spingerlo avanti sul ghiaccio, «è tentare di mettere Alde e Tir tra di noi. Mi rendo conto che in questo modo faremo di loro un ottimo bersaglio, ma è un rischio da correre piuttosto che vederli dispersi nella tormenta. Per quanto riguarda voi due…», si girò verso Gil e Rudy ed appoggiò loro una mano sulle spalle, «qualsiasi cosa facciate, rimanete attaccati a quel carro. È la vostra migliore speranza di raggiungere vivi il Torrione. Io dovrò andare avanti e indietro lungo il convoglio, e non posso pensare a voi. Capisco che niente di quanto è accaduto avrebbe dovuto interessarvi, che siete stati cacciati in questa avventura contro la vostra volontà, e che nessuno di voi mi deve qualcosa ma, per favore, fate che Alde e il bambino arrivino al Torrione sani e salvi!»

«Tu non ci sarai?», chiese ansiosamente Gil.

«Non so dirti dove sarò,» rispose il Mago. La neve ormai gli ricopriva la barba ed il mantello.

È veramente stanco… pensò Gil. Lei stessa si reggeva in piedi a stento.

«Abbiate cura di voi, ragazzi miei. Se ci rivedremo, penserò io a tirarvi fuori da tutta questa storia…»

Quindi si girò e scomparve nella foschia, mentre le punte ondeggianti della sua sciarpa sventolavano come bandiere al vento.

«Ha un brutto aspetto,» osservò Rudy sottovoce, poi si appoggiò al bastone, non appena la notte inghiottì la figura di Ingold. «Voi due dovete aver fatto un ben brutto viaggio.»

Gil ridacchiò.

«È certamente un Mago, Rudy! Deve esserlo, per trascinare con sé altra gente in simili imprese disperate!»

Rudy le lanciò un’occhiata pensierosa.

«Sai bene che in California pensavo ad una farsa, ma anche allora gli ho creduto. Tu lo hai sempre fatto…»

Gil capì. Ingold riusciva a rendere tutto possibile, persino realizzabile, tanto che anche un motociclista senza futuro era riuscito a chiamare il fuoco dal nulla, ed una studentessa in Filosofia, timorosa del vuoto e dai modi gentili, lo aveva seguito ai confini del mondo per combattere contro nemici indescrivibili ed invisibili. Come se non bastasse, la sua forza era tale da spingere un mucchio cencioso e spaurito di profughi, divisi da timori e paura, morti di freddo ed allo stremo delle forze, ad affrontare una marcia di quindici miglia in un tormenta per cercare un rifugio che nessuno di loro aveva mai visto.

La ragazza sospirò e si strinse il mantello intorno alle spalle. Il vento stava ancora soffiando e Gil si sentiva stanca e spossata. La notte che avevano di fronte poi, sarebbe stata terribile, al di là di ogni possibile immaginazione… Iniziò a muoversi cercando le Guardie, poi si fermò.

«Hei, Rudy?»

«Sì?»

«Abbi cura di Minalde. È una brava ragazza.»

Rudy la fissò sorpreso. Non l’avrebbe mai creduta capace di dire una cosa del genere. Ma si rese conto di avere ancora molto da imparare sulle ragazze insensibili con pallidi occhi da insegnante.

«Grazie…», disse balbettando, intenerito dalla voce preoccupata di Gil. «Non sei male neppure tu… per essere un fantasma…», aggiunse con un sorriso che Gil gli restituì insieme ad una smorfia cattiva.

«Non so come abbia fatto a invaghirsi di uno stupido incompetente come te, ma questo è affar suo. Ci rivedremo al Torrione.»

Rudy la lasciò e si allontanò. Trovò Alde in compagnia dei pochi servi rimasti della Casa di Bes che stavano caricando l’unico carro. La giovane Regina stava riponendo delle coperte. Se Medda fosse stata ancora viva, sarebbe svenuta per l’indignazione…»

«Hei, sei dinamite!», esclamò, baciandola per salutarla.

«Dinamite?»

«Sei stata… grande…», spiegò. «Non pensavo che Alwir avrebbe ceduto.»

Lei si girò, arrossendo di colpo.

«Non mi interessava che fosse d’accordo, come dici tu. O che non lo fosse. Ma io non avrei dovuto chiamarli sciocchi, né Alwir né il Vescovo. È stato… scortese.»

«Ti farai dare una penitenza alla prossima confessione.» Rudy abbracciò la ragazza. «Comunque hai raggiunto il tuo scopo.»

Lei lo fissò negli occhi per un momento, in silenzio.

«Ha ragione?», chiese all’improvviso. «È vero? Il Buio è sulle montagne?»

«È quanto mi ha confermato anche Gil. Ingold ha ragione, sono più vicini di quanto possiamo pensare.»

Si fermò un attimo, le mani intrecciate dietro la nuca, fissando quel viso con occhi disperati. Non voleva che quel momento terminasse, per tutto ciò che doveva ancora avvenire…

Udendo un rumore che proveniva dal carro, lei corse verso il retro per riportare Tir nella piccola cesta, tra le coperte.

Rudy la sentì sussurrare:

«Stai giù…»

Un attimo dopo riapparve tra le tende.

«Avrai bisogno di un guinzaglio per quel bambino, quando avrà imparato a camminare,» commentò Rudy.

Alde tremò e strinse gli occhi ridendo.

«Non ricordarmelo», disse.

Il convoglio cominciò a muoversi. Il vento era diventato ancora più violento ed ululava nelle gole precipitandosi addosso ai profughi con i suoi artigli acuminati. Rudy si teneva stretto al carro, accecato dalla neve, con le dita che anche all’interno degli spessi guanti di pelliccia, diventavano via via insensibili. La strada era in disuso, ma migliore di quella che scendeva da Karst. Il manto non era percorso da radici e non c’erano grandi buche o fango. La neve accumulatasi però, rendeva il cammino pericoloso, e Rudy sapeva che quelli in coda al convoglio avrebbero dovuto affrontare un vero e proprio fiume di fanghiglia gelata. La visibilità era diminuita di molto: le figure delle Guardie che circondavano il convoglio ed il carro di Alde, divennero scure e opache come ombre appena intraviste in qualche incubo.

Ricordando gli insegnamenti di Ingold, Rudy cercò di chiamare a sé la luce. Proiettò una grande sfera a circa tre passi di distanza in modo da illuminare il cammino, ma la necessaria concentrazione lo privò di buona parte delle sue forze e, al primo scivolone dovuto alle sferzate brutali del vento, la luce si affievolì e si spense.

La neve riempiva l’aria come una turbinante farina grigiastra, tranne dove passava attraverso il globo di luce magica, ma lì veniva trasformata in una minuscola tempesta di diamanti il cui baluginio gli feriva gli occhi.

Il mantello e gli stivali ben presto divennero zuppi d’acqua e le sue mani passarono dall’insensibilità al dolore. Una volta, non appena il vento allentò un attimo il suo ritmo feroce, sentì distintamente la voce di Minalde all’interno del carro che cantava dolcemente al suo bambino:


Taci Piccolino, non dire una parola…

Papà ti comprerà un buffo pagliaccio…


Col passare del tempo, Rudy perse la cognizione delle ore. Non sapeva né poteva sapere da quanto stava lottando attraverso quella landa desolata. Immaginò che fossero trascorse molte ore da quando avevano tolto il campo, ma il terreno continuava ad essere scivoloso, ed il vento ormai sembrava una bestia scatenata.

Si aggrappò ancora al carro appoggiandosi ed aiutandosi con il suo bastone. A volte sembrava che quel pezzo di legno fosse l’unica cosa capace di tenerlo in piedi. Cadere lì equivaleva a morire!

Ad un certo punto, non avrebbe saputo dire quando, Gil gli si avvicinò preoccupata, e Rudy si chiese stolidamente cosa fosse venuta a fare da lui.

La ragazza gli gridò al di sopra dell’ululare del vento:

«Stai bene?»

Rudy annuì.

Una signora e una studentessa, pensò, temprate dalla strada…

Gli uomini che li oltrepassavano spesso venivano poi superati mentre lottavano contro la forza del vento cercando di opporgli una disperata resistenza. Rudy vide un vecchio proveniente di certo da Karst con le sue ceste di polli accatastate sulla schiena curva, avvolto in un mucchio informe di coperte ed appesantito da un vero e proprio strato di neve. Passò anche il gruppo degli orfani del campo: erano tutti legati insieme come oche dietro al loro capo. Una donna robusta che trascinava una capra li sorpassò. Un po’ più avanti, la ritrovarono con il volto immerso nella neve e la capra in piedi sul suo corpo.

Continuavano ad andare avanti. Rudy barcollò e cadde. Era tanto intirizzito da non essersi nemmeno accorto di essere caduto a terra. Qualcuno si chinò su di lui e lo aiutò a rialzarsi scuotendolo da quel torpore con una violenza che lo sorprese. Era una figura cupa e spaventosa, avvolta in un mantello enorme, con un bastone sulla cui punta bruciava una chiara luce blu.

Rudy barcollò senza dire una parola verso il retro del carro afferrandosi alle funi per sorreggersi, e la figura scomparve nell’oscurità.

Nella confusione riuscì a scorgere altre figure che si muovevano intorno. Erano sbandati che a fatica riuscivano a tenersi in piedi incitandosi a vicenda a proseguire con parole, implorazioni, maledizioni e colpi.

Strinse con forza le corde ricordandosi che aveva promesso di portare Alde al Torrione. Quella fatica aveva uno scopo, una precisa ragione, che al momento gli sfuggiva in quel buio universo di freddo implacabile. In certe circostanze la morte avrebbe potuto anche essere dolce…

Il tempo era diventato assolutamente ingannevole. Ogni movimento sembrava fatto al rallentatore, e Rudy pensò alla leggenda di quel vecchio greco che doveva spingere una pietra enorme su una montagna, ben sapendo che, una volta in cima, la pietra sarebbe inesorabilmente rotolata a valle.

La notte era quasi trascorsa. Il vento aveva cambiato di intensità e suono, e si poteva capire che presto avrebbero lasciato quelle gole per trovarsi in un luogo più aperto.

La sua mente e la sua volontà stavano annegando in quell’oscurità cieca. Con le ultime forze rimaste, tentò di chiamare a sé un po’ di luce magica, ma questa volta non ci fu neanche un luccichio.

Basta mettere un piede avanti all’altro, pensò. Vedrai che così ce la farai…

Il vento lo colpì come una clava. Cadde, e questa volta decise di non rialzarsi. Potevano raggiungere il Torrione anche senza di lui. Adesso avrebbe potuto anche dormire un poco…

Si lasciò trasportare dai ricordi: le colline calde della California, l’oro ondeggiante dell’erba bruciata dal sole, e il modo con il quale l’aria calda gli scivolava sulle braccia nude quando di sera attraversava l’Highway 51 sul suo chopper mentre il vento gli accarezzava i capelli… Si chiese se avrebbe potuto farlo ancora.

Probabilmente no… decise. Ma neppure quel pensiero aveva molta importanza. Chi avrebbe immaginato che andare a prendere un po’ di birra mi avrebbe portato a morire di freddo in mezzo ad una catena di montagne mai viste da nessun altro? La vita è veramente strana…

Un gigante alto sette piedi comparve all’improvviso dall’oscurità e lo colpì sulle costole con un calcio simile a quello di un mulo. Il freddo ritornò, ed un dolore acuto si diffuse in ogni suo muscolo ed in ogni giuntura. Borbottò qualcosa protestando e il gigante lo colpì ancora.

«Alzati, moccioso!»

Perché un gigante così alto ha la voce di Gil?… È una cagna arrogante.

«No!»

Quelle poche settimane di allenamento con la spada avevano già reso le sue braccia forti come quelle di un orso. Rudy fu sorpreso che uno scricciolo di ragazza — non poteva pesare più di novantotto libbre — avesse la forza di sollevarlo e lanciarlo con violenza contro il carro in movimento in modo da impedirgli di aggrapparvisi.

«Ora muoviti!», gli ordinò.

Quant’è sciocca. Non capisce…

«Non ci riesco…», spiegò debolmente.

«Che ti prenda un accidente!», imprecò Gil, infuriata. «Potrai anche essere un maledetto Mago, ma sei un vigliacco e un debole. Che io sia dannata se ti lascerò morire qui per strada! Morirai quando raggiungeremo il Torrione, non prima. Siamo soltanto ad un paio di miglia.»

«Huhn…» Rudy cercò di afferrarsi alla fune con le dita intirizzite, ma l’appiglio stava per sfuggirgli. Infilò il braccio tra la fune e il legno del carro. «Che cosa hai detto?»

Quasi a rispondergli, ci fu un mutamento improvviso nell’aria. Il vento cambiò improvvisamente, e la sua forza implacabile e martellante scemò di colpo facendolo barcollare quasi gli fosse venuta meno la terra sotto i piedi. La neve, invece di mitragliargli crudelmente il viso, cadde per pochi istanti ancora e poi smise. Rudy poteva sentire il rumore del vento tra i pini al di sopra della strada ed il suo sibilo stridente ma, sebbene l’aria intorno a lui fosse gelida, ora era ferma.

I carri si arrestarono, ed un bue emise un profondo muggito di dolore. Gli stivali affondavano nella neve alta e il cuoio di qualche bardatura cigolava piano. Rudy riuscì a sentire il proprio respiro affannoso unito a quello di Gil.

«Cos’è?», sussurrò. «È finita la tempesta?» «Non proprio, ma lo farà. La puoi ancora sentire lassù in alto.»

Il ragazzo ammiccò nell’oscurità, ed alzò una mano tremante per togliere i cristalli di ghiaccio che gli serravano le palpebre.

«Allora cosa…»

Poi comprese cos’era accaduto. La paura gli inviò una potente scarica di adrenalina nelle vene che contribuì a schiarirgli la mente.

«Oh, Cristo!», disse piano. «Ingold…»

«Ha fermato la tempesta, non è vero?», disse Gil accanto a lui. «Devono essere morte moltissime persone…»


«Sai cosa vuol dire?», disse Rudy. «Vuol dire che il Buio non potrebbe scegliere un momento migliore per attaccarci.» Fece un passo di prova staccandosi dal carro e scoprì che riusciva a stare in piedi anche se doveva appoggiarsi al bastone. «Dobbiamo muoverci.»

Le Guardie si stavano stringendo intorno a loro. Erano quasi una trentina, e si potevano distinguere le loro voci nell’oscurità. Soltanto Dio sapeva dove fosse finito il resto del convoglio. La tempesta li aveva divisi gli uni dagli altri, ed ognuno aveva cercato scampo a modo suo.

Rudy strinse la mano destra e provò una fitta di dolore dovuta alla circolazione del sangue che riprendeva normalmente. Gil stava parlando alle Guardie e, in risposta, giunse la risata breve e fredda del Falcone di Ghiaccio.

Gil si avvicinò.

«Puoi chiamare un po’ di luce?», chiese. «Il cammino è pianeggiante da qui in poi. Potremmo perdere del tutto la strada: guarda…»

Davanti a loro si stendeva a perdita d’occhio la buia pianura e, in lontananza, si scorgeva un piccolo cerchio di luce arancione che appariva e scompariva nell’aria nebbiosa.

«Tomec Tirkenson è arrivato al Torrione. Quella luce è certamente quella dei falò accanto alle porte.»

«Bene!», esclamò Rudy. «Se non altro, possiamo muoverci.»

Cercò subito di chiamare la luce e ripeté molte volte il tentativo, ma la sua coscienza affaticata non gli consentì di farlo. Iniziarono egualmente la marcia verso quella piccola stella arancione, e i loro passi stentavano su quel terreno irregolare.

Dal carro alle loro spalle sentirono venire i gridolini di protesta di Tir che non gradiva gli scossoni, seguiti subito dalla voce dolce di Alde che cercava di farlo tacere.

Rudy inciampò in qualcosa di duro che rotolò con un tonfo sotto i suoi piedi. Barcollò e, nel cadere, ci mise una mano sopra: era una pentola di ferro. A dispetto del freddo e del pericolo, riuscì a sorridere come stavano facendo gli altri.

L’intera valle doveva essere probabilmente cosparsa di mercanzie abbandonate nel compiere l’ultimo sforzo. Però indicava che anche degli altri erano riusciti a farcela.

Ci riusciremo anche noi!, pensò rincuorato Rudy.

Poi si accorse di qualcosa. Era un alito di vento nell’oscurità, un refolo che non aveva la stessa potenza della tempesta. Piuttosto si trattava di un filo d’aria, esile e umido, che parlava di pietre e di ocurità. L’aria cominciò a vorticare intorno a loro. Girandosi, scorse i Guerrieri del Buio.

Il giovane non era sicuro di come avesse fatto a scorgerli: forse a causa del suo Potere, ancora acerbo, ma sufficiente.

Svolazzavano sulla neve verso il carro: le loro sagome erano tutte uguali, indistinguibili l’una dall’altra. Le loro code simili a fruste ferivano l’aria e li guidavano. Quelle creature si muovevano come gelide meduse oscure solcando l’aria con un fluire sinuoso: le loro zampe unghiute si piegavano come strutture di bambù sotto i leggeri tentacoli sgocciolanti che pendevano dalle bocche sbavanti.

Per un attimo quei fantasmi l’affascinarono. Si chiese come mai potessero essere delle creature di materia, e quale materia componesse quei corpi striscianti e pulsanti. Quali cervelli o menti potevano aver concepito le scale che conducevano sottoterra, nell’oscurità?

Uno dei buoi emise un tonante muggito di terrore e cercò di fuggire. Cadde trascinando a terra anche il suo compagno in un groviglio di finimenti: il timone del carro si ruppe sotto il loro peso combinato.

«I Guerrieri del Buio!»

L’urlo uscì violento dalla bocca di Rudy, ed intanto il giovane tentava di chiamare a sé la luce, qualunque tipo di luce gli fosse possibile evocare. Sentì Alde gridare, poi, alle sue spalle, una lama accecante di luce magica trafisse l’oscurità e il fiume di ombra si dissolse in un grande anello di fumo quasi fosse stato sciolto da quella luminosità intensa.

Ingold si avvicinò comparendo quasi dal nulla; la sua ombra si stagliava sulla neve luminosa ai suoi piedi.

«Libera quel bue, porta la Signora fuori dal carro e sbrigati!», ordinò il Mago seccamente.

Con le torce in pugno, le Guardie accorsero, i volti stralunati sotto la patina di brina che li ricopriva.

«Janus: credi che potremo farcela a raggiungere il Torrione?»

Il Comandante, appena riconoscibile sotto lo strato di ghiaccio che gli copriva i capelli e il mantello, guardò la luce in lontananza contro la quale si stagliavano esili sagome che ora erano chiaramente visibili.

«Penso di si», disse lentamente. «Ci hai salvato di nuovo…»

«È ancora presto per dirlo», ribatté il Mago. «Manca ancora un miglio e mezzo. La mia Signora…»

Il Falcone di Ghiaccio aveva liberato i buoi, ma il carro era chiaramente inutilizzabile. Dalle tende uscì un viso bianco incorniciato da un pesante cappuccio di pelliccia nera dal quale sfuggiva qualche ciocca di capelli scuri.

Rudy salì sul carro per aiutarla.

«Dobbiamo correre, ragazza,» le disse dolcemente, e lei annuì. Senza dire una parola, si girò e si infilò nel carro per prendere Tir. Riapparve un attimo dopo con il bambino imbaccuccato, stretto tra le braccia, gli occhi grandi dilatati per lo spavento.

Gil allungò le braccia per prendere il fagotto, mentre Rudy aiutava Alde a scendere dal carro. Anche attraverso due paia di guanti e con le dita semi congelate, il ragazzo sentì il calore della sua pelle.

«Quanto è lontano?», si informò piano la giovane Regina.

Gil indicò con la testa il luccichio arancione che segnalava le porte del Torrione.

«Circa due miglia», disse.

Alde riprese il bambino in braccio e, mentre lo faceva, provò la stessa sensazione gelida e pungente che aveva provato prima. Era la coscienza, la consapevolezza della presenza dei Guerrieri del Buio. Non erano stati sconfitti dalla luce: si erano soltanto allontanati, in attesa.

Il vento soffiava ancora sopra le loro teste ma, accanto a loro, l’aria era misteriosamente immobile. Per tutta la valle si potevano udire delle voci, distorte dalla lontananza e dal freddo. Erano voci che esprimevano paura, disperazione e poi speranza. I profughi di Karst si dirigevano verso il Torrione ormai vicino e ad accoglierli c’erano le luci che illuminavano già le loro sagome che lottavano con la neve profonda. Nel cerchio di luce che nasceva dal bastone di Ingold, il piccolo gruppo di Guardie era solo. Coperti dal gelo, sembravano quasi delle creature di ghiaccio dalla cui bocca usciva un fumo perlaceo. E, al di qua della luce, invisibili nell’oceano nero della notte, forme oscure e ondeggianti si agitavano inquiete…

Ingold si avvicinò al piccolo gruppo intorno al carro e fece luce su di loro e sui loro visi stravolti. In quel momento la sua forza fluì su di loro, e Gil sentì il calore della sua presenza. Il Mago si accorse anche che Rudy e Alde non avevano un buon aspetto. Poggiò una mano sulla guancia della Regina e la fissò.

«Puoi farcela?»

«Devo,» rispose semplicemente la ragazza.

«Brava. Rudy…»

Il suo compagno si avvicinò esitante.

«Convoglia il tuo Potere nel bastone. A questo serve, non soltanto a sorreggerti!»

Rudy fissò sorpreso il bastone di legno pesante che si era procurato molte miglia prima sulla strada.

«Vuoi dire che basta questo? Che non devo fare niente di speciale per rendere magico il bastone?»

Ingold si guardò intorno cercando di non perdere la pazienza.

«Ogni cosa è un poco magica. Ora…»

Esitando, Rudy chiamò a sé la luce, e sentì che il potere gli scorreva dalla mano fino al legno che era diventato liscio per l’uso, e poi nell’aria. La luce iniziò a spandersi dall’estremità del bastone diventando sempre più forte, illuminando le ruote del carro e riflettendosi sui volti smunti e stanchi delle due ragazze fino a raggiungere anche il viso di Ingold.

Ingold si rivolse a lui e gli disse semplicemente:

«Non lasciarli…»

Rudy provò l’imbarazzante sensazione che il vecchio sapesse del suo momento di debolezza e della sua decisione di lasciarsi morire a terra abbandonando tutto e tutti al loro destino.

«Mi dispiace…», mormorò.

Il vento soffiava ancora intorno ai suoi piedi. Si girò a scrutare il buio davanti a sé. Sentì la forza di un controincantesimo come il tocco gelato di una mano aliena che si insinuava nella sua mente uscendo dall’oscurità. Vide che contemporaneamente la luce si affievoliva e, insieme al suo, anche il bastone di Ingold iniziò a tremolare. Nello stesso istante sentì il fetore freddo, acido ed amaro, del Buio. L’acciaio luccicò quando Gil sguainò la spada, poi tutt’intorno vi fu il bagliore silenzioso delle lame delle Guardie che si chiusero in cerchio.

Non provava più nessuna sensazione premonitrice, ma si scansò ritraendosi e girandosi per colpire di scatto quasi prima di essere consapevole della «cosa» che gli stava piombando addosso dal buio.

Sentì Alde gridare e lanciò uno sguardo confuso a Gil. La ragazza aveva il viso di pietra e la sua spada lampeggiava come fuoco fendendo l’oscurità e creandovi degli squarci dai quali zampillava un’esplosione di sangue e materia fetida.

Poi la luce magica si spense, e le Guardie si ritrassero difendendosi come meglio potevano dai loro viscidi assalitori. Il controincantesimo colpì ancora, e Rudy sentì il Potere che scivolava via da lui come risucchiato da un’arteria spezzata. Per un po’ non vide nulla: sapeva soltanto di essere tra il Buio e la ragazza alle sue spalle.

Poi, senza nessun preavviso, l’attacco cessò, e la forza della luce magica tornò. Qualcuno gridò: «Muoviamoci!», e Rudy strinse il braccio destro di Alde mentre Gil la prendeva per il sinistro. Corsero sulla neve fangosa con la luce del suo bastone che illuminava il sudiciume che copriva il terreno; le Guardie corsero insieme a loro e si strinsero ancora creando una sorta di cuneo semovente. Ingold stava davanti a tutti e la luce del suo bastone illuminò la distesa di oggetti sepolti nella neve smossa dai passi precipitosi di coloro che li avevano preceduti liberandosi di quanto avrebbe potuto impacciare i movimenti.

Intontito, Rudy cercò di tenere il passo del gruppo, inciampando nel sudiciume accumulato, gli occhi fissi sul cerchio luminoso che segnava la meta di quella fuga disperata.

Dopo un po’ riuscì a vedere chiaramente dei movimenti: erano piccole figure che si agitavano al di là delle grandi porte. Poteva però sentire alle loro spalle l’incalzare dei Guerrieri del Buio che, come grandi nuvole crudeli, tentavano ancora di indebolirlo con il loro Incantesimo.

Poi le ombre scesero ancora a colpire, come avvoltoi: si udì un sibilo di morte che spezzò l’aria. La spada di Rudy sembrava diventata una massa inerte di piombo, e le sue braccia erano come anestetizzate: se non fosse stato al centro del gruppo, sarebbe certamente stato ucciso all’istante. Vedendo la tecnica di Gil nello sferrare colpi mentre si destreggiava nell’oscurità, e la sua agilità nell’evitare le sferzate di una coda spinosa, Rudy comprese perché Gnift martoriava i corpi e la mente delle sue Guardie, e perché Gil e gli altri si addestravano con quella sorta di selvaggio accanimento sopportando fatica, freddo e ferite. Ora era proprio quell’addestramento a salvarli!

I Guerrieri del Buio scomparvero così come erano apparsi e Rudy, affannato, si appoggiò al bastone per sorreggersi, tenendo Alde semisvenuta con l’altro braccio. Si chiese se avrebbe avuto la forza di trascinarla fino al Torrione. Anche se erano arrivati a meno di un miglio, il bagliore dei fuochi della costruzione nella quale avrebbero trovato rifugio sembravano ancora lontanissimi, e si riusciva a malapena a scorgerlo tra la bruma nebulosa che riempiva l’aria.

Le Guardie si riunirono ancora.

«Ora», esclamò Ingold. «È il momento di correre… veloci!»

«Ci hanno accerchiati!», osservò spaventato Janus. «Non ci lasceranno mai passare!»

Il Mago ansimava per lo sforzo, e la luce magica mise in risalto le sue mani escoriate e sporche di fanghiglia.

«Vi lasceranno passare se lo farete ora!»

«Non possiamo lasciarti qui!», gridò Janus.

«Fate come vi dico!», tuonò Ingold, e Rudy si ritrasse, colpito dalla sua furia. Il Mago brandì la spada facendola roteare in un cerchio luminoso. «Andate!»

Janus lo guardò per qualche istante, quasi stesse pensando di disobbedirgli. Poi si girò di scatto e si immerse nella neve che turbinava nell’oscurità. Dopo una breve pausa, anche Rudy e gli altri lo seguirono trascinando Minalde con l’aiuto di Gil.

Rudy camminava e al tempo stesso poteva percepire gli Incantesimi del Buio che si allontanavano dalla luce generata dal suo bastone, e si accorse che quella forza maligna si stava velocemente dirigendo altrove quasi avesse trovato un bersaglio più appetibile.

Guardando dietro di sé, scorse Ingold fermo nello stesso punto in cui l’avevano lasciato, una figura buia circondata da un’aureola luminosa di luce, il capo teso ad ascoltare i rumori della notte, con le nocche ferite da cui cadevano piccole gocce di sangue che macchiavano la neve a terra.

Il Mago aspettò che il piccolo manipolo si fosse allontanato, poi Rudy, girandosi di nuovo, lo vide gettare il bastone nella neve.

La luce si spense, e la lama della spada di Ingold formò un’arco fosforescente di fuoco nel buio.

Rudy seppe che i Guerrieri del Buio si erano avventati sul vecchio…

Corsero.

Tir aveva iniziato a lamentarsi con piccole grida soffocate dalla paura e dalla stanchezza. Non c’erano altri rumori; oltre la spalla di Alde il volto di Gil era pallido e tirato, una maschera di dolore dagli occhi spalancati.

I cancelli luminosi sembravano quasi irraggiungibili, anche se ora si poteva distinguere chiaramente la gente radunata sulla soglia, intorno ai grandi falò; alle spalle di quelle persone, i Segni Runici dell’Autorità e della Legge splendevano come insegne luminose.

Uno di quegli uomini era certamente Tomec Tirkenson; la figura più piccola e magra forse era quella ascetica del Vescovo Govannin. C’era però qualcosa di sbagliato nella percezione della distanza che divideva il gruppetto dalla salvezza…

L’aria era immobile: non si muoveva, e non si sentiva nemmeno la sensazione della vicinanza del Buio… c’era di sicuro qualcosa che non andava, ma forse era l’effetto della forza di Rudy che stava di nuovo scemando.

I Guerrieri del Buio li stavano certamente seguendo aspettando il momento giusto per colpirli. Rudy tornò a voltarsi, e scorse in lontananza il vorticare luminoso della spada di Ingold nell’oscurità. Si chiese perché il vecchio Mago li avesse mandati via.

Chissà se riusciremo davvero a raggiungere le porte prima che quelle diaboliche creature ci saltino addosso…

In quel momento gli sembrò di muoversi in un vero e proprio mare di fango appiccicoso che impediva i movimenti e li costringeva a lottare per rimanere in piedi.

Alle loro spalle in quell’istante, giunse il vento. Non era quello malsano e fetido del Buio, ma quei venti di tempesta che ben conoscevano. Si ritrovarono immediatamente coperti di neve, e l’ululato di quell’aria gelida sembrava quello di un intero branco di lupi che stesse per finire la propria preda.

Quel vento era dotato di una forza del tutto particolare: li faceva barcollare come tante marionette, li accecava con una gioia che si faticava a non definire selvaggia e maligna.

Rudy tirò avanti fissando l’oscurità spessa ed interminabile della parete di roccia che dominava la valle, mentre il vento aiutava il suo fuoco magico trasformandolo in una fiamma alta trenta piedi. Inciampò in qualcosa nell’oscurità e cadde; il braccio di Alde gli sfuggì di mano. Alzando gli occhi, vide le porte luminose a pochi metri: aveva inciampato proprio sugli scalini. Gil scattò avanti trascinando Alde circondata da un turbine di vento e di fuoco: l’aria unì i loro capelli neri in un’unica nuvola tempestosa.

Qualcuno gli si avvicinò, lo sollevò e lo portò via da quell’inferno bianco. Stanco morto e sul punto di svenire, Rudy riuscì a vedere che la mano che lo sorreggeva era coperta da un guanto di velluto nero sul quale brillavano rubini simili a gocce di sangue appena versato.

Quando la vista gli si schiarì, si ritrovò sul pavimento all’interno delle porte, mezzo coperto dalla neve che iniziava a sciogliersi. Gli uomini e le donne del suo gruppo stavano entrando anche loro, barcollando per il freddo e la stanchezza… C’erano anche dei bambini, e Rudy capì in quell’istante che Gil aveva avuto ragione… la sua resa di poco prima era stato un vero e proprio atto di vigliaccheria: un bambino di otto anni si era comportato meglio di lui…

Dietro di loro scorse, stagliati contro la luce rossastra, Govannin, un teschio con carboni ardenti al posto degli occhi, e Alwir, simile ad una torre scura. Alde si era appoggiata alle sue grandi braccia tenendo Tir che singhiozzava esausto, sul suo petto.

Gli occhi di Alwir non fissavano la donna né il bambino, ma guardavano altrove, verso la buia cavità del Torrione, calcolando già le dimensioni del suo nuovo Regno. Ancora più indietro stava Gil; i suoi capelli erano ruvidi ed arruffati, e svolazzavano sulle onde della tempesta mentre se ne stava in piedi sull’entrata, lo sguardo puntato verso l’esterno.

Rudy le si avvicinò e guardò anche lui: in quell’inferno di ghiaccio e di vento non si scorgeva più alcun segno di luce in movimento…

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