«La Natura ha posto l’uomo sotto il governo di due padroni sovrani, dolore e piacere. Ad essi soli spetta indicare ciò che dobbiamo fare.»
«Credo di non aver capito bene,» balbettò Aurora. All’annuncio di Smilax, il trauma l’aveva irrigidita al punto che riusciva appena a parlare.
«Forse intende dire che non mi crede,» disse Smilax, con gentile pedanteria. «E allora venga, glielo mostrerò.» Afferrandole il braccio sopra il gomito, in una stretta dolorosa, guidò Aurora attraverso una specie di studio dentistico, poi per parecchi corridoi, fino a una sala per conferenze. Uno schermo gigantesco che copriva un’intera parete mostrava, a contorni illuminati d’azzurro, una carta geografica dell’America settentrionale.
«Si sieda, prego. Ora, a scanso di equivoci, lei diventerà una mia dipendente. Come lei sa, io sono il capo del Progetto 32.»
«E se io non volessi più lavorare per il Progetto 32?»
«Non ha scelta, come le spiegherò tra poco. In ogni caso, entro breve tempo essere vivi significherà lavorare, in un modo o nell’altro, per il Progetto 32. Entro breve tempo non esisterà nient’altro che il Progetto 32, il Sistema Riproduttivo, nel mio mondo. Mi consenta di mostrarle come stanno le cose.»
Smilax premette un pulsante sul bracciolo d’una sedia e sulla carta geografica apparve un punto giallo. «Quello è il NORAD.» Quando toccò altri comandi, un’area rossa si diffuse da quel punto, come l’infiammazione intorno a un foruncolo. Più di un terzo degli Stati Uniti, vide Aurora, era inondato di rosso. Altri comedoni gialli spuntarono in quel rosseggiare e il dottore li indicò. «Vede? Sono gli altri nostri centri di produzione, per così dire: i nostri nuclei a Millford, Altoona e Las Vegas.»
«Come ha fatto a impadronirsene?»
«Un giovane dipendente del laboratorio di Millford, Calvin Potter, ‘ha spento’ il Sistema dopo una dimostrazione disastrosa. Io ho fatto sapere che il Sistema era assolutamente finito. In realtà, ovviamente, era solo passato alla clandestinità con il mio aiuto… alla clandestinità più completa; e attraverso grotte, caverne e miniere abbandonate è arrivato fino ad Altoona. Partendo da lì, ha occupato il territorio che lei vede.
«Queste sono le mie acquisizioni più recenti,» aggiunse orgoglioso, e accese due punti gialli a Washington, la capitale. «E hanno una storia interessante. Ieri sera, qui c’erano i Capi di Stato Maggiore. Io sono riuscito a infilare nella borsa d’uno di loro una specie di bomba a orologeria vivente. Da allora sono rimasto in continuo contatto con il Pentagono, sulla linea rossa del NORAD, e sono lieto di dire che il gigantesco computer della teoria del gioco, il cervello bellico dei militari che si trova lassù, adesso è mio. Senza sparare un sol colpo, ho ridotto all’impotenza gli Stati Uniti.
«L’altro punto rappresenta il Dipartimento di Stato. Un’altra cellula si è insinuata nell’ufficio postale dell’edificio, e sta spedendo copie di se stessa per mezzo delle valigie diplomatiche a tutte le nostre ambasciate e a tutti i nostri consolati sparsi per il mondo. Credo che tra non molto dovremmo cominciare ad avere notizie dalle diverse capitali.»
Apparvero altri cinque o sei punti gialli, come per un’insorgenza dell’acne. «Fort Knox, Pittsburgh, Birmingham, e alcuni dei settori industriali di Los Angeles sono nostri,» disse, «anche se non in tutti i casi se ne sono accorti. Le fabbriche completamente automatizzate possono venire conquistate con un minimo di fatica e di perdite, con molta calma. Ah, vorrei avere a che fare soltanto con le macchine perfettibili, anziché con la fragile carne umana! Ma purtroppo, prima o poi, bisogna affrontare,» e Smilax fece una smorfia, «l’elemento umano. Bisogna annunciare al pubblico chi è che comanda, e in questo, dottoressa Candlewood, ho bisogno del suo aiuto.»
«Del mio aiuto? Mi pare che ce la faccia benissimo da solo a conquistare il mondo, dottore,» disse lei, assumendo un tono irritato per nascondere il suo profondo turbamento. «Non capisco in che cosa potrei assisterla.»
«E invece può, e in due modi diversi. Innanzitutto, mi interessa strutturare le relazioni tra il Sistema e la popolazione, in modo che risulti ben chiaro chi è lo schiavo e chi è il padrone, ma soprattutto in modo che gli schiavi si rendano conto che non esistano alternative. Insomma, voglio che lei renda il Sistema Riproduttivo pressoché onnipotente e imperscrutabile… un labirinto, diciamo, dal quale i ratti non possano mai uscire.
«Secondo me, è possibile riuscire in un solo modo. Dobbiamo rendere il Sistema non solo crudele, ma arbitrariamente crudele, senza riguardo per il comportamento dei suoi sudditi. I campi di concentramento nazisti, come forse lei sa, erano un modello di questo tipo di trattamento. I guardiani percuotevano ferocemente e deliberatamente i prigionieri molto spesso… e spesso senza motivo. È così che io voglio che il Sistema Riproduttivo tratti i suoi schiavi, come un bambino tratta i suoi giocattoli: un po’ ci gioca, un po’ li fa a pezzi, a seconda dell’umore.
«Gli effetti psicologici saranno veramente gratificanti. Le capacità di ragionamento degli schiavi si offuscheranno, e il loro pensiero diverrà sempre più tardo. Saranno sempre meno capaci di fronteggiare l’ambiente, e sempre più disposti a sottomettersi. Si creeranno superstizioni nei confronti del Sistema: faranno deboli tentativi di placarlo o di sfuggire alle sue punizioni, ma sempre invano.»
Ancora stordita, Aurora annuì vagamente.
«Non ho tralasciato nulla di quanto sia in mio potere fare, dottoressa Candlewood, per realizzare quest’opera. Ma ho bisogno di uno psicologo del comportamento che abbia la sua levatura, per colmare le lacune. Lei deve addestrare il Sistema.»
«Addestrarlo? Ma a che scopo? La dominazione del mondo è uno scopo fittizio, dottor Smilax, anzi non è neppure un fine. Cosa intende farsene del suo mondo, quando ne sarà il padrone?» Aurora era piuttosto sbalordita della propria audacia, mentre parlava con calma e razionalità della fine del mondo insieme a quel pazzo.
Lui sorrise. «Il mio scopo? Il mio scopo è difficile da realizzare… ma vale qualunque sforzo. È semplicemente questo.» Smilax regolò lo schermo, inquadrando una carta geografica polare dell’emisfero settentrionale, poi si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro.
«Il mio scopo,» annunciò con voce sonante, «è infliggere la maggiore sofferenza possibile al maggior numero possibile di esseri, sempre e dovunque: Weltschmerz!
«Sembra pazzesco, no? Eppure è necessario forse ricordarle che, per molte filosofie, la stessa vita è sofferenza? I più grandi mistici di tutte le religioni del mondo hanno conosciuto la sofferenza… e la sofferenza li ha fatti grandi. Sarebbe noiosissimo elencare tutti gli uomini geniali che hanno sofferto. Tutti i grandi momenti della storia sono stati momenti di intensa sofferenza: la persecuzione dei primi cristiani; la peste nera; la conquista del Messico; l’Inquisizione; il Terrore; le guerre mondiali.
«Non soffrire è essere morto, no? Che altro è la sofferenza se non l’essenza e il sostegno della vita?» Con gli occhi ardenti, si sporse attraverso la tavola e alitò in faccia ad Aurora un odore acido di biscotti per cani. «Sì! La mia verga e il mio bastone li consoleranno, ahahah, ed essi ascolteranno,» Smilax inclinò la testa da una parte, «la voce del loro padrone!»
Dopo un istante di silenzio, si asciugò la saliva dalle labbra e si girò verso la carta geografica. «Per lei, naturalmente, ci sarà la soddisfazione di essere la prima scienziata del comportamento a lavorare su questo progetto,» disse con voce più razionale. «Ci pensi: il mondo intero in una di quelle sue scatole Skinner! Pensi alle possibilità di ricerca quando potrà usare soggetti umani… per qualunque scopo!»
Aurora si accorse che Smilax aspettava una risposta. Evidentemente, non c’era possibilità di rifiutare; poteva essere pericoloso anche mostrarsi tiepida. Ostentando un debole sorriso, mormorò che sarebbe stata felice di incominciare a lavorare.
«Magnifico! Ho già pronto il suo primo compito. Torniamo nella cabina di comando.» La ricondusse nella stanza dalla lunga vetrata gialla, dalla quale lei poté vedere la gabbia di Grawk. «Può fare esperimenti su quel nostro animale in gabbia. Le mostrerò quello che ho ideato, e senza dubbio lei sarà in grado di apportare dei miglioramenti.»
Grawk dormiva, nella gabbia. Dopo aver premuto un pulsante che spinse la macchina a svegliarlo con un pungolo elettrico per il bestiame, Smilax attivò l’intercom e gli chiese come stava.
«Cosa? Uah! Ho fame,» disse Grawk, arretrando davanti al pungolo. «Quand’è che mi fa uscire di qui? E quand’è l’ora del rancio?»
«Ora del rancio?» fece Smilax, pungolandolo ancora. «Non mi pare di conoscere questa espressione.»
«Voglio dire… uah!… quando si mangia?»
Sebbene il pungolo sembrasse causare a Grawk più fastidio che sofferenza, Aurora non sopportava quella scena. Si sentiva contrarre lo stomaco ogni volta che Smilax allungava la mano verso quel pulsante. Il dottore, naturalmente, si divertiva moltissimo.
«Per la verità sono molto stanca,» disse Aurora. «Non potremmo farlo un’altra volta? Ho guidato per tutta la notte.»
«Stanca?» Smilax inarcò un sopracciglio. «Ma il vero scienziato deve essere sempre disposto a stancarsi, per amore della ricerca. Noi vogliamo la verità, non le comodità, dottoressa Candlewood. Come può ideare sistemi immaginosi per far soffrire gli altri, se lei rifiuta qualche lieve disagio? E adesso…»
Smilax premette un altro pulsante e una «giraffa» televisiva partì dalla parete e si protese verso Grawk. Al posto del microfono, reggeva una banana. «Ora di pranzo,» cantilenò il dottore. E a voce più bassa aggiunse: «Una mia piccola invenzione, rozza ma efficace.»
La giraffa si fermò a poca distanza da Grawk. Ogni volta che lui cercava di afferrare la banana, quella gli sfuggiva. «Ehi? Che diavolo…?»
«Mi è stato difficile addestrarla a compiere questa manovra,» spiegò Smilax. «È insito nella natura di una macchina desiderare di completare l’azione incominciata. Le è stato difficile afferrare la gestalt della situazione… Ma dimenticavo, lei adopera altri termini.»
Stancandosi di quello spasso, il chirurgo lasciò che Grawk arraffasse la banana. Ma quando l’ex generale cominciò a sbucciarla, Smilax gridò: «Fermo! È mio dovere avvertirla, Grawk… la banana è avvelenata.»
«Cosa?»
«Morirà tra tormenti orribili se ne mangia un solo boccone.»
Grawk guardò la banana, poi il suo torturatore, poi di nuovo la banana. Poi posò il frutto sul pavimento della gabbia e lo guardò ancora. Poi si sedette e cominciò a piangere.
«Così va meglio,» disse Smilax con un sospiro. «Avevo cominciato a pensare che Grawk non fosse del tutto umano. Bene, lo lascio nelle sue mani, mia cara. Ho affari urgenti da sbrigare e sono sicuro che lei non avrà difficoltà a punirlo adeguatamente, eh eh. A proposito, dovrò avvertirla di non lasciare il NORAD e di non abusare dei computer che si trovano qui, e che fanno parte del Sistema Riproduttivo. Se rivolgerà domande ai calcolatori o darà loro comandi che contrastino con i miei ordini espliciti, verrà messa a morte. Ha capito?»
«Ma come può pretendere che io addestri il Sistema, se non ho la libertà di fargli domande…»
«Ah, mi ha frainteso. Le domande che contraddicono i miei ordini espliciti sono relativamente poche: ‘Come mai il dottor Smilax conserva il controllo di un sistema complesso, intelligente e apparentemente autonomo?’ Oppure: ‘Come posso riuscire a uccidere il Sistema?’ Sono sicuro che lei capisce benissimo a quali domande e a quali comandi alludo. Lo lascio al suo giudizio, ma l’avverto: il Sistema è intelligente. È in grado di batterla a scacchi, o a qualunque gioco che lei può insegnargli, per esempio. Non cerchi di imbrogliare il Sistema.
«Bene, au revoir, mia cara, e non si dimentichi… si dia da fare, si dia da fare.» Ridacchiando, con un sorriso un po’ storto stampato sul viso solitamente serio, Smilax se ne andò. Aurora sedette e si coprì la faccia con le mani.
Non c’erano dubbi sul futuro. Avrebbe dovuto fare proprio quello che lui le aveva ingiunto di non fare, e doveva cercare di cavarsela. E mentre ancora si diceva che tutto ciò non poteva accadere, che doveva trattarsi di un incubo, un’altra parte del suo cervello stava formulando un elenco di domande da rivolgere al computer.
Alzò gli occhi e notò che Grawk stava ancora fissando la banana. «Oh, per amor del cielo, la mangi!» gridò nel microfono. «Non è avvelenata.»
«Non lo è? E lei come lo sa?»
«Perché la mente di Smilax funziona così. Ucciderla non lo divertirebbe la centesima parte di quanto lo diverta farla soffrire. È un sadico della specie più meschina… un burlone all’ennesima potenza.»
«Ehi, mi faccia uscire di qui, per favore,» chiese Grawk, trangugiando la banana.
«Per il momento, mi sento più sicura con lei in gabbia.»
Si avvicinò alla tastiera nell’angolo della sala comando, e batté: «Mi chiamo Aurora Candlewood. Se tu capisci questo messaggio, ti prego di identificarti.»
La macchina rispose subito.
«UFO 0040 0060 000 a 42 GR 44M N 93 GR 40 M 0 ORA IDENTIFICATO COME NC 47946… LA SOMMA DEI CUBI DI TUTTI I NUMERI DA 1 A N PUÒ ESSERE IDENTIFICATA COME IL QUADRATO DELLA SOMMA DEI NUMERI DA 1 A N… LA PERSONA CHE HA BATTUTO MI CHIAMO AURORA CANDLEWOOD PUÒ ORA ESSERE IDENTIFICATA COME AURORA CANDLEWOOD FASCICOLO NUMERO 828286355119-A-C… PER TU INTENDE QUESTA TASTIERA OPPURE L’INTERO COMPLESSO COMPUTER DEL NORAD PUNTO DI DOMANDA… VUOLE NUMERI DELLE PARTI DI QUESTA TASTIERA O DELL’INTERO COMPLESSO COMPUTER DEL NORAD PUNTO DI DOMANDA… SE VUOLE NUMERI PARTI DELL’INTERO COMPLESSO COMPUTER DEL NORAD VUOLE ANCHE NUMERI PARTI DI PEZZI DI RICAMBIO IN MAGAZZINO PUNTO DI DOMANDA…» Si soffermò un momento poi, come per stare sul sicuro, aggiunse: «P-Q4»
«Mi faccia uscire di qui!» urlò Grawk. «Smetta di giocare con quella maledetta tastiera e mi liberi?»
Se il computer del NORAD non aveva un concetto della propria identità, pensò Aurora, questo poteva significare diverse cose: che non era ancora collegato con il Sistema Riproduttivo. Che il Sistema Riproduttivo non si considerava autonomo, bensì schiavo di Smilax. Oppure che il Sistema Riproduttivo si identificava in qualche modo con Smilax. Ma non era prudente continuare l’interrogatorio su quei binari.
«Che cos’è la verità?» batté sulla tastiera.
«I MIEI CRITERI PER GIUDICARE VERITÀ DEI DATI SONO ELENCATI NEL SEGUENTE ORDINE DISCENDENTE DEI VALORI DI VERITÀ:
1) EVIDENZA SENSORIALE, CONFERMATA DA RIPETUTE PROVE O DA PIÙ DI UN SENSO.
2) EVIDENZA SENSORIALE, SENZA CONFERME.
3) ORDINI DELL’UNICA AUTORITÀ INFALLIBILE, SMILAX.
4) ORDINI DI AURORA CANDLEWOOD.
5) DOCUMENTI CONSIDERATI DI AUTORITÀ RICONOSCIUTE.
6) TUTTI GLI ALTRI DATI.»
Aurora rimase un po’ stupita di fronte alla quarta categoria. Con qualche altra domanda, scoprì la differenza tra la sua autorità e quella di Smilax. Lui aveva il potere di contraddire tranquillamente i sensi del Sistema. Cioè, il Sistema vedeva che il nero era nero, ma accettava l’affermazione di Smilax che il nero era bianco, e teneva in mente la contraddizione come terza «verità».
Quella capacità di tollerare i paradossi annullava il primo piano d’attacco di Aurora. Lei aveva sperato di introdurre un paradosso gigante, tipo «C’è vita dopo la morte,» nella speranza di spingerlo a una specie di suicidio, ma questo era da escludere.
«Ho fame,» disse Grawk, interrompendo i pensieri di lei.
Distrattamente, Aurora allungò la mano e premette il pulsante che supponeva provvedesse a fornire le banane.
«Ehi! Lo spenga!» urlò Grawk.
Con suo grande orrore, lei si accorse di aver premuto l’interruttore sbagliato: la camera in cui era appesa la gabbia di Grawl si stava riempiendo di gas biancastro. Cercò di chiudere il gas, ma pareva che il processo fosse irreversibile: e poi, se il gas era velenoso, poteva darsi che già quello fosse sufficiente per ucciderlo.
«Trattenga il respiro!» gridò nel microfono. «Ora la libero.» Dopo qualche falsa partenza, trovò l’interruttore che abbassava la gabbia e apriva la porta. Trattenendo il respiro, Grawk raccattò la pistola ed entrò a precipizio nella cabina di controllo.
«Okay, pupa, grazie. Adesso cerchiamo quello Smilax, perché voglio fargli un bel buco nella pancia.»
«Temo che la pistola non le servirà a molto,» disse Aurora. «Noi viviamo, in pratica, dentro a un computer fedele a Smilax. Non avrà la possibilità di usare quell’arma contro di lui.»
«No? Vedremo. Venga.»
Guardarono nel gabinetto dentistico, nella sala delle conferenze e in una dozzina di altre stanze piene di apparecchiature curiose, bizzarre, talvolta terrificanti. Aurora intravvide apparecchiature ospedaliere, un’enorme macchina per la radiumterapia, macchine diatermiche, per i raggi X, elettrocardiografi ed elettroencefalografi. Tutti a portata di mano, pensò, per gli «esperimenti». Aurora rabbrividì.
Percorsero un tratto del corridoio senza trovare Smilax, e arrivarono davanti a una porta chiusa a chiave. «Si faccia indietro,» disse Grawk. Sparò un calcio, molto forte dalla parte della serratura. L’uscio cedette e si spalancò. Grawk si buttò in ginocchio, con la pistola spianata.
La stanza era un salone deserto, con un tavolo da ping-pong, un tavolino da caffè carico di riviste, un distributore di Coca-cola in un angolo, un divano contro la parete e ragnatele dappertutto.
«Ehi, va benone,» disse Grawk, trascinando Aurora nel salone. «Le dirò io cosa facciamo. Possiamo rintanarci qui per un po’.»
«Come sarebbe a dire?»
«Voglio dire, rilassiamoci un po’, pensiamoci sopra, eh eh, facciamo i nostri piani.» La sua voce era strana, stridente e innaturale, e quando si girò, nei suoi occhi era comparso uno scintillio che prima non c’era. Aurora si augurò di avere con sé B476, ma il ratto era con la macchina… chissà dove.
Grawk venne più vicino. All’improvviso la cinse con le braccia tozze, le affacciò il volto rosso sopra la spalla. Bloccandole le mani contro i fianchi, cominciò a spingerla verso il divano.
«Mi lasci andare.» Aurora riuscì appena a escludere il panico dalla propria voce.
«Su, andiamo pupa, sono solo un essere umano,» dichiarò il disumano mascherone rosso. «Sei maledettamente carina. E poi, quel gas… doveva esserci dentro qualcosa… non mi sentivo così in forma da anni… perché non ce la spassiamo un po’ finché possiamo, eh? Ti dirò un piccolo segreto sul conto di quel divano, tesoro… è un letto!»
«Quest’uomo la sta molestando, dottoressa Candlewood?» chiese la voce gracchiante da sergente. Sembrava provenire dal distributore della Coca-cola.
«No, non la sto molestando!»
«Mi lasci!» gridò lei. Ma Grawk la strinse più forte.
«La lasci, Grawk, altrimenti uscirò fuori io a darle il fatto suo.»
«Ahah, tu e chi, ancora? Come hai intenzione di fare per costringermi a lasciarla andare?»
Per tutta risposta, il distributore della Coca-cola si aprì e ne uscì un animale enorme. Era ritto sulle zampe posteriori: era alto intorno al metro e ottantatre, ed era molto peloso.
E sembrava proprio un ratto.
«No!» urlò Grawk. Mollò Aurora e arretrò di fronte all’essere che stava assolutamente immobile a fissarlo con gli occhietti vitrei. «No! Non ti avvicinare!»
Inciampò nel divano, e vi cadde sopra… dentro. Perché quasi istantaneamente il divano si aprì, lo impacchettò e tornò ad essere un innocente divano.
Mentre l’animale impagliato girava su se stesso per ritornare nel distributore di Coca-cola, Aurora vide una scritta dipinta sul dorso striato:
DAI, DAI MARMOTTE!
«Perché mi hai salvato?» chiese alla stanza. «Che cos’era quel fantoccio, e come facevi a sapere che Grawk ha paura dei ratti? Che ne è stato di lui?»
Le rispose una voce bizzarramente limpida e neutra. «Perché dovevo farlo. L’animale impagliato è stato portato qui dal magazzino per uno scherzo, in base ai dati conosciuti sul conto di Grawk. Ora egli resterà prigioniero e verrà punito; oppure resterà prigioniero e non verrà punito; oppure verrà punito e rilasciato; oppure verrà punito e morirà. Questa unità sta ora smontando di servizio. È pregata di rivolgere eventuali ulteriori domande alla cabina di controllo o alla sala delle conferenze. Grazie, dottoressa Candlewood.»
Lasciare il NORAD fu una cosa assurdamente semplice. Aurora chiese alla tastiera nella cabina di controllo se poteva andarsene.
«SÌ MA DEVE RITORNARE.»
«Perché?»
«PERCHÉ IL DOTT. SMILAX POSSA AVVERTIRLA DI NON ANDARSENE. IL DOTT. SMILAX HA DETTO ‘DOVRÒ AVVERTIRLA DI NON LASCIARE IL NORAD’. HA PARLATO CON LEI, DOTT. CANDLEWOOD. CIÒ CHE IL DOTT. SMILAX DICE E NON CONTRADDICE L’ESPERIENZA SENSORIALE È NECESSARIAMENTE VERO. PERCIÒ IL DOTT. SMILAX DOVRÀ AVVERTIRLA DI NON LASCIARE IL NORAD. PERCIÒ LEI DEVE TORNARE AFFINCHÉ’ LUI POSSA FARLO.»
Pochi minuti dopo, lei era di nuovo alla superficie, e si riparava dal sole del deserto nell’ombra di un carro armato abbandonato, senza cingoli, sul bordo dell’autostrada. Poco dopo, un treno arrivò camminando lungo il centro della strada.
Con un profondo respiro, Aurora uscì allo scoperto, sorrise, e alzò il pollice.