Capitolo Diciottesimo Cupidigia

«È questo il giorno in cui, a tutti i miei amici, annuncerò le felici parole: ‘Siate ricchi!’»

BEN JONSON


Il fumo si levava in spire untuose, all’orizzonte, da quello che un tempo era stato un cimitero d’automobili. Il Sistema Riproduttivo stava cercando di costruire un convertitore Bessemer, guidato solo dal ricordo del diagramma su un’enciclopedia. I nostri cinque viaggiatori, svegliandosi nell’ombra rugiadosa dello schermo sfasciato del cinema drive-in, non lo sapevano, e non sapevano che un’altra parte del Sistema stava inviando in giro delle unità… in cerca di acciaio.

Il Sistema, nell’area di Las Vegas, si trovava alle prese con parecchie carenze, e quella dell’acciaio era la più grave. In tutti i barattoli di latta, le travature, le automobili, gli elettrodomestici e i fermaglietti per fogli che si trovavano in città non c’era abbastanza acciaio per soddisfare il suo appetito che cresceva in progressione geometrica. Le strade erano sparse di tentativi abortiti, cellule ricoperte di stoffe inamidate, di vetro, persino di mattoni. Preso da un vago panico, il Sistema aveva inviato delle cellule sempre più lontano dalla città, a recuperare il filo spinato delle recinzioni, le macchine agricole… qualunque cosa. Le cellule più vicine cominciavano a portare bottini sempre più miseri in confronto all’investimento d’energia e di materiale, e le cellule che si spingevano più lontane impiegavano tanto tempo a procurare qualcosa, che il Sistema doveva aver temuto di stare per morire a Las Vegas.

Ignaro di tutto ciò, Jack divise quel che restava della sua pagnotta, e i cinque fecero colazione. Cal riconobbe sulle facce dei suoi compagni l’espressione dei sentimenti che erano suoi; tutti sedevano in silenzio, masticando, con un’aria stordita e indignata sui volti insonnoliti.

«Avrei una proposta,» disse. «Senza la macchina, è inutile che tentiamo di riattraversare la città. Sappiamo com’è: più ospitale per le macchine che per gli esseri umani. Propongo di avviarci nell’altra direzione. Già un pezzo di strada l’abbiamo fatto.»

«Ma vi è il deserto!» esclamò Brian. «Non abbiamo viveri, né macchine, né acqua, né…»

«Né liquori,» aggiunse Daisy.

«Né Bergamot. In breve, lei ci chiede d’addentrarci impreparati nel deserto, senza la benché minima speranza di reperir ciò che necessita al sostentamento della vita.»

Harry annuì, mentre si risvegliava il suo sorriso sarcastico. «Oh, ha un gran senso dell’umorismo, quel Cal,» disse. «Cal fa sempre un mucchio di scherzi.»

«Aspetta un momento.» Cal si alzò e indicò l’autostrada. «Ho notato che, mentre ce ne stavamo qui seduti, tre veicoli sono arrivati da quella direzione: due automobili e una mietitrebbia. Dovremmo poter trovare un passaggio. Non intendevo dire che bisognava andare a piedi.»

La faccia vizza del Professore si concentrò sull’idea, la rimuginò, poi si aprì in un sogghigno. «Eccellente nozione, ragazzo mio. Eccellente. Ancor una volta noi miriamo l’ingegnosità dell’umano cervello, così simile ad un’abile macchina…»

«Calma,» disse Harry, fissando un camion che passava davanti a loro. «Come possiamo convincerli a fermarsi apposta per noi? E chi se la sente di viaggiare su un camion che ha per conducente una cassetta per lustrascarpe o una radio a transistor?»

La fronte del Professore si rannuvolò.

«Sì, non sarà pericoloso viaggiare in quel modo?» chiese Daisy.

Brian fissò Cal, accigliandosi, e disse: «Lei, signore, è un briccone insolente!» In preda alla collera, il vecchietto rinsecchito si avvicinò a Cal e gli fece schioccare le dita in faccia.

«Non capisco perché dovrebbe essere così pericoloso,» disse tranquillo Cal. «Finché non cerchiamo di farli a pezzi o di interferire con le loro mansioni normali. Certo, dovremo essere prudenti.

«In quanto al modo di fermarli, ho un’idea. Avrete notato che i veicoli provenienti dalla città hanno rivelatori di mine legati ai paraurti anteriori. Questo significa che stanno cercando metalli. Sono convinto che se raduniamo in un mucchio tutto il metallo che possiamo trovare e lo mettiamo al centro della strada, qualche veicolo si fermerà per indagare.»

«Ahah!» esclamò Brian, recuperando il buonumore. «Riconosco che propiziar dobbiamo gli Dei con ninnoli preziosi. Poiché probabilmente non avrò giammai altro Bergamot, può aggiunger anche questo al sacrifizio.» E gettò a terra la tabacchiera vuota.

«Ehi, ma è argento puro!» disse Harry, affrettandosi a raccoglierla e a lustrarla sulla manica.

«Eppurtuttavia mi è inutile, priva del contenuto,» mormorò il Professore, sbirciando al di sopra degli occhiali dalla montatura quadrata. «Quella ed altro, donerei senza rimpianto per un pizzico di tabacco anche inferiore. Ah, bene, almeno or abbiamo un piano. L’umano cervello è in verità una macchina prodigiosa.»

«L’anima umana, vorrai dire,» fece Daisy. «L’ispirazione ha origine nell’anima.»

«Perché dici questo?» Dividendo le code della giacca, Brian volse le spalle al sole.

Cal, Harry e Jack rovistarono la zona raccogliendo oggetti metallici, e misero insieme un mucchio di rottami, compresi coprimozzo, lattine di birra, apribottiglie, monete, i tiranti di metallo che un tempo tenevano ritto lo schermo gigantesco, forcine per capelli, la maniglia d’una portiera d’automobile, lattine d’olio, un coltello rotto, carta stagnola, eccetera, che depositarono in mezzo alla strada. Brian e Daisy abbandonarono la discussione sulla teoria di Cartesio, secondo la quale anima e corpo sono congiunti nella ghiandola pineale, e andarono nel fosso insieme agli altri, ad attendere.

Cal era troppo preoccupato per partecipare alla vivace mezz’ora di dibattito che seguì. I suoi pensieri erano tutti rivolti all’immediato futuro, al cui riguardo formulava domande che non trovavano risposte.

Andare a Millford o non andare a Millford? Vero, erano diretti in ogni caso da quella parte. Vero, c’era forse una possibilità che il flusso dei macchinari si fosse arrestato alla fonte originaria. Era addirittura possibile che al laboratorio ci fosse bisogno del suo aiuto. Ma d’altra parte, se Grawk comandava ancora, laggiù, poteva farlo arrestare; era difficile dimenticare la minaccia lanciata dal generale al momento del commiato. Tuttavia, se là aveva preso il sopravvento il Sistema, come era accaduto a Las Vegas, Cal poteva esporre se stesso e i suoi compagni a un pericolo considerevole, e senza risultati.

Che cosa poteva fare a Millford, se anche ci fosse arrivato? I «cani» che si combattevano gli avevano dato una vaga idea per costringere il Sistema a fermarsi. Ricordava il fumetto classico di Giasone, in cui l’avventuriero scatenava uno contro l’altro i guerrieri nati dai denti del drago, fino a quando si annientavano tra di loro. Ma sembrava che per il momento non ci fosse ancora un modo per trasformare in termini pratici quell’idea romantica.

Continuare a guidare quella spedizione o no? Era un gran pasticcio, pensava Cal, e lui era il più inetto dei leader: non sapeva nulla delle tecniche di sopravvivenza, era incapace di ispirare fiducia (aveva notato che Harry non aveva fatto altro che guardarlo male per tutto il giorno; sembrava che il suo ex compagno di scuola lo detestasse senza una ragione al mondo); non aveva imponenza fisica, non era troppo forte, ed era indeciso. Sembrava incredibile che toccasse a lui dare gli ordini o pianificare la prossima mossa, in quel gruppo di individui dalla volontà fortissima. Vero, se non ci fosse stato lui, Brian e Daisy sarebbero stati felicissimi di starsene lì seduti a discutere Cartesio, fino a quando le loro anime abbandonassero le rispettive ghiandole pineali a causa della denutrizione. Cal sapeva di essere sempre meglio di una totale assenza di un capo, ma sapeva di essere peggiore di qualunque altro capo immaginabile. Quello era un compito duro, un lavoro per un uomo d’azione. Harry, secondo lui, sarebbe stato l’ideale.

Harry fissava Cal a occhi socchiusi, senza neppure cercare di nascondere il disprezzo che provava per quell’idiota. Non riusciva a comprendere come fosse sopravvissuto a una caduta dal quinto piano. Un individuo così meschino da sopravvivere al proprio omicidio non meritava di vivere! Cal sapeva del tentato omicidio? si chiedeva Harry, oppure quel fesso credeva ancora che loro due fossero sempre due buoni compagni di scuola? A Harry non piaceva il modo in cui quel tipo, con il suo camice da laboratorio lacero e sudicio, riusciva a darsi tanta importanza. Il classico tipo dello scienziato subdolo. Harry era felice di avere su di lui il vantaggio di venti chili di peso, di una pistola, di un coltello e dell’abilità di attaccare alla sprovvista. Sarebbe stato ancora più felice di… ma non adesso.

Non di fronte a testimoni. Divertiti, pensò, lanciando occhiatacce alla faccia sparuta e ispida di Cal. Verrà il mio giorno. Eppure, in fondo alla mente di Harry, nasceva l’orribile sospetto che quel giorno fosse già venuto e se ne fosse andato.

Dalla direzione della città comparve un puntolino lontano, crebbe fino a diventare un miraggio, fremendo nelle onde di calore, finalmente decise di collegarsi al suolo per mezzo delle ruote, acquistò una maggiore impressione di consistenza, diventò reale e si avvicinò. Era un camioncino, che rallentò per fiutare la loro offerta e poi si fermò a pascolare. Al segnale di Cal, tutti uscirono dal fossato che costeggiava la strada e si ammucchiarono a bordo… in mezzo a un carico meraviglioso.

Era il camioncino d’una latteria e, sebbene molti prodotti stessero inacidendo, c’erano yogurt fresco, panna per burro e ricotta in abbondanza. Dopo aver pranzato, i cinque ripresero la discussione sulla coincidenza, che avevano interrotto molto tempo prima.

La discussione incominciò quando il loquace Professore, beatamente sazio di panna e ricotta, dichiarò che giammai, nella sua vita, aveva fatto un miglior pasto, sia come dilettazione, sia come genuinità. Qual pasto poteva darsi, chiese, migliore che il latte? I bimbi, che d’esso esclusivamente si nutrono, non soffron la gotta, né i calcoli biliari, né le afflizioni epatiche, né l’apoplessia. La dieta, e la dieta soltanto, spiega la differenza tra un fanciullino sano e ridente e un vecchio inacidito. Qual provvidenza (esclamò) che il camioncino fosse carico di tal cibo perfetto!

Daisy, allora, affermò che lei non esitava ad attribuire tale fortuna a una Potenza Superiore. Infatti, sebbene sbandati e privi di risorse, ora erano ben nutriti, riparati, e viaggiavano nella miglior compagnia.

«Privi di risorsa!» gridò Brian. «Così direi! Dannata sia Las Vegas!» gridò appassionatamente. «Spero di non dover mai più vedere Las Vegas, né più udirne il nome!»

Si chiuse in un silenzio imbronciato, mentre passavano davanti a distributori di benzina e a pascoli in cui miriadi di dischi parabolici, come girasoli, si volgevano verso il sole. Erano entrati in una gola sparsa di boschetti quando all’improvviso il camioncino del latte cominciò a zoppicare su tre ruote.

«Lo sapevo,» disse Brian con rabbiosa ilarità. «Ecco qui la tua Potenza Superiore.» Non aveva neppure finito di pronunciare quelle parole quando il motore cominciò a balbettare; si spense prima che avessero percorso altri cento metri.

«Eccoci presi come pesci all’amo,» disse Brian. «Or vedi che ha fatto per noi il tuo Autore! Io lo sapevo…»

Daisy lo zittì, obiettando che ne aveva abbastanza della sua chiaroveggenza. I cinque scesero a sgranchirsi le gambe e a dare un’occhiata ai dintorni.

Il panorama non era sgradevole. Sul pendio, in alto, sorgeva una rozza baracca, dal cui comignolo uscivano sbuffi di fumo ad intervalli regolari. Sotto la strada gli alberi erano fitti, e si udiva il mormorio di un vicino ruscello. Cal decise di andare a riempire d’acqua qualche bottiglia vuota, e Daisy e il Professore l’accompagnarono, mentre Jack e Harry salivano a dare un’occhiata alla baracca. Il Professore continuava a snocciolare sottovoce una sfilza ininterrotta di invettive.

Dopo un po’, dalla baracca uscì un grido, e due figure si precipitarono fuori. Jack e Harry riuscivano a conservare ancora un’aria dignitosa, nei loro abiti estivi, ma si erano tolti i cappelli di paglia e li agitavano fanciullescamente, mentre scendevano a balzi il pendio. Quando si avvicinarono, Cal vide che avevano i volti arrossati e gli occhi lucidi.

«Il tesoro!» urlò Harry. «Abbiamo trovato il tesoro! Oro! C’è un grosso macchinario, là dentro, una caldaia a vapore o non so cosa, tutto fatto d’oro!»

«Una caldaia a vapore! Questo spiega gli sbuffi regolari che escono dal camino,» disse Cal. «Ma d’oro? L’oro è troppo tenero perché se ne possa ricavare una macchina. Deve essere ottone.»

«Guardate! Ho strappato via questo!» Jack mostrò il volano di una valvola: era a forma di ruota, e sembrava proprio d’oro.

«Aspetta un momento.» Cautamente, Cal strofinò il volano contro una pietra ruvida, fino a mettere allo scoperto l’acciaio. «Direi che serve per evitare la ruggine. È proprio oro.»

«Allora questo è il modo migliore di utilizzarlo,» dichiarò con fermezza Daisy.

«Anche se non è oro massiccio, là ce n’è abbastanza per arricchirci tutti!» disse Brian. «Per arricchirci, mia cara!» Prese le mani di Daisy, ma lei le ritrasse.

«L’oro è la fonte di tutti i mali,» disse con voce inespressiva.

«No, qui t’inganni, mia cara. Non è l’oro la fonte di ogni male, sibbene l’amore per l’oro. Cupiditas. In quanto a me, io odio l’oro quanto chiunque altro. Ma sii buona, mia cara, e per stavolta, prosperiamo.»

«Prosperiamo!» Daisy dilatò le narici. «Prosperiamo! Se sei tanto sciocco da arrampicarti lassù a pasticciare con quel macchinario pericoloso, ebbene, sia! Fai pure e prospera!» Le narici continuarono a dilatarsi. «Se hai tanta fame d’oro, aggiungi anche questo al tuo tesoro!»

E strappandosi l’anello di fidanzamento (per la verità dovette ritornare al camioncino e trovare un po’ di burro rancido da spalmarsi sul dito, ma alla fine ci riuscì), glielo scagliò.

«Se questa è la maniera in cui hai caro comportarti, o donna, io sono il tuo umilissimo servitore, siine certa!» gridò il Professore, mentre un violento rossore cominciava a salirgli per il collo venato. Ma non gli era ancora giunto alle ciglia, quando Brian rimase sconcertato nell’udire i singhiozzi di Daisy. I grandi occhi cerchiati di rosso, da troppo tempo traboccanti, riversarono torrenti di lacrime sulla sua faccia.

Alla vista di quella donna alta e statuaria che dimenticava la sua compostezza di dea fino al punto di piangere, anche Brian scoppiò in lacrime. Corse accanto a lei, e tornò a infilarle l’anello nel dito ancora imburrato.

«Non voglio quest’oro, mia cara,» singhiozzò, e per una volta tanto dimenticò di aggiungere qualche espressione rettorica e forbita. «Né questo, né altro!»

Harry fece udire un brontolio schifato. «Le donne! Finiscono sempre per far rammollire un uomo,» disse.

«Bene,» ridacchiò Jack, fregandosi le mani. «Così restiamo in tre, credo.»

«Non contatemi,» disse Cal. «Devo riflettere. In primo luogo, non siamo sicuri di potercela fare ad uscire di qui e, anche se ne usciamo, non sappiamo se arriveremo in qualche posto dove l’oro abbia valore. In secondo luogo, non so come potremmo prenderlo, se non fondendo l’intera caldaia o portarla con noi; il che mi sembra improbabile,» aggiunse, adocchiando il volano che pesava una dozzina di chili.

«In terzo luogo, può darsi che apprtenga a qualcun altro… un piccolo particolare, che tuttavia val la pena di prendere in considerazione, poiché a quanto ne so le leggi del Nevada e dello Utah sono ancora in vigore, e la gente ha l’abitudine di difendere con le armi le sue proprietà. Non posso credere che qualcuno se ne sia andato abbandonando questa roba. No, sono sicuro che è un pezzo del Sistema Riproduttivo, il che ci conduce al quarto luogo.

«Il Sistema Riproduttivo è ancora più attaccato degli uomini alle sua proprietà. Ha un modo molto carogna di difendersi dai vandalismi. Io cercherei di essere molto prudente, se dovessi avvicinarmi a quella roba.»

«Prudente? Per farti un favore, immagino?» fece Harry in tono beffardo.

«Posso continuare?» chiese Cal. «In quinto luogo, una volta ho visto un film che s’intitolava Il tesoro della Sierra Madre, dove si scopriva che il vero pericolo, quando c’è di mezzo l’oro, è…»

«Perché non la pianti con tutti questi ragionamenti da intellettuale?» urlò Harry, rauco per il furore. «O hai paura della polizia, o proprio non ti va che io abbia qualcosa di mio. È così? Solo perché l’ho scoperto io, quest’oro non ti va bene, eh? Prima mi hai portato via la ragazza, e poi ti sei sbarazzato di lei, e adesso vuoi portarmi via la mia caldaia. Be’, è mia! Adesso Jack ed io andremo lassù e la faremo a pezzi, e chi ci segue dovrà pentirsene!» Harry si batté la mano sulla pistola.

I due uomini salirono la collina; i loro cappelli di paglia identici erano inclinati nell’identico modo. Entrarono nella baracca. Cal, Brian e Daisy rimasero fermi dov’erano, senza capire la sfuriata di Harry. Passò qualche minuto.

Poi echeggiò uno sparo, seguito da altri due in rapida successione. Gli echi non si erano ancora spenti, quando Jack uscì barcollando dalla baracca: il petto del vestito chiaro si stava annerendo di sangue. Scese qualche passo, vacillando, poi si piegò in avanti e rotolò giù per il pendio. Quando arrivò in fondo, aveva ancora il cappello in testa, inclinato in un angolo elegante.

Cal lo girò e gli slacciò il colletto. Era tutto quello che gli veniva in mente, in fatto di pronto soccorso.

«È pazzo,» mormorò Jack. «Io volevo andarci con calma… la macchina andava ancora a tutta forza, né io né lui sappiamo come smantellare una caldaia a vapore… temevo che scoppiasse o qualcosa di simile. Volevo andarci piano, magari spegnerla, prima. Lui si è infuriato. Non so perché, forse ha pensato che avessi paura. ‘Andarci piano?’ ha detto. ‘Per fare un favore a te, immagino. Cribbio, questa è grande’. Lo ha ripetuto due o tre volte, mentre mi sparava:

«’Questa è proprio grande’.»

Jack tossì, ricadde, e perse il filo del racconto.

«È…?» chiese Daisy.

Uno scossone improvviso colpì il terreno come un gigantesco tamburo, scaraventandoli tutti lunghi distesi. La baracchetta svanì in un lampo bulboso che scaturì all’improvviso, sviluppandosi in un alto fiore di fumo nero. Alla base ribollirono nubi di vapore e di polvere. Un albero poco saldamente radicato si staccò dal pendio lassù, aggiungendo il suo tonfo all’acciottolio di ingranaggi e di macerie. Quando tutto finì, fu come se la baracchetta non fosse mai esistita.

Era inutile cercare Harry, ma ci provarono. Un po’ di paglia del cappello, un pezzo di scarpa, qualche brandello dell’abito, tuttora senza grinze, poiché era tessuto antipiega, fu quanto trovarono di lui. Seppellirono quei resti insieme a Jack, e piantarono due croci sulla tomba. Brian recitò una appropriata elegia di Thomas Gray. Cal ne avrebbe ricordato per sempre un brano:

Il color tirio di quelle armature

tra la più ricca porpora tradiva

il luccichio dell’oro.

Verso metà pomeriggio, servendosi come esca del volano d’oro (il solo oro che loro tre avessero mai visto), riuscirono a procurarsi un passaggio verso est. Era un camion di un emporio d’alimentari.

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