Capitolo Diciassettesimo Notizie da tutto il mondo

«Ad ogni giorno basta il suo giornale.»

JAMES JOYCE



(Dalla rivista Newstime):

STATI UNITI

Che cosa rode Las Vegas?


«Qualcosa non va.» È cominciato tutto quando «qualcosa non è andato» nel segretissimo Progetto 32 a Millford, Utah, l’operazione che ufficialmente doveva produrre un nuovo tipo di computer. Poi il Nevada ha contato le sue città e s’è accorto che gliene mancavano due. Quando si è uno stato piccolo come il Nevada (il 47°, con una popolazione stimata a 454.000 abitanti), si può risentire anche della perdita di una cittadina piccola come Altoona (1.158 abitanti). Ma è stata l’altra città, quella di cui si è sentita dolorosamente la mancanza: Las Vegas.

Definita «la capitale del divertimento di Hollywood», questa Mecca degli appassionati del gioco d’azzardo era considerata dai riformatori matura per diventare un paradiso perduto… ma non in una notte. Quindi, prima di poter fare una puntata…


SCIENZA

Il Grande Oscuramento


Evitabile e costoso. Centri lontanissimi tra loro come Keewatin, Minnesota, e Keen Camp, California, sono stati lasciati al buio dal più colossale guasto della rete di distribuzione dell’energia elettrica mai registrato dalla storia. Sono rimasti senza luce 18 stati, per un totale di 145.013 comunità, e almeno un milione e seicentomila chilometri di cavi sono rimasti senza corrente. Ma quali le cause?

Bella idea. La colpa è stata ufficialmente scaricata dalle aziende elettriche al Pentagono, che l’ha scaricata sulle Forze Aeree, che hanno scelto per capro espiatorio il generale Jupiter Grawk, anni 47, scapolo (vedere copertina). Responsabile delle operazioni contro il mostro urbivoro del Progetto 32, Grawk ha avuto la bella idea…


LA PRESIDENZA

Siamo indifesi?


Troppo tardi per le bombe. L’attuale stillicidio di dimissioni dal Governo non accenna a smettere. Questa settimana, si sono dimessi il segretario di Stato e quello della Difesa, quest’ultimo in seguito alle proteste…


NAZIONI UNITE

L’enigma del missile che scotta


Pirati dello spazio. Mentre il resto del mondo si preoccupa della possibilità di una guerra a seguito dell’incidente del NORAD (vedasi: Vita d’oggi), la Francia sta cercando un razzo lunare, perso, rubato o smarrito, chiamato Le Bateau Ivre (Il Battello Sbronzo).

Qualcuno, e la Francia giura che era un americano o un russo, ha fregato l’astronauta Marcel Brioche (pronuncia: BREE-OHsh) e se l’è filata con l’astronave nel più perfetto stile piratesco. Se il volo avrà successo, dichiara l’ambasciatore francese all’ONU, la Francia rivendicherà ufficialmente i suoi diritti sulla Luna, quale che sia la nazionalità del pilota.

Dopo la pioggia, champagne. A Parigi, Marcel Brioche ha parlato alle folle sotto una pioggia battente, poi ha sfilato per gli Champs Elysées, acclamato quale vittima dell’aggressione americana (o russa). Con la testa fasciata, l’eroe ferito ha poi tenuto un discorso ad una assemblea di fabbricanti d’armi tedeschi nel corso di una festa in cui lo champagne è corso a fiumi…

Barthemo Beele, che portava ancora la visiera e l’impermeabile fradicio, sedette alla minuscola scrivania nella sua stanza in un albergo parigino per decifrare un pneumatique arrivato dall’ambasciata. Aveva i brividi, ma non aveva tempo di mettersi abiti asciutti. Poteva essere la risposta alla sua richiesta telefonica di danaro. Il segretario aveva riso, un po’ istericamente: «Danaro? Non riusciremo a rimettere in ordine la nostra contabilità almeno per un mese, qui. Qualcuno ci ha spedito una bomba o non so che altro, che ci ha mangiato una cassaforte e ha dato fuoco all’ufficio postale. Voi agenti siete considerati così pieni di risorse, Beele. Sono sicuro che in qualche modo si arrangerà.»

Arrangiarsi? Quasi tutto ciò che vedeva, udiva, toccava, fiutava o pensava gli ricordava che si stava arrangiando malissimo. Nelle sue tasche tintinnava il danaro… i suoi ultimi sette franchi. La mattina ce n’erano quindici, ma cinque li aveva spesi per una scatola di spaghetti e tre per la rivista Newstime che aveva lasciato nel Metro senza averla letta. C’era lo spettacolo delle sue povere unghie rosicchiate e della sua faccia sparuta nello specchio dell’armadio marrone scuro, nella sua camera pure marrone scuro. Cosa si sentiva? Il callo al piede, il bitorzolo sul collo. Cosa odorava? Non c’erano odori. Dopo essere stato per tre ore sotto la pioggia ad ascoltare un discorso in una lingua che non capiva, Beele si stava ritrovando con il raffreddore. Infine c’era il brontolio bruciante della diarrea nelle sue budella e il sospetto che anche la sua mente non funzionasse più tanto bene. Non aveva visto tra la folla una donna precisa identica a Mary? Precisa in tutti i particolari, comprese le pastiglie per la tosse?

Il pneumatique diceva: «BRIOCHE CI CAUSA PROBLEMI DI PRESTIGIO. OCCUPATI DI LUI. QUALUNQUE CIFRA RAGIONEVOLE FINO A UN MILIONE DI NUOVI FRANCHI. IN ALTERNATIVA USA TRATTAMENTO SPECIALE. CAPO. P.S. TUA RICHIESTA CINQUANTA NUOVI FRANCHI PER SPESE RESPINTA.»

Beele dimenticò persino il disappunto per il P.S., quando si rese conto, con un guizzo di felicità, del pieno significato di quelle due parole magiche: trattamento speciale. Era un eufemismo usato per la prima volta per indicare la punizione dei lavoratori forzati nella direttiva di Himmler del 1942:


In caso di gravi infrazioni disciplinari, compreso il rifiuto di lavorare o la neghittosità sul lavoro, si richiede il trattamento speciale. Il trattamento speciale è l’impiccagione. Avrà luogo a distanza dal campo, ma un certo numero di prigionieri dovrà assistere al trattamento speciale.


Naturalmente, il significato si era ampliato fino a includere tutte le uccisioni. E quanti tipi c’erano! Gli sembrava quasi di vedere Suggs che li elencava, godendoseli quasi come una vecchia si gode l’elenco dei suoi malanni.

«Quando ammazzo qualcuno,» soleva dire Suggs, «mi piace fare in modo che soffra il più possibile. Non è che sono un sadico o qualcosa del genere, capisci? È solo che… so che ti sembrerò un po’ duro, ma mi dispiace permettere che un tale se ne vada da questo mondo pensando che io sono un molle. Capisci?»

Barthemo si rattristò un poco al pensiero di Suggs, che in quel momento era chissà dove, nello spazio. Come si sarebbe divertito con quel trattamento speciale! Buon vecchio Suggs! Mentre Beele si piegava sul messaggio, il suo triste naso sottile lasciò cadere una goccia d’acqua sulla carta, come se versasse una libazione alla memoria di Suggs prima di riempire la gola di Beele di un liquido caldo e salato.


«Tocca a te muovere,» disse Vetch, sbadigliando. «La regina è in pericolo.»

«Lo vedo, lo vedo!» scattò Suggs, scostando con una pacca il dito puntato dell’altro. Era la sola cosa che poteva fare per trattenersi dal tirar fuori la pistola e…

Ma adesso c’erano troppe ragioni per non uccidere quel compagno di viaggio. C’era stato un momento terribile, all’inizio, quando si erano tolti i caschi e si erano scoperti a vicenda, come uno scorpione e una scolopendra nello stesso nido. Entrambi avevano afferrato le pistole, ma, con quel perfetto tempismo che deriva dalla professione di spia, entrambi erano riusciti a trattenersi (a fatica) dallo sparare.

Nessuno dei due ci teneva a scoprire cosa poteva fare un proiettile all’involucro che conteneva la loro atmosfera, o agli strumenti di cui potevano solo intuire nome e funzione. E poi, a che serviva sparare a meno di due passi, dato che non ci sarebbero stati superstiti?

Avevano concluso una tregua imbarazzata, poi un autentico accordo per aiutarsi reciprocamente a cavarsela. Per due giorni, mentre continuavano a chiedere ordini via radio, non avevano dormito.

Poi venne una fase anche peggiore. Suggs aveva ricevuto gli ordini in codice: IMPERATIVO CHE TU NON SIA UNICO PASSEGGERO VIVO QUANDO ASTRONAVE RITORNA. A TUTTI I COSTI TIENI IN VITA ALTRO PASSEGGERO A RISCHIO DI TUA STESSA VITA. SITUAZIONE INTERNAZ. DELICATA, POTREBBE SCATENARE GUERRA SE RITORNI SOLO.

Suggs non dubitava che anche Vetch avesse ricevuto ordini identici. Quel che era successo era chiaro: la Francia aveva dichiarato guerra al colpevole, chiunque fosse stato, ma per ora non c’era ancora modo di provare chi c’era a bordo. Se tanto la Russia quanto gli Stati Uniti erano colpevoli del furto, la dichiarazione di guerra della Francia non avrebbe avuto senso. Ma se uno dei due era implicato da solo, l’altro avrebbe dovuto precipitarsi ad aiutare la Francia… e se un paese con supermissili come quello attaccava gli Stati Uniti, la faccenda sarebbe finita in fretta.

Il russo aveva già tentato una volta di suicidarsi, quando credeva che Suggs dormisse. I due uomini dovettero ricominciare a vegliare, ma adesso per ragioni diverse. Ognuno dei due restava sveglio per il timore che, se si fosse assopito, al risveglio si sarebbe potuto trovare solo a bordo. Due uomini, che i governi delle due nazioni più potenti della Terra avevano addestrato a uccidere; due uomini che amavano uccidere più di qualunque altra cosa al mondo, adesso subivano le pene dell’inferno per tenersi reciprocamente in vita.

Squillò un cicalino, annunciando la fine di un altro turno di otto ore. Qualunque altro paio di astronauti avrebbe fatto turni alternati, avrebbe vissuto in una specie d’equilibrio, senza paura e senza tensione. Ma quei due piegarono la scacchiera e spiegarono il tabellone del Monopoli. Non dormivano da cinque giorni, e si muovevano torpidi, a fatica.

In pochi minuti dimenticarono a chi toccava tirare i dadi, e in toni sommessi, lagnosi, apatici, cominciarono a discutere.

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