LA STORIA DELLA PRIMA MACCHINA OVVERO IL CONSIGLIERE PERFETTO

La terra dei Moltitudiani è famosa per i suoi abitanti, caratterizzati dal fatto di essere moltitudini. Un giorno il costruttore Trurl, passando per la regione dello zafferano della costellazione Deliria, si allontanò leggermente dalla giusta rotta e scorse un pianeta che pareva contorcersi e fremere. Quando si avvicinò, vide che era effetto delle moltitudini che ne coprivano la superficie; vi atterrò non appena ebbe trovato — non senza difficoltà — alcuni metri quadrati di terreno relativamente sgombero. Gli abitanti corsero immediatamente verso di lui e lo circondarono da tutti i lati, complimentandosi con se stessi per essere una moltitudine, anche se, dato che parlavano tutti insieme, Trurl non riuscì a distinguere una sola parola. Quando finalmente capì cosa dicevano, chiese: «Siete davvero moltitudini, voi?»

«Eccome!» gridarono loro, sprizzando orgoglio da tutti i pori. «Siamo innumerevoli!»

E altri aggiunsero: «Siamo numerosi come i pesci nel mare!»

«Come i grani di sabbia sulla riva del fiume!» «Come le stelle nel cielo! Come gli atomi!»

«Ammesso che lo siate» ribatté Trurl «che importanza ha? Passate tutta la giornata a contarvi, e questo vi dà piacere?»

«Sappi, o straniero ignorante» risposero «che quando battiamo a terra il piede, tremano le montagne, e quando ci gonfiamo i polmoni e soffiamo, si leva un uragano che sradica gli alberi, e quando ci sediamo tutti insieme, rimane giusto lo spazio per respirare!»

«Ma perché far tremare le montagne, far sradicare gli alberi dagli uragani, e privarsi dello spazio per respirare?» chiese Trurl. «Non è meglio che le montagne stiano ferme, non ci siano uragani e tutti possano respirare liberamente?»

I Moltitudiani presero come un’offesa quella mancanza di rispetto per i loro forti numeri e per la forza numerica, così batterono a terra i piedi, gonfiarono i polmoni e soffiarono, poi si sedettero, per fargli capire che erano davvero una moltitudine e che cosa significasse. Il terremoto fece crollare metà degli alberi e uccise settecentomila persone, gli uragani spazzarono via il resto, causando la morte di altre settecentomila, mentre quelle rimaste in vita avevano a malapena lo spazio per respirare.

«Santo Cielo!» esclamò Trurl, bloccato in mezzo ai nativi come un mattone in una parete di mattoni. «Che catastrofe!»

Questo li offese ancora di più.

«O barbaro e ignorante straniero!» dissero. «Che cosa sono poche centinaia di migliaia di persone per i Moltitudiani, le cui miriadi sono innumerevoli? Una perdita che non si nota non è affatto una perdita. Ora che hai visto quanto siamo forti quando battiamo il piede per terra, quando soffiamo e quando ci sediamo, pensa che cosa succederebbe se puntassimo più in alto!»

«Non dovete credere» rispose Trurl «che il vostro modo di pensare mi sia del tutto sconosciuto. In effetti, è noto che tutto ciò che si presenta in quantità sufficientemente grande attira su di sé l’ammirazione generale. Per esempio, un po’ di gas puzzolente che circoli con lentezza in fondo a un vecchio barile non meraviglia nessuno, ma se ne avete a sufficienza per fare una Nebulosa Galattica, tutti la guardano subito con grande stupore, anche se in realtà è sempre lo stesso gas puzzolente e comune… solo che ce n’è una quantità spaventosa».

«Non ci piace quello che dici!» gridarono. «Non ci piace essere paragonati a un gas puzzolente!»

Trurl si guardò attorno, per cercare la Polizia, ma la folla era troppo compatta, la Polizia non sarebbe riuscita a farsi strada fino a lui.

«Miei cari Moltitudiani» disse «permettetemi di lasciare il vostro pianeta, perché non condivido la vostra fede nella gloria dei grandi numeri, che contemplano soltanto quello che si può contare».

Ma i Moltitudiani, invece di accogliere la richiesta di Trurl, si scambiarono un’occhiata e un cenno d’intesa, poi schioccarono le dita, e questo originò un’onda d’urto di una forza così prodigiosa che Trurl venne scagliato in aria e volò, roteando su se stesso, per parecchi chilometri, prima di atterrare in piedi in un giardino del palazzo reale.

Laggiù, Mordileone, sovrano dei Moltitudiani, venne ad accogliere il costruttore; aveva visto il volo di Trurl e la sua discesa, e ora disse: «Mi si riferisce, o straniero, che non hai tributato il giusto omaggio alla numerosità della mia gente. Lo attribuisco a una tua generica infermità mentale. Eppure, anche se mostri di non capire le realtà più elevate, pare che tu sia dotato di una qualche capacità di quelle basse, e questa è una fortuna, perché ho bisogno di un Consigliere Perfetto, e tu me lo costruirai!»

«Cosa dovrebbe essere in grado di fare, esattamente, questo Consigliere, e che compenso riceverò per costruirlo?» chiese Trurl, togliendosi la polvere dal vestito.

«Deve rispondere a tutte le domande, risolvere tutti i problemi, dare i migliori consigli e, in sintesi, mettere a mia disposizione la saggezza più alta in assoluto. In cambio riceverai duecento o trecentomila dei miei sudditi, o anche di più, se ne vuoi… non staremo a litigare per poche migliaia».

Trurl pensò: «A quanto pare, una sovrabbondanza di esseri pensanti è pericolosa, perché li riduce alla condizione di granelli di sabbia. Questo Re rinuncerebbe a una legione dei suoi sudditi con la stessa indifferenza con cui io getterei via una vecchia ciabatta!»

A voce alta, però, disse: «Sire, la mia casa è piccola e non riuscirebbe a contenere un così grande numero di schiavi».

«Non temere, o straniero ignorante, io ho degli esperti che ti spiegheranno gli innumerevoli benefici che si possono trarre dal possesso di un’orda di schiavi. Per esempio, puoi rivestirli di abiti variopinti e disporli coreograficamente in una grande piazza, come un mosaico vivente, o far loro comporre delle scritte con cui esprimerai la tua opinione sui vari argomenti.

«Puoi farne un piccolo fascio e farli rotolare per una collina, oppure costruire un enorme martello — cinquemila per la testa, tremila per il manico — da usare per spaccare le rocce o per tagliare le foreste.

«Puoi intrecciarli in una corda e farne festoni decorativi da appendere: quelli in fondo, con le accidentali rotazioni dei loro corpi, i calci che sferrano in aria e i loro gridi nel vedere il vuoto sotto di loro, danno uno spettacolo che riscalda il cuore e rallegra l’occhio.

«Oppure puoi prendere diecimila giovani schiave: le fai stare in piedi su una gamba sola e ordini loro di fare la figura dello zero con indice e pollice della mano sinistra e di girare verso l’esterno la destra… un vero spettacolo, credi, da cui non ti separeresti mai, e lo dico per esperienza!»

«Sire!» rispose Trurl. «Delle foreste e delle rocce posso occuparmi con le mie macchine, e quanto alle scritte e ai mosaici, non ho l’abitudine di farli con individui che probabilmente aspirerebbero ad altro».

«Cento sacchetti d’oro!»

Mordileone non amava separarsi dal suo oro, ma gli venne un’idea, un piano ingegnosissimo, che però si guardò bene dal rivelare. Disse al costruttore: «Va bene!»

«Vostra Altezza Reale avrà il suo Consigliere Perfetto» promise Trurl, e si diresse alla torre del castello che Mordileone gli aveva assegnato come laboratorio. Non dovette passare molto tempo perché dalla torre giungesse il soffio dei mantici, il clangore dei martelli, il sibilo delle seghe. Il Re inviò spie a osservare; queste, al loro ritorno, gli riferirono con stupore che Trurl non aveva costruito un Consigliere, ma una serie di macchine per forgiare, saldare, tagliare e cablare macchine, e che poi si era seduto e, con un chiodo, aveva praticato tanti buchi in una lunga striscia di carta; programmato così il Consigliere in ogni suo aspetto, era uscito a fare una passeggiata, mentre le macchine lavoravano nella torre. Avevano lavorato per tutta la notte e la mattina seguente il lavoro era finito. Verso mezzogiorno, Trurl entrò nella sala delle udienze con un’enorme bambola con due gambe e una sola mano; la presentò al Re, annunciando che era il Consigliere Perfetto.

«Guarda guarda» mormorò Mordileone, e ordinò di spargere sul pavimento zafferano e cannella, perché il Consigliere puzzava ancora di ferro arroventato (la macchina, appena uscita dalla fornace, in certi punti era ancora rovente). «Tu puoi andare» disse ancora il Re, rivolto a Trurl. «Ritorna questa sera, e vedremo chi pagherà chi».

Trurl si congedò, dicendosi che le ultime parole di Mordileone non promettevano grande generosità e forse nascondevano qualche intenzione malvagia. Si rallegrò con se stesso per avere limitato l’universalità del Consigliere mediante una piccola — ma tutt’altro che indifferente — precauzione: aveva incluso nel programma un’istruzione perché, qualunque cosa facesse, non potesse mai permettere che il suo costruttore venisse ucciso.

Rimasto solo con il Consigliere, il Re chiese: «Che cosa sei e che cosa sai fare?»

«Sono il Perfetto Consigliere del Re» rispose la macchina, con voce bassa e piena di echi, come se parlasse dall’interno di un barile «e posso fornirgli i migliori consigli che esistano».

«Ottimo» commentò il Re. «E a chi devi fedeltà e perfetta obbedienza, a me o a colui che ti ha costruito?» «Devo fedeltà e obbedienza soltanto a Vostra Altezza Reale» rispose il Consigliere, con la sua voce rimbombante. «Ottimo, ottimo» fece il Re. «Ora, tanto per iniziare, io… ecco… non vorrei dare l’impressione, con la mia prima richiesta, di essere, per così dire, un po’ tirato… però, in una certa misura, capirai, anche solo per principio… non sei d’accordo anche tu?»

«Vostra Altezza Reale non si è degnata di dire ciò che desidera» rispose il Consigliere, appoggiandosi a una terza gamba che gli era uscita dal fianco al primo accenno di capogiro.

«Un Perfetto Consigliere dovrebbe leggere i pensieri nella mente del padrone!» disse Mordileone, acido. «Certamente, ma solo previa espressa richiesta, per non causargli imbarazzo» rispose il Consigliere; aperto un portellino sulla pancia, girò la manopola con la scritta «Telepatitrone». Poi annuì e disse: «Vostra Altezza Reale non vuole dare a Trurl neppure un soldo bucato? Capisco». «Ripeti una sola parola di tutto questo e finirai nella grande macina, le cui pietre riescono a stritolare trentamila dei miei sudditi in un colpo solo!» minacciò il Re. «Non lo dirò a nessuno!» gli assicurò il Consigliere. «Se Vostra Altezza Reale non vuole pagarmi, la cosa è facile. Quando Trurl si presenterà, ditegli solo che l’oro non c’è e che è pregato di andarsene».

«Tu sei un idiota, non un consigliere!» esclamò il Re. «Io non voglio pagare, ma facendo ricadere la colpa su Trurl! Come se non gli dovessi neppure un soldo, capisci?»

Il Consigliere accese di nuovo lo strumento che gli permetteva di leggere i pensieri del Re, barcollò per qualche istante, poi disse con voce priva di inflessione: «Vostra Altezza Reale desidera inoltre dare l’impressione di agire con giustizia e in accordo con la legge e la sua sacra parola di Re, e che Trurl faccia la figura di un vile imbroglione e truffatore… va bene. Con il permesso di Vostra Altezza, ora vi afferrerò per la gola e cercherò di strangolarvi, e se voi aveste la compiacenza di divincolarvi e gridare aiuto…»

«Sei impazzito, Consigliere?» esclamò Mordileone. «Perché dovresti strangolarmi e io chiedere aiuto?»

«Per poi accusare Trurl di aver voluto commettere, usando me come tramite, il crimine di regicidio» spiegò il Consigliere, allegramente. «Così, quando Vostra Altezza Reale lo farà scacciare a frustate e lo getterà nel fossato, tutti diranno che è stato un comportamento altamente misericordioso, perché per un simile crimine si viene di solito squartati, e solo dopo essere stati torturati pubblicamente. A me, invece, Vostra Altezza Reale concederà la grazia, dato che sono stato soltanto uno strumento involontario nelle mani di Trurl, e tutti loderanno la magnanimità e la compassione del Re, e le cose andranno esattamente come desidera Vostra Altezza Reale».

«Va bene, allora, soffocami… ma con rispetto, cane!» disse il Re.

Tutto andò esattamente come previsto dal Perfetto Consigliere. Certo, il Re avrebbe voluto far strappare le gambe a Trurl, prima di gettarlo nel fossato dall’alto delle mura del castello, ma, per qualche motivo, la cosa non andò in porto — senza dubbio una confusione negli ordini, pensò poi il sovrano, ma in realtà era stata opera della macchina, intervenuta con discrezione presso uno degli aiutanti del boia.

Poi il Re concesse la grazia al Consigliere e lo accolse nuovamente a corte; Trurl, intanto, ammaccato e dolorante, faceva lentamente ritorno a casa.

Non appena arrivato, andò a trovare l’amico Klapaucius e gli raccontò tutta la storia, concludendo così: «Quel Mordileone è un vero bandito, assai più di quanto non immaginassi. Non solo mi ha ingannato vergognosamente, ma si è perfino servito del mio Consigliere per portare a termine il suo piano delinquenziale! Ah, ma si sbaglia di grosso, se crede che Trurl accetti la sconfitta! Che la ruggine mi divori, se mai tralasciassi di vendicarmi di quel tiranno!»

«Che cosa intendi fare?» chiese Klapaucius.

«Lo trascinerò in tribunale. Gli farò causa per rivendicare la mia parcella, e sarà solo l’inizio! Dovrà pagarmi tutti i danni… compresi gli insulti e le offese!»

«Mi pare che il tuo problema legale sia piuttosto complesso» disse Klapaucius. «Ti suggerisco di assumere un buon avvocato, prima di fare qualsiasi passo».

«Assumere un avvocato? Ne fabbricherò uno!»

Così, Trurl tornò a casa, gettò sei cucchiaini da tè — con la gobba — di transistor in una grossa pentola, vi aggiunse una pari quantità di condensatori e di resistenze, li coprì di elettrolito, girò bene e chiuse il tutto con un coperchio, poi andò a dormire, e in tre giorni la miscela si era organizzata in modo da generare un avvocato di grido. Trurl non ebbe neppure bisogno di toglierlo dalla pentola, perché era un avvocato usa e getta, perciò posò il contenitore sul tavolo e chiese: «Che cosa sei?»

«Sono un avvocato consulente e uno specialista in giurisprudenza» disse la pentola, con voce un po’ gorgogliante, perché Trurl aveva messo troppo elettrolito. Il costruttore espose l’intera situazione, e la pentola disse: «Sostieni di avere limitato il programma del Consigliere mediante un’istruzione che gli impediva di ucciderti?»

«Sì, affinché lui e il Re non potessero eliminarmi. Questa è stata l’unica limitazione che gli ho imposto».

«In tal caso non hai rispettato i tuoi obblighi contrattuali: il Consigliere doveva essere perfetto, senza limiti. Se non poteva ucciderti, allora non era perfetto».

«Ma se mi avesse ucciso, non ci sarebbe stato nessuno a riscuotere quel pagamento!»

«Quella cui ti riferisci è una questione distinta e del tutto diversa, che riguarda la responsabilità penale di Mordileone, mentre la tua richiesta di pagamento ricade in un procedimento di tipo civile».

«Ascolta, non voglio sentirmi raccontare un mucchio di chiacchiere legali da una pentola» disse Trurl, con rabbia. «E poi, che razza di avvocato sei? Prendi le mie parti o quelle di Mordileone, il bandito?»

«Le tue, ma aveva il diritto di non pagarti».

«E aveva il diritto di farmi gettare dalle mura del suo castello nel fossato?»

«Come ho detto, si tratta di un problema completamente diverso, di natura penale e non civile» rispose la pentola. A Trurl saltò la mosca al naso.

«Ho preso un mucchio di vecchi fili, interruttori e resistenze, e ne ho fatto una creatura intelligente, ma invece di un onesto suggerimento, sento solo un mucchio di disquisizioni teoriche da legulei! T’insegno io a prendermi in giro. azzeccagarbugli elettronico da quattro soldi!»

Rovesciò sul tavolo il contenuto della pentola e lo fece a pezzi prima che l’avvocato potesse appellarsi contro la sua decisione.

A quel punto, Trurl si rimise al lavoro per costruire un Consulente Legale a due piani e a quattro rinforzi forensi, completo di codici e codicilli, civili e penali, e — tanto per stare sul sicuro — vi aggiunse anche la legislazione internazionale e quella sul commercio estero. Alla fine accese la macchina, le espose il suo caso e chiese: «Come posso fare per avere quello che mi spetta?»

«Non sarà facile» rispose la macchina. «Per analizzare il problema, mi occorrono altri cinquecento transistor in cima e duecento di lato».

Trurl li montò e la macchina disse: «Non basta! Aumenta la corrente e metti due bobine in più, per favore». Infine, ottenuto quello che desiderava, la macchina cominciò: «Il caso è molto interessante, in effetti. Ci sono due aspetti da prendere in considerazione: i presupposti della richiesta, per prima cosa — e a questo proposito possiamo fare molto — e poi l’effettiva discussione della causa. Ora, è assolutamente impensabile citare il Re in un qualsiasi tribunale per una causa civile, perché è contro le leggi internazionali e quelle interplanetarie. Sono pronto a esporti la mia opinione definitiva, ma prima mi devi giurare di non distruggermi dopo che l’avrai ascoltata».

Trurl diede la sua parola e disse: «Mi chiedo da dove ti sia venuta l’idea che io possa fare qualcosa di simile…»

«Oh, non so… semplicemente, mi pareva che ce ne fosse il rischio».

Trurl pensò che fosse dovuto all’impiego, nella costruzione della nuova macchina, di qualche elemento proveniente dall’avvocato in pentola; a quanto pareva, una traccia mnemonica dell’incidente doveva essere entrata nei nuovi circuiti, creando una sorta di complesso subconscio.

«Allora, la tua opinione definitiva?» chiese Trurl.

«Semplicemente questa: non esiste alcun tribunale adatto e di conseguenza non si può aprire il procedimento. La tua causa, in altre parole, non può essere né vinta né persa».

Trurl scattò in piedi e agitò minacciosamente il pugno contro la sua macchina giuridica, ma dovette mantenere la parola e non poté farle nulla. Si recò da Klapaucius e gli raccontò ogni cosa.

«Ho capito fin dal primo momento che si trattava di un caso disperato» commentò Klapaucius «ma tu non hai voluto ascoltarmi».

«Quel torto non rimarrà impunito» rispose Trurl, livido. «Se non posso ottenere soddisfazione in tribunale, troverò un’altra maniera per dire il fatto suo a quel Re degli imbroglioni!»

«Mi chiedo come tu possa fare» commentò Klapaucius. «Ricorda, hai dato a quel Re un Consigliere Perfetto, che può fare tutto, tranne ucciderti; il Consigliere può evitare ogni colpo, malattia o disgrazia diretti contro quel Re e contro il suo regno… e riuscirà a farlo, ne sono certo, perché ho la massima fiducia, mio caro Trurl, nella tua abilità di costruttore!»

«Vero» ammise Trurl. «A quanto pare, nel creare il Consigliere Perfetto, ho rinunciato a ogni possibilità di sconfiggere quel bandito regale. Eppure, ci dev’essere un punto debole nella sua corazza! Non mi fermerò finché non l’avrò trovato!»

«Cosa intendi dire?» domandò Klapaucius, ma Trurl si limitò ad alzare le spalle e tornò a casa. Là giunto, si sedette al tavolo e cominciò a meditare; sfogliò con impazienza qualche volume, tra le centinaia custoditi nella sua biblioteca, condusse qualche esperimento segreto nel suo laboratorio. Klapaucius andò a visitarlo di tanto in tanto, e si stupì nel vedere la tenacia con cui cercava di vincere se stesso, dato che il Consigliere era una parte di Trurl e possedeva una saggezza pari alla sua.

Un pomeriggio, Klapaucius arrivò alla solita ora ma non trovò Trurl a casa. Tutte le porte erano chiuse, le finestre avevano gli scuri. Il costruttore ne concluse che Trurl doveva avere dato inizio alle ostilità contro il signore dei Moltitudiani. E non si sbagliava.

Nel frattempo, Mordileone godeva del proprio potere come non mai; ogni volta che rimaneva a corto di idee, chiedeva al suo Consigliere, il quale ne aveva una scorta inesauribile. Il Re, senza più timore di golpe di palazzo, intrighi di corte o nemici di qualsiasi genere, continuò a regnare con pugno di ferro e, in verità, quante erano le viti che maturavano nelle vigne del Sud, altrettante e ancor di più erano le forche che decoravano le campagne del regno.

A quel punto il Consigliere aveva tre ceste piene di medaglie conferitegli per i buoni suggerimenti dati al suo Re. Una microspia inviata da Trurl nel paese dei Moltitudiani gli aveva riportato la notizia che, per i suoi più recenti successi — aveva organizzato per il Re una parata lungo la via principale, usando i cittadini come coriandoli — Mordileone aveva pubblicamente definito il Consigliere il suo «caro amico».

Trurl diede inizio alla sua campagna militare, accuratamente preparata, scrivendo al Consigliere una lettera, su carta da lettere velina per posta aerea, color avorio, decorata con un disegno a mano libera di un albero di casuarie. Il contenuto della lettera era molto semplice. Diceva:

Caro Consigliere,

spero che le cose ti vadano bene come vanno bene a me, e ancor meglio, se possibile. Il tuo padrone ha riposto in te tutta la sua fiducia, a quanto sento, e perciò non devi dimenticare le tremende responsabilità che questo comporta di fronte ai posteri e al berne comune; mi auguro, di conseguenza, che tu svolga i tuoi doveri con la massima diligenza e alacrità. E se mai dovessi trovare difficile eseguire qualche desiderio del tuo sovrano, usa il metodo speciale-extra che un tempo ti ho insegnato. Se vuoi rispondi, ma poi non prendertela se la mia risposta tarderà ad arrivare, perché sto lavorando a un Consigliere per il Re D. proprio in questi giorni e non ho molto tempo. Ti prego di porgere i miei rispetti al tuo gentile padrone. Con i più sentiti auguri e i migliori saluti, il tuo costruttore

Trurl».

Naturalmente, questa lettera destò i sospetti della Polizia segreta dei Moltitudiani e venne sottoposta ai più meticolosi esami, che non rivelarono sostanze nascoste nella carta, né, se è solo per questo, si poterono trovare segreti nel disegno dell’albero — cosa che fece quasi impazzire il Quartier Generale. La lettera venne fotografata, fotocopiata e semplicemente copiata a mano, poi l’originale venne di nuovo sigillato e inoltrato al destinatario.

Il Consigliere lesse con allarme il messaggio, intuendo che si trattava di una mossa avente lo scopo di minacciare, se non distruggere, la sua posizione, perciò si recò subito dal Re e gli parlò della lettera, descrivendo Trurl come una canaglia mirante a screditarlo agli occhi del padrone; poi provò a decifrare il messaggio, convinto che dietro quelle parole in apparenza innocenti si nascondesse qualcosa di cupo e terribile.

A questo punto, però, il saggio Consigliere si fermò e rifletté per qualche istante… poi informò il Re della sua intenzione di decodificare la lettera di Trurl, spiegando che, così facendo, voleva smascherare il tradimento del costruttore; poi, raccolto il necessario numero di treppiedi, filtri, imbuti, provette e reagenti chimici, cominciò ad analizzare la carta da lettera e la busta. La Polizia, naturalmente, seguì con attenzione ogni suo gesto, perché aveva fissato nelle pareti della sua stanza i soliti strumenti per spiare e origliare. Quando la chimica gettò la spugna, il Consigliere ricorse alla criptoanalisi, convertendo il testo della lettera in lunghe colonne di numeri, grazie all’aiuto di un calcolatore elettronico e delle tavole dei logaritmi… ignaro del fatto che parecchie squadre di specialisti della Polizia, guidati dal Gran Maresciallo dei Codici in persona, ripetevano tutte le sue operazioni.

Ma niente pareva in grado di scoprire il messaggio misterioso, e il Quartier Generale divenne sempre più inquieto, perché era chiaro che un codice capace di resistere a sforzi di decifrazione così accaniti doveva essere uno dei più ingegnosi mai inventati. Il Grande Maresciallo ne parlò a un dignitario di corte, che, curiosamente, provava una terribile invidia per la fiducia riposta da Mordileone nel suo Consigliere.

Il dignitario, desideroso di insinuare un seme di dubbio nel cuore del Re, disse a Mordileone che il suo amichetto meccanico passava una notte dopo l’altra sveglio, a studiare la lettera sospetta. Il Re rise e disse di saperlo benissimo, perché glielo aveva riferito il Consigliere stesso. Il dignitario invidioso se ne andò via con la coda tra le gambe e riferì subito l’accaduto al Grande Maresciallo.

«Oh!» esclamò il venerabile crittografo. «L’ha davvero detto al Re? Che sfacciato traditore! Inoltre, deve certamente trattarsi di un codice diabolico, se osa parlarne così apertamente!»

E ordinò ai suoi uomini di raddoppiare gli sforzi. Trascorsa però una settimana senza risultati, venne chiamato il massimo esperto in scritture segrete, il rinomato scopritore del linguaggio dei segni invisibili, professor Crausticus. Questo studioso, esaminato il documento incriminato, oltre alla documentazione del lavoro già svolto dai militari, annunciò che avrebbe applicato il sistema per prove ed errori, servendosi di computer con capacità di calcolo astronomiche.

E così fece; risultò che la lettera poteva essere interpretata in 318 modi diversi.

Le prime cinque varianti erano le seguenti:


«La dirigenza da Bakersville è arrivata in orario, ma al pappagallo [da ospedale] è saltata una valvola.

Rotola la zia dalla locomotiva sotto forma di cotolette.

Oggi il burro non si sposa, / Perché manca la gazosa.

Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato

Con un po’ di tortura, puoi estrarre da una fragola qualsiasi cosa.


Secondo il grande studioso, l’ultima variante era quella che portava al codice: con trecentomila calcoli, trovò che sommando tutte le lettere della missiva, sottraendo la distanza del pianeta dal sole e sommandovi il numero di ombrelli prodotto l’anno precedente, una volta estratta la radice cubica si arrivava a una parola: «crusafix». Nella guida telefonica c’era un solo cittadino che avesse un nome simile: un certo Crucifax, ma Crausticus sostenne che le poche lettere cambiate erano un ultimo tentativo per confondere gli analizzatori, e Crucifax venne arrestato.

Convinto a parlare grazie a qualche interrogatorio di sesto grado, l’accusato confessò di aver complottato con Trurl e che il piano prevedeva di fornirgli delle puntine da disegno avvelenate e un martello con cui uccidere il Re. Il Grande Maresciallo dei Codici si affrettò a portare a Re Mordileone queste innegabili prove di tradimento; tuttavia, il sovrano poneva una tale fiducia nel suo Consigliere da permettergli addirittura di giustificarsi.

Il Consigliere non negò che la missiva si potesse leggere in tanti modi, riordinandone le lettere; lui stesso, per esempio, aveva scoperto la possibilità di altre centomila varianti. Questo, però, non dimostrava niente, perché — spiegò il Consigliere — era possibile riordinare le lettere di qualsiasi testo e cavarne un senso compiuto: il procedimento si chiamava «anagramma» e se ne occupava la teoria delle combinazioni e delle permutazioni.

No, protestò il Consigliere, Trurl voleva liberarsi di lui facendo credere che esistesse un messaggio segreto in una lettera che in realtà non ne conteneva affatto, mentre quel povero Crucifax, Dio lo sapeva, era innocente e la sua confessione era un’invenzione degli esperti del Quartier Generale, che avevano sempre avuto una grande abilità nell’incoraggiare gli accusati a collaborare, per non parlare delle loro macchine da interrogatorio, la cui potenza arrivava a varie migliaia di kilofruste.

Il Re non apprezzò affatto le critiche mosse alla sua Polizia e chiese al Consigliere che cosa intendesse dire, ma questi attaccò a parlare di anagrammistica e di steganografia, codici e cifrari, simbolo e segno, probabilità e teoria dell’informazione, e presto arrivò a un tale livello di incomprensibilità che il Re perse la pazienza e lo fece gettare nella cella più profonda delle sue segrete.

Proprio allora arrivò una cartolina postale di Trurl con le seguenti parole:

«Caro Consigliere,

non scordarti delle viti rosse… potrebbero venirti utili.

Tuo Trurl».

Immediatamente il Consigliere venne messo sulla ruota di tortura, ma non volle ammettere niente e continuò con ostinazione a ripetere che era tutto un piano di Trurl; quando gli chiesero delle viti rosse, giurò di non averne nessuna e di non sapere che cosa fossero.

Naturalmente, per condurre un’indagine completa, era necessario aprire il Consigliere. Il Re diede il permesso, i fabbri si misero all’opera, le piastre si spaccarono sotto le loro martellate, e presto vennero portate al Re due viti sporche di olio, che, innegabilmente, erano dipinte di rosso. Così, anche se il Consigliere era stato completamente demolito nel corso del procedimento, il Re fu certo di avere fatto la cosa giusta.

Un settimana più tardi, Trurl si presentò al portone del palazzo e chiese udienza. Stupito da una simile faccia tosta, il Re, invece di far uccidere immediatamente il costruttore, ordinò di ammetterlo alla presenza reale.

«O Re!» disse Trurl, non appena entrò nella sala delle udienze e si trovò in mezzo a due file di cortigiani. «Vi ho costruito un Consigliere Perfetto e voi l’avete usato per defraudarmi del mio compenso, pensando — e non erroneamente — che l’intelligenza che gli avevo dato fosse uno scudo perfetto contro ogni attacco, e che perciò ogni mio tentativo di vendicarmi sarebbe stato vano. Ma nel darvi un Consigliere intelligente, io non ho certamente dato l’intelligenza a voi, ed è su questo che mi sono basato, perché occorre essere dotati di buon senso per riconoscere i consigli sensati. Non c’era nessun sistema ragionevole — per quanto astuto, sofisticato, complesso — che permettesse di distruggere il Consigliere. Lo si poteva fare soltanto con un metodo rozzo, primitivo, stupido oltre ogni dire.

«Non c’era nessun messaggio cifrato nella lettera; il vostro Consigliere è rimasto fedele fino all’ultimo; delle viti rosse che hanno portato alla sua eliminazione, non sapeva niente. Vedete, per caso erano cadute in una lattina di vernice mentre costruivo il Consigliere, per caso mi è ritornato in mente il particolare, e l’ho utilizzato.

«In questo modo la stupidità e il sospetto hanno neutralizzato la saggezza, e la fedeltà, e voi stesso siete stato la causa della vostra caduta. Ora mi darete le cento borse d’oro che mi dovete, e altre cento per il tempo che ho dovuto perdere per incassarle. Se non lo farete, voi e tutta la vostra corte morirete, perché non avete più, al vostro fianco, il Consigliere che poteva difendervi da me!»

Con un ruggito di rabbia, il Re ordinò alle guardie di fare a pezzi l’insolente, ma le loro alabarde passarono attraverso il corpo del costruttore come se fosse fatto d’aria, e le guardie indietreggiarono, inorridite. Trurl rise e disse: «Colpite quanto vi pare… questa è solo un’immagine ottenuta con proiezioni telecomandate. In realtà io sono in orbita attorno al vostro pianeta, su una nave, e se non avrò l’oro che mi spetta scaglierò i miei missili mortali contro il palazzo».

E, prima ancora che avesse finito di parlare, una terribile esplosione fece tremare l’intera costruzione; i cortigiani fuggirono di qua e di là, in preda al panico, e il Re, che si sentiva quasi mancare per l’ira e la vergogna, dovette pagare a Trurl il suo compenso, fino all’ultima moneta d’oro, e altrettanto come multa.

Klapaucius, quando Trurl stesso, al suo ritorno, gli ebbe raccontato l’accaduto, gli chiese perché avesse impiegato un sistema così primitivo e — nelle sue stesse parole — stupido, invece di mandare una lettera che contenesse davvero un messaggio in codice.

«La presenza di un messaggio era più facilmente spiegabile, da parte del Consigliere, che la sua assenza» rispose l’astuto costruttore. «E’ sempre più facile giustificarsi di avere commesso un errore che dimostrare la propria innocenza. In questo caso, la presenza di un messaggio cifrato avrebbe fatto rientrare nella routine la questione del contenuto della lettera; la sua assenza, invece, ha portato a ogni genere di complicazioni.

«Infatti, entrambi sappiamo che le lettere di qualsiasi testo possono essere ricombinate a piacimento, ossia anagrammate, in modo da dare un’infinità di testi diversi. Però, per chiarire la cosa, occorrerebbero dimostrazioni che, pur essendo del tutto corrette, tendono a rivelarsi un po’ complicate… dimostrazioni che, secondo me, il Re non era in grado di seguire, non essendo abbastanza intelligente. Una volta, si è detto che per spostare un pianeta basta trovare un buon punto d’appoggio; io, per scalzare una mente perfetta, ho dovuto cercare qualcosa su cui fare leva, ed è stata la stupidità».

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