La donna ascoltava in silenzio.

«Ebbene, quel bambino ero io. Il mio ovulo originario era stato venduto al mercato nero ed era finito in una fabbrica di embrioni colombiana. Si trattava di un’operazione della mafia: compravano o rubavano ovuli umani, li fertilizzavano e poi li offrivano a un prezzo da mercato nero per essere impiantati nel corpo della donna. Questo, però, comportava problemi di qualità e di salute per le acquirenti. Senza menzionare le cause legali e le polemiche etiche se qualcuno li scopriva. E così i mafiosi iniziarono a sviluppare il prodotto in uteri in affitto, per qualcosa di più conforme alla norma, un’adozione post-nascita… Ma il progetto non funzionò. La trovata degli uteri in affitto si rivelò un processo troppo lento, molte delle donne del posto coinvolte potevano denunciarli, o farli fallire, oppure rifiutarsi di consegnare il prodotto dopo il parto. Allora decisero di tentare di completare la crescita dell’embrione in vitro. Si procurarono un po’ di vasche di mantenimento, ma anche questo progetto non andò in porto, perché, a questo punto, avevano già perso la maggior parte del loro capitale di ovuli. Tuttavia, riuscirono a mettere le mani su una quantità di dati per la clonazione dei mammiferi sufficiente a indurli a tentare seriamente di produrre esseri umani in un utero artificiale. Perciò si può tranquillamente affermare che io non sia mai veramente nato.»

«Capisco.» La dottoressa si raddrizzò sul sedile, poggiò le mani sul volante e respirò profondamente. «Per favore, prosegua, la sua storia è incredibilmente interessante.»

«Bene, stavano cercando di vendere me e gli altri loro prodotti, ma le spese erano troppo elevate, il tasso di fallimento enorme e, cosa ancor peggiore, il mercato crollò quando si sparse la voce che era stato scoperto un rimedio medico più economico per lo sperma danneggiato. Una volta individuata la sindrome testicolare che provocava la sterilità, il mercato dei neonati finì a gambe all’aria. E così, avevo meno di un anno quando qualcuno li denunciò ai salutisti del mondo intero, i caschi blu si precipitarono a intervenire dall’Europa e posero fine alla loro attività. Ci confiscarono tutti. Io finii in Danimarca. Sono questi i miei primi ricordi, il piccolo orfanotrofio in Danimarca… Un orfanotrofio e una clinica della salute.»

Oscar era stato costretto a raccontare quella storia diverse volte, molte più di quante avrebbe voluto. Si era preparato una sorta di discorso preconfezionato, ma non era mai riuscito a liberarsi della paura che lo attanagliava ogni volta che affrontava l’argomento, da quello stato di tensione e ansietà che lo paralizzava. «La maggior parte dei prodotti non vissero allungo. Ci avevano danneggiati gravemente nel tentativo di farci sopravvivere nelle vasche. A Copenaghen mi sottoposero a un esame genetico completo e venne fuori che avevano eliminato buona parte degli introni dal DNA dello zigote. Vede, si erano in qualche modo convinti che se riuscivano a eliminare un po’ di DNA vecchio dal genoma umano, allora il prodotto si sarebbe rafforzato nella vasca, sviluppandosi meglio… I loro tecnici di laboratorio erano tizi che non erano riusciti a laurearsi in medicina o che erano stata licenziati dall’Organizzazione mondiale della sanità dopo la bancarotta. Inoltre, passavano un sacco di tempo a farsi di cocaina sintetica, che è sempre stata l’industria collaterale per eccellenza al mercato nero genetico dell’America del Sud…»

Si schiarì la gola e cercò di parlare più lentamente. «Comunque, per tornare alla mia storia personale, il tizio che guidava il commando danese che aveva effettuato il raid in Colombia finì a fare l’esperto di consulenza tecnica nel film di mio padre. Lui e mio padre divennero compagni di bevute sul set, per cui, quando mio padre se ne uscì con la storia dell’adozione, il tizio danese naturalmente pensò ‘Be’, ma perché non si prende uno dei bambini della mia operazione?’, e mosse qualche filo a Copenaghen. Ed è così che sono finito a Hollywood.»

«Mi sta dicendo la pura verità?»

«Sì.»

«Potrei riportarla al laboratorio e prelevare un campione di tessuto?»

«Vede, il tessuto è solo tessuto. All’inferno il tessuto! La verità è qualcosa di molto più grande. La verità è che la gente nutre dei pregiudizi nei confronti delle persone come me. E, in tutta franchezza, posso anche comprendere il loro punto di vista. Posso dirigere una campagna politica senza troppi problemi, è vero, ma non credo che neppure io voterei per me. Perché non sono sicuro di poter avere davvero fiducia in me. Sono veramente diverso. Molto probabilmente ampie porzioni del mio DNA non sono di origine umana.»

Allargò le braccia. «Lasci che le spieghi quanto sono diverso. Non dormo, tanto per cominciare. Ho una leggera febbre permanente. Sono cresciuto molto in fretta — e non solo perché ho trascorso la mia infanzia tra le stelle di L.A. Adesso ho ventotto armi, ma molti credono che ne abbia trentacinque o giù di li. Sono sterile — non avrò mai dei figli miei — e ho avuto tre attacchi di cancro al fegato. Fortunatamente, al giorno d’oggi questo tipo di cancro si combatte facilmente, ma sono ancora in cura con inibitori dell’angiogenesi, ossia farmaci che bloccano la crescita delle cellule cancerogene, e devo prendere delle pillole di mantenimento antitumorali tre volte al mese. Gli altri otto bambini scoperti in quel raid… Cinque di essi sono morti giovani, vittime di tumori agli organi vitali, e gli altri tre… be’, sono danesi. Tre donne danesi identiche con — mettiamola così — vite personali estremamente travagliate.»

«È sicuro di non essersi inventato tutto? È una storia talmente irresistibile. Lei ha davvero una temperatura corporea più elevata della norma? Ha mai fatto un esame con la tomografia a emissione di positroni?»

Oscar la guardò con aria pensierosa. «Sa, la sta prendendo molto bene. Voglio dire, la maggior parte della gente che ascolta questa storia resta scioccata almeno per un po’…»

«Non sono un medico e la genetica non è proprio il mio campo. Ma questa storia non mi ha scioccata. Sono un po’ stordita naturalmente, e mi farebbe molto piacere poter ottenere la conferma di alcuni dettagli della sua storia in laboratorio, ma…» Fece una pausa per scegliere le parole giuste. «Soprattutto, sono molto affascinata.»

«Davvero?»

«Si è trattato di un’abdicazione radicale dell’etica scientifica. È stata violata la Dichiarazione di Helsinki, oltre ad almeno otto codici deontologici nei confronti dei soggetti umani. Lei è certamente un uomo molto coraggioso e capace, visto che è riuscito a superare questa tragedia della sua infanzia e a conquistare il successo che ha avuto.»

Oscar rimase in silenzio. All’improvviso gli occhi cominciarono a dolergli. Aveva assistito a un’ampia gamma di reazioni dopo avere confessato il suo problema. Aveva assistito sempre a reazioni di donne; gli era capitato di rado di dovere rivelare la propria storia a persone che non fossero di sesso femminile. Una relazione di affari poteva essere iniziata e conclusa senza mettersi a nudo; una relazione sessuale, no. Aveva visto le reazioni più svariate: choc, orrore, divertimento, simpatia; persino un’alzata di spalle e uno scuotimento di testa. Quasi sempre, a lungo andare, la verità diventava insopportabile.

Ma non aveva mai assistito a una reazione come quella di Greta Penninger.


Oscar e la sua segretaria Lana Ramachandran stavano passeggiando nel giardino alle spalle delle mura bianche inclinate della Clinica di frammentazione genetica. Il giardino delimitava una delle sezioni del Collaboratorio adibite ad abitazione del personale, per cui in giro si vedevano numerosi bambini. Le grida continue e acute dei ragazzini rendevano il posto particolarmente adatto per una conversazione privata.

«Non mandarle più i fiori al dormitorio» ordinò Oscar. «Non ci va mai. Praticamente, non dorme mai.»

«E dove dovrei farglieli recapitare allora?»

«Al laboratorio. È più o meno dove vive. E cerchiamo di rendere questi bouquet più passionali: basta con le viole e le zinnie, passiamo alle tuberose.»

Lana rimase scioccata. «Di già le tuberose!»

«Be’, sai cosa voglio dire. Inoltre, cominceremo a nutrirla. Non mangia granché — questo si vede benissimo. E poi dovremo migliorare il modo in cui si veste. Ma dobbiamo procedere un passo alla volta.»

«Ma come facciamo a raggiungerla? La dottoressa Penninger lavora all’interno della Zona Calda» osservò Lana. «È un laboratorio a prova di rischio biologico. È dotato di porte stagne e le pareti sono spesse otto piedi.»

Oscar scrollò le spalle. «Immergi i fiori nel nitrogeno liquido. Mandali sigillati nella plastica. Trova tu un modo.»

La sua segretaria grugnì. «Oscar, che ti succede? Hai perso la testa? Non è possibile che tu faccia sul serio con quella donna. Io ormai ti conosco bene, lei non è assolutamente il tuo tipo. In effetti, ho fatto qualche domanda in giro; la dottoressa Penninger non è il tipo di nessuno. Così ti farai del male.»

«Okay, forse ho sviluppato un debole aberrante per quella donna.»

Lana assunse un’espressione sinceramente addolorata. Voleva il meglio per Oscar. Non aveva uno spiccato senso dell’umorismo, ma era estremamente efficiente. «Non dovresti comportarti così. Non è intelligente. È un membro del consiglio direttivo, è una persona che qui ricopre una carica ufficiale. E tu fai parte dello staff della commissione di controllo del Senato. Tra di voi esiste un conflitto di interessi chiaro come il sole.»

«Non mi importa.»

Lana era sull’orlo della disperazione. «Fai sempre così. Ma perché? Non posso credere che tu abbia avuto il coraggio di vivere con quella giornalista. Stava seguendo la campagna! Qualcuno avrebbe potuto sollevare problemi morali. E prima di lei ci fu quella storia con quella pazzoide che faceva l’architetto… e prima ancora, quella squallida tizia che lavorava nell’amministrazione della città di Boston… Non puoi continuare a comportarti così, rischiando sempre il tutto per tutto. Si tratta di una sorta di impulso irresistibile.»

«Senti, Lana, sapevi che la mia vita sentimentale era un problema fin dal primo giorno che mi hai incontrato. Credimi, ho anch’io i miei principi morali. Ho stabilito di non avere relazioni con nessun membro della krew. D’accordo? Sarebbe sbagliato, si tratterebbe di molestie sul luogo di lavoro, oppure di un incesto. Ma ora sono qui, e il passato è passato. Greta Penninger ha fatto la sua carriera qui, dunque è una persona che conosce a fondo questa struttura. Inoltre, è molto annoiata, e io so che posso arrivare a lei. Perciò abbiamo dei punti in comune. Penso che potremmo aiutarci l’un l’altro a risolvere i nostri problemi.»

«Mi arrendo! Non capirò mai gli uomini. Tu non sai neppure cosa vuoi veramente, giusto? Non sapresti che fartene della felicità nemmeno se ce l’avessi sotto il naso a implorarti di notarla.»

Adesso Lana si era spinta troppo oltre. Oscar la fissò accigliato. «Ascoltami, Lana, quando troverai una qualche forma di felicità che sia in grado di soddisfarmi — di soddisfare me in particolare — allora scrivimi un appunto. Va bene? Nel frattempo, puoi continuare a occuparti dei fiori?»

«Va bene, ci proverò» rispose lei. «Farò del mio meglio.» Lana adesso era arrabbiata con lui, perciò si avviò verso i giardini con andatura impettita. Oscar non poteva farci nulla. Sarebbe tornata alla carica, come sempre. Occuparsi di lui l’aiutava a distogliere la mente dai suoi problemi. Oscar continuò a passeggiare, fischiettando un po’, esaminando la cupa volta del cielo, un cumulo di nuvoloni grigi che incombevano, impotenti, sopra la bolla federale di aria calda e fragrante. Si tolse il cappello, prendendolo per l’orlo netto, perfetto. La vita cominciava finalmente ad andare per il verso giusto. Girò intorno a un cespuglio di azalee in fiore per evitare un’antilope che sonnecchiava.

Di recente aveva eletto quei giardini a suo ufficio privato. Aveva smesso di usare il pullman di Bambakias da quando aveva avuto l’impressione che attirasse troppi tentativi di spiarlo. D’altra parte, dovevano riportare il pullman a Boston al più presto. Era giunto il momento, ormai era inutile continuare a dipendere da quell’equipaggiamento in prestito. Dovevano sbarazzarsi del vecchio pullman e trasferirsi nell’albergo nuovo di zecca. Oscar doveva semplicemente continuare a tenere insieme la krew, evitando che i membri più importanti se ne andassero. Doveva continuare a fare muovere il gregge. Bisognava andare avanti.

Fontenot emerse dalla macchia in fiore e lo scoprì. Con lieve sorpresa di Oscar, Fontenot era perfettamente in orario. Evidentemente la faccenda del blocco stradale in Louisiana stava per risolversi.

L’uomo addetto alla sicurezza indossava un cappello di paglia, una camicia, un paio di jeans e degli stivali di gomma neri. Negli ultimi tempi Fontenot aveva preso un sacco di sole. Sembrava molto più soddisfatto di sé di quanto Oscar l’avesse mai visto.

Si strinsero la mano, controllarono per abitudine che non ci fossero pedinatori e agenti segreti, poi si tranquillizzarono.

«Ti stai guadagnando un bel po’ di credito con questa storia del fallimento della base aerea» esordì Fontenot. «Comunque, ci sono della novità. Se la pressione continua a salire, qualcosa dovrà cedere.»

«Oh, attribuirmi il merito di questa faccenda è un’idea di Sosik. Per il senatore è un passo indietro. Se la situazione sfugge di mano, allora l’esperto capo dello staff potrà sempre usare come capro espiatorio il giovane consulente della campagna, un po’ troppo sconsiderato.»

Fontenot lo fissò con aria scettica. «Be’, non mi è parso di vederlo torcerti il braccio quando hai rilasciato quelle due lunghe interviste… Non so come tu sia riuscito a trovare il tempo per documentarti tanto a fondo sui blackout di energia elettrica e sulla politica della Louisiana.»

«I blackout sono un argomento molto interessante. I media di Boston sono importanti. Io sono molto sentimentale al riguardo.» Oscar si allacciò le mani dietro la schiena. «Lo ammetto, non è stata certo una mossa piena di tatto definire pubblicamente la Louisiana ‘la sorella stramba degli Stati Uniti’. Ma è una verità lapalissiana.»

Fontenot non si curò neppure di controbattere. «Oscar, ultimamente sono stato molto impegnato a cercare dì costruire la mia nuova casa nel modo migliore. Ma occuparsi della sicurezza non è un lavoro che si può fare part-time. Tu continui a pagarmi lo stipendio, ma io ti sto trascurando.»

«Se questo ti crea problemi, perché non fai qualche lavoretto per noi lì, dove stiamo costruendo l’albergo? Da queste parti ha creato molta sensazione. La gente di Buna ci adora.»

«No, ascolta. Poiché presto ci separeremo definitivamente — e questa volta dico sul serio — ho pensato che sarebbe stato meglio eseguire qualche controllo di sicurezza su vasta scala per te. E ho ottenuto dei risultati utili. Tu hai un problema di sicurezza.»

«Sì?»

«Hai offeso il governatore della Louisiana.»

Oscar scosse rapidamente la testa. «Guarda, lo sciopero della fame non riguarda il governatore Huguelet. Lui non è mai stato un problema. Il vero problema sono piuttosto la base aerea che non ha più fondi e le commissioni federali di emergenza. Non abbiamo nominato quasi mai Green Huey in pubblico.»

«Il senatore non l’ha fatto. Ma tu sicuramente l’hai fatto. E più di una volta.»

Oscar alzò le spalle. «Okay, è ovvio che potremmo fare tranquillamente a meno del governatore: è solo un demagogo della peggior specie. Ma non stiamo facendo pressione su di lui. Finché va avanti lo scandalo, se mai, noi siamo alleati di Huey da un punto di vista tattico.»

«Non fare l’ingenuo. Green Huey non la pensa come voi. Non è un politico incline al compromesso, che stringe accordi tattici con l’opposizione. Lui è sempre al centro di un universo tutto suo. Perciò, o sei con lui o sei contro di lui.

«Perché Huey dovrebbe farsi inutilmente dei nemici? Non sarebbe una politica intelligente.»

«Huey si fa dei nemici. Ne gode. Fa parte del suo gioco. È sempre stato così. È un politico scaltro, ma può diventare un uomo davvero pericoloso. Ha imparato a esserlo quando lavorava in Texas per il senatore Dougal.»

Oscar aggrottò le sopracciglia. «Senti, Dougal ormai è uscito di scena. È finito, è acqua passata. Se non fosse in una clinica a disintossicarsi, probabilmente sarebbe in prigione.»

Fontenot si guardò intorno con aria riflessiva e sospettosa. «Non dovresti attaccare Dougal in questo modo mentre sei in un posto costruito da lui. Questo laboratorio è sempre stato il suo progetto preferito. E come Huey, lui lavorava qui. Tu ti stai incamminando sulle orme di Huey. Quando era il capo dello staff del senatore, da queste parti ha torto molte braccia, e ne ha anche spezzata qualcuna.»

«E va bene, hanno costruito questo posto, ma l’hanno costruito già corrotto.»

«Anche altri politici sono corrotti, ma non costruiscono un dannato niente. Il Texas orientale e la Louisiana meridionale alla fine hanno capito come funzionavano le cose e si sono tagliati una bella fetta della torta. Ma in questa parte del paese c’è sempre stata molta corruzione, sempre. Non saprebbero che farsene di un governo onesto. A lungo andare, il vecchio Dougal è caduto male, ma questo è il Texas e i texani amano spremere ben bene i loro vecchi bravi ragazzi prima di seppellirli. Ma Huey ha imparato la lezione da Dougal e non commetterà i suoi stessi errori. Adesso Huey è il governatore della Louisiana, è il capoccia, il boss, lo stregone. Ha a disposizione due senatori federali scelti di persona solo per farsi lucidare le scarpe. Tu stai sparlando di Huey a Boston, ma lui ti sta aspettando al varco a Baton Rouge. E tu gli stai mettendo i bastoni tra le ruote.»

«Va bene. Ho capito quello che intendi. Va’ avanti.»

«Oscar, ti ho visto fare una serie di cose molto intelligenti con le reti; tu sei giovane, sei cresciuto usandole. Ma tu non hai visto tutto quello che ho visto io, perciò lascia che ti spieghi cosa sta succedendo.»

Girarono intorno a una rigogliosa buganvillea. Fontenot raccolse le idee. «Okay. Immaginiamo che tu sia un tipo dalle cattive intenzioni che usa la rete. Magari appartieni a una di quelle milizie per le guerre di rete e hai un motore di ricerca che tiene il conto di tutte le volte che viene menzionato in pubblico il tuo idolo, il governatore Etienne-Gaspard Huguelet. Ogni tanto compare sulla scena pubblica un tizio che infanga la reputazione del tuo uomo. E così il nome del sacrilego viene annotato, inserito nel sistema e gli viene attribuito un punteggio cumulativo. Oltrepassato un certo limite, il tuo programma attiva risposte automatiche.» Fontenot si aggiustò il cappello di paglia. «La risposta consiste nell’inviare messaggi automatici, esortando la gente a far fuori il tizio.»

Oscar rise. «Questa è nuova, è una vera follia.»

«Be’, sì. La follia è il pilastro di tutta la faccenda. Vedi, ci sono sempre stati un mucchio di estremisti, paranoici e falliti asociali, tutti molto attivi sulle reti… Molto tempo fa, quando lavoravo ancora nel servizio segreto, scoprimmo che le reti costituivano uno strumento perfetto per raccogliere informazioni. I pazzi inclini alla violenza tendono a lasciare un indizio, una traccia o un segnale, prima di colpire. Abbiamo compilato un mucchio di profili psicologici nel corso degli anni, e sono venute fuori alcune caratteristiche comuni. Perciò, se sai di quali prove devi andare in cerca, puoi subodorare la presenza di qualcuno di loro basandoti semplicemente sulle attività che svolgono in rete.»

«Certo. Profili degli utenti. Analisi demografica. Schedario stocastico. Sono sistemi di analisi molto comuni.»

«Abbiamo elaborato questi programmi per il riconoscimento dei profili molto tempo fa e si sono rivelati di grande utilità. Ma poi il Dipartimento di stato ha commesso l’errore di ‘prestare’, mettiamola così, il software ad alcuni alleati poco affidabili…» Fontenot si interruppe di botto quando uno jaguarundi maculato emerse da un cespuglio, si stiracchiò, sbadigliò e li oltrepassò lentamente. «I problemi sorsero quando i nostri programmi per il riconoscimento dei profili caddero nelle mani sbagliate… Vedi, esiste la possibilità di un’applicazione differente per quel software di protezione. Qualcuno che abbia delle cattive intenzioni può compilare delle lunghe mailing list di lunatici pericolosi. Trovare gli svitati mediante l’analisi della rete, questa è la parte più facile. Convincerli a entrare in azione, questo è un po’ più complicato. Ma se ne hai individuati dieci o dodicimila, hai un sacco di pesci a disposizione, qualcuno dovrà pur abboccare. Se riesci a far entrare nelle loro teste che un certo tizio va fatto fuori, allora quel tizio molto probabilmente passerà un brutto quarto d’ora.»

«Quindi stai dicendo che il governatore Huguelet ha inserito il mio nome nell’elenco dei suoi nemici?»

«No, non Huey. Non lui personalmente. Non è così stupido. Voglio dire che qualcuno, da qualche parte, ha elaborato anni fa un software che automaticamente inserisce i nemici di Green Huey in un elenco di bersagli.»

Oscar si tolse il cappello e si aggiustò i capelli. «Sono alquanto sorpreso di non aver sentito parlare prima di questa pratica.»

«Noi agenti dei servizi segreti preferiamo non diffondere troppo la voce. Facciamo il possibile per intervenire — abbiamo spazzato via un intero nido di questa robaccia durante Panama Tre, ma non possiamo monitorare ogni server di rete estero esistente al mondo. Il massimo che possiamo fare è monitorare i nostri informatori. Li teniamo sempre sotto controllo, per verificare se ricevono messaggi di posta elettronica che li esortino a uccidere qualcuno. Perciò dai un’occhiata a questa stampa.»

Trovarono una graziosa panchina di legno. Su di essa era seduta una bambina con indosso un grembiulino, che carezzava pazientemente un ermellino esotico, ma non sembrò essere infastidita dalla compagnia degli adulti. Oscar lesse in silenzio il testo, due volte, con estrema attenzione.

Non era assolutamente così sinistro e sofisticato come l’aveva immaginato Oscar. In effetti, era rozzo, banale. Trovò estremamente imbarazzante scoprire il suo nome inserito in un delirio canto volgare e sgrammaticato. Annuì e restituì il foglio a Fontenot. Sorrisero entrambi, fecero un cenno di saluto con i cappelli alla ragazzina e ripresero a camminare.

«È patetico!» commentò Oscar, quando furono fuori dalla portata di orecchie altrui. «Si tratta soltanto di spazzatura inviata da un programma di posta elettronica automatico. Ne ho visti di molto sofisticati, riescono perfino a generare qualche mediocre annuncio pubblicitario. Ma questo è solo una catena di Sant’Antonio. Non sa nemmeno usare la punteggiatura.»

«Be’, il tipico paranoico con tendenze violente che ti sceglie come suo bersaglio potrebbe non notare gli errori di ortografia.»

Oscar ci pensò su. «Quanti di questi messaggi pensi possano essere stati inviati?»

«Forse un paio di migliaia? I file degli individui da sottoporre a misure di sorveglianza da parte dei servizi segreti contengono oltre trecentomila nomi. Naturalmente un programma intelligente non contatterebbe tutti i possibili lunatici.»

«Naturalmente.» Oscar annuì pensieroso. «E che ne pensi di Bambakias? È in pericolo anche lui?»

«Ho informato il senatore di questa faccenda. Provvederanno a rafforzare le misure di sicurezza a Cambridge e a Washington. Ma credo che tu sia in una situazione molto più pericolosa della sua. Sei più vicino, fai molto più chiasso e sei più facilmente raggiungibile.»

«Hmmm. Capisco. Grazie per avermi informato della situazione, Jules. Le tue affermazioni sono perfettamente ragionevoli, come sempre. Tu cosa consiglieresti?»

«Ti consiglierei di agire con maggiore cautela. Sai, le solite precauzioni. Cambia le tue abitudini quotidiane. Va’ dove nessuno si aspetterebbe che tu vada. Trovati un luogo sicuro dove rifugiarti in caso di emergenza. Sta’ in guardia dagli sconosciuti, da chiunque dia l’impressione di starti seguendo o voglia farti innervosire. Evita le folle quando ti è possibile. E poi, hai bisogno di una guardia del corpo.»

«Ma io non ho tempo per tutto questo. Qui ho molto lavoro da fare.»

Fontenot sospirò «È esattamente quello che la gente dice sempre… Oscar, sono stato un agente segreto per ventidue anni. È una vera e propria carriera, si tratta di un lavoro molto difficile. Non si sente parlare molto del servizio segreto degli Stati Uniti, ma si tratta di un’organizzazione molto attiva. Hanno fatto fallire la vecchia CIA, hanno distrutto l’FBI anni fa, ma l’USSS è in giro da quasi duecento anni ormai. Non tramontiamo mai. Perché le minacce non finiscono mai. Gli uomini che hanno una vita pubblica ricevono minacce di morte. Le ricevono continuamente. Ne ho viste centinaia. Sono cose di normale amministrazione per le persone famose. Non ho mai assistito, però, a un vero attentato alla vita di qualcuno. Ho passato l’intera carriera in attesa di sventarne uno e non è mai successo nulla. Finché, un bel giorno, ecco quella bomba nell’auto. È stato allora che ho perso la gamba.»

«Capisco.»

«Devi fare i conti con tutto questo. È la realtà, tu devi abituarti, ma, nello stesso tempo, non devi permettere che tutto questo ti fermi.»

Oscar rimase in silenzio.

«Il cielo assume un colore diverso quando sai che potresti saltare in aria. Le cose hanno un sapore diverso. Questo può farti pensare, spingerti a domandarti se vale davvero la pena di vivere una vita pubblica. Ma sai, nonostante problemi del genere, questa non è una società malvagia o violenta.» Fontenot scrollò le spalle. «È davvero così. Non lo è… non più. In passato, quando ero un giovane agente, l’America era davvero dominata dalla violenza. Alti tassi di criminalità, bande di drogati folli, armi automatiche molto economiche e facili da procurarsi. Gente miserabile, rabbiosa, meschina. Gente piena di rancori, con il cuore colmo d’odio. Ma questa non è un’epoca di violenza. Direi, invece, che sono tempi molto strani. Le persone non lottano con tutte le loro forze per raggiungere qualche obiettivo particolare, ora che sanno che le loro vite possono essere stravolte in maniera radicale nel giro di una settimana. La vita della gente non ha più senso, ma la maggior parte delle persone che vivono in America, soprattutto i poveri, sono molto più felici che in passato. Può darsi che siano profondamente disorientate, come il tuo senatore ama ripetere, ma non sono tutte annichilite e disperate. Stanno semplicemente… vagando. Si lasciano trasportare dalla corrente. Sono come sospese a mezz’aria.»

«Forse.»

«Se mantieni un basso profilo per un po’, potrai tirarti fuori da questa faccenda. Potrai spostarti a Boston o a Washington e occuparti di altri problemi, senza più rompere le scatole a Huey. Le liste di bersagli automatiche sono come il filo spinato, pericolose ma molto stupide. Non capiscono nemmeno quello che leggono. Una volta che entri a far parte delle notizie del giorno prima, i computer si dimenticano di te.»

«Non intendo diventare una notizia del giorno prima per un bel pezzo, Jules.»

«Allora faresti meglio a imparare come vivono le persone famose.»


Oscar era assolutamente deciso a non lasciarsi abbattere dai segnali d’allarme che riguardavano la sua sicurezza personale lanciatigli da Fontenot. Tornò a lavorare all’albergo, la cui costruzione procedeva con la rapidità da fiaba tipica degli edifici di Bambakias. L’intera krew stava lavorando sodo; erano stati tutti contagiati dall’ideologia di Bambakias, non facevano che dirsi a gran voce che non avrebbero rinunciato per nulla al mondo al divertimento di costruire quell’albergo.

E, cosa alquanto strana, il lavoro divenne davvero una sorta di divertimento; nel condividere le sofferenze degli altri vi è sempre una forte componente di Schadenfreude. Il sistema monitorava i movimenti delle mani di ciascuno di loro, eliminando qualsiasi possibilità di ricorrere a qualche facile stratagemma per ingannare gli amici se qualcuno batteva la fiacca. La costruzione distribuita era divertente quanto gli sport di squadra. I balconi prendevano forma, sorgevano passaggi ad arco e pilastri, il caos si cristallizzava in strutture coerenti. Era come scalare il fianco di una montagna servendosi di cavi e ramponi, solo per godersi, improvviso e gratuito, uno splendido panorama.

Alcune attività della krew attiravano immancabilmente una folla di spettatori ammirati; il tendere dei cavi di sostegno, per esempio, che trasformavano un mucchio di mattoni in un parapetto solido e compatto, capace di rimanere in piedi per i successivi trecento anni. Le krew di Bambakias traevano un intenso piacere da questi effetti teatrali. Durante le fasi più noiose, la krew si esibiva al massimo delle capacità, cercando di renderle più interessanti. Ma, nei momenti cruciali, quando il sistema lavorava in modo quasi magico, lavoravano in maniera tranquilla, quasi indifferente, ostentando la fredda calma dei musicisti jazz del ventesimo secolo.

Oscar era un consulente politico. Faceva parte del suo lavoro apprezzare la folla. Provava nei confronti di una folla ricettiva le stesse sensazioni che immaginava provassero i contadini nei confronti di un campo di meloni maturi. Però ebbe molti problemi nel provare il solito apprezzamento, sapendo che uno di quei meloni avrebbe potuto tentare di ucciderlo.

Naturalmente aveva una certa dimestichezza con le misure di sicurezza; durante la campagna, tutti sapevano che avrebbero potuto verificarsi degli incidenti, che il candidato avrebbe potuto essere ferito. Il candidato si mescolava alla Gente e qualcuno, tra la Gente, era inevitabilmente malvagio o malato. In effetti, durante la campagna elettorale del Massachusetts non erano certo mancati i brutti momenti: pericolosi disturbatori, pazzi che protestavano, ubriachi, borseggiatori, svenimenti, risse e spintoni. Tutte quelle spiacevoli faccende rendevano delle buone misure di sicurezza durante una campagna elettorale l’equivalente delle cinture di sicurezza o degli estintori. Novantanove volte su cento, la sicurezza costituiva soltanto un fastidio e una spesa inutili. Nel centesimo caso, però, eri profondamente felice di essere stato tanto ragionevole.

I ricchi mantenevano sempre un proprio servizio di sicurezza privata. Ormai le guardie del corpo erano elementi essenziali per le classi superiori, proprio come i maggiordomi, i cuochi, le segretarie, gli amministratori di sistema e i consulenti di immagine. Una krew personale ben organizzata, compresa la sicurezza, rappresentava un’esigenza imprescindibile per i benestanti moderni; senza una krew, nessuno ti avrebbe preso seriamente in considerazione. Tutto questo era perfettamente ragionevole.

Eppure nessuna di queste considerazioni aveva molto a che fare con la cruda realtà di un pezzo di carne perforato da una pallottola.

Non era l’idea di morire che infastidiva Oscar. Riusciva a immaginare la propria morte. No, piuttosto aborriva l’inquietante sensazione di una distruzione assolutamente priva di significato. La sua scacchiera buttata per aria da un emarginato psicotico, uno che violava le regole e che non aveva la più pallida idea della posta in gioco.

Oscar riusciva ad accettare con tranquillità la prospettiva di essere sconfitto al gioco. Per esempio, riusciva facilmente a immaginare se stesso spazzato via da uno scandalo politico di grandi proporzioni. Fatto fuori. Rovinato. Scaraventato nel deserto. Espulso dai ranghi. Caduto in disgrazia. Evitato, dimenticato. Una non-persona. Un relitto politico. Oscar riusciva a immaginare molto bene quell’eventualità. In fondo, era proprio questo che dava sapore al gioco. Dopo tutto, se la vittoria fosse stata certa, non sarebbe stata una vera vittoria.

Ma, in ogni caso, non voleva che qualcuno gli sparasse. Perciò Oscar rinunciò a continuare a lavorare al progetto per la costruzione dell’albergo. Fu un grosso sacrificio, poiché gli piaceva molto partecipare alla costruzione e gioiva delle numerose e gloriose opportunità che essa offriva per infrangere i pregiudizi degli arretrati abitanti di quella zona del Texas orientale. Ma cominciava a immaginare le folle vivaci e curiose che assistevano ai lavori come a un’orda di nemici, e questo lo esasperò. Dove si doveva puntare il mirino? Quelle costanti e morbose riflessioni sull’omicidio furono sufficienti a convincere Oscar che lui stesso sarebbe stato un assassino perfetto: era intelligente, paziente, disciplinato, risoluto e non dormiva mai. Questa dolorosa scoperta danneggiò alquanto l’immagine che aveva di se stesso.

Informò la sua krew degli sviluppi. Con sua grande gioia, parvero molto più preoccupati per la sua salvezza di quanto non lo fosse lui stesso.

Si ritirò nel Collaboratorio, dove sapeva che sarebbe stato molto più al sicuro. Nell’eventualità di un crimine violento, il servizio di sicurezza del Collaboratorio avrebbe fatto scattare gli allarmi che segnalavano un vettore animale in fuga e qualsiasi apertura nella cupola si sarebbe chiusa come la camera blindata di una banca.

Oscar era molto più al sicuro sotto la cupola di vetro, ma questo rischiava di farlo sentire imprigionato, sotto pressione, mentre la sua vita veniva rinchiusa entro stretti confini da mani invisibili. Comunque, aveva ancora a disposizione un campo d’azione piuttosto ampio per contrattaccare. Oscar si immerse furiosamente nel suo portatile. Lui, Pelicanos, Bob Argow e Audrey Avizienis avevano tutti collaborato per seguire la catena di prove.

Il senatore Dougal e la sua mafia texana/cajun di bravi vecchi ragazzi divorafondi in un primo momento erano stati molto ligi al dovere. Le somme da loro intascate, relativamente modeste, svanivano subito, oltrepassando i confini dello stato texano e finendo nel vasto mercato del riciclaggio di denaro costituito dai casinò della Louisiana. I fondi tornavano indietro un po’ per volta, sotto forma di generosi contributi per le campagne elettorali e di inspiegabili seconde case intestate a mogli e nipoti.

Ma con il passare degli anni la situazione finanziaria del paese era diventata incerta e caotica. Con l’iperinflazione che infuriava e le maggiori industrie che svanivano una come l’altra, come tanti palloncini bucati, era diventato difficile salvare le apparenze. Nascondere le loro tracce era diventato noioso, faticoso. Ormai il Collaboratorio godeva di una protezione incrollabile da parte del senatore Dougal, le cause, da molto tempo onorate, del progresso scientifico e della protezione delle specie in pericolo suscitavano nella maggior parte degli americani un caldo e generoso sentimento di approvazione e un’assoluta mancanza di spirito polemico. Il lavoro del Collaboratorio procedeva a fatica, mentre il marciume dilagava nell’ombra, sotto forma di manovre di partito, appalti truccati, una galassia minore di bustarelle e di transazioni di denaro occulte. Fiorivano le raccomandazioni, posti poco impegnativi ma molto remunerativi, come la gestione del parcheggio, dell’impianto idraulico e della lavanderia, venivano affidati ad alleati politici dell’ultima ora. L’appropriazione indebita è un po’ come l’alcolismo. Smettere è estremamente difficile e, se nessuno ti aiuta a uscirne, allora iniziano a comparire le prime venuzze.

Oscar sentiva di stare facendo eccellenti progressi. Le sue possibilità di azione si moltiplicavano costantemente.

Fu allora che il primo pazzo omicida attaccò.

In questo caso, Oscar venne avvicinato dalla sicurezza del Collaboratorio, sicurezza che assunse le sembianze di un ufficiale donna di mezza età appartenente a una piccola agenzia di polizia federale nota come ‘Autorità per la sicurezza del Collaboratorio nazionale di Buna’. La donna informò Oscar che un uomo appena arrivato da Muskogee, Oklahoma, aveva iniziato a battere i pugni, senza alcun risultato, contro la porta stagna meridionale, brandendo una scatola di cartone rivestita di carta argentata; continuava a insistere che si trattava di una ‘super granata’.

Oscar andò a trovare il sospetto nella sua cella. Il suo potenziale assassino aveva un’aria stravolta e un aspetto miserabile e dava prova del terribile smarrimento cosmico tipico dei veri malati mentali. All’improvviso, Oscar provò una fitta acuta e inaspettata di profonda pietà. Intuì senza ombra di dubbio che quell’uomo non aveva intenzioni malvagie. Il povero infelice era stato semplicemente costretto a effettuare il suo goffo tentativo di assassinio mediante un’incessante e perversa manipolazione mentale attuata attraverso ingannevoli messaggi diffusi via rete. Oscar rimase talmente scioccato davanti a quello spettacolo che si lasciò scappare di bocca il desiderio istintivo che l’uomo venisse liberato.

Molto saggiamente, i poliziotti del luogo decisero di non esaudirlo. Avevano chiamato l’ufficio del servizio segreto ad Austin. Alcuni agenti speciali sarebbero arrivati al più presto per interrogare a fondo il signor Spencer e per portarlo con discrezione in un altro posto.

Il giorno successivo, si presentò un altro maniaco omicida. Costui, un certo signor Bell, si dimostrò più astuto del precedente. Aveva tentato di nascondersi in un camion che trasportava trasformatori elettrici. L’autista, però, aveva notato il pazzo lanciarsi giù dal camion da sotto un telone e aveva avvertito la sicurezza del Collaboratorio. Era seguita una caccia furiosa e il clandestino era stato finalmente scoperto mentre scavava disperatamente tra un ammasso di rara erba di palude e stringeva ancora arditamente tra le mani una pistola di fabbricazione artigianale.

L’avvento del terzo uomo, il signor Anderson, fu di gran lunga il peggiore. Quando fu catturato mentre se ne stava acquattato in un bidone dei rifiuti, Anderson cominciò a blaterare a voce alta di dischi volanti e del destino della Confederazione, mentre si sfregiava le braccia con un rasoio. La vista del sangue fu uno spettacolo sconvolgente e mise Oscar in una posizione difficile.

A questo punto era chiaro che aveva bisogno di un rifugio sicuro. E l’area più sicura all’interno del Collaboratorio era, naturalmente, la Zona Calda.

L’interno della Zona Calda era meno impressionante del suo torreggiante involucro bianco come porcellana. Era un ambiente molto bizzarro, poiché ogni elemento all’interno della struttura era stato progettato per resistere a una decontaminazione eseguita con vapore surriscaldato ad alta pressione. L’arredamento consisteva in materie plastiche non porose, banchi da lavoro in ceramica bianca resistenti agli acidi, sedie di metallo tubolari e pavimenti antiscivolo. La Zona Calda era allo stesso tempo estremamente inconsueta e molto banale. Dopo tutto, non era un paese delle fate o un veicolo spaziale, ma semplicemente una struttura in cui la gente conduceva determinate attività altamente specializzate in ambienti isolati e sterili. Ormai erano quindici anni che i ricercatori vi lavoravano.

All’interno dello spogliatoio dotato di una porta stagna, fu chiesto a Oscar di togliersi i suoi abiti borghesi. Indossò un camice da laboratorio di carta monouso, un paio di guanti, un buffo cappello, una mascherina e delle calzature sterili che arrivavano alla caviglia e andavano indossate senza calze. Greta Penninger, offrendosi prontamente come sua accompagnatrice non ufficiale, inviò un assistente di laboratorio a prendersi cura di lui.

La dottoressa Penninger disponeva di una serie di laboratori all’interno di una sezione vivacemente illuminata, nota come STUDI NEUROCOMPUTAZIONALI. Una porta di plastica identificava la donna come GRETA v. PENNINGER CAPO RICERCATORE; dietro la porta si trovava una sala chirurgica, anche questa provvista di una forte illuminazione. Metri e metri di tavoli operatori. Tappetini di gomma. Rastrelliere per asciugare i vari strumenti. Pellicola ininfiammabile. Detergenti. Bilance, cappucci per proteggere da fumo e vapori, bicchieri graduati. Pipette a mano. Centrifughe. Cromatografi. E una vasta schiera ordinata di congegni le cui funzioni, per Oscar, erano assolutamente sconosciute.

Oscar venne ricevuto dal maggiordomo della krew di Greta, il dottor Albert Gazzaniga. Costui era un classico esemplare di quello che Oscar riconosceva ormai come lo ‘stile del Collaboratorio’ perfettamente riconoscibile eppure stranamente vago, simile a quello di un giocatore di pallamuro di Lotusland. Gazzaniga trascorreva la sua vita lavorativa in camici da laboratorio sterili e, una volta all’esterno, si rilassava indossando scarpe di gomma consumate e pantaloncini kaki. Aveva un viso cordiale e onesto, somigliava a un boy-scout. Era uno dei pochi nel Collaboratorio che dichiarava di essere un democratico federale. La maggior parte delle persone del Collaboratorio politicamente attive di solito erano smorti e tediosi rappresentanti del Blocco tradizionale di sinistra, democratici socialisti oppure comunisti. Era difficile incontrare qualcuno dotato di una grinta e un’energia sufficienti ad assumere una posizione radicalmente riformista.

«Ebbene, che ne è della dottoressa Penninger?»

«Oh, non si deve offendere, ma al momento sta eseguendo un’operazione. Sarà qui non appena avrà finito. Mi creda, quando Greta vuole concentrarsi, è sempre meglio lasciarla stare.»

«È giusto, lo capisco.»

«Non è che Greta non prenda sul serio quello che le è successo, sa. Anzi, è molto sensibile alla sua situazione. Anche noi abbiamo avuto dei problemi con gli estremisti. Gente della protezione animale, anti-vivisezionisti fanatici… Mi rendo conto che noi scienziati conduciamo vite molto appartate rispetto a voi politici, ma qui non siamo completamente fuori dalla realtà.»

«Non penserei mai una cosa del genere, Albert.»

«Sono personalmente dispiaciuto del fatto che lei debba subire questo genere di vessazioni. È un onore aiutarla, davvero.»

Oscar annuì. «Apprezzo i suoi sentimenti. È bello da parte vostra ospitarmi. Cercherò di non intralciare il vostro lavoro in laboratorio.»

Il dottor Gazzaniga lo condusse lungo un corridoio, oltrepassando sette ricercatori che, vestiti con indumenti sterili, stavano studiando le loro piastrine. «Spero che lei non abbia l’impressione che il laboratorio di Greta sia una zona a rischio biologico. Non facciamo nulla di pericoloso qui. Indossiamo questi abiti sterili solo per proteggere le nostre colture da eventuali contaminazioni.»

«Capisco.»

Gazzaniga scrollò le spalle sotto il suo camice da laboratorio assolutamente privo di peluzzi. «Tutta questa faccenda della tecnologia genetica — le torri giganti, le catacombe, le camere stagne, l’enorme cupola a chiusura ermetica — immagino che, in passato, abbia avuto una forte valenza politica, ma, fondamentalmente, è sempre stata un’idea ingenua e ora semplicemente antiquata. Fatta eccezione per poche applicazioni militari classificate, il Collaboratorio si è sbarazzato dei virus capaci di riprodursi molto tempo fa. Non c’è niente che cresca all’interno della Zona Calda che possa farle del male. L’ingegneria genetica è un campo molto stabile adesso, ormai ha cinquant’anni. Noi usiamo soltanto virus che vivono in condizioni di calore estremo, germi nativi di ambienti vulcanici. Molto efficienti, con un metabolismo rapido, eccellenti trasformatori industriali e naturalmente molto sicuri. Al di sotto dei 90° il loro metabolismo semplicemente smette di funzionare. Si nutrono di zolfo e di idrogeno, sostanze di cui il sangue umano è privo. Inoltre, i nostri esemplari appartengono a ceppi indeboliti. Perciò, anche se qualcuno facesse letteralmente il bagno in quei virus… be’, potrebbe scottarsi, ma non rischierebbe mai di contrarre infezioni o di andare soggetto a una mutazione genetica non controllata.»

«Sembra molto rassicurante.»

«Greta è una professionista ed è particolarmente meticolosa per quello che riguarda le procedure di laboratorio. No, è molto di più: il laboratorio è il luogo in cui lei brilla davvero. È molto ferrata nella matematica neurocomputazionale, non mi fraintenda, ma Greta è uno degli scienziati migliori dell’intero Collaboratorio per quanto riguarda le ricerche pratiche. È in grado di fare cose con le sonde STM che non saprebbe fare nessun altro al mondo. E se riuscissimo a farle mettere le mani su qualche decente centrifuga tissotropica al posto di questo rottame dell’Età della Pietra, otterremmo risultati grandiosi.»

Gazzaniga era un fiume in piena. Ormai tremava visibilmente per l’emozione. «In termini di saggi pubblicabili per uomo/ora, questo è il laboratorio più produttivo di Buna. Abbiamo il talento e la krew di Greta non è seconda a nessuno. Se soltanto potessimo fruire delle risorse appropriate… be’, è difficile dire cosa saremmo capaci di realizzare qui. La neuroscienza sta davvero cominciando a prendere piede, come la genetica quarant’anni fa, o l’informatica ottant’anni fa. Il cielo è l’unico limite, dico sul serio.»

«Cosa state facendo qui esattamente?»

«Ecco, in parole povere…»

«Lasci stare, Albert, mi parli semplicemente del vostro lavoro.»

«Sostanzialmente stiamo soltanto mettendo a frutto i risultati del premio Nobel di Greta. Il suo lavoro riguardava i gradienti neurochimici gliali che provocano la modulazione dell’attenzione. Questo è lo sviluppo maggiore negli ultimi anni a livello neurocognitivo, per cui adesso abbiamo numerosi campi da esplorare. Karen sta lavorando sulla modulazione fasica e la frequenza di picco. Yung-Nien è il nostro mago della cognizione, si occupa della risonanza stocastica e elabora modelli della velocità di risposta. E Sergey, laggiù, studia il meccanismo di ricezione degli impulsi nervosi; adesso sta lavorando sull’assorbimento dei neurotrasmettitori. Il resto è in sostanza uno staff di supporto di giovani dottorandi, ma, quando si lavora con Greta Penninger, non si mai. Questo è un laboratorio di fama mondiale. È un magnete. Ha tutto quello che ci vuole per esserlo. Quando Greta avrà cinquanta o sessanta anni, anche i suoi collaboratori più giovani dirigeranno laboratori neurali.»

«E a cosa sta lavorando la dottoressa Penninger?»

«Be’, questo può chiederlo direttamente a lei!» Greta era arrivata. Gazzaniga si allontanò per delicatezza.

Oscar si scusò per avere interrotto il suo lavoro.

«No, non si preoccupi» replicò Greta in tono tranquillo. «Mi sto organizzando per poterle dedicare un po’ di tempo. Penso ne valga la pena.»

«Lei è proprio una persona di larghe vedute.»

«Sì» replicò lei semplicemente.

Oscar diede una rapida occhiata al laboratorio. «È strano incontrarci in un posto così… So bene che questo posto le si adatta perfettamente; su di me ha una risonanza personale talmente forte… Possiamo parlare in privato qui?»

«Il mio laboratorio non è tenuto sotto controllo. Qui ogni superficie viene sterilizzata due volte alla settimana. Niente di grande quanto una microspia potrebbe sopravvivere in questo posto.» La dottoressa notò la reazione scettica di Oscar e cambiò strategia. Premette l’interruttore di un omogeneizzatore; nella sala si diffuse un confortante frastuono.

Oscar si sentì molto meglio. Erano ancora pienamente visibili, ma almeno il rumore avrebbe eluso lo spionaggio audio. «Sa qual è la mia definizione di politica, Greta?»

Lei gli rivolse un’occhiata indagatrice. «Io so soltanto che la parola ‘politica’ vuol dire un sacco di problemi per gli scienziati.»

«La politica è l’arte di conciliare le aspirazioni umane.»

La dottoressa si fermò un attimo a riflettere su questa affermazione. «Okay. E allora?»

«Greta, ho bisogno che lei sia sincera con me. Ho bisogno di una persona ragionevole che possa testimoniare nella prossima udienza del Senato. I soliti portavoce della vecchia gestione non lo faranno più. Ho bisogno di qualcuno che abbia una conoscenza concreta di quello che sta succedendo in questa struttura.»

«Perché lo chiede a me? Perché non lo chiede a Cyril Morello o a Warren Titche? Loro sì che hanno molto tempo da dedicare all’attivismo politico.»

Oscar conosceva bene Morello e Titche. Erano due dei leader politici della comunità del Collaboratorio, sebbene ne fossero ancora del tutto inconsapevoli. Cyril Morello era l’assistente capo della divisione Servizi umani, un uomo che, grazie alle sue battaglie, che spesso andavano a scapito della sua carriera, si era conquistato la fiducia degli scienziati del Collaboratorio. Warren Titche era il radicale polemico e linguacciuto per eccellenza del laboratorio, un fanatico con le toppe ai gomiti che si batteva per avere le rastrelliere per parcheggiare le biciclette e per migliorare i menù della tavola calda come se un fallimento dovesse provocare l’olocausto nucleare.

«Quello che le sto chiedendo non è un elenco di lamentele. Ne ho già uno considerevole. Quello che mi serve è, ecco, come dire… Un’interpretazione. Il quadro generale. Il Messaggio. Vede, il nuovo Congresso ha nominato ben tre senatori neoeletti nella commissione scientifica. Mancano, però, della profonda esperienza del loro predecessore, il senatore Dougal del Texas, che è rimasto in carica per un periodo estremamente lungo. Ormai a Washington il gioco è completamente cambiato.»

Greta rivolse un’occhiata furtiva al suo orologio. «Davvero crede che questo potrà essere d’aiuto?»

«Andiamo al sodo. Lasci che le faccia una domanda molto semplice. Supponiamo che lei abbia potere assoluto sulla politica scientifica federale e che, perciò, possa ottenere tutto ciò che vuole. Mi dia la versione più ottimistica. Cosa vuole?»

«Oh! Bene!» Adesso sì che Greta era interessata. «Be’, immagino… Vorrei che la scienza americana tornasse a essere quella dell’Età dell’Oro, ovvero il periodo comunista durante la prima guerra fredda. Vede, in quei giorni, se avevi un progetto di ricerca valido, ed eri pronto a lavorare, se non altro potevi sempre avvalerti di fondi federali decenti e a lungo termine.»

«Proprio l’opposto dell’incubo in cui vivete ora» commentò prontamente Oscar. «Quintali di scartoffie da compilare, cattiva contabilità, polemiche etiche insensate…»

Greta annuì con aria riflessiva. «È difficile credere quanto siamo caduti in basso. I fondi per la ricerca scientifica venivano allocati in base all’esame di una commissione i cui membri facevano parte della comunità scientifica. Non erano elargiti dal Congresso sotto forma di stanziamenti assistenzialistici per ottenere meri vantaggi politici. Al giorno d’oggi, gli scienziati sprecano il quaranta per cento del loro tempo lavorativo a elemosinare fondi in giro. Ai bei vecchi tempi, la vita nel mondo scientifico era molto più semplice. La stessa persona che otteneva i fondi si costruiva il suo tavolo da lavoro e annotava da sola i risultati delle sue ricerche. La scienza era davvero un lavoro pratico. I documenti scientifici venivano redatti da tre, al massimo quattro coautori, non da krew enormi composte da sessanta o ottanta membri, come adesso.»

«Quindi, fondamentalmente, si tratta di un problema economico» suggerì Oscar.

La dottoressa si piegò in avanti, con aria piuttosto tesa. «No, il problema è molto più complesso. La scienza del ventesimo secolo era strutturata in un modo completamente diverso. Il rapporto tra il governo e la comunità scientifica era di reciproca comprensione. Era una mentalità di frontiera. Erano i tempi della febbre dell’oro. La National Science Foundation, la NIH, la NASA, la rete ARPA… E le agenzie scientifiche hanno mantenuto la loro parte dell’accordo. Medicine miracolose, materie plastiche, intere nuove industrie… la gente volò letteralmente sulla Luna!»

Oscar annuì. «Produrre miracoli» commentò. «Mi sembra un obiettivo eccellente su cui lavorare.»

«Allora il posto di lavoro era sicuro» aggiunse Greta. «In particolare, la permanenza in carica era molto lunga. Ha mai sentito questo vecchio termine, ‘permanenza in carica"?»

«No» ammise Oscar.

«Era troppo bello per durare» sospirò Greta. «Il governo nazionale controllava i bilanci, ma la conoscenza scientifica è globale. Pensi a Internet; all’inizio era una rete scientifica specializzata, ma poi ha avuto un vero e proprio boom. Ora, invece, perfino le tribù del Serengeti possono collegarsi direttamente ai satelliti cinesi.»

«Quindi l’Età dell’Oro si è conclusa al termine della prima guerra fredda?» chiese Oscar.

La dottoressa annuì. «Dopo la nostra vittoria, il Congresso ha voluto riprogettare la scienza americana per renderla competitiva a livello nazionale e per la lotta economica globale. Ma il nuovo sistema non ci ha mai soddisfatto completamente. Non abbiamo mai avuto alcuna possibilità.»

«Perché no?» domandò Oscar.

«Be’, la ricerca scientifica di base offre due benefici economici: proprietà intellettuali e brevetti. Per recuperare l’investimento nella ricerca e nello sviluppo, è necessario un accordo sulla parola che sancisca che gli inventori possiedono i diritti esclusivi sulle loro scoperte. Ma ai cinesi non è mai piaciuto il concetto di ‘proprietà intellettuale’. Noi non abbiamo mai smesso di fare pressioni su di loro per trovare una soluzione del problema e, alla fine, è scoppiata una vera e propria guerra commerciale e i Cinesi hanno scoperto il nostro bluff. Hanno usato le loro reti satellitari per mettere a disposizione gratuitamente tutte le proprietà intellettuali in lingua inglese. Hanno dato via i nostri software per niente, e così noi siamo andati in bancarotta. E così adesso, grazie ai cinesi, la ricerca scientifica di base ha perso i suoi sostegni economici. Ormai dobbiamo tirare avanti basandoci soltanto sul prestigio, ma è una cosa molto difficile.»

«Dare addosso alla Cina è fuori moda quest’anno» commentò Oscar. «Che ne dice di passare agli olandesi?»

«Già, la tecnologia olandese… Gli olandesi arrivano su ogni isola, spiaggia e area sotto il livello del mare nel mondo e costruiscono miliardi di dighe. Hanno stretto un’alleanza contro di noi, formata da isole e stati i cui territori stanno venendo sommersi, ci osteggiano in ogni forum internazionale… Vogliono ristrutturare la ricerca scientifica globale in modo che sia orientata alla sopravvivenza ecologica. Non vogliono perdere tempo e denaro con roba come neutrini e velivoli spaziali. Gli olandesi sono un vero fastidio.»

«Una seconda guerra fredda non fa parte del programma della commissione scientifica del Senato» replicò Oscar. «Ma potrebbe certamente scoppiare, se montassimo un caso che riguardi la sicurezza nazionale.»

«E a cosa servirebbe?» Greta scrollò le spalle. «Le persone di talento sono disposte anche a fare grandi sacrifici, se solo viene loro consentito di dedicarsi ai progetti a cui sono interessate. Ma se bisogna passare la vita a macinare risultati solo per l’esercito, allora sei soltanto una scimmia ammaestrata.»

«Eccellente!» esclamò Oscar. «Questo è proprio quello che speravo: un sincero e aperto scambio di vedute.»

Gli occhi della donna si strinsero. «Vuole che io sia davvero sincera, Oscar?»

«Mi metta alla prova.»

«Che cosa ci ha dato veramente l’Età dell’Oro? La gente non è stata in grado di gestire al meglio tutti quei miracoli scientifici. Abbiamo avuto un’Era Atomica, ma è stata rovinosa, addirittura deleteria. Poi abbiamo avuto un’Era Spaziale, ma si è consumata in un breve arco di tempo. La successiva è stata l’Era Informatica, però abbiamo scoperto che le reti di computer erano il veicolo ideale per la disgregazione sociale e la pirateria del software. Subito dopo, la scienza americana ha vissuto l’Era Biotecnologica, ma si è scoperto che l’utilizzo più importante era quello di produrre cibo gratis per i nomadi. E adesso sta per iniziare un’Era Cognitiva.»

«E cosa ci porterà… la sua nuova Era Cognitiva?»

«Nessuno lo sa. Se sapessimo in anticipo cosa ne verrà fuori, la ricerca di base non avrebbe alcuna ragione d’esistere.»

Oscar batté le palpebre. «Vediamo se ho capito bene. Lei sta dedicando tutta la sua vita alle ricerche sul sistema nervoso, ma non può dirci che cosa questo comporterà per noi?»

«Non posso saperlo. Non c’è alcun modo per stabilirlo. La società è un fenomeno troppo complesso. Perfino la scienza è troppo complessa. Abbiamo imparato una quantità incredibile di cose negli ultimi cento anni… La conoscenza diventa sempre più frammentata e ultraspecialistica, gli scienziati sanno sempre di più su sempre meno cose… Nessuno può stabilire con cognizione di causa quali saranno le ricadute sociali dei progressi scientifici. Perfino noi scienziati non sappiamo molto su questi argomenti.»

«Certo, lei è molto sincera. Sta sinceramente abbandonando il campo, sta delegando le decisioni sulla politica scientifica alle congetture fortuite dei burocrati.»

«E non funzionano neanche quelle. In campo scientifico esistono già troppe pastoie burocratiche. Non si può legiferare sulla moralità, specie nel campo delle scienze, dove non esiste un metodo universale e imprescindibile per misurare la produttività. Adesso la corruzione sta dilagando anche in quest’ambito; le persone prendono tangenti, sono corrotte. Sono sempre esistiti appaltatori governativi dediti a queste pratiche, ma ai vecchi tempi gli scienziati potevano vantarsi di non rientrare nel novero.»

Oscar si carezzò il mento. «Sembra una situazione terribile. Veramente terribile. Direi disperata.»

«Forse le sto dipingendo un quadro troppo nero della realtà. Nonostante tutto, c’è molto fermento nel mondo scientifico: negli ultimi dieci anni abbiamo fatto alcune scoperte storiche.»

«Me ne citi qualcuna» la esortò Oscar.

«Be’, ora sappiamo che l’ottanta per cento della biomassa terrestre è sotterranea.»

Oscar scrollò le spalle. «Okay.»

«Sappiamo che c’è vita batterica nello spazio interstellare» aggiunse Greta. «Deve riconoscere che questa è una scoperta importante.»

«Certo.»

«Nel corso di questo secolo si sono verificati molti progressi nel campo della medicina. Abbiamo sconfitto quasi completamente il cancro. Abbiamo trovato la cura per l’AIDS. Possiamo rimediare ai danni causati dagli pseudo-estrogeni» proseguì Greta. «Abbiamo trovato cure a effetto immediato contro la dipendenza da cocaina ed eroina.»

«È un vero peccato che non sia stato ancora trovato nulla contro l’alcolismo, però.»

«Possiamo rigenerare i nervi lesi. Ormai abbiamo topi di laboratorio più intelligenti dei cani.»

«Oh, e naturalmente c’è la teoria della distorsione cosmica» aggiunse Oscar. Risero entrambi. Sembrava impossibile che potessero aver trascurato quella teoria anche solo per un istante.

«Cambiamo prospettiva» suggerì Oscar. «Mi parli del Collaboratorio. Che cosa fa di tanto importante per l’America da essere unico, insostituibile?»

«Be’, prima di tutto ci sono i nostri archivi genetici, naturalmente. Il motivo per cui siamo famosi in tutto il mondo.»

«Hmmm» commentò Oscar. «Riconosco che raccogliere tutti quegli esemplari in giro per il mondo deve essere stato molto difficile e costoso. Ma con le tecniche moderne, non potreste duplicare i loro geni e diffonderli un po’ dappertutto?»

«Ma questo è il luogo più logico per conservarli. Noi disponiamo delle cripte e della gigantesca cupola di sicurezza.»

«Avete davvero bisogno di una cupola di sicurezza? L’ingegneria genetica, al giorno d’oggi, è una scienza sicura.»

«Be’, certo, ma se l’America dovesse aver bisogno di una struttura per una guerra biologica di classe IV, ne abbiamo una proprio qui.» Greta fece una pausa. «E abbiamo anche strutture di alto livello per l’agricoltura. Qui vengono portate avanti moltissime ricerche relative alle piante coltivabili. I ricchi le mangiano ancora. E inoltre amano gli animali rari.»

«I ricchi mangiano colture naturali» precisò Oscar.

«La nostra ricerca biotecnologica ha dato vita a intere nuove industrie» insistette Greta. «Consideri soltanto quello che abbiamo fatto per trasformare la Louisiana.»

«Già» replicò Oscar. «Pensa che dovrei sottolineare questo particolare durante le udienze del Senato?»

Greta si accigliò.

Oscar annuì. «Lasci che io sia sincero con lei, Greta, come lei ha fatto con me. Lasci che le parli un po’ dell’accoglienza che probabilmente le verrà riservata dal Congresso appena eletto. Il paese non ha un soldo, le vostre spese di amministrazione sono troppo elevate. Qui ci sono più di duemila persone sul libro paga federale. Non generate alcun profitto, a parte conquistarvi il favore di celebrità di passaggio che omaggiate con graziosi animaletti rari. Non rivestite alcun interesse sul piano militare o della sicurezza nazionale. La rivoluzione biotecnologica non è più una scoperta d’avanguardia, è diventata un’industria come tutte le altre. Dunque, cosa avete fatto per noi ultimamente?»

«Stiamo proteggendo e salvaguardando il patrimonio naturale del pianeta» replicò Greta. «Siamo conservazionisti.»

«Andiamo. Siete ingegneri genetici, non avete niente a che fare con la ‘natura’.»

«Il senatore Dougal non ha mai criticato un afflusso costante di fondi federali in Texas. Abbiamo sempre goduto dell’appoggio della delegazione del Texas.»

«Dougal ormai è acqua passata» ribatté Oscar. «Lei sa quanti ciclotroni c’erano un tempo negli Stati Uniti?»

«Ciclotroni?» chiese Greta.

«Un acceleratore di particelle, una sorta di primitivo, gigantesco klystron» spiegò Oscar. «Erano enormi, costosi e prestigiosi laboratori federali, ma sono scomparsi ormai da molto tempo. Mi piacerebbe lottare per evitare la chiusura di questo posto, ma abbiamo bisogno di motivazioni valide. Ci servono spiegazioni che possa comprendere anche un profano.»

«Che posso dirle? Noi non siamo esperti in pubbliche relazioni, siamo solo degli umili scienziati.»

«Lei deve fare qualcosa, Greta. Non può sperare di sopravvivere basandosi sulla mera inerzia burocratica. Lei deve cercare di montare un caso pubblico.»

Greta rifletté seriamente su quel consiglio. «La conoscenza è intrinsecamente preziosa, anche se non può essere venduta» commentò infine. «E neppure utilizzata. La conoscenza è un bene assoluto. La ricerca della verità è vitale. È una caratteristica fondamentale delle civiltà umane. La conoscenza è necessaria perfino quando l’economia e il governo versano in condizioni disastrose.»

Anche Oscar rifletté. «’La conoscenza saprà farti superare periodi di povertà molto meglio di quanto il denaro saprà farti vivere in tempi dominati dall’ignoranza’. Be’, deve esserci della verità in questo. Mi piace il suono di queste parole. È una retorica molto attuale.»

«I federali devono appoggiarci, perché se non lo fanno, lo farà Huey! Green Huey capisce l’importanza di questo posto, sa quello che facciamo qui. Non c’è alcun dubbio che lui ci appoggerà.»

Загрузка...