Le navi della marina americana giunsero al largo delle coste dell’Olanda. La guerra aveva raggiunto il punto cruciale. Tanto per fare qualcosa, la flotta annunciò un blocco navale da e per i porti di Rotterdam e Amsterdam; poiché ampie porzioni di quelle città erano già sommerse, non si trattò di una minaccia particolarmente grave.
Tuttavia, sembrava che la flotta potesse fare ben poco oltre a questo. Le navi non trasportavano le truppe o i carri armati con cui sarebbe stato possibile invadere fisicamente l’Olanda. Erano dotate di cannoni a lunga gittata, con cui avrebbero potuto facilmente devastare le grandi città olandesi, ma sembrava impensabile che gli Stati Uniti potessero uccidere dei civili di una nazione che non opponeva alcuna resistenza militare.
E così, dopo un’incredibile operazione mediatica, la guerra calda contro l’Olanda si stava rivelando come una guerra fasulla. Il presidente aveva eccitato lo spirito guerresco della nazione, aveva rafforzato il proprio potere e aveva posto fine all’emergenza. Aveva trasformato i suoi prolet in tanti Robespierre in miniatura che brandivano telefoni cellulari. Era un elenco di risultati davvero impressionante, era più di quanto chiunque avesse osato sperare. Adesso tutti scommettevano che la cosa più probabile era che la guerra sarebbe stata rimessa ben presto in soffitta.
Tra gli scommettitori, cosa incredibile fino a qualche tempo prima, c’era anche Alcott Bambakias. Il senatore del Massachusetts aveva scelto proprio quel momento per compiere una visita, rimandata da molto tempo, al Collaboratorio nazionale di Buna.
Le condizioni mentali del senatore erano molto migliorate. Le varie cure neurali erano finalmente riuscite a stabilizzare il suo spettro emotivo. Il senatore era più pesante, più stanco, molto più cinico. Descriveva il suo attuale stato mentale come ‘realistico’. Interveniva a tutte le sedute e alla maggior parte degli incarichi della commissione di cui faceva parte. Ormai pronunciava molti meno discorsi, si sceglieva meno lotte drammatiche, passava molto più tempo in riunione con i lobbisti del Senato.
Oscar si incaricò di accompagnare il senatore e sua moglie in un giro turistico delle opere di costruzione di Buna. Presero una limousine blindata, anche se, con la guerra olandese in una chiara situazione di stallo, sembrava meno probabile che Huey lanciasse altre bombe alla vernice.
Tuttavia, questo non aveva certo fermato la frenesia di costruzione a Buna. Al contrario, aveva permesso agli abitanti di lasciare cadere qualsiasi finzione di star costruendo rifugi contro il gas. Con migliaia di persone che continuavano a riversarsi nel Collaboratorio, dove trovavano cibo gratis garantito, riparo libero e tutti i dati di rete che erano in grado di assorbire, la cittadina era immersa in una vera e propria atmosfera da boom. Un gruppo di fanatici stava costruendo una gigantesca struttura di plastica che aveva più o meno la forma e le dimensioni della Torre Eiffel e che avevano battezzato ‘Il Faro della Verità Cosmica’. Altri avevano portato all’estremo la logica delle cupole geodesiche e delle coperture impermeabili e stavano costruendo dei veri e propri aerostati. Questi ultimi erano gigantesche bolle a tenuta stagna autoespandibili e, se fossero riusciti a fare funzionare correttamente la muscolatura piezoelettrica all’interno dei tubi, quelle cose si sarebbero gonfiate fino a sollevarsi letteralmente da terra.
Oscar non riusciva a controllare pienamente il proprio entusiasmo per quelle meraviglie e aveva l’impressione che a Bambakias e alla moglie non avrebbe fatto male un po’ di divertimento. Bambakias aveva un aspetto migliore — adesso era chiaramente lucido, forse era perfino guarito — ma la tensione aveva marchiato Lorena in maniera indelebile. Era ingrassata, la pelle era un po’ più cascante di prima, adesso sembrava più conservata che messa assieme. In compagnia del marito, si rivolgeva a Oscar quasi sempre con i suoi tipici brillanti monosillabi.
Era Bambakias a parlare, ma non si trattava della sua solita retorica brillante e inarrestabile.
«L’albergo è davvero bello» commentò. «Avete fatto davvero un bel lavoro, considerando i limiti del posto.»
«Oh, l’albergo ci piace molto. Io dormo lì la maggior parte delle notti. Ma non è neppure paragonabile a quello che è stato fatto in città.»
«Ma non lo stanno facendo nel modo giusto» affermò Bambakias.
«Be’, sono soltanto dei dilettanti.»
«No, sono peggio che dilettanti. Non stanno seguendo il codice. Non stanno utilizzando materiali certificati e testati. Tutte quelle tende e quei piloni montati in combinazioni non testate… Molte di quelle costruzioni crolleranno.»
«Sicuramente, senatore — ma ci sono voluti pochi giorni per tirarle su! Se cadono, ne costruiranno altre.»
«Spero che non si aspettino che io mi assuma la responsabilità personale di tutto questo. Io ti ho inviato i progetti, ma non mi sarei mai aspettato che venissero messi in atto. Una volta che ho rinunciato alla mia proprietà intellettuale, non ci si può aspettare che sia responsabile del modo in cui viene utilizzata da altri.»
«Ma certo che no, senatore! Eravamo in condizioni di emergenza, di stato di guerra… Sa, c’è anche un lato positivo. Non si tratta di strutture permanenti, classiche, ma sono lo stesso molto popolari.»
Bambakias si illuminò leggermente. «Ma davvero.»
«Le persone che vivono in quelle strutture non sono critici di architettura. Molte di esse non hanno avuto nessun tipo di riparo per molti anni. Sono davvero impressionate vedendo l’architettura dei nomadi spinta a estremi tanto fantasiosi.»
«Questa non è ‘architettura dei nomadi’. Si tratta di strutture di soccorso su scala gigantesca.»
«È una distinzione molto interessante, Alcott, ma lascia che la metta in questo modo: adesso si tratta di architettura dei nomadi.»
«Penso che faresti meglio a starlo a sentire, tesoro» intervenne Lorena in tono sommesso. «Oscar ha sempre avuto un istinto eccellente per queste cose.»
«Oh, sì, istinti» ripeté Bambakias. «Gli istinti sono meravigliosi. Certo, si può vivere basandosi sugli istinti, se non si intende vivere a lungo. Quanto pensi che durerà tutto questo, Oscar?»
«’Questo?’» chiese Oscar in tono lievemente interrogativo.
«Qualsiasi cosa sia quello che hai creato qui. Cos’è esattamente? Un movimento politico? O forse si tratta di un’unica, grande festa di strada. Di sicuro non è una città.»
«Be’… è un po’ difficile prevedere con esattezza dove condurrà tutto questo…»
«Forse avresti dovuto riflettere un po’ più attentamente sulla faccenda» commentò Bambakias. Chiaramente lo irritava dover discutere della questione, ma lo considerava un penoso dovere. «Sai, sono un membro importante della commissione scientifica del Senato. Sarà molto difficile spiegare questi sviluppi a Washington.»
«Oh, mi manca molto la commissione scientifica» mentì Oscar.
«Sai, questi sviluppi mi ricordano Internet: quella vecchia rete di computer, inventata dalla comunità scientifica americana. Era basata sulla libera comunicazione. Si trattava di una rete molto semplice e ampiamente distribuita — non c’era nessun controllo centrale. Si diffuse in tutto il mondo in breve tempo e si trasformò nella perfetta macchina per fare copie pirata di qualsiasi cosa. I cinesi adoravano Internet, e la usarono contro di noi. Servendosi di essa, distrussero la nostra economia dell’informazione. E perfino allora la rete non sparì — iniziò semplicemente a generare tribù virtuali, sai, tutti questi nomadi, questi dissidenti. Improvvisamente ebbero la capacità di organizzarsi in strutture nuove e potenti, e adesso, finalmente, con il presidente dalla loro parte… chi lo sa? Capisci il mio parallelo, Oscar? Ha senso per te?»
Oscar era sempre più a disagio. «Be’, non ho mai detto che quello che è accaduto qui era senza alcun precedente. Il grande segreto della creatività è sapere come nascondere le proprie fonti.»
«Tu hai rubato queste idee da Huey. Tu lo hai imitato, vero?»
«Ma si tratta di una vecchia tattica, Alcott!»
«Oscar, Huey è un dittatore. È un uomo di potere. Se ho capito bene la faccenda dell’economia basata sul prestigio, sembra funzionare solamente in base all’istinto. I nomadi passano tutto il loro tempo a scambiarsi piccoli favori come tanti attivisti del volontariato. E si attribuiscono un punteggio a vicenda per questo. Alla fine, qualcuno esce dal mucchio e diventa il grande capo. E poi loro devono fare quello che dice!»
«Be’… la faccenda è un po’ più complicata. Ma sì, fondamentalmente le cose vanno in questo modo.»
«Non si adeguano al resto della società americana. Assolutamente no.»
«Lo hanno fatto apposta.»
«Intendo dire che non hanno nessun modo per trattare con il resto della società. Non hanno un vero e proprio mezzo per trattare fra loro. Non hanno un sistema giuridico. Non esiste nessuna costituzione. Non ci sono giudici. Non c’è nessuna Carta dei Diritti. Non hanno alcun modo di trattare con il resto di noi, tranne la fuga, o l’intimidazione. Quando una rete incontra un’altra impostata su linee diverse, scoppia una faida. Si uccidono a vicenda.»
«A volte succede.»
«Adesso tu hai reso quelle persone coscienti degli interessi in comune che hanno con la comunità scientifica, un altro gruppo di persone che praticamente vive al di fuori dello Stato, al di fuori dell’economia. Gli uni vogliono la libertà di ricerca, gli altri vogliono la libertà dal bisogno fisico, e nessuno di loro sente un qualsivoglia senso di responsabilità nei nostri confronti. In effetti, il resto di noi ha rinunciato ad aspettarsi qualsiasi cosa da loro. Non abbiamo più la speranza che la scienza ci darà l’utopia, o perfino un vero miglioramento. La scienza aggiunge semplicemente altri fattori alla miscela, rende tutto ancora più instabile. E abbiamo anche abbandonato i nostri derelitti. Non abbiamo più alcuna illusione di potere dare loro un lavoro, o farli stare tranquilli con altro bio-pane e più cyber-circhi. E adesso tu hai spinto questi due gruppi a unirsi e sono diventati una vera coalizione.»
«Sono con lei, senatore. Riesco a seguire la sua argomentazione.»
«E adesso, Oscar? Cosa faranno adesso? Cosa succederà al resto di noi?»
«Al diavolo, non lo so!» gridò Oscar. «Ho solo visto Huey farlo ecco tutto. Eravamo coinvolti in una faida con Huey — è stato lei a spingermi contro Huey! Il laboratorio era in bancarotta, era già per metà nelle sue tasche, stava quasi per comprarseli tutti per un tozzo di pane. Loro sarebbero semplicemente… diventati delle sue creature. Io non volevo che le cose andassero così.»
«Qual è la differenza, se sono ancora delle creature?»
«La differenza? Tra me e Green Huey? Okay! Finalmente una domanda a cui posso rispondere! La differenza tra me e Green Huey è che qualsiasi cosa faccia Huey è a vantaggio di Huey. Lui viene prima di tutto, fa sempre tutto per la maggior gloria di se stesso. Ma quello che faccio io non va mai a mio vantaggio. Questo è assolutamente impossibile.»
«A causa del modo in cui sei nato.»
«Alcott, è anche peggio. Io non sono nato e basta.»
Lorena parlò. «Penso che voi due dovreste smetterla di parlare di questa faccenda. Non fate che ripetere sempre le stesse cose. Perché non andiamo a mangiare qualcosa?»
«Non volevo urtare i suoi sentimenti» si giustificò Bambakias in tono ragionevole. «Sto soltanto esaminando questa struttura criticamente e gli sto facendo notare che non c’è nulla a sorreggerla.»
Lorena incrociò le braccia. «Ma perché prendersela proprio con Oscar, per amor del cielo? II presidente ha inviato una flotta di barchette di carta dall’altra parte dell’Atlantico e anche in questo caso non c’era nessuna struttura che sostenesse la sua decisione. Presto a Washington la guerra sarà finita. Non può continuare, è solo una recita. E poi la guerra finirà anche qui. Si dimenticheranno di tutta la faccenda e troveremo un’altra distrazione. È così che va la vita adesso. Smettetela di fare tante storie.»
Bambakias rifletté per qualche istante. «Tu hai ragione, mia cara. Mi sono lasciato trascinare un po’ troppo dalla foga.»
«Qui dovremmo essere in vacanza. Dovresti conservare un po’ di energia per le sedute della commissione. Voglio un po’ di zuppa di pesce, Alcott. Voglio assaggiare l’étouffée.»
«Lorena è così buona con me» disse Bambakias rivolto a Oscar. Improvvisamente sorrise. «Non mi ero scaldato tanto da un’eternità! Mi sono sentito davvero bene!»
«Oscar riesce sempre a migliorare il tuo umore» gli ricordo Lorena. «In questo è sempre il migliore. Dovresti essere buono con lui.»
Il senatore e sua moglie volevano assaggiare la cucina della Louisiana; era una richiesta perfettamente legittima. Riunirono una vera flotta di limousine, la numerosa krew del senatore, i giornalisti al seguito e le guardie del corpo e poi l’intera carovana si recò in un famoso ristorante di Lake Charles, Louisiana. Si divertirono molto, perché si trattava di un ristorante eccellente e perché erano certi che Huey sarebbe stato informato molto presto del loro raid.
Mangiarono bene e lasciarono mance generose e sarebbe stato un pasto assolutamente delizioso, ma il senatore prendeva ancora gli stabilizzatori per l’umore e non beveva più. Sua moglie, invece, bevve decisamente troppo. Portarono con loro anche la nuova portavoce del senatore: Clare Emerson.
Poi la carovana tornò in pompa magna nell’albergo di Buna e le guardie del corpo si lasciarono sfuggire forti e silenziosi sospiri di sollievo. Il senatore e la moglie si ritirarono, le guardie del corpo iniziarono i loro giri di pattuglia notturni e la krew mediatica andò a cercare guai e un po’ di movimento in qualche orgia dei Moderatori sotto un enorme tendone dalle pareti sottili come gocce di rugiada. Oscar, che aveva cercato in tutti i modi di evitare Clare, si trovò costretto in una situazione in cui lui e la sua ex fidanzata dovettero per forza bere il bicchiere della staffa insieme. Solo per dimostrare che non c’era rancore. Anche se era esattamente il contrario.
E così adesso Clare prese un bicchiere di Chablis dell’albergo e Oscar, che non beveva, un’acqua tonica. Si sedettero a un piccolo tavolino di legno mentre in sottofondo veniva suonata della musica e furono costretti a parlare in privato.
«E allora, Clare, raccontami dell’Olanda. Deve essere stata un’esperienza affascinante.»
«In un primo momento sì.» Clare era così bella. Oscar aveva dimenticato quanto fosse bella. Aveva perfino dimenticato che, un tempo, aveva avuto l’abitudine di corteggiare belle donne. Ora che faceva parte della krew di Bambakias e lavorava a Washington, Clare era molto più elegante di quando era stata una semplice giornalista a Boston. Clare era ancora giovane. Oscar aveva dimenticato cosa significasse uscire con donne giovani, belle ed eleganti. Non era mai riuscito a dimenticarla, non ne aveva avuto il tempo. Aveva semplicemente messo la faccenda su uno scaffale e si era cercato una distrazione.
Le labbra di Clare si stavano ancora muovendo. Oscar si costrinse a prestare attenzione alle sue parole. Stava dicendo qualcosa su come avesse trovato le sue radici culturali anglo. L’Europa pullulava di emigrati e disertori yankee, uomini bianchi amareggiati e sulle soglie della vecchiaia che si radunavano in fumose birrerie e si lamentavano che il loro paese era governato da un pellerossa pazzo. Per Clare l’Europa non era stata tutta rose e fiori. La parte d’Europa che stava affondando più in fretta non aveva più romanticismo da regalare a nessuno.
«Oh, ma eri un corrispondente di guerra, però. Sembra una grossa opportunità di fare carriera.»
«Ti stai divertendo, vero?» chiese Clare. «Ti diverti a torturarmi.»
«Cosa?» Oscar era assolutamente sbalordito.
«Lorena non ti ha raccontato delle mie piccole disavventure olandesi?»
«Lorena non mi racconta delle attività della sua krew. Io non faccio più parte della cerchia dei Bambakias. Di questi tempi, ho a stento una mia krew.»
Clare bevve un sorso di vino. «Le krew fanno schifo, sono assolutamente disgustose. Al giorno d’oggi la gente farebbe qualsiasi cosa per godere di un po’ di sicurezza. Si vende perfino in servitù. Qualsiasi persona ricca può formare una sua krew, basta spargere la voce. Si tratta di vero e proprio feudalesimo. Ma il nostro paese è tanto a pezzi che non riusciamo neppure a far funzionare il feudalesimo.»
«Pensavo che Lorena ti piacesse. Le hai sempre riservato un trattamento favorevole.»
«Oh, mi piaceva come soggetto. Ma come capo… Lorena è stata molto buona con me. Mi ha raccolto mentre ero giù, mi ha reso una piccola protagonista. Non mi ha mai smascherato per quella piccola faccenda olandese. Ho un bel lavoro a Washington, dei bei vestiti, un’auto.»
«Va bene. Abboccherò al tuo amo. Raccontami cosa è successo in Olanda.»
«Io avevo una brutta abitudine» annunciò Clare, abbassando lo sguardo sulla tovaglia. «Mi ero convinta che potevo scrivere meglio i miei articoli andando a letto con i loro protagonisti. Be’, a Boston ha funzionato alla grande! Ma L’Aia non è Boston. E gli olandesi non sono americani. Loro possono ancora concentrarsi e hanno le spalle al muro.» Si tormentò un ricciolo di capelli.
«Mi dispiace che la tua carriera abbia subito una battuta di arresto. Spero che tu non pensi che ce l’ho con te perché la nostra storia è finita male.»
«Tu ce l’hai con me, Oscar. Sei furioso. Sei arrabbiato con me e mi odi, ma non lo faresti trasparire mai e poi mai. Tu mi avresti scaricato, se fosse stato necessario, e in effetti hai fatto proprio questo, ma almeno non mi hai messo in croce. Io ho commesso un vero errore, pensando che tutti i politici fossero come te.»
Oscar non rispose nulla. Molto presto Clare avrebbe confessato tutto. Parlare ancora non avrebbero accelerato il processo.
«Avevo avuto una soffiata su uno scandalo. Voglio dire, un grosso scandalo della guerra fredda, grosso, davvero grosso. Dovevo soltanto guadagnarmi il favore di questo vice ministro olandese di qualche ministero. E lui stava per abboccare. Perché era un agente segreto e sapeva che io sapevo che lui era uno spione, e io era una giornalista, la cosa più vicina a un agente segreto. E aveva i bollori per me. Ma questo era okay perché, sai, se ti ci metti d’impegno, riesci sempre a strappare di bocca queste cose agli uomini. È quella faccenda del mentore. Sono come tuo zio, o forse il tuo professore; tu non conosci i trucchi, loro sono disposti a insegnarteli. E tu non devi fare altro che impararli.» Bevve un altro sorso.
«Clare, perché dovrei giudicarti? Queste cose succedono. È la realtà.»
«Sai, in America questo non lo capiamo. Non ci rendiamo conto di essere i gorilla della politica ambientale. Siamo tanto fuori di testa che usiamo ancora i piedi e i pollici come unità di misura. Pensiamo che sia divertente scendere in guerra contro un piccolo popolo armato soltanto di zoccoli e tulipani. Siamo come bambini viziati. Siamo come grasse popstar adolescenti che girano nelle loro Cadillac rosa e pesanti due tonnellate con lo stereo a tutto volume e gettando lattine di birra vuote dappertutto. Non riusciamo a ficcarci in testa che esiste un popolo serio e civile come quello degli olandesi, che passano il loro tempo al centro di Amsterdam osservando delle prostitute in vetrina in una città satura di droga, ma il sesso non li tocca, la droga non li tocca, perché sono molti decisi, e molto freddi.»
«Gli olandesi sono gente fredda?»
«Freddi e bagnati. E lo diventeranno sempre di più.»
«Mi dicono che la nostra marina sta prendendo in considerazione l’idea di aprire qualche falla nelle loro dighe con l’artiglieria.»
«Se fosse così tu lo sapresti, visto che fai parte del consiglio per la sicurezza nazionale.»
Tra loro scese un gelo palpabile. Oscar pensò quasi di vedere una nebbia.
Clare si appoggiò allo schienale della sedia. «L’aria di Buna ha un odore strano, vero? Tutte queste tende e questi rifugi antigas. Quella cupola ha un odore strano. È come se non si cambiassero mai la biancheria intima.»
«Questa non è Boston, questa è la Gulf Coast. Se pensi che qui ci sia un odore strano, dovresti farti una piccola passeggiata all’esterno.»
«Ci sono troppe zanzare.»
Oscar rise.
Clare si accigliò. «Non c’è bisogno che tu sappia quello che mi è successo in Olanda. Mi sono semplicemente ficcata in una cosa troppo più grande di me, ecco tutto. Sono andata via e mi ritengo davvero fortunata di esserci riuscita; questa è la mia grande storia. Sono doppiamente fortunata che Lorena abbia un cuore grande così.»
«Clare… È un vero peccato. La guerra è un gioco duro e anche una guerra fasulla ha le sue vittime. Non ti avrei mai augurato una cosa del genere.»
«Tu me lo avevi detto. Tu mi avevi avvertito. Ricordi? E io ti ho detto che ero una persona adulta. Stavamo lavorando in quella piccola elezione a Boston dove il tizio aveva il settanta per cento dei consensi. Eravamo come bambini in un parco giochi. Io pensavo che fosse grandioso e importante, ma adesso sembra tutto così innocente. E qui tu hai fatto questa cosa incredibile e io… be’, io adesso lavoro per il senatore. Immagino che non possa lamentarmi.»
«Sei stata fortunata.»
«Oscar, perché non sei un vero pezzo di merda? Ho chiuso con gli uomini. E tu sei questo piccolo viscido politicante che ha sempre successo in quello che fa e io pensavo di avere chiuso anche con te, ma quando ti ho visto stasera… be’, ho ricordato tutto.»
«Cosa?»
«Di te e di me. Che sei un uomo gentile che mi ha sempre trattato con educazione, mi ha dato la password di casa sua e mi ha insegnato a capire quella buffa arte moderna. La mia vecchia fiamma. Il ragazzo di sogno. Mi manchi davvero. Mi mancano perfino le lenzuola di seta e la tua pelle troppo calda.»
«Clare, perché mi dici queste cose? Tu sai che adesso ho una relazione con un’altra donna. Per amor del cielo, tutti sanno che ho una relazione con Greta Penninger!»
«Oscar, non puoi fare sul serio. Lei? È solo una ripicca. No, non è neppure quello. Oscar — non capisci? Le persone raccontano barzellette su te e lei. Ha un aspetto strano. È vecchia. Ha un nasone grosso così e zero culo. Non puoi divertirti davvero con lei. Voglio dire, non come ci divertivamo noi.»
Oscar riuscì a rivolgerle un sorriso. «Sei davvero gelosa! Vergognati.»
«Ma perché proprio lei? Deve avere qualcosa che volevi.»
«Clare, so che sei una giornalista, ma non credo che questi siano precisamente affari tuoi.»
«Sto dicendo delle cattiverie perché sono triste, gelosa, sola e pentita. E sono sempre più ubriaca. E tu mi hai scaricato. Per lei.»
«Non sono stato io a scaricarti. Sei stata tu a scaricare me, perché io ero fuori città e tu non potevi raggiungermi e hai deciso che una mossa migliore per la tua carriera era andare a vivere tra i peggiori nemici del nostro paese.»
«Oh, adesso sì che va meglio!» esclamò Clare, poi arricciò il naso e gli rivolse un sogghigno. «Sembra che finalmente sia riuscita a pungerti sul vivo.»
«Io ho fatto del mio sincero meglio per fare funzionare la storia tra noi due, ma tu non me lo hai permesso.»
«Be’, adesso è troppo tardi.»
«È ovvio che è troppo tardi.»
Clare guardò l’orologio. «E si sta facendo tardi in tutti i sensi.»
Oscar controllò il proprio orologio. L’aggeggio gli aveva appena inumidito il polsino con i suoi rifiuti liquidi e non segnava assolutamente l’ora esatta. Doveva essere circa mezzanotte. «Faresti meglio a dormirci su, se vuoi essere a bordo dell’aereo che domani mattina riporterà il senatore a Boston.»
«Oscar, io ho un’idea migliore. Smettila di giocare con me. Facciamolo. Questa è l’unica notte che passerò qui; questa è la nostra unica possibilità. Portami di sopra, andiamo a letto insieme.»
«Sei ubriaca.»
«Non sono troppo ubriaca per non sapere quello che sto facendo, ma sono abbastanza ubriaca per essere davvero divertente. Mi hai guardato per tutta la sera. Sai che non posso resisterti quando mi guardi con quegli occhioni da cucciolo.»
«La nostra storia non avrebbe alcun futuro.» Oscar stava cedendo.
«E chi se ne frega del futuro? È in ricordo dei vecchi tempi. Andiamo, ne hai tanta voglia che praticamente è come se lo stessimo già facendo.»
«No, farlo è peggio. È la cosa peggiore di tutte. Quando il vulcano erutta, tutti lo sanno. Ma quando il cuore è in fiamme, chi è che lo sa?»
Clare ammiccò. «Eh?»
Oscar sospirò. «Io non ti credo, Clare. So parlare in maniera persuasiva e so come piacere alle persone, ma come esemplare maschile, non sono poi così irresistibile. Se lo fossi, non mi avresti mai lasciato!»
«Senti, ti ho già detto che sono pentita. Non rigirare il coltello nella piaga. Posso dimostrarti quanto sono pentita.»
«Chi ti ha mandato qui, davvero? Ci sono delle microspie nella tua borsetta? Hai addosso un registratore? Ora fai il doppio gioco, vero! Quando eri in Olanda hai disertato. Adesso sei un agente segreto di una potenza straniera. Sei una spia.»
Clare divenne mortalmente pallida. «Ma cosa dici? Sei impazzito? Quanta paranoia! Stai parlando come il senatore nei suoi momenti peggiori!»
«E io cosa sono, un utile idiota? C’è in corso una guerra. Mata Hari era olandese, Cristo!»
«E pensi che mi avrebbero permesso di lavorare per il senatore, se fossi una spia olandese? Tu non sai com’è Washington di questi tempi. Tu non sai un bel nulla!»
Oscar non rispose, ma la scrutò con micidiale attenzione.
Clare raccolse gli ultimi brandelli di dignità. «Mi hai davvero insultata. Mi hai ferita. Ho voglia di alzarmi e di andarmene. Perché non mi chiami un taxi?»
«Allora si tratta del presidente, vero?»
Il volto di Clare si irrigidì.
«Sì, è stato il presidente» affermò Oscar in tono sicuro. «Riguarda la faccenda tra me e Greta Penninger. Quaggiù la situazione è leggermente sfuggita di mano. Sarebbe meglio per la tranquillità interna se io e la mia fidanzata ci separassimo improvvisamente. Allora tutto andrebbe a posto. La nostra separazione darebbe una bella batosta al morale della gente del Collaboratorio. I Moderatori entrerebbero nella sua rete di spionaggio privata, la scienziata tornerebbe nel suo laboratorio e il viscido politicante che non riesce a tenere lontane le sue mani dalle donne sarebbe smascherato come un altro viscido politicante.»
Clare si asciugò gli occhi con un tovagliolo.
«Vattene e di’ al tuo supervisore che io non lavoro per il presidente perché è un tizio simpatico. Io lavoro per lui perché il paese era in panne e lui lo ha rimesso in moto. Gli sono fedele perché sono fedele al paese e ci vorrà più di una bella donna per togliermi dal tavolo da gioco. Anche se era una bella donna a cui volevo bene.»
«Adesso basta. Me ne vado. Buona notte, Oscar.»
«Addio.»
Bambakias lasciò il Texas il mattino seguente con tutta la sua krew, inclusa Clare. Oscar non venne smascherato. Non saltò fuori nessun nastro della loro conversazione. Non vi fu alcuna edizione speciale dei notiziari via rete sul suo tête-à-tête con una ex fidanzata. Trascorsero due giorni.
Poi giunsero grandi notizie dal fronte della guerra.
Gli olandesi si stavano arrendendo.
Il primo ministro olandese rilasciò una dichiarazione pubblica. Era una donna piccola, amareggiata e con i capelli grigi. Affermò che per un paese disarmato come l’Olanda era impossibile resistere alle forze armate dell’ultima superpotenza militare del mondo; che era impossibile per il suo popolo affrontare la catastrofe ecologica che avrebbe provocato il bombardamento delle dighe; che lo spietato ultimatum dell’America aveva infranto la volontà di resistenza della sua nazione; che l’Olanda si arrendeva senza condizioni; che il paese dichiarava di essere una nazione aperta, e il suo piccolo esercito avrebbe deposto le armi e gli olandesi avrebbero accettato la presenza di truppe di occupazione; che lei e il suo gabinetto avevano appena firmato la resa e il governo olandese si sarebbe sciolto volontariamente a mezzanotte. Infine proclamò che la guerra era terminata, che gli americani avevano vinto e si rivolse al popolo americano, ricordando la sua tradizione di magnanimità nei confronti dei nemici sconfitti. Il discorso durò esattamente otto minuti. E poi la guerra finì.
Per uno strano istante della storia, gli Stati Uniti impazzirono di gioia, ma l’ondata di follia si calmò senza avere causato troppe vittime. Le lunghe tribolazioni subite avevano reso l’opinione pubblica americana stranamente malleabile. Non trascorsero neppure otto ore prima che i soliti sapientoni della rete iniziassero a spiegare perché una vittoria totale era stata inevitabile.
La vittoria aveva i suoi vantaggi. Era impossibile opporsi al prestigio di un presidente che era anche un eroe. I sondaggi in suo favore schizzarono oltre i novanta e rimasero lì, come se fossero stati inchiodati all’albero maestro di una nave.
Il presidente non si fece cogliere di sorpresa da questi sviluppi. Non sprecò tempo; non un’ora, e neppure un picosecondo.
Con un ordine esecutivo requisì tutte le linee aree domestiche. Il mattino seguente c’erano sciami di soldati americani in ogni aeroporto olandese. I soldati yankee, storditi dal jet-lag, furono accolti da una popolazione olandese cortese e pentita, che sventolava bandierine a stelle e strisce. Il presidente dichiarò che la guerra era finita — preoccupandosi a stento di chiedere l’autorizzazione del Congresso — e annunciò l’inizio di una nuova epoca americana. Da quel momento in poi, quell’epoca venne conosciuta come il Ritorno alla Normalità.
Come un mago che infili lame in un barile, il presidente inizio a rimodellare il corpo politico americano senza alcuno spargimento di sangue.
Il manifesto della normalità era un documento in ventotto punti piuttosto sorprendente. Attingeva dai programmi di così tanti dei partiti politici americani che questi ultimi vennero presi assolutamente di contropiede. Il piano nazionale del presidente era affatto difforme dalla piattaforma politica del suo partito o del nucleo elettorale che sosteneva il Blocco tradizionale di sinistra. L’idea che il presidente aveva della normalità aveva in serbo sorprese per chiunque.
Il dollaro avrebbe subito una forte svalutazione e sarebbe stato reso di nuovo convertibile. Un’amnistia generale avrebbe liberato chiunque i cui crimini potessero essere considerati sia pure remotamente politici. Un nuovo sistema fiscale avrebbe stangato i super-ricchi e penalizzato severamente la produzione di diossido di carbonio. Gli edifici derelitti e abbandonati sarebbero stati nazionalizzati en masse, e poi ceduti a chiunque fosse disposto a ripararli. Le città abbandonate a se stesse e le cittadine fantasma — e c’erano molte, specialmente nell’Ovest — sarebbero state cancellate dalla faccia della Terra e sostituite da boschi di alberi dalla crescita rapida. Da quel momento in poi i blocchi stradali sarebbero stati considerati un atto di pirateria e sarebbero stati puniti senza pietà da bande mobili della CDIA, che, essendo tutte formate da nomadi dal temperamento decisamente focoso e piuttosto esperti di blocchi stradali, sapevano benissimo come mettere fine a quella pratica.
Venne proposto un emendamento costituzionale per creare un nuovo quarto ramo del governo per i cittadini americani la cui residenza primaria fosse costituita dalle reti virtuali. Le ottocentosette agenzie di polizia federale dell’America sarebbero state ridotte a quattro. C’era anche un piano di riforma per le forze militari americane sorprendentemente vittoriose.
Inoltre, il presidente presentò anche un nuovo piano per la sanità pubblica, più o meno strutturato su quello, molto ragionevole, del Canada. Ovviamente non sarebbe mai stato approvato. Era stato messo lì deliberatamente, in modo che l’opposizione domestica potesse avere il piacere di distruggere qualcosa.
Era impossibile opporsi al fatto compiuto. Men che mai avrebbe potuto opporsi lo stato della Louisiana. Riconoscendo quella svolta irresistibile negli eventi, Green Huey si piegò con il vento.
Si dimise dalla carica di governatore. Implorò il perdono del suo popolo e versò lacrime davanti alle telecamere, esprimendo un profondo pentimento per gli eccessi a cui si era abbandonato in passato e promettendo una politica di cooperazione per il ritorno alla normalità approvata al cento per cento dal governo federale. Anche il vice governatore si dimise, ma nessuno sentì la sua mancanza, visto che era sempre stato il burattino più fedele di Huey.
Il Senato statale, tutto nelle mani di Huey, nominò subito un nuovo governatore. Si trattava di una bella e giovane donna di colore di New Orleans, una ex reginetta di bellezza, una donna tanto avvenente (almeno per essere un funzionario dell’esecutivo) che le telecamere dei media globali non riuscivano a staccarle gli obiettivi di dosso.
Il primo atto del governatore come capo dell’esecutivo fu di perdonare tutti i membri del precedente governo dello Stato, incluso, soprattutto, Green Huey. Il secondo atto fu di formalizzare le relazioni — ‘formali e informali’ — dello stato della Louisiana con i Regolatori. Da quel momento in poi, i Regolatori sarebbero divenuti i fedeli membri locali di una CDIA estesa a livello nazionale, modellata direttamente sull’agenzia federale che il saggio presidente, nella sua infinita bontà, aveva imposto alla repubblica americana. Qualcuno fece notare che alcuni ospiti haitiani dello Stato della Louisiana erano ancora prigionieri dei federali e il nuovo governatore, poiché era di origine haitiana, chiese che venisse loro concessa la grazia.
Una intraprendente krew mediatica — ovviamente dopo avere ricevuto una soffiata — riuscì a localizzare e intervistare alcuni degli haitiani che avevano passato il tempo nel loro kraal medico federale. Gli haitiani, dopo essere stati strappati alle loro abitazioni e sottoposti a una seria infinita di esami clinici, naturalmente espressero un forte desiderio di tornare al loro villaggio nelle paludi. Però, in fin dei conti, si trattava soltanto di haitiani, dunque nessuno prestò molta attenzione ai loro desideri. Rimasero nella loro prigione da immigrati illegali, mentre il presidente attendeva che l’ex governatore facesse la mossa successiva.
Sulla questione del Collaboratorio nazionale di Buna e sui suoi frenetici riformatori, il presidente non disse e non fece praticamente nulla. Evidentemente aveva pensieri più importanti per la testa e quel presidente era nella posizione di fare in modo che i suoi pensieri fossero sempre alla ribalta.
Con la fine improvvisa e sorprendente della guerra, il folle moto di immigrazione verso Buna si ridusse fino a trasformarsi in un rivolo. Poi, cominciò il moto in direzione opposta. Le persone avevano visto abbastanza. I curiosi, i falsi nomadi e i modaioli più superficiali iniziarono a rendersi conto che una società del dopo effetto serra che fosse affascinante, non commerciale e animata da dissidenti intellettuali non faceva per tutti. Vivere lì significava svolgere un mucchio di lavoro. Il semplice fatto che non utilizzasse denaro non significava che non si dovesse lavorare: era vero esattamente il contrario. Quell’unione tra la scienza e una defezione economica di massa avrebbe richiesto una mole enorme di lavoro e un costante sforzo altruistico; molto di esso sarebbe stato necessariamente sprecato in esperimenti che sarebbero falliti, in strade che sarebbe stato meglio non imboccare e su nozioni affascinanti dal punto di vista intellettuale ma che, ben presto, si trasformavano in assurdi vicoli ciechi.
A Buna, oltre i continui festeggiamenti, doveva svolgersi una ricerca scientifica molto rigorosa: la ‘scienza’ come nuova ossessiva potenza, perché adesso era divenuta l’arte per l’arte, la scienza per la scienza. Era un’impresa destinata a una minuscola frazione demografica, totalmente divorata dalla curiosità intellettuale. Adesso tutta l’aria fritta di fervore intellettuale sarebbe uscita dalla cupola e la fredda aria della realtà l’avrebbe resa umida e spiacevole al tocco.
Lavorare nel comitato per la normalità non era stimolante quanto lo era stato in quelli precedenti. Il lavoro era sempre stato stancante, ma i membri non si erano mai annoiati.
Adesso Greta e Oscar stavano scoprendo di avere dei brevi momenti in cui potevano pensare a se stessi. Momenti in cui potevano parlare, e non per l’opinione pubblica. Momenti in cui gli affari di governo conducevano altrove gli altri membri del comitato. Momenti in cui rimanevano da soli.
Oscar si guardò intorno nella sala vuota. Sembrava la fotografia della sua anima: troppo illuminata, vuota, piena di rifiuti.
«È finita, Greta. La campagna è finita. Abbiamo vinto. Siamo al potere. Adesso dobbiamo consolidarci, dobbiamo imparare a governare. Non siamo più ribelli, perché non possiamo guidare marce o proclamare scioperi contro noi stessi. Non possiamo neppure ribellarci contro il presidente: ci sta benevolmente ignorando, applicando il più classico dei comportamenti passivi-aggressivi. Ci sta dando corda. Vuole vedere se ce la faremo, oppure se ci impiccheremo da soli. Adesso dobbiamo fare i conti con la realtà. Dobbiamo stabilizzare la situazione.»
«Stavo proprio aspettando che dicessi questo. Che finalmente era finita, che non ero più Giovanna d’Arco.»
«Io ti ho dipinto come Giovanna d’Arco perché è di questo tipo di immagine che un candidato ha bisogno quando conduce una crociata eroica. Tu non sei certo Giovanna d’Arco. Lei era un genio militare di quindici anni che sentiva voci nella testa. Tu non senti alcuna voce. I rumori che hai sentito durante tutto questo tempo non erano le voci degli angeli, ma una brillante campagna di pubbliche relazioni. Giovanna d’Arco fu condannata al rogo. Fu arrostita. Io non ho messo su questa faccenda affinché tu finissi bruciata. Io non voglio che tu finisca bruciata, Greta. Non ne vale la pena.»
«E allora cosa vuoi da me, Oscar? Tu vuoi una Giovanna d’Arco che, in qualche modo, se la cava, sopravvive. Una contadina schizoide che costruisce un grande castello e poi cosa diventa? Una duchessa francese? Una contadina in sontuose vesti di broccato?»
«E con un principe. Okay?»
«Ma perché il principe dovrebbe davvero avere bisogno di lei? Voglio dire, nel lungo periodo.»
«Be’, il candidato più ovvio sarebbe stato Gilles de Rais — ma è chiaro che quel tizio perse di vista il quadro generale. Non importa; le analogie storiche sono valide fino a un certo punto. Adesso sto parlando di te e di me. Siamo arrivati alla fine della strada. Adesso dobbiamo prendere una decisione. Dobbiamo piantare le tende.»
Greta chiuse gli occhi, fece alcuni respiri profondi. La sala era perfettamente silenziosa, tranne il lieve sibilo dei filtri dell’aria. Lo stress aveva fatto peggiorare le sue allergie; adesso si portava dietro i filtri dell’aria come se fossero borsette. «E così, alla fin fine, tutto questo riguarda me e te.»
«Sì, è così.»
«No. Lascia che ti dica qualcosa su te e me. Quando ti ho visto per la prima volta, ero assolutamente scettica. Non volevo alcun problema. Ma tu continuavi a provocarmi. E io pensavo: ma cosa sta facendo? È un funzionario politico. Io non ho nulla che gli serve. Io sto gettando via la mia vita in questo consiglio, tentando di ottenere un vero e proprio equipaggiamento. E non riuscivo a fare neppure questo. Ma poi mi è venuta in mente questa ipotesi assurda: a questo tizio io piaccio e basta. Pensa che io sia sexy. Vuole venire a letto con me. Era davvero così semplice.» Respirò a fondo. «E poi ho pensato: Greta, questa è davvero una pessima idea. Ma qual è la cosa peggiore che possa capitarmi? Mi troveranno a letto con questo tizio, mi faranno una bella ramanzina e mi sbatteranno fuori dal consiglio. Una prospettiva meravigliosa! Allora potrò tornare al mio laboratorio! E poi mi sono detta: guardalo! È giovane, è attraente, scrive dei bigliettini molto divertenti, manda degli enormi mazzi di fiori. E in lui c’è qualcosa di diverso.»
Greta lo guardò. Oscar non si stava perdendo neppure una parola. Aveva l’impressione di avere atteso per tutta la vita quel discorso.
«Io mi sono innamorata di te, Oscar. So che è vero perché tu sei l’unico uomo di cui sia mai stata gelosa; in precedenza non mi ero mai concessa questo lusso emotivo. Io ti amo e, con mia grande meraviglia, scopro che sei il mio esemplare preferito. Io ti amo davvero per quello che sei, dentro e fuori. E abbiamo avuto una bella storia, in cui mi sono buttata senza alcun timore, perché, alla fin fine, la tua qualità migliore è che sei temporaneo. Non sei il mio destino. Non sei il mio principe. Nella mia vita sei soltanto un visitatore, un commesso viaggiatore.»
Oscar annuì. «Adesso sì che stai ragionando in maniera perfetta.»
«Davvero?»
«Tutto quello che hai detto è assolutamente vero. Io sono sempre stato temporaneo. Io posso dare consigli, posso dirigere campagne elettorali, posso andare e venire. Posso avere brevi relazioni, ma non riesco a fare durare nulla! Il mio padre adottivo mi scelse in base a un impulso. Papà ha avuto quattro mogli e non so quante fidanzate: ogni donna nella mia infanzia mi è passata accanto come un rapido. Ho una febbre permanente. Devo reinventare me stesso ogni mattina. Ho fondato un’azienda, ma l’ho venduta. Ho costruito una casa, ma è vuota. Ho costruito un albergo, ma non posso gestirlo. Qui ho formato una coalizione, un’intera nuova società, una città per ospitarla, un faro con altoparlanti e bandiere, ma non riuscirò a rimanere. Io sono il suo padre fondatore, il suo principe, ma non appartengo a questo posto. Non riesco mai a rimanere da nessuna parte.»
«Oh, santo cielo.»
«Ti sto dicendo delle cose ragionevoli?»
«Oscar, ma mi spieghi come faccio a rimanere io? Non posso andare avanti così, sono assolutamente esausta. Ho fatto quel che dovevo, non posso dire che tu mi abbia usato. Ma qualcosa mi ha usata. È stata la storia, e sta continuando a farlo. E il nostro rapporto si è usurato.»
«Greta, noi dovremmo fare la cosa più giusta: dichiarare tutto pubblicamente. Prendiamo una decisione. Io voglio che tu mi sposi.»
Greta si prese la testa tra le mani.
«Senti, non fare così. Ascoltami. Possiamo farlo funzionare. È fattibile. In effetti, è una mossa geniale.»
«Oscar, tu non mi ami.»
«Ti amo per quanto posso amare qualcun altro.»
Greta lo fissò con espressione stupita. «Che modo brillante per evadere la mia domanda.»
«Tu non troverai mai un altro uomo che sia così attento ai tuoi interessi. Se trovi un altro uomo che vuoi sposare, lasciami per lui! Non ho paura che possa accadere. Non succederà mai.»
«Dio, parli in modo meraviglioso.»
«Non ti sto mentendo, sono assolutamente onesto. E voglio fare di te una donna onesta. Sto finalmente prendendo una decisione. Il matrimonio è un’istituzione magnifica. I matrimoni sono un grande teatro simbolico… specialmente quelli di Stato. Era una normale relazione di guerra e adesso è un matrimonio di pace, terribilmente normale e ragionevole. Organizzeremo una grande festa, inviteremo un mucchio di gente. Ci scambieremo gli anelli, getteremo il riso. Metteremo radici.»
«Noi non abbiamo radici. Siamo gente della rete. Abbiamo radici aeree.»
«È la cosa più giusta da fare. È necessario. In effetti, è l’unico modo in cui noi due possiamo andare avanti.»
«Oscar, noi non possiamo andare avanti. Il mio matrimonio con te non può fungere da collante di un’intera comunità. Rendere legittimo il legame tra due persone non legittima anche la loro comunità. Non è giusto. Io sono un leader di guerra e un leader di sciopero — io ero Giovanna d’Arco. Nessuno mi ha eletto. Io governo grazie alla forza e a un’abile propaganda. I veri poteri siete tu e il tuo amico Kevin. E lui è come qualsiasi bandito che giunga al potere: è uno spaventoso piccolo bruto. Mi porta enormi dossier, opprime le persone, le spia. Sono stufa di tutto questo. Mi sta trasformando in un mostro. Non può andare avanti, non è giusto. Non c’è alcun futuro in questo.»
«Hai riflettuto molto su questa faccenda, vero?»
«Sei stato tu a insegnarmi a pensare. Sei stato tu a insegnarmi a pensare in maniera politica. Tu sei un buon tattico, Oscar, sei davvero molto brillante, sai tutto sui vizi e sulle debolezze delle persone, ma non sai nulla sulla loro onestà e sulla loro forza. Non sei un grande stratega. Conosci tutti i trucchi più sporchi con le pietre del go negli angoli, ma non hai una visione globale del gioco.»
«E tu ce l’hai?»
«In parte. Io conosco abbastanza bene il mondo da sapere che per me il posto migliore è il mio laboratorio.»
«E così stai rinunciando?»
«No… Sto solo andandomene finché sono in vantaggio. Qui qualcosa funzionerà, qualcosa durerà. Ma non si tratta di un nuovo mondo. Si tratta soltanto di un altro sistema politico. Non possiamo rinchiuderci in un nido a tenuta stagna, con me come ape regina. Devo dimettermi dalla mia carica, devo andare via. Forse allora questa faccenda si consoliderà e sarà possibile costruire qualcosa dotato di fondamenta solide.»
«Forse riusciremo a raggiungere un risultato migliore. Forse sono davvero un grande stratega.»
«Tesoro, non è così! Sei bravo, ma sei giovane, e non sei molto saggio. Non puoi diventare re sposando la tua regina di cartapesta, che hai creato spostando una pedina sulla scacchiera. Non dovresti neppure desiderare di diventare re: è un lavoro schifoso. Una situazione come questa non ha bisogno di un altro stupido tiranno con tanto di corona dorata, ha bisogno… ha bisogno di un fondatore di civiltà, di un santo, di un profeta, di qualcuno che sia incredibilmente saggio, altruista e generoso; di qualcuno che possa ricavare delle leggi e un ordine dal caos, la giustizia dal clamore e un significato dalla confusione totale.»
«Dio mio, Greta, non ti ho mai sentito parlare così!»
Lei ammiccò. «Non credo di avere mai pensato queste cose prima di adesso.»
«Quello che stai dicendo è assolutamente vero. È la cruda e dura verità ed è brutta, tremendamente brutta, è peggio di quanto avessi mai immaginato; ma sai, adesso sono felice di saperlo. Mi piace sempre sapere cosa devo affrontare. Rifiuto di ammettere qui la mia sconfitta. Rifiuto di fare le tende. Io non voglio lasciarti. Non riuscirei a sopportarlo. Tu sei l’unica donna che mi abbia mai capito.»
«Mi dispiace di capirti a tal punto da dirti quello che non puoi fare.»
«Greta, non abbandonarmi. Non scaricarmi. Qui ho trovato davvero qualcosa, sono sul punto di fare qualcosa di sensazionale. Hai perfettamente ragione per quanto riguarda il problema della dittatura, è una sfida politica assolutamente reale. Adesso siamo sfiniti, siamo ridotti all’osso, ci siamo impantanati nelle piccole cose. Le tattiche per andare avanti giorno per giorno sono inutili, ma abbandonare a se stesso questo posto significa lavarsene le mani. Dobbiamo creare qualcosa di grande e di permanente, abbiamo bisogno di una verità più alta. No, non più alta, ma più profonda, abbiamo bisogno di un pavimento di granito. Niente più castelli di sabbia, niente più improvvisazione. Abbiamo bisogno di un genio. E quel genio sei tu.»
«Sì, ma non di questo tipo.»
«Ma tu e io potremmo riuscirci insieme! Se solo avessimo del tempo per concentrarci davvero, se soltanto potessimo parlare insieme come stiamo facendo adesso. Ascolta. Mi hai convinto: sei più saggia di me, più realistica. Sono d’accordo con te su tutta la linea. Lasceremo questo posto. Fuggiremo insieme. Lascia perdere lo sfarzoso matrimonio di Stato e gli anelli e il riso. Andremo in… be’, certo non in qualche isola, stanno tutte affondando… Andremo nel Maine. Rimarremo lì un mese, due mesi, un anno. Rinunceremo alla rete, useremo penne e candele. Ci concentreremo sul serio, senza alcuna distrazione. Redigeremo una costituzione.»
«Cosa? Lascia che se ne occupi il presidente.»
«Quel tizio? Ma lui è come tutti gli altri! È un socialista, ci renderà tutti sani di mente e pragmatici, proprio come gli europei. Ma questo posto non è l’Europa! L’America è stata creata quando la gente si è stufata dell’Europa! La normalità per l’America non consiste nel soffiarti il naso e nel controllare le emissioni di diossido di carbonio. Per l’America, la normalità consiste nel progresso tecnologico. Certo, per un po’ ci è sfuggito di mano, il resto del mondo ci ha fatto lo sgambetto, ci ha imbrogliato; vogliono che il mondo sia tutto quadri di Rembrandt e risaie fino al giorno del giudizio, ma adesso ci siamo alzati dal nostro capezzale. Per l’America la normalità consiste in rapidi e costanti mutamenti scientifici. Ciò di cui abbiamo bisogno è un cambiamento pianificato. Il progresso. Sì, noi abbiamo bisogno del progresso!»
«Oscar, il tuo volto sta diventando paonazzo.» Greta allungò un braccio.
Lui allontanò di scatto il polso. «Smettila di tentare di sentirmi il polso. Sai che odio quando lo fai. Ascoltami con attenzione, sto facendo in modo che una certa persona mi ami davvero. Sto facendo tutto questo per te, Greta. Sono assolutamente serio, possiamo farlo domani mattina. Una lunga vacanza insieme in Maine, in qualche romantica capanna. Dirò a Lana di affittarne una, lei sa come fare.»
Greta sbarrò gli occhi. «Cosa? Domani? Lana? Noi due nella natura incontaminata? Ma non possiamo abbandonare la piccola ragazza del Kama Sutra, Clare Lana Ramachandran!»
Oscar la fissò. «Cosa hai detto?»
«Mi dispiace. Non volevo dire questo di Lana. Lei non può farci nulla se ti ama. Ma non mi dispiace di quello che ho detto su Clare. Hai bevuto qualcosa con lei! Me lo ha detto Kevin.»
Oscar era sbalordito. «Ma come siamo arrivati a questo argomento?»
Il viso di Greta divenne rosso di rabbia. «Io ci penso sempre anche se non lo dico mai ad alta voce! Clare, Lana, la moglie del senatore, Moira, tutte quelle donne affascinati con le unghie smaltate che vogliono metterti addosso i loro artigli…»
«Greta, smettila. Fidati di me! Ti sto chiedendo di sposarmi. Ma senti, Moira! Mettitelo in testa: ciò che ti offro è vero, solido, permanente. Dimmelo una volta per tutte: mi sposerai?»
«Cosa? Moira è una della tua krew, vero? È venuta a chiederti scusa.»
«Ma Moira lavora per Huey! Quand’è che l’hai vista?»
«Moira è venuta nel mio ufficio. Mi ha portato un nuovo filtro dell’aria. È stata molto carina.»
Oscar fissò con orrore il filtro fissato al gomito. Adesso si era abituato. Erano dappertutto, erano così innocui. Stavano ripulendo il miasma lasciato dal gas biologico usato come cavallo di Troia da Huey. «Oh, Greta. Ma come hai potuto accettare un regalo da quella donna?»
«Ha detto che si trattava di un tuo regalo. Vedi, odora di rose.» Diede una pacca sulla scatoletta, poi sollevò lo sguardo con un’espressione dolorosa e stupita, mentre una terribile consapevolezza iniziava a sorgere nella sua mente. «Oh, tesoro, pensavo che lo sapessi. Pensavo che tu sapessi tutto.»
Il Collaboratorio era stato progettato per affrontare la contaminazione biologica. Fu necessario isolare l’intero edificio dell’amministrazione. Il gas emesso dal falso filtro dell’aria era stato progettato in maniera particolarmente ingegnosa: particelle grandi pochi micron e simili al polline. Le particelle risalivano lungo il tratto nasale come una presa indolore di cocaina, poi il loro contenuto filtrava oltre la barriera emato-encefalica del cervello e operava effetti misteriosi e ai limiti della stregoneria.
Oscar e Greta, dopo avere stancamente indossato delle tute di decontaminazione, furono trasportati, con i volti arrossati e l’andatura barcollante, nella clinica della Zona Calda. Lì vennero lavati e sottoposti a un esame minuzioso. La buona notizie fu immediata: non stavano morendo. La cattiva notizia ci mise un po’ più di tempo ad arrivare. La loro pressione sanguigna era alta, i volti erano congestionati, la loro andatura e la loro postura avevano risentito dell’avvelenamento, soffrivano di strane turbe del linguaggio. Gli esami eseguiti con la tomografia a emissione di positroni mostrarono due macchie rosse altamente anormali di elaborazione cognitiva, due zone calde itineranti quando il cervello avrebbe dovuto averne soltanto una. Il ritmo primario delle onde cerebrali era accompagnato da un chiaro ritmo secondario.
Oscar era stato avvelenato, gentilmente, lentamente, proprio mentre pronunciava il discorso più importante della sua vita. Quella terribile consapevolezza lo fece piombare in una rabbia quasi animale. La reazione rivelò un’altra qualità degna di nota del suo cervello avvelenato: poteva pensare a due cose contemporaneamente, ma questo lo affaticava a tal punto da fargli perdere il controllo sui propri impulsi.
Un’infermiera si offrì di somministrargli un sedativo. Oscar rispose in tono gentile di sentirsi un po’ iperattivo e accentuò quell’impressione urlando un diluvio di insulti personali e prendendo a calci una parete. Questo comportamento provocò l’immediata somministrazione del sedativo, con risultante doppia incoscienza.
A mezzogiorno, Oscar era di nuovo vigile, si sentiva simultaneamente stordito e pronto a scattare. Andò a trovare Greta, ospitata in una cella di decontaminazione separata. Greta aveva trascorso una nottata molto tranquilla. Adesso era seduta sul letto d’ospedale, le gambe piegate, le braccia in grembo, lo sguardo fisso nel vuoto. Non gli parlò, non lo vide neppure. Era completamente sveglia, ma profondamente immersa dentro di sé, in maniera assolutamente indescrivibile.
Un’infermiera tenne d’occhio Oscar mentre fissava Greta provando una sensazione dolceamara. Amaro, dolce; amaro/dolce: dolceamaro. Greta era in estasi, in perfetto silenzio, voracemente immersa in sé; Greta non era mai sembrata così simile a se stessa. Toccarla sarebbe stata un vero sacrilegio.
Accompagnato dall’infermiera, Oscar tornò nella sua cella. Si chiese quali effetti l’avvelenamento avesse avuto su Greta. Sembrava colpire ogni persona in maniera diversa. Forse c’erano tanti modi di pensare doppio quanti ce n’erano di pensare singolo.
Quando chiudeva gli occhi, Oscar riusciva a somatizzare quella sensazione. Era come se il suo cranio sovraffollato ospitasse un paio di vesciche, liquide e cedevoli, come se avesse una coppia yin-yang incorporata. Uno dei fuochi dell’attenzione era ‘in primo piano’, l’altro sullo ‘sfondo’, e quando quello in primo piano affiorava nella coscienza diretta, l’altro scivolava dietro di lui. E al loro interno avevano spazi pulsanti. Spazi che contenevano il nucleo nascente di altri flussi di coscienza. Come icone viventi, in attesa di un tocco mentale per essere visualizzate nella coscienza.
Kevin entrò nella cella. Oscar lo sentì zoppicare, fu pienamente cosciente della sua presenza; ci volle uno strano momento per comprendere che avrebbe dovuto fare la fatica di aprire gli occhi e di guardare.
«Grazie a Dio sei qui!» sbottò.
«Ecco quello che mi piace di te» replicò Kevin, ammiccando. «Il tuo entusiasmo.»
Con uno sforzo, Oscar non rispose nulla. Se si impegnava a fondo, riusciva a controllare l’impulso di gridare ad alta voce i propri sentimenti. Tutto quello che doveva fare era premere la lingua contro il palato, stringere i denti e respirare ritmicamente attraverso il naso.
«Non hai un’aria tanto malconcia» commentò Kevin in tono meditabondo. «Sei un po’ rosso e hai il collo rigido come quello di una giraffa sotto anfetamina, ma non sembri pazzo.»
«Io non sono pazzo. Sono soltanto diverso.»
«Uh-uhu.» Kevin prese una sedia di metallo disinfettata e concesse un po’ di sollievo ai suoi piedi doloranti. «Ecco, ehm, scusami per quel problema di sicurezza.»
«Sono cose che capitano.»
«Sì. Vedi, il vero problema erano tutte le persone di Boston che facevano parte della krew di Bambakias. La moglie del senatore poi… Si è data un mucchio da fare per convincerti che avrei dovuto chiudere un occhio sulla faccenda della portavoce. Sai, il fatto che tu e quella pupa eravate stati insieme e tutto il resto. Grandioso, ho pensato, meglio seppellire tutto; ma poi, entra questa Moira Matarazzo che era l’ex portavoce del senatore… Vedi, a un certo punto ho perso il filo. Ecco tutto. Non sono stato capace di gestire la faccenda. Tutti questi tizi di Boston che facevano parte della krew di Bambakias, e gli ex membri e i membri degli ex membri; senti, nessuno riuscirebbe a stare dietro a queste stronzate. Al diavolo, non so neppure se io faccio ancora parte della tua krew!»
«Ho capito il quadro, Kevin. È un effetto collaterale di quello che è, sostanzialmente, un processo di socializzazione basato sull’influenza, policefalo, segmentato, basato sulle reti, distribuibile, semilegale e semifeudale.»
Kevin attese educatamente che le labbra di Oscar cessassero di muoversi. «Per quel che vale, ho ricostruito i movimenti di Moira. Nella cupola, nell’edificio dell’amministrazione, fuori della cupola… Sono praticamente sicuro che non ha lasciato nessuna di quelle bombe a tempo per il resto di noi.»
«Huey.»
Kevin rise. «Ma certo che è stato lui!»
«Ma è così inutile e meschino da parte sua farci adesso una cosa simile. Dopo la fine della guerra, dopo che ormai si è dimesso dalla sua carica. Proprio quando io ero pronto a lasciare perdere tutto.»
«E così volevi davvero lasciarci.»
«Cosa?»
«Ho sentito tutto. Ho dimenticato di dirti che ho ascoltato i nastri dell’incidente dell’avvelenamento. Quella romantica discussione che tu e la dottoressa Penninger stavate avendo mentre venivate avvelenati.»
«Hai messo sotto sorveglianza quella sala?»
«Ehi, amico, io non sono cerebroleso. Ma certo che l’ho messa sotto sorveglianza! Non che abbia il tempo di ascoltare tutte le conversazioni in ogni stanza che sorveglio… Ma quando viene sferrato un attacco di guerra biologica in una di esse, puoi scommetterci che mando indietro i nastri e li ascolto! Io sono molto attento, Oscar. Io imparo in fretta. Sono un ottimo poliziotto, davvero.»
«Non ho mai detto che non eri un buon poliziotto, incompetente chiacchierone.»
«Cavolo, ci siamo di nuovo… Sai che parli con due voci diverse quando dici cose contraddittorie come questa? Devo eseguire un analisi sulla pronuncia, scommetto che potrei mandare in tilt un bel po’ di programmi di analisi.» Kevin si rilassò contro lo schienale delle sedia e poggiò un piede sul letto di Oscar, che pensò che Kevin stava prendendo quegli sviluppi con molta calma. Ma Kevin aveva già assistito a quel fenomeno tra gli haitiani. Aveva avuto il tempo per abituarsi all’idea.
«Ma certo che ho avuto tempo di abituarmi all’idea» sembrò leggergli nel pensiero Kevin. «È ovvio. Parli da solo, in modo da sapere cosa stai pensando. Sai, riconosco la sindrome. Che diavolo, proprio quando mi ero appena abituato al tuo altro problema… Oscar, non siamo sempre andati d’accordo?»
«Certo.»
«Devo confessarti che sono rimasto molto ferito quando la dottoressa Penninger ha detto che io ero uno ‘spaventoso piccolo bruto’. Che ‘opprimevo le persone’ e che ‘le spiavo’. E tu non mi hai difeso, cazzo! Non le hai detto neppure un parola.»
«Io le stavo chiedendo di sposarmi.»
«Le donne!» grugnì Kevin. «Non so proprio cosa pensare di loro. Semplicemente, non sono razionali. O sono subdole come Mata Hari e portano bombe di gas avvelenato… Oppure sono come la dottoressa Penninger, la Rigida Regina dei Ghiacci della Luce e della Verità Eterne… Non riesco a capire cosa ci voglia per fare loro piacere! Voglio dire, noi pirati informatici abbiamo tutto in comune con gli scienziati. Il nostro obiettivo fondamentale è la conoscenza nascosta: come trovarla, chi la trova e chi diventa famoso per averlo fatto. Ecco cos’è la scienza. Mi piaceva lavorare per lei, pensavo che capisse quello che facevo. Mi sono ammazzato di lavoro per quella donna, ho fatto tutto quello che mi ha chiesto e le ho fatto dei favori che non sa neppure di avere ricevuto. Per me era un modello, dannazione! E cosa ottengo come ricompensa per la mia fedeltà? La spavento. Vuole purgarmi.»
Oscar annuì. «Abituati all’idea. Questa è una pulizia radicale. Huey ci ha fatto fuori. È una vera e propria decapitazione. Adesso io riesco a stento a parlare. E Greta è immersa in qualche trance non verbale ebefrenica catatonica schizoide in stato di veglia.»
«Ehi, hai sicuramente qualche problema con l’aggettivazione, ma non preoccuparti, capisco lo stesso cosa vuoi dire. O mi impadronisco del potere adesso e tento di governare tutta la baracca come un stato di polizia segreta. Oppure io… non so… mi affretto a filarmela a Boston. Fine della storia. Una bella vanteria da pirata informatico, vero? Una bella storia da raccontare nei bar.»
«Kevin, tu non puoi tenere in piedi questo posto da solo. Le persone non si fidano di te.»
«Oh, questo lo so, cavolo. Sei tu a fare i grandi favori e usi me come tuo gorilla per intimidire le persone. So bene che io ero il tuo gorilla, il tuo scagnozzo. Anche per mio padre era così. I padri fondatori sono soltanto un mucchio di tizi bianchi morti; adesso tutti i presidenti scolpiti sul monte Rushmore sono spaventosi ceffi anglo. Noi siamo i violenti. Ero abituato a quel ruolo. Ehi, Oscar, ero felice di avere quel lavoro.»
«Adesso voglio che tu mi aiuti, Kevin.»
«Aiutarti a fare cosa, amico?»
«A uscire di qui.»
«Nessun problema, capo. Sono ancora il capitano Scubbly Bee. Al diavolo, mi stavo facendo un culo così per diventare il colonnello Scubbly Bee! Sicuro, posso portarti fuori da questo posto. Dove vuoi andare?»
«A Baton Rouge, o in qualsiasi altro posto si stia nascondendo Huey.»
«Oh ho! Non che io dubiti delle tue facoltà di giudizio, ma ho da farti una controproposta grandiosa. Boston, okay? La buona vecchia acqua fangosa! Beacon Hill, Charlestown, Cambridge… Tu e io siamo vicini, amico. Viviamo nella stessa strada! Potremmo andare a casa insieme. Potremmo berci una vera birra, in un vero bar di Boston. Potremmo andare a un incontro di hockey.»
«Devo parlare con Huey» replicò Oscar in tono piatto. «Ho un grande problema personale con lui.»
Ormai Green Huey era in semipensionamento. In quei giorni, era impegnato a tagliare un bel po’ di nastri cerimoniali. Era un po’ difficile fare tutte quelle apparizioni pubbliche circondato da una falange militante di guardie del corpo dei Regolatori, ma Huey si divertiva a godersi lo spettacolo. All’ex governatore era sempre piaciuto farsi una bella risata e lui sapeva come fare divertire le persone.
Oscar e Kevin si vestirono come dei vagabondi, superarono la membrana sociale che divideva i normali cittadini dai nomadi e iniziarono a seguire le tracce del governatore. Si fermavano a dormire negli alberghi più malfamati, oppure in aree di sosta sul ciglio della strada, in tende militari acquistate a una svendita. Bruciarono i loro documenti di identità e indossarono cappelli di paglia, stivali di gomma e tute. Kevin passava per il tizio che si prendeva cura di Oscar, un uomo zoppo che viaggiava con la chitarra. Oscar passava per il cugino di Kevin, un po’ tonto, che borbottava continuamente tra sé e suonava la fisarmonica. Perfino in una terra che aveva amato molto la musica della fisarmonica, nella maggior parte dei casi Kevin e Oscar venivano evitati. Era uno spettacolo spaventoso vedere quei due musicisti ambulanti un po’ fuori di testa, che viaggiavano con strumenti malconci; si correva il rischio che da un momento all’altro iniziassero a intonare una canzone.
Oscar aveva finalmente perso la pazienza con Huey. Su quella faccenda aveva due opinioni, ma adesso aveva due opinioni su qualsiasi cosa. Da una parte, voleva affrontare pubblicamente l’ex governatore. E dall’altra, voleva semplicemente ucciderlo. In quel momento, a Oscar la seconda ipotesi sembrava molto più ragionevole, visto che uccidere personaggi pubblici non era un comportamento insolito per dei vagabondi fuori di testa che non avevano nulla da perdere. Lui e Kevin ebbero alcune discussioni molto serie sull’argomento. Kevin sembrava oscillare tra il pro e il contro. Oscar era pro e contro nello stesso momento.
Il vero problema era che riusciva a concepire un numero tale di metodi da rimanere assolutamente confuso. Oscar trovava estremamente difficile smettere di pensarci, visto che era in grado di contemplare così tanti aspetti diversi della questione contemporaneamente. Uccidere Huey. Mutilarlo, magari rompergli le braccia. Ridurlo a un invalido su una sedia a rotelle aveva degli aspetti affascinanti. Accecare Huey aveva un certo fascino biblico. Ma come riuscirci? L’uso di fucili a lunga gittata era impossibile per dilettanti che non avevano mai maneggiato armi da fuoco. E il possesso di armi da fuoco avrebbero loro assicurato un arresto quasi immediato. Il veleno sembrava un’eventualità intrigante, ma avrebbe richiesto una lunga preparazione e un mucchio di risorse.
«Tu fai parte del consiglio per la sicurezza nazionale, vero?» gli chiese Kevin mentre si infilavano nei sacchi a pelo accompagnati dal frinire dei grilli e beatamente lontani dalla sinistra miriade di microspie che infestavano le zone urbane. «Pensavo che vi addestrassero a fare cose spaventose con il sugo dei sigari.»
«Il presidente non ordina l’assassinio dei suoi avversari politici interni. Se venisse smascherato, sarebbe processato. E questo sarebbe assolutamente controproducente.»
«Ma tu non sei uno dei suoi agenti?»
Fu molto saggio da parte di Kevin avere puntualizzato una cosa del genere. Oscar riconobbe di essersi lasciato trascinare nei proliferanti meandri dei suoi processi cognitivi. Il giorno seguente si fermarono in un fetido ristorante alla periferia della cittadina di Mamou e chiamarono il consiglio per la sicurezza nazionale da un telefono satellitare pubblico.
Passò un po’ di tempo prima che il superiore di Oscar rispondesse a una chiamata su una linea assolutamente non sicura che proveniva dal cuore del paese dei cajun. Quando rispose, era livido di rabbia. Oscar annunciò che era stato avvelenato, che non era più compos mentis, che aveva sofferto un tremendo crollo mentale, che non poteva più essere considerato responsabile delle proprie azioni, che non era più in grado di ricoprire un incarico nell’amministrazione e che perciò si dimetteva dal suo incarico, con effetto immediato. Il suo superiore gli ordinò di volare subito a Washington per sottoporsi a un esame medico completo. Oscar replicò che questo non faceva parte dei suoi programmi, adesso che era diventato un privato cittadino. Il suo superiore lo informò che sarebbe stato arrestato. Oscar gli fece notare che, in quel momento, si trovava nel cuore dello Stato della Louisiana, i cui abitanti nutrivano scarsa simpatia per gli agenti federali. Aveva parlato molto; la lingua iniziò a dolergli.
Kevin stava avendo un colpo di genio dopo l’altro e suggerì che poteva essere una buona idea tagliare qualsiasi legame anche con il senatore Bambakias. Andarono a mangiare un brunch di fagioli rossi e riso e quando tornarono trovarono il telefono pubblico circondato da Regolatori in veloci camioncini pick-up. Tentarono di guadagnare qualche soldo con la chitarra e la fisarmonica, ma vennero mandati a quel paese.
Viaggiarono in autostop da Mamou a Eunice e fecero un’altra chiamata da un telefono pubblico, questa volta all’ufficio del senatore a Washington. Il senatore non era più a Washington. Bambakias era impegnato in una missione nell’Olanda conquistata di recente. In effetti, l’intera commissione del Senato per le relazioni estere aveva piantato le tende a L’Aia, in un edifico sgombrato dal governo olandese. Oscar si scusò, fu sul punto di riattaccare, quando il senatore fu in linea. Stava parlando dall’altra parte dell’Atlantico, era stato svegliato da un sonno profondo, ma era ansioso di parlare con Oscar.
«Oscar, sono così felice che tu abbia chiamato. Non riattaccare! Abbiamo saputo tutto su quello che è successo. Lorena e io siamo stati davvero male. Inchioderemo Huey alle sue responsabilità. So che significa smascherare anche me sulla faccenda di Moira, ma sono disposto ad affrontare tutte le conseguenze. Huey non può continuare a distruggere le persone in questo modo, è atroce. Non possiamo vivere in un paese come questo. Dobbiamo prendere posizione!»
«Questo è molto bello da parte sua, senatore. Coraggiosa ammissione di principio è stata tutta colpa mia.»
«Oscar, ascoltami con attenzione. Gli haitiani sono sopravvissuti a questa faccenda, e lo farai anche tu. I neurologi di tutto il mondo stanno lavorando sul problema. Sono furiosi per quello che è stato fatto alla dottoressa Penninger, è un affronto personale per loro e la loro professione. Vogliamo che tu venga a L’Aia e che tenti di sottoporti a qualche cura qui. In Olanda ci sono degli ospedali eccellenti. In effetti, tutte le infrastrutture sono meravigliose. Non hanno mai sentito parlare di blocchi stradali. Questi edifici del governo sono di alta classe. La commissione per le relazioni internazionali sta svolgendo più lavoro qui a L’Aia di quanto abbia fatto in un anno a Washington. Tu hai delle risorse, Oscar. C’è ancora speranza. I tuoi amici vogliono aiutarti.»
«Senatore, anche se riusciste ad aiutare Greta, io sono un caso speciale. Ho un corredo genetico unico, con me normali trattamenti neurali colombiani inutili.»
«Non è vero! Hai dimenticato che in Europa ci sono tre donne danesi che praticamente sono tue sorelle. Hanno sentito parlare dei tuoi problemi e vogliono aiutarti. Le ho appena incontrate e ho parlato con loro di persona. Adesso penso di capirti meglio di quanto abbia mai fatto prima. Diglielo anche tu, Lorena.»
La moglie del senatore venne al telefono. «Oscar, sta’ a sentire Alcott. Ti sta dicendo delle cose perfettamente ragionevoli. Anch’io ho incontrato quelle donne. È ovvio che tu sei il migliore del gruppo di cloni, ma loro vogliono aiutarti lo stesso. Sono sincere e anche noi lo siamo. Tu sei molto importante per noi. Sei rimasto accanto ad Alcott e a me nei nostri momenti peggiori, e adesso tocca a te, ecco tutto. Ti prego, lascia che ti aiutiamo.»
«Lorena, io non sono pazzo. Sono almeno due anni che Huey si trova in questo stato e neppure lui è pazzo. Si tratta soltanto di un tipo di cognizione completamente diverso. A volte ho delle difficoltà a fare chiarezza su determinate questioni, ecco tutto.»
Improvvisamente la voce di Lorena si allontanò. «Convincilo tu, Alcott! Adesso sta parlando in vero inglese!»
Bambakias riprese la cornetta, usando la sua voce baritonale dal tono caldo e deciso. «Oscar, tu sei un professionista, un vero protagonista. I protagonisti non si arrabbiano. Si limitano a vendicarsi. Non hai bisogno di vagabondare in Louisiana in compagnia di un pirata informatico anglo con la fedina penale sporca. Questa non è una mossa da protagonista. Inchioderemo Huey per quello che ti ha fatto; ci vorrà un po’ di tempo, ma ce la faremo. Huey ha commesso un errore fatale: ha avvelenato un membro del consiglio per la sicurezza nazionale del presidente. Non mi importa se Huey ha un cranio imbottito di motori turbo o di postbruciatori. Insultare Two Feathers avvelenando con il gas un membro del suo staff è stata una mossa stupida. Il presidente è un uomo molto duro e, cosa molto più importante, si è dimostrato un politico molto migliore di un ex governatore di un piccolo Stato del Sud.»
«Senatore, la sto ascoltando e penso che lei abbia ragione!»
Bambakias espirò lentamente. «Grazie a Dio.»
«Prima non avevo pensato molto all’Olanda. Voglio dire, l’Olanda ha parecchio potenziale. Voglio dire, praticamente adesso l’Olanda è nostra, vero?»
«Sì, hai ragione. Vedi, l’Olanda è la nuova Louisiana. La Louisiana è roba vecchia! Tu e io avevamo ragione nell’occuparci della Louisiana, lì c’erano davvero dei grossi problemi, ma adesso, in quanto stato ribelle, la Louisiana è trascurabile. Sono gli olandesi il vero futuro. Sono una nazione seria, organizzata e con uno spiccato senso degli affari, gente che sta prendendo misure ragionevoli e coerenti per il clima e l’ambiente. Che tu ci creda o no, sono molto più avanti degli Stati Uniti in un mucchio di campi — specialmente in quello bancario. La Louisiana è troppo pittoresca. I suoi abitanti non sono persone serie, ma psicotici visionari che si ingozzano di gamberi. Adesso abbiamo bisogno di un’organizzazione politica seria, di un ritorno alla normalità. Huey è un uomo finito, è andato. È un pazzoide logorroico che semina innovazioni tecnologiche qua e là — come se diffondere un mucchio di idee balzane potesse rendere più felice l’umanità. Si tratta di pura demagogia, è una follia. Abbiamo bisogno di buon senso, di stabilità politica e di politiche ragionevoli e applicabili. Ecco a cosa serve il governo.»
Oscar rifletté su quelle straordinarie dichiarazioni. Pensieri e ricordi si affollarono nella sua mente come un caleidoscopio. «Sa che adesso lei è veramente diverso, Alcott?»
«Prego?»
«Mi riferisco alle cure a cui si è sottoposto. Hanno completamente modificato la sua personalità. Adesso è realistico, ragionevole, prudente. In una parola, lei diventato noioso.»
«Oscar, sono sicuro che hai qualche idea interessante su questa faccenda, ma questo non è il momento di perdersi in chiacchiere. Dobbiamo rimanere nel seminato. Dimmi che verrai a L’Aia e ti unirai a noi. Lorena e io sentiamo di essere la tua famiglia — in questo momento, facciamo le veci della tua famiglia. Puoi venire qui, in Olanda, e riprendere il tuo incarico nella krew; noi metteremo a posto tutto. È una promessa.»
«Molto bene, senatore, lei mi ha convinto. Non si rimangerebbe mai la sua parola e io sono davvero commesso dal suo invito. Mi rendo conto di essere stato molto impulsivo. Non posso comportarmi così, senza alcuna preparazione. Devo riflettere bene su queste cose.»
«È magnifico! Sapevo che sarei riuscito a farti ragionare. Sapevo che sarei riuscito a tirarti su. Ma penso che abbiamo parlato troppo a lungo. Temo che questa linea non sia sicura.»
Oscar si girò verso Kevin. «Il senatore dice che questo telefono non è sicuro.»
Kevin scrollò le spalle. «Be’, è un telefono scelto a caso e la Louisiana è uno stato molto grande. Huey non può certo tenere sotto controllo tutti i telefoni.»
Due ore dopo vennero arrestati lungo il ciglio della strada dalla polizia statale della Louisiana.
Green Huey presiedeva a un evento culturale a Lafayette. Lui e una parte delle sue guardie del corpo semi-legali erano affacciati a un balcone da cui si poteva osservare il festival folk: un fandango che si stava svolgendo in un silenzio quasi assoluto. Almeno mille persone erano impegnate in una caleidoscopica danza popolare. Indossavano tutti cuffie con monitor posizionali e un codice contenuto nella musica silenziosa dirigeva il loro fluire. Sembravano liberi e prigionieri nello stesso istante, irreggimentati ma spontanei, bacchici ma diretti in modo squisito.
«Sapete, mi piacciono davvero questi eventi folkloristici» commentò Huey, appoggiandosi alla balconata in ferro battuto dell’albergo. «Voi ragazzi yankee siete giovani e baldi, una volta o l’altra dovreste buttarvi nella mischia.»
«Io non ballo» replicò Kevin.
«È un vero peccato che il Moderatore abbia i piedi piatti» replicò Huey, socchiudendo gli occhi per la luce del sole e aggiustandosi il cappello di paglia. «Però, Oscar, non so proprio perché ti sia portato dietro il giovane zoppo. Lui non è un protagonista.»
«Ero io che mi prendevo cura del suo protagonista» ribatté Kevin. «Ero io a pulirgli la bava dal mento.»
Oscar e Kevin indossavano tute di prigione bianche. Avevano le mani ammanettate dietro la schiena. Erano stati trascinati sul balcone, perfettamente visibili dalla folla sottostante, ma le persone sembravano assolutamente ignorare la loro vista. Forse Huey passava la maggior parte del tempo da pensionato a chiacchierare con prigionieri ammanettati.
«Pensavo che prima avresti chiamato» commentò Huey, voltandosi verso Oscar. «Pensavo che avessimo un accordo — che mi avresti chiamato e chiarito la situazione quando avremmo avuto un piccolo contrattempo.»
«Oh, noi speravamo in un’udienza personale, governatore. Però ci siamo leggermente distratti.»
«Il trucco della chitarra e della fisarmonica è stato un vero colpo di genio. Suoni davvero la fisarmonica, Oscar? Sai fare le scale diatoniche e tutto il resto?»
«Sono soltanto un principiante» si schermì Oscar.
«Oh, rimarresti sorpreso da quanto sia facile suonare musica nello stato in cui sei adesso. È facilissimo. Puoi suonare mentre canti, o mentre balli, o, al diavolo, mentre detti appunti finanziari a un foglio elettronico!»
«Liberarci le mani sarebbe un buon inizio» suggerì Kevin.
«In Massachusetts devono avere delle prigioni molto permissive, visto che il ragazzo zoppo continua a fare battute. Cioè, solo perché vi ho fatto spogliare, lavare, controllare minuziosamente sotto le unghie e ogni altro orifizio che si apre, e altri che non lo fanno… Questo non significa che libererò le mani del qui presente ragazzo zoppo e pirata di rete. Potrebbe avere una pistola inserita nell’osso del dito, o qualcosa del genere. Sapete che nelle ultime settimane ci sono stati ben cinque tentativi di assassinarmi? Tutti questi Moderatori che sparano al vecchio Huey… vogliono tutti diventare il colonnello questo o il generale quello. Mah, non so, secondo me alla fine diventa una cosa stancante.»
«Allora, non dovremmo rimanere qui, all’aria aperta» ribatté Oscar. «Ci sono anche delle persone che vogliono uccidere me, e sarebbe un peccato se lei venisse colpito da una pallottola vagante.»
«Ecco perché ho tutte queste guardie, figliolo! Forse non sono brillanti come te, ma sono molto più fedeli. Sai una cosa, mister Saponetta? Tu mi piaci. Mi piacciono questi sforzi scientifici artigianali che non hanno valore commerciale, ma che si rifiutano di stare al loro posto. Ho sviluppato un vero interesse nei tuoi confronti; mi sono perfino procurato dei campioni della tua pelle. Al diavolo, in una delle mie miniere di sale ho un buon metro quadrato di pelle che ti appartiene, una quantità sufficiente per tenderla su un dannato tamburo. Sei davvero un esemplare speciale, altroché! Sei una specie di gumbo — un po’ di questo, un po’ di quello. Alcune parti del tuo codice genetico sono invertite, duplicate al contrario… e non ci sono introni, questa è la parte migliore. Non sapevo che un uomo potesse vivere senza introni.»
«Non glielo raccomanderei, governatore. Diciamo che presenta alcune difficoltà tecniche.»
«Oh, so che sei un po’ fragile, mister Cervellone. Stavo tentando di andarci piano con te. Ho fatto fare un mucchio di esami medici sul tuo DNA. Non volevo farti del male.» Huey strinse gli occhi. «Mi segui, vero? Non sei confuso, o qualcosa del genere.»
«No, governatore, la seguo perfettamente. Mi sto davvero concentrando.»
«Non penserai mica che io mi sia messo a giocare con il tuo DNA? Cioè, solo perché sono un criminale, questo non significa che mi metta a giocare con il DNA di qualcuno, bello.»
«Fino a quando non tenterà di clonarlo per costruire un esercito» intervenne Kevin.
«Ho già il mio esercito, grazie.» Huey sollevò una manica della giacca di lino e si batté l’ascella massiccia. «È triste dirlo, ma al giorno d’oggi un uomo ha bisogno di un esercito soltanto per sopravvivere.» Si girò verso Oscar. «Questo è il problema di questi arroganti Moderatori. Sono una banda di prolet, il tipico esercito di guerriglieri. Non fanno che ripetere tutto il santo giorno: ‘Potere al popolo!’ e ‘Giustizia rivoluzionaria!’. E la cosa funziona, capisci? Stiamo per arrivare a qualcosa di serio. Alla fine abbiamo la possibilità di farci le nostre regole e di dare all’uomo comune una vera possibilità.»
Huey emise un grugnito ironico. «E poi all’improvviso arriva un nuovo presidente, che si degna di prestare loro una briciola della sua regale attenzione. Getta loro un biscottino per cani, forse due. E loro quasi cadono per salutare i suoi calzini, le sue mutande. Uccidono i loro fratelli per compiacere l’uomo del Sistema. E una cosa disgustosa.»
«L’uomo di cui parla è un protagonista. Ha del talento, Huey.»
«Al diavolo! Quell’uomo è un agente degli olandesi! Ha venduto la nostra nazione a una potenza straniera! Non crederai che gli olandesi si siano arresi tanto facilmente, vero? Senza che venisse sparato neppure un colpo? Ehi, stiamo parlando degli olandesi! Quando vengono invasi, inondano il loro paese e muoiono nei fossi impugnando dei bastoni appuntiti tra le mani. Si sono arresi subito perché hanno escogitato questo trucco fin dall’inizio.»
«Questa è una teoria molto interessante, governatore.»
«Qualche volta dovresti chiedere un parere ai francesi su questa teoria. Sai, i francesi sono molto bravi con le teorie. I francesi sanno come vanno le cose. Noi li divertiamo, sono convinti che gli americani siano dei pagliacci nati, pensano che anche i nostri comici peggiori siano divertenti. Però hanno paura degli olandesi. È il problema dell’America moderna. Ci siamo isolati, siamo diventati provinciali. Non sappiamo più cosa sta succedendo. Al diavolo, prima eravamo i leader della ricerca scientifica del mondo intero… eravamo leader in tutto. Un paese come la Francia se la cava benone senza la scienza. Producono dell’ottimo formaggio e leggono ancora Racine. Ma se togli la scienza all’America, ottieni un unico grande Nebraska. Però ci sono dei tizi che vivono sotto le tende e che, be’, almeno vogliono qualcosa. Da’ loro la scienza, lascia che si diano da fare.»
«Questa è una teoria ancora più interessante.»
«Oh, be’, certo! Su questo mi CREDI!» esclamò il governatore con voce tonante. «Hai rubato tutte le mie idee, ragazzaccio! Hai rubato il mio laboratorio scientifico. Hai rubato i miei dati. C’era una sola dannata cosa che non sapevi, una dannata cosa importante che non potevi rubare! E io ho fatto in modo di dartela.»
«Capisco.»
«Non puoi dire che Huey non sia generoso. Mi hai sputtanato in giro. Mi hai dato la caccia su e giù per i media. Mi hai scatenato contro un senatore. Hai aizzato il presidente contro di me. Sei un ragazzo davvero tenace. Ma sai una cosa? Tu non hai SPIRITO, ragazzo! Tu non hai ANIMA! TU non CREDI! Nella tua testa a punta non c’è un’idea nuova. Sei come una dannata otaria che assale il nido di un castoro, sei una creatura veloce e agile che mangia e uccide i piccoli del castoro. Be’, ho delle grandi notizie per te, Saponetta: adesso anche tu sei un castoro.»
«Governatore, quello che mi ha detto è davvero affascinante. Lei dice di avermi studiato; be’, io ho studiato lei e ho imparato un mucchio di cose. Lei è un uomo dotato di un’energia e di un talento straordinari. Quello che non capisco è perché lei porti avanti i suoi obiettivi con metodi tanto assurdi, volgari e incivili.»
«Figliolo, ma la risposta è molto facile. Perché sono un povero zotico ignorante uscito da una palude che sta andando a fondo! Per noi gente di campagna del ventunesimo secolo, nulla è mai stato facile. Qui nulla è elegante. Ci hanno preso tutto il petrolio, hanno tagliato il nostro legname, hanno pescato il nostro pesce, hanno avvelenato la terra, hanno trasformato il Mississippi in una gigantesca cloaca che rende inabitabili le acque del Golfo per cinquecento miglia intorno al suo delta. Poi hanno iniziato ad arrivare gli uragani e i mari si sono sollevati per inghiottirci! Cosa diavolo ti aspettavi da noi, mentre tu te ne stavi a Boston, a lucidare l’argenteria? Noi cajun abbiamo bisogno di un futuro come chiunque altro! Siamo stati qui per quattrocento anni! E non ci siamo dimenticati di fare figli, come hanno fatto i Cabot e i Lodge. Se tu avessi un cervello funzionante in quella testa, avresti mollato quel noioso architetto e saresti venuto a lavorare per me.»
«Non mi piacevano i suoi metodi.»
«All’inferno, però anche tu ne hai usati un bel po’. Anzi, li hai usati quasi tutti. Al diavolo, non ci tengo particolarmente ai miei metodi. Se hai un metodo migliore per me, sputa l’osso! Parliamone.»
«Ehi, Huey» intervenne Kevin. «E io? Anch’io ho dei metodi.»
«Mr Bianchuzzo, tu sei acqua passata. Ormai sei davvero fortunato ad avere ancora un lavoro. Fammi parlare con la Meraviglia Genetica qui presente. Adesso stiamo parlando di cognizione. È un argomento per adulti.»
«Ehi, Huey!» insistette Kevin. «I miei metodi funzionano ancora. Ti ho smascherato sulla faccenda degli haitiani. Ho immaginato di cosa si trattava, ho fatto volare delle persone sul tuo confine.»
Huey corrugò la fronte per il disgusto. Si girò di nuovo verso Oscar. «Quello che voglio dire è che adesso siamo nella stessa barca. Se fossi riuscito a impadronirmi del Collaboratorio, avrei potuto diffondere un nuovo sistema cognitivo su vasta scala. In effetti, lo farò lo stesso — renderò gli abitanti di questo Stato le persone più intelligenti, capaci e creative di questo mondo. Tu mi hai messo un bel bastone tra le ruote, ma al diavolo, adesso è acqua passata! Adesso non hai alcuna scelta se non quella di aiutare il vecchio Huey. Perché ti sei aggrappato con le unghie al potere, elemosinando favori, nascondendo il tuo passato. Adesso sei due volte un mostro. Ma! Se passi dalla parte di Huey in questo momento — e porti con te la tua deliziosa fidanzata, che è la fonte di tutta questa bontà ed è nella stessa barca anche lei — allora avrai un’altra possibilità. In effetti, potresti fare qualsiasi cosa.»
«Ma prima dovrei recuperare il mio autocontrollo, Etienne.»
«Puah! I veri protagonisti non ne hanno bisogno. Perché dovresti scagliarti contro di me? Io ti accetto, io amo il tuo dannato problema. Vedi, finalmente ti ho capito. Se l’America si stabilizza e diventa normale, allora tu sei finito. Avrai sempre il naso premuto contro qualche finestra, mentre guardi gli altri che bevono champagne. Nulla di quello che fai durerà. Sarai un uomo trascurabile, un’ombra, e lo rimarrai fino alla tua morte. Ma, figliolo, se prendi un bel vantaggio nella prossima rivoluzione della mente umana, tu puoi avere l’intero dannato Massachusetts. E sarò io a dartelo.»
«Ehi, Huey! Yo! Sei sempre stato così pazzo, oppure è stata tutta quella droga che ti sei fatto?»
Huey ignorò l’interruzione di Kevin, anche se il suo cipiglio divenne ancora più pronunciato. «So che puoi attaccarmi per quello che ti ho fatto. Certo, fa’ pure, accomodati. Di’ a tutti che mostro sei diventato adesso. Di’ a tutti che l’ex amante del tuo senatore — e adesso Moira si trova in Francia, tra l’altro — si è vendicata su di te, per lo sporco trucco che le hai giocato per parare il culo di quell’imbecille di Bambakias. Fa’ pure, suicidati in pubblico! Oppure inizia finalmente a ragionare e salì a bordo con me! Farai esattamente quello che facevi prima. Ma invece di convincere la gente a intraprendere un nuovo modo di vita — all’inferno, le parole vengono sempre dimenticate — puoi spruzzarglielo semplicemente addosso. E quando glielo fai, non tornano certo indietro, figliolo. Come te.»
«Perché dovrei trasformare migliaia di persone in fenomeni da baraccone? Perché tutti dovrebbero essere infelici come me?»
«Non c’è nulla di infelice in questo! Il metodo funziona davvero! Funziona alla grande!»
«Ehi, Huey! Arrenditi, bello! Io conosco questo ragazzo. Tu non riuscirai mai a renderlo felice! Non conosce neppure il significato della parola! Non puoi cavartela, adesso lo hai reso due volte più cattivo!»
Huey aveva perso la pazienza. Rivolse un cenno distratto alle sue guardie del corpo. Un paio di duri armati di pistola uscirono dalla ombre dorate della stanza elegante alle spalle del balcone. Kevin tacque immediatamente.
«Liberategli le mani» ordinò Huey alla guardia del corpo. «Dategli un cappotto e un cappello. È un protagonista. Adesso stiamo parlando sul serio.»
La guardia del corpo liberò le mani di Oscar, che iniziò subito a massaggiarsi i polsi. Poi gettò la giacca scura di qualcuno sulla tuta di Oscar.
Huey si avvicinò leggermente. «Oscar, adesso veniamo al punto. Questa cosa è un grande dono. Certo, in un primo momento è dura, è come andare in bicicletta. In effetti si tratta di qualcosa di molto simile al multitasking dei computer. Non sto dicendo che sia perfetta. Nulla di tecnico è perfetto. È una cosa che appartiene al mondo reale. Accelera il battito cardiaco — come dire, bisogna aumentare leggermente la frequenza del processore. Ed è davvero simile al multitasking, e così alcune operazioni devono attendere il loro turno… E altre ne spuntano all’improvviso… E ogni tanto, i due flussi di pensieri si bloccano; allora vai in crash e devi cancellare la tua RAM. Ma basta una bella scossa alla testolina e si riavvia.»
«Capisco.»
«Vedi, ti sto dicendo la verità. Queste non sono bugie, questa è la verità. Certo, hai qualche problema di linguaggio e a volte tendi a borbottare. Ma, figliolo, sei due volte l’uomo che eri! Puoi pensare in due lingue contemporaneamente! Se ti eserciti, puoi fare delle cose incredibili con entrambe le mani. E la cosa migliore di tutte, ragazzo — è quando hai, diciamo così, due treni di pensieri buoni che iniziano a scambiarsi i passeggeri. Ecco cos’è l’intuizione: quando sai le cose, però non sai come le sai. Avviene tutto nella mente preconscia, è pensiero che non sai di stare pensando. Ma quando ti ci metti sul serio e pensi due cose contemporaneamente, le idee arrivano a frotte. Si mescolano. Si insaporiscono a vicenda. Cuociono proprio bene. Questa è l’ispirazione. È la più bella sensazione mentale che potrai mai provare. L’unico problema è che, a volte, queste idee sono così confuse che avrai qualche problema nel controllare i tuoi impulsi.»
«Sì, mi sono già accorto di questo piccolo problema degli impulsi.»
«Be’, figliolo, la maggior parte delle persone non agiscono mai d’impulso. Ecco perché finiscono sepolte in tombe senza lapide. Un vero protagonista ha iniziativa, è un uomo d’azione. Però, certo, lo ammetto: la faccenda degli impulsi è un piccolo bug. Ecco perché un protagonista ha bisogno di grandi consiglieri. E se non hai un consigliere politico di prima scelta, be’, allora forse puoi diventarlo tu.»
«Eeeehi!» gridò Kevin. Aveva lasciato perdere Huey; adesso si era rivolto alla folla sottostante. «Ehi, gente! Il vostro governatore è impazzito! Usa il veleno e vi trasformerà tutti in zombi fuori di testa!»
Le guardie del corpo afferrarono le mani ammanettate di Kevin e iniziarono a pestarlo per bene.
«Mi stanno torturando!» gridò Kevin in tono colmo di dolore. «I poliziotti mi stanno torturando!»
Huey si girò verso di lui. «Maledizione, Boozoo, non prenderlo a pugni in pubblico! Spingilo dentro. E Zach, smetti di usare ogni volta i dannati pugni. Usa il manganello. Serve esattamente a questo.»
Nonostante le mani legate, Kevin non si calmò. Ruotò su se stesso, iniziò a saltellare su e giù. Le sue grida erano inutili, poiché la folla era rapita nell’abbraccio delle cuffie. Ma non tutti stavano ballando e alcuni sollevarono lo sguardo.
Boozoo estrasse un manganello dal vestito. Kevin gli sferrò un goffo calcio. Boozoo fece un mezzo passo indietro, inciampò sul piede dell’altra guardia, urtò contro le gambe di una sedia di metallo dipinta di bianco. Cadde all’indietro, atterrando con un forte tonfo. La seconda guardia del corpo tentò di balzare in avanti, finì in un groviglio con Boozoo che lottava per rialzarsi e cadde in ginocchio con un urlo.
«Ah, al diavolo» borbottò Huey. Infilò la mano in tasca con un movimento fulmineo, estrasse una pistola automatica cromata e vuotò contro Kevin l’intero caricatore con aria distratta. Colpito in pieno petto e con le mani ancora legate, Kevin venne catapultato all’indietro, urtò contro la ringhiera in ferro battuto e cadde giù.
Profondamente sorpreso, Huey si avvicinò alla ringhiera, sporse la testa e guardò verso il basso. Impugnava ancora la pistola luccicante. La folla vide la pistola e iniziò immediatamente a disperdersi.
«Uh-oh» sbottò il governatore.
«Non so ancora cosa fare con lui» affermò il presidente. «Ha ucciso un uomo pubblicamente, davanti a mille persone. Ma ha ancora i suoi sostenitori. Mi piacerebbe sbatterlo in galera, ma Gesù! Abbiamo messo tanta di quella gente in prigione che ormai sono un grande segmento demografico della società americana.»
Oscar e il presidente degli Stati Uniti stavano passeggiando nel giardino della Casa Bianca. Il Rose Garden, come la stessa Casa Bianca, veniva setacciato regolarmente in cerca di microspie. Forse non serviva a molto, ma a qualcosa serviva. Lui e il presidente potevano parlare con una certa tranquillità, a patto di continuare a muoversi.
«Signor presidente, Huey non ha mai avuto il minimo senso della decenza. Tutti sanno che si è spinto troppo oltre, perfino la Louisiana. Aspetteranno che muoia prima di intitolargli qualche ponte.»
«Cosa ne pensa di Washington adesso, Oscar? Adesso è una città diversa, non è d’accordo?»
«Signor presidente, devo ammettere che mi inquieta vedere truppe straniere stazionare nella capitale degli Stati Uniti.»
«Sono d’accordo con lei. Ma questo ha risolto il problema. Gente che scavava trincee nelle strade, che barricava interi quartieri… nessun governo di una qualche importanza può sopravvivere in una capitale come questa. Non posso ordinare a truppe americane di perseguire queste persone con il rigore necessario per disperdere tutte le bande di rete decentrate. Ma gli olandesi ripuliranno le strade, anche se dovessero impiegarci dieci anni. Useranno i metodi forti.»
«Adesso è una città diversa, signore. Molto più pulita.»
«Lei potrebbe vivere qui, vero? Se lo stipendio fosse adeguato? Se la krew della Casa Bianca si occupasse di lei.»
«Si, signore; mi piace pensare che sono in grado di vivere ovunque il dovere mi chiami.»
«Be’, in fin dei conti, questa non è la Louisiana!»
«In effetti, signor presidente, la Louisiana mi piace molto. Mi tengo ancora al corrente degli sviluppi laggiù. Sotto molti punti di vista è una cartina tornasole. Ho vissuto dei momenti molto belli in Louisiana. Sono giunto a considerarla come la mia seconda casa.»
«Ma davvero.»
«Vede, gli olandesi sono diventati tanto duri e disperati quando il livello degli oceani ha iniziato ad alzarsi. Io penso che la Louisiana stia reagendo. Sto iniziando a pensare che ci sarebbero molte cose da dire sul suo presunto ozio.»
Il presidente lo fissò. «Spero che lei non abbia in mente di oziare.»
«Solo in determinate occasioni, signore.»
«In una precedente conversazione, Oscar, le dissi che, se avesse seguito i miei ordini per quanto riguardava il Collaboratorio, avrei trovato un posto per lei nella Casa Bianca. Da allora ci sono stati degli sviluppi molto interessanti nella sua carriera, ma nessuno di essi mi ha dato occasione di dubitare delle sue capacità. Questa non è un’amministrazione che nutre pregiudizi nei confronti di chicchessia o che ama gli scandali — e adesso che sono riuscito a fare rispettare di nuovo la costituzione, più o meno, cercherò di porre fine alla faccenda dei tizi dal grilletto facile e degli agenti segreti. Adesso sto davvero governando questo paese — anche se a volte sono costretto a impiegare truppe olandesi — e quando lascerò la Sala Ovale, intendo lasciare un paese sano, reattivo, e rispettoso delle leggi. E penso di avere un ruolo per lei nel mio tentativo. Le piacerebbe sentire di cosa si tratta?»
«Ne sarei lietissimo, signore.»
«Come lei ben sa, in questo paese abbiamo ben sedici dannati partiti politici! E non intendo affrontate la campagna per la mia rielezione con alle spalle un partito debole come quello soc-pat. Abbiamo bisogno di una forte scossa e di una completa riconsolidazione politica. Dobbiamo superare tutti questi steccati ideologici e stabilire un sistema bipolare pratico e ragionevole. Si tratterà di imporre la normalità contro tutto il resto.»
«Capisco, signore. Proprio come ai vecchi tempi. E, mi dica, lei è di sinistra o di destra?»
«Io sono uno con i piedi per terra, Oscar. Io sono una persona pratica. Tutti gli altri possono essere degli utopisti, possono avere la testa tra le nuvole. Possono lanciarsi in idee stupide, folli, ad alta tecnologia; quelle che cadranno al suolo senza andare in pezzi, quelle apparteranno a me.»
«Signor presidente, mi congratulo con lei per questa definizione. In questo momento può mettere alla prova tutto quello che vuole e il suo progetto mi sembra fattibile.»
«Lei lo crede davvero? Bene. Questo è il suo ruolo: lei fungerà da legame congressuale della Casa Bianca per interfacciarsi con le attuali strutture di partito. Lei radunerà tutti i radicali e gli svitati e li unirà in una sorta di partito utopista.»
«Io non sono una persona con i piedi per terra?»
«Oscar, non esistono persone pratiche senza le persone con la testa tra le nuvole. Il mio tentativo non funzionerà fino a quando non sarò riuscito a dare una forma precisa all’opposizione. Nel mio piano, la fazione utopista riveste un’importanza cruciale. Deve essere brillante. Deve essere affascinante. Deve essere visionaria, quasi ragionevole. E non deve mai funzionare, mai, nella vita reale.»
«Capisco.»
«Sono particolarmente preoccupato per la coalizione tra prolet e scienziati. Quella gente sta diventando troppo potente. Stanno già ricattando le industrie, minacciando di condurre ricerche nel loro campo. Adesso sono l’unico movimento nuovo abbastanza vigoroso nel panorama politico. Non è possibile che entrino a fare parte del mio campo. Non posso comprarli. Non posso convincerli. Sono implicitamente radicali, perché sono la versione adatta al nostro secolo della principale spinta che ha trasformato la società occidentale negli ultimi sei secoli. Distruggerli sarebbe criminale, significherebbe lobotomizzare il paese. Ma dare loro spazio è folle.»
Il presidente respirò a fondo. «Poiché le ricadute industriali delle loro ricerche hanno costruito il capitalismo americano, lo hanno distrutto, hanno fatto salire il livello degli oceani, hanno avvelenato il suolo, provocato il buco nell’ozono e l’inquinamento radioattivo, riempito i cieli di scie di jet e la terra di cemento, provocato un boom demografico e un collasso riproduttivo, mandato a fuoco il Wyoming… Ma adesso è anche peggio. Molto peggio. Adesso hanno a disposizione i nostri cervelli, come un Nuovo Mondo vergine in cui ogni essere umano è un indiano arretrato. Qualcuno deve occuparsi sul serio di queste persone. E sospetto che lei sia l’uomo più adatto.»
«Penso di capirla, signore.»
«Loro non capiscono la realtà politica, ma faranno esplodere le porte della condizione umana, a meno che qualcuno non faccia qualcosa. Sto pensando a qualcosa di sottile. Di attraente. Qualcosa di affascinante, qualcosa che li faccia comportare meno come il dottor Frankenstein e più come fanno molti artisti. La poesia moderna andrebbe benissimo. Costa molto poco, causa intensa eccitazione in gruppi molto ristretti, non ha alcun effetto sociale. Io sto pensando alla matematica. Nulla di pratico, solo qualcosa di completamente arcano e astratto.»
«Non può fidarsi della matematica pura, signore; si finisce per scoprire sempre che ha anche usi pratici.»
«Allora potremmo provare con le simulazioni computerizzate. Simulazioni complesse, estremamente dettagliate, che consumino tempo, molto tempo, e che non fanno alcun danno nella realtà.»
«Penso che le simulazioni potrebbero produrre il risultato che desidera, signore, ma, francamente, nessuno in campo scientifico prende sul serio la cibernetica. È un campo di ricerca sfruttato a fondo e obsoleto, almeno da un punto di vista intellettuale. Perfino gli studi di biotecnologia e di genetica ormai sono stati metabolizzati. Adesso il campo principale è quello della cognizione, signore. E l’ultima cosa loro rimasta.»
«Ed è per questo che lei ha sofferto. Forse può convincerli a dedicarsi a qualcosa di più innocuo, da cui ricaveranno maggiore meraviglia.»
«Signor presidente, c’è solo una questione da chiarire. Mi sta chiedendo di infiltrarmi tra loro e di tradirli?»
«Oscar, le sto chiedendo di fare il politico. Non sta a noi spalancare le porte della percezione umana. Non fa parte del nostro lavoro. Il nostro lavoro è amministrare la giustizia, assicurare la tranquillità interna e promuovere il benessere generale. Un lavoro che noi politici ci siamo distinti per non essere riusciti a fare. Sa una cosa? Non è una bella cosa osservare una nazione che impazzisce. Ma succede. A volte a quelle più grandi, abitate dai popoli più numerosi delle terra. Giappone, Germania, Russia, Cina… E non è che noi americani ce la siamo passata molto meglio. Siamo ancora storditi, ma siamo stati fortunati. La prossima volta, potrebbe andare anche peggio.»
«Signore, non pensa che dovrebbe dire queste cose anche alla comunità scientifica, presa nel suo complesso? Anche loro sono dei cittadini, vero? Sono persone molto brillanti, anche se concentrate su un unico obiettivo. Non penso che ingannarli sia una tattica che, sul lungo periodo, possa recare molti vantaggi.»
«Sul lungo periodo, saremo tutti morti, Oscar.»
«Signor presidente, lei mi sta offrendo un lavoro di sogno. Riconosco la sua importanza. Sono molto impressionato dalla fiducia che nutre in me. Potrei perfino pensare di avere le capacità per portarlo a buon fine. Ma prima che mi imbarchi in qualcosa che è così, come posso dire, benthamita e machiavellica, ho bisogno che lei mi dica una cosa. Ma deve essere sincero con me. Lei è pagato dagli olandesi?»
«Gli olandesi non mi hanno mai versato un dollaro.»
«Ma c’è stato un accordo, vero?»
«In un certo senso… Avrei dovuto portarla in Colorado. Avrei dovuto mostrarle il legname. Sa, da quando noi nativi americani siamo entrati nel business dei casinò e della droga, abbiamo iniziato a comprare piccole porzioni di questo nostro grande paese. Nella maggior parti dei casi, quelle a poco prezzo, le parti troppo rovinate per avere un qualche valore commerciale. Se le si lascia in pace per un periodo di tempo sufficiente, circa sette generazioni, a volte si riprendono. Ma non torneranno mai più com’erano prima. L’estinzione è permanente. Una palude futuristica pullulante di mostri fatti in casa non è la stessa cosa di una palude primordiale. Abbiamo davvero ucciso il bisonte, i fiori e le erbe nativi, le foreste primordiali, e lo abbiamo fatto per un pugno di denaro; adesso è tutto sparito, per sempre. Ed è una cosa brutta. Molto brutta. Non possiamo rimediare in alcun modo. È come un terribile crimine di guerra. Perseguita l’America come il genocidio perseguita la Germania, come la schiavitù perseguita il Sud. Abbiamo trasformato le creature nostre sorelle in giocattoli. E almeno su questo, gli olandesi hanno ragione. Tutte le persone le cui case stanno affondando hanno ragione, da un punto di vista morale, etico e fisico. Si, noi americani abbiamo prodotto una quantità maggiore di gas che producono l’effetto serra rispetto a qualsiasi altra nazione del mondo. Siamo noi il problema maggiore. E dunque, sì, intendo applicare alcune politiche olandesi in questo paese. Non tutte, solo quelle che ritengo più ragionevoli. E questo cambiamento non sarebbe mai avvenuto se loro avessero conquistato noi. Poteva accadere solo se noi avessimo conquistato loro.»
«Allora lei è davvero un agente olandese.»
«Oscar, noi possediamo la loro nazione. Si sono arresi. Noi siamo un grande paese che sta affondando lentamente che ha sconfitto un paese piccolo e che sta affondando in fretta. Questa è la realtà, questo è il mondo in cui viviamo.»
«Signor presidente, sono d’accordo con lei. Sono felice di avere saputo la verità. È una verità che distrugge qualsiasi ambizione avessi mai nutrito, ma sono felice di sapere che è la verità. È il valore più caro che ho, visto ciò che sono, e non vi rinuncerò. Non posso accettare il lavoro che mi offre.»
«Be’, allora non lavorerà mai più in questa città, figliolo. Dovrò sistemare le cose in questo modo.»
«Lo so, signor presidente, ma mi permetta di ringraziarla per la sua cortesia.»
Il fiume Mississippi aveva tagliato in due New Orleans ma, se non altro, l’inondazione aveva aumentato il fascino sensuale della città. Lo spettrale isolamento del Quartiere Francese era stato solo intensificato dal fatto che era diventato un’isola; ora somigliava in qualche modo a Venezia, con tanto di gondole.
Le sfilate ufficiali lungo Canal Street erano sorvegliate da ingenti forze di polizia, ma in Bourbon Street, dove si radunavano folle di persone senza alcuno scopo se non quello di divertirsi a vicenda, il baccano era addirittura assordante.
Greta si allontanò dagli scuri verdi e screpolati della finestra «È così bello essere qui» commentò.
A Oscar piacevano le folle del Mardi Gras. Si sentiva a proprio agio pensando di essere l’unico sobrio in una confusione sgomitante di gente ubriaca fradicia. Tra di loro, ma mai simile a loro. Quella era la storia della sua vita. «Sai, avrei potuto prenotare su una di quelle flotte da parata. Avremmo gettato collane, braccialetti e software gratis. Sembrava divertente.»
«Noblesse oblige» mormorò Greta.
«È una tradizione delle krew locali. Molto antiche, très New Orleans. Le debuttanti locali avranno riempito tutti i loro carnet di ballo fin dalla metà dell’Ottocento, ma mi dicono che salire a bordo di una di quelle navi è fattibile. Se si conosce quelli che conosco io.»
«Magari l’anno prossimo» rispose Greta. Qualcuno bussò gentilmente sulla porta di mogano. Arrivarono dei camerieri dell’albergo in giacca bianca e con un fiore all’occhiello; spingevano un carrello di legno di sandalo su cui c’erano ostriche, cocktail di scampi e una bottiglia di champagne in un secchiello di ghiaccio. Greta lasciò la camera da letto per andarsi a cambiare per la cena. I camerieri apparecchiarono in silenzio la tavola con una tovaglia di lino, accesero il candelabro, stapparono la bottiglia di champagne e riempirono i calici fino all’orlo. Oscar li accompagnò pazientemente di nuovo in corridoio, poi spense la luce.
Greta tornò nella stanza e studiò il candelabro. Indossava un vestito di pizzo marrone in uno stile anteriore alla Guerra Civile, e una maschera adorna di piume. La maschera fece molto effetto su Oscar. Anche nella folla del Mardi Gras, Greta sarebbe stata una creatura affascinante.
«I tartufi al cioccolato?» chiese Greta in tono ansioso.
«Non me ne sono dimenticato. Più tardi.» Oscar sollevò il calice di champagne, ammirò le bollicine dorate, lo posò di nuovo.
«Tu continui a non bere, vero?»
«Bevi pure. Io mi limiterò ad ammirarti.»
«Ne berrò soltanto un sorso» annunciò Greta, umettandosi il lungo labbro superiore sotto l’orlo piumato della maschera. «Sai, ho questo piccolo problema con il controllo degli impulsi…»
«Ma perché dovresti preoccupartene? Questo è il Mardi Gras.»
Si sedettero a tavola. Assaggiarono i loro cocktail di scampi.
C’erano piccoli piattini di cristallo di barbaforte. «Ti ho detto che mi ero sottoposta a una pulizia cellulare?»
«Stai scherzando.»
«Sai, mi è dispiaciuto che non avessi scelto di farlo da sola. E poi, c’era la pressione del sangue, il rischio di un infarto. E così ho fatto ripulire il mio tessuto cerebrale.»
«E com’è? Dimmelo.»
«Mi sentivo molto normale. Molto piatta. Era come vivere in bianco e nero. Dovevo tornare indietro. Non mi importava più. Dovevo tornare indietro.» Poggiò le mani lunghe e pallide sul tavolo. «E tu? Puoi fermarlo?»
«Non voglio fermarlo. Per me funziona.»
«Ti fa male.»
«No, amo la bicameralità. È quello che amo del nostro piccolo dono-malattia. Tutti quegli altri problemi, i piccoli pregiudizi dell’umanità, razziali, etnici… Non che scompaiono, sai. Sarebbe troppo sperarlo. Non scompaiono mai, ma i nuovi problemi li schiacciano a tal punto che i vecchi non occupano più il centro del palcoscenico. E poi, adesso riesco a lavorare in multitasking. Posso davvero fare due cose contemporaneamente. Sono molto più efficiente. Posso mandare avanti un’azienda a tempo pieno mentre lavoro per la legalizzazione, sempre a tempo pieno.»
«E così stai diventando di nuovo ricco.»
«Sì, è una cosa che tendo a fare.» Oscar sospirò. «È lo stile di vita americano. È il mio unico cammino verso la legittimità. Avendo a disposizione forti somme di denaro, posso finanziare candidati, sostenere appelli giudiziari, sovvenzionare fondazioni. È inutile vagare ai margini, con i nostri orsi e i nostri tamburelli, danzando per qualche spicciolo. Presto la cognizione diventerà un’industria. Una nuova, grande industria americana, che scuoterà il mondo. Un giorno, diventerà la più grande.»
«Stai per trasformare la mia scienza in un’industria? Quando adesso è illegale, quando la gente pensa che sia folle fare esperimenti? Ma come succederà?»
«Tu non puoi impedirmi di farlo» replicò Oscar, abbassando la voce. «Nessuno può fermarmi. Succederà tutto molto lentamente, molto tranquillamente; in un primo momento non te ne accorgerai neppure. Il velo verrà sollevato lentamente. In modo molto dolce, molto tranquillo. Toglierò la tua scienza dal reame della conoscenza astratta e la porterò nel mondo reale, quello fatto di sudore e calore. Non sarà una cosa brutta o sordida; sembrerà un atto bello e inevitabile. La gente vorrà la tua scienza, la desidererà. E finalmente la chiederà a gran voce. E alla fine, Greta, si impadronirà completamente di loro.»
Seguì un lungo silenzio. Greta rabbrividì con violenza sulla sedia e la maschera le cadde dal volto. Diede l’impressione di non riuscire a incrociare lo sguardo di Oscar. Sollevò una forchetta in argento, saggiò il mucchietto grigio sul piatto, la posò di nuovo. Poi sollevò lo sguardo e scrutò Oscar con attenzione. «Sembri invecchiato.»
«Lo so.» Le rivolse un sorriso. «Devo indossare la maschera?»
«Va bene preoccuparsi per te? Perché io mi preoccupo.»
«Va bene preoccuparsi, ma non durante il Mardi Gras.» Oscar rise. «Vuoi preoccuparti? Preoccupati delle persone che cercheranno di ostacolarmi.» Inghiottì un’ostrica.
Vi fu un altro lungo silenzio. Adesso Oscar si era abituato ai suoi silenzi. Greta possedeva molti tipi di silenzio. «Almeno adesso mi permettono di lavorare in laboratorio» mormorò. «Non c’è alcun pericolo che mi mettano di nuovo al potere. Vorrei soltanto svolgere meglio il mio lavoro, ecco tutto. È l’unica cosa che rimpiango. Vorrei avere più tempo e vorrei lavorare meglio.»
«Ma tu sei la migliore in circolazione.»
«Sto diventando vecchia, posso sentirlo. Sento che il bisogno di fare continuamente nuove scoperte, quel dono divorante, mi sta abbandonando. Vorrei solo svolgere il mio lavoro nel modo migliore, Oscar, ecco tutto. Mi dicono che sono un genio ma io sono sempre insoddisfatta, sempre. Non posso farci nulla.»
«Deve essere duro. Ti piacerebbe avere un tuo laboratorio privato, Greta? Ci sarebbero meno controlli. Potrebbe esserti utile.»
«No, grazie.»
«Potrei costruire un bel laboratorio per te. In un posto che piace a entrambi. Dove ci si può concentrare. Magari in Oregon.»
«So che potresti costruire un intero istituto, ma non vivrò mai alle tue spalle.»
«Sei così orgogliosa» replicò Oscar in tono triste. «Potrebbe essere fattibile, Potrei sposarti.»
Greta scosse la testa coperta dalla maschera. «Noi non ci sposeremo.»
«Mi basterebbe che tu mi concedessi una settimana ogni tre mesi. Non è una richiesta esagerata. Si tratta di quattro settimane all’anno.»
«Non riusciremmo a sopportarci per quattro intere settimane all’anno. Perché noi siamo individui ossessionati. Tu non hai tempo per un vero matrimonio, e neppure io. Anche se facessimo come hai detto, e se funzionasse, tu vorresti sempre di più.»
«Be’, sì. Questo è vero. Ma certo che vorrei di più.»
«Ti dirò come andrebbero le cose perché l’ho visto già accadere. Oscar, tu rischieresti di diventare la moglie trascurata. Io continuerei a fare le mie ottantaquattro ore di lavoro settimanali, e tu non potresti occuparti di me, anche se io sono sempre in giro. Forse potremmo adottare dei bambini. Non avrò mai tempo per i tuoi figli, ma mi sentirò abbastanza in colpa da portate loro dei regali di Natale. Tu potresti occuparti della casa, del denaro e forse della mia fama, magari potresti cucinare per noi, e chi lo sa… Probabilmente vivresti più a lungo.»
«Tu pensi che per me questa sia una prospettiva terribile» replicò Oscar. «A me non sembra terribile. Mi sembra molto autentica. Il problema è che è impossibile. Non posso tenere insieme una famiglia. Non posso mettere radici. Non l’ho mai visto fare. Non saprei come fare. Dallo scorso agosto ho tre relazioni parallele. In precedenza avevo una storia con una donna alla volta. Adesso non ci riesco più. Adesso deve avere più storie parallele. Darti un velo nuziale e un anello non mi cambierebbe. Adesso lo capisco. Devo ammetterlo. Va oltre le mie forze, non posso farci nulla.»
«Io odio quelle altre donne!» esclamò Greta. «Ma poi penso a come si sentirebbero, se sapessero di me. Questo almeno mi dà un certo conforto.»
Oscar fece una smorfia.
«Tu non mi hai mai resa felice. Mi hai resa soltanto complicata. Adesso sono molto complicata. Sono diventata il tipo di donna che si reca al Mardi Gras per incontrare il suo amante.»
«Ed è tanto brutto?»
«Sì, è brutto. Adesso provo molto più dolore, ma sono anche molto più consapevole.»
«Pensi che noi abbiamo un futuro, Greta?»
«Io non sono il futuro. Lì fuori c’è un’altra donna, è vestita con eleganza ed è sbronza. Stanotte farà l’amore con il suo uomo e quando dovrebbe essere furba, si dirà, ‘Oh, al diavolo!’ Rimarrà incinta durante il Mardi Gras. È lei il futuro. Io non sono il futuro, non lo sono mai stata. Io non sono neppure la verità. Rappresento soltanto i fatti.»
«Dopo tutto devo essere davvero umano» replicò Oscar «perché io capisco soltanto pochi frammenti dei fatti di cui parli.»
«Non ci sposeremo, ma un giorno supereremo tutto questo. Un giorno potrò camminare con te sulla spiaggia. Potrò provare qualcosa per te, come persona, in modo più tranquillo, più semplice. Se potrò mai darti qualcosa del genere, sarà alla fine della mia vita. Quando sarò vecchia, quando l’ambizione sarà svanita.»
Oscar si alzò e si avvicinò ai vetri del balcone. Quella era stata un’affermazione molto amara da udire, perché anche lui aveva la sensazione che Greta, una volta vecchia, avrebbe fatto qualcosa del genere. Sì, saggezza, comunione. Ma le avrebbe riversate su qualcun altro. Mai sul suo amante. Le avrebbe concesse a uno studente in adorazione, forse, oppure a un biografo. Mai su di lui. Uscì sul balcone, si sbottonò i polsini e si sporse oltre la ringhiera.
Un folto gruppo organizzato stava sfilando lungo Bourbon Street sotto l’insegna bianca e azzurra di una banca multinazionale scomparsa da molto tempo. I partecipanti alla sfilata, dai volti cupi e seri, erano vestiti con eleganza in completi a tre pezzi e scarpe lucide. La maggior parte dei gruppi che sfilavano lanciava collane di poco prezzo tra la folla. Ma i prolet lanciavano semplicemente rotoli di banconote.
«Guarda quei personaggi!» gridò Oscar.
Greta si unì a lui. «Mi sa che hanno indossato il vestito della festa.»
Una banconota da cinque dollari attaccata a un piombino da pesca venne lanciata dalla strada verso il balcone e andò a rimbalzare sulla spalla di Oscar. Lui la sollevò dal pavimento. Era denaro vero. «Non dovrebbe essere consentito fare cose del genere. Potrebbe scoppiare un tumulto.»
«Non essere così musone. Adesso mi sento meglio, va tutto bene. Adesso andiamo a letto.»
Lo attirò in camera da letto. L’aria umida crepitava di tensione erotica. «Devo tenere la maschera?»
Oscar si tolse la giacca. «Oh, sì. Quella maschera ti sta benissimo.»
Iniziò a fare l’amore con lei in modo attento ed elaborato. Durante la loro lunga separazione aveva avuto abbastanza tempo per immaginare il loro incontro. Aveva escogitato uno schema erotico multilivello con una serie di subroutine variabili. Ormai le lenzuola erano inzuppate di sudore e le vene sporgevano dal collo di Oscar, ma Greta, lanciando un grido strozzato, si strappò la maschera, scese improvvisamente dal letto con un tonfo e uscì di corsa dalla camera.
Oscar la seguì allarmato. Greta era impegnata a frugare disperatamente nella sua borsetta, poi trovò un mozzicone di matita.
«Ma cosa…» fece lui in tono gentile.
«Shhhh!» Greta iniziò a scrivere freneticamente sulla pagina riservata alle note di una guida turistica di New Orleans. Oscar andò a prendere un accappatoio di cotone, glielo mise sullo spalle, trovò i pantaloni, bevve metà bottiglia di acqua minerale fredda. Quando le sue tempie smisero di pulsare tornò fuori al balcone.
Lungo Bourbon Street erano visibili scene straordinarie. Il loro balcone, diviso in segmenti, correva lungo l’intera facciata dell’albergo; su di esso c’erano quattro donne e tre uomini. Tra le persone sul balcone e la folla in strada si era stabilito uno strano rapporto.
Le donne mostravano i loro seni a una folla di sconosciuti, in cambio di collane di plastica. Gli uomini urlavano con voce rauca per lo spettacolo e lanciavano le collane come ricompensa. Le donne in strada si mostravano agli uomini sul balcone e le donne sui balconi si mostravano agli uomini per strada. Non c’erano toccatine, né inviti espliciti; i flash delle macchine fotografiche lampeggiavano, le collane dai colori vivaci venivano lanciate, ma in questi scambi c’era un’atmosfera rituale da noli me tangere. Erano gesti stranamente antichi ma eleganti, come quando due ballerini univano i gomiti in una danza popolare.
Una bella donna dai capelli rossi sul balcone dall’altro lato della strada stava tormentando i suoi ammiratori. Baciava il suo ragazzo, che, ubriaco, sogghignava vestito da diavolo, e poi si protendeva dal balcone con lunghe collane di perline dorate verdi e rosse e tirava con aria provocante l’orlo della camicetta. Gli uomini in basso stavano gridavano pieni di lussuria e intonavano all’unisono la loro richiesta.
Dopo averli torturati fino a renderli frenetici, la donna gettò le collane e denudò il busto, degno di tanta attesa. La sconosciuta si carezzò lentamente il capezzolo. Oscar ebbe l’impressione di essere stato appena preso all’amo.
Tornò dentro. Greta aveva smesso di scrivere. Adesso il volto era pallido e pensoso.
«Ma cosa è successo?» le chiese Oscar.
«Una cosa strana.» Greta mise a posto la matita. «Stavo pensando. Adesso posso pensare alla neurologia anche mentre faccio sesso.»
«Davvero?»
«Be’, più che altro sogno di neurologia. Tu mi avevi fatto proprio eccitare ed ero al limite… sai quando sei lì, in bilico, dove il piacere è più forte? E stavo pensando intensamente alla propagazione delle onde nelle cellule gliali. Poi, improvvisamente, mi è venuto in mente che tutta la faccenda dell’astrocita dell’onda di calcio è falsa; c’è un metodo migliore per descrivere questa depolarizzazione, ero quasi arrivata all’idea, ce l’avevo quasi, ma poi sono rimasta bloccata. Sono rimasta bloccata lì, sull’orlo. Non potevo scaricarmi, non riuscivo a venire e il piacere continuava a montare. Hanno incominciato a fischiarmi le orecchie, stavo quasi per svenire. E poi l’idea è arrivata, accompagnata da una tremenda ondata di piacere. E così sono dovuta saltare giù dal letto per scrivere tutto.»
Oscar si avvicinò al tavolo. «E come ti sembra?»
«Oh» — Greta conservò il pezzo di carta — «è soltanto un’altra idea. Cioè, adesso che posso vederla su carta, non esiste alcun modo per cui un sincizio gliale possa comportarsi in questo modo. È un’ipotesi interessante ma non combacia con gli studi dei traccianti.» Sospirò. «Però di sicuro sembrava una buona idea. Mentre succedeva, mio Dio, mi sembrava bellissima.»
«Però questa volta non lo rifarai.»
«No. Non mi vengono tutte queste buone idee.» Sollevò lo sguardo, le labbra gonfie per essere state morse dai denti. «Ma tu non pensi mai a qualcos’altro?»
«Be’, sì.»
«A cosa?»
Oscar l’attirò a sé. «A tutte le altre cose che posso fare con te.»
Tornarono di nuovo a letto. Questa volta, Greta svenne davvero. Oscar non se accorse perché il corpo della donna continuò a muoversi ritmicamente, ma Greta aveva rovesciato gli occhi. Quando lei iniziò a parlargli, anche Oscar venne subito.
«Sei qui con me?» gli sussurrò lei alla cieca.
«Sì, sono qui» rispose Oscar, lottando per rispondere mentre ansimava. Adesso si erano fusi, erano insieme, uniti da aree tanto primitive e cieche alla coscienza che erano a stento capaci di manifestarsi. Ma avevano scelto un buon momento per occupare il palcoscenico centrale della mente. I loro corpi madidi di sudore iniziarono a rallentare, fino a scivolare in un profondo stato di rilassatezza. Adesso era tutto molto tranquillo. Un vasto Pacifico della sessualità, illuminato dalla luna, che lambiva qualche spiaggia lontana. Adesso potevano respirare insieme.
Quando si svegliarono, erano le dieci di sera. La luce dei lampioni filtrava attraverso i battenti disegnando strisce luminose sul soffitto. Greta si stiracchiò, sbadigliò, gli urtò la caviglia con un piede. «È bello schiacciare questi sonnellini, dopo.»
«Sembra che abbiamo preso l’abitudine di svenire.»
«Penso che sognare ci faccia molto bene.» Uscì dal letto. «Adesso una doccia…» La sua voce divenne più fioca mentre entrava in bagno. «Oh, hanno un bidet! Fantastico.»
Oscar la seguì. «Adesso ci laveremo e ci vestiremo» annunciò in tono allegro. Ormai non pensavano più al sesso; lo attendevano sempre con ansia, ma, forse, a ben vedere, si trattava di un fardello. Tuttavia, lui si sentiva magnificamente. Si erano scaricati, la tensione li aveva abbandonati. «Indosseremo le nostre maschere, usciremo e andremo a bere del caffè. Io ti farò qualche fotografia in strada, vedrai, sarà divertente.»
«Mi sembra un buon programma.» Greta esaminò l’acconciatura, ormai rovinata, nello specchio. «Un martini di troppo e…»
«Sei bellissima. Mi sento bene, adesso mi sento così felice.»
«Anch’io.» Entrò nella doccia e la aprì al massimo.
«È una vacanza» affermò Oscar in tono distratto. «Adesso ci concederemo la nostra piccola vacanza, coglieremo l’attimo, ci comporteremo come la gente normale.»
Quando si furono rivestiti, uscirono sul balcone, adesso affollato da molti sconosciti amichevoli. Quando Greta apparve, venne immediatamente salutata da un coro di grida di invito maschili proveniente dalla strada.
Dietro la maschera, Greta sbarrò gli occhi per la sorpresa. «Mio Dio» mormorò. «Ho sempre saputo che è questo che gli uomini vogliono da te, ma averli qui, mentre lo gridano pubblicamente… Non riesco a crederci.»
«Se vuoi, puoi accontentarli. Ti lanceranno delle collane come ricompensa.»
Greta rifletté un istante. «Potrei anche farlo, se tu scendessi in strada e cominciassi a urlare.»
«Non è una possibilità remota. Dammi soltanto il tempo di prendere la macchina fotografica.»
Greta gli rivolse un sorriso scaltro. «Però dovrai lanciarmi le mie collane, mister. E dovranno essere molto belle.»
«Mi piacciono le sfide» replicò Oscar.
Una collana di perline verdi e dorate venne lanciata verso Greta, che allungò una mano, tentò di prenderla e fallì. In strada, un uomo alto, di mezza età e con un paio di baffi sotto la maschera stava saltando su e giù, gridando al suo indirizzo. Agitava freneticamente le braccia, come se stesse tentando di fare segnalazioni a un aereo di linea.
«Ma guarda quel buffone» commentò Oscar con un sogghigno. «È davvero partito.»
«Ma ha già una fidanzata» replicò Greta.
L’uomo e la sua sorridente fidanzata si aprirono valorosamente la strada attraverso la folla che sfilava, fino a quando non riuscirono a incunearsi direttamente sotto il balcone.
«Dottoressa Penninger!» gridò l’uomo. «Ehi, ci mostri il suo cervello!»
«Oh, all’inferno!» esclamò Oscar in tono rabbioso. «Sono dei paparazzi.»
«Ehi, Oscar!» gridò poi l’uomo in tono felice. Si tolse la maschera. «Guarda! Guarda!»
«Per caso conosco quell’uomo?» si chiese Greta.
«No…» All’improvviso Oscar lo fissò attentamente. «Ehi! Ma lo conosco io! È Yosh! Yosh Pelicanos.» Si sporse dal balcone, quasi piegandosi in due, poi gridò «Yosh! Ehi!»
«Guarda qui!» gridò Yosh in tono felice, indicando la brunetta mascherata e incolume al suo fianco. «Guarda, è Sandra!»
«Ma di cosa sta parlando?» chiese Greta.
«Quella è sua moglie» si meravigliò Oscar. «È sua moglie, Sandra.» Unì le mani a imbuto davanti alla bocca e gridò «Sandra! Salve! È bello rivederti!»
«Sto meglio!» gli gridò Sandra. «Adesso sto molto meglio.»
«È magnifico!» gridò Oscar. «È meraviglioso! Venite su, Yosh! Venite su a bere qualcosa con noi!»
«Non c’è tempo!» gridò Yosh. La moglie veniva trascinata via dalla fiumana di folla. Pelicanos le prese la mano e, per attimo, la protesse con il proprio corpo. Sandra sembrava leggermente a disagio tra la folla; ma questo non era molto sorprendente, considerati i nove anni trascorsi in una clinica per malattie mentali.
«Adesso dobbiamo andare a fare l’amore!» gridò Sandra con un sorriso timido ma raggiante.
«Dio la benedica, dottoressa Penninger!» gridò Pelicanos, agitando la maschera e iniziando ad allontanarsi. «Lei è un grande genio! Grazie di esistere! Grazie per essere viva!»
«Chi erano quelle persone?» domandò Greta. «E perché le hai invitate a salire?»
«Quello era il mio maggiordomo. E sua moglie. Sua moglie era una schizofrenica.»
«Quella era sua moglie?» Greta fece una pausa. «Oh, be’, allora deve avere sofferto della sindrome autoimmunataria NCR-40. Ma con le nuove terapie neurali starà bene.»
«Allora starà bene anche lui.»
«Ora che è più tranquillo, sembra un tipo simpatico. Persino attraente.»
«Quasi non lo riconoscevo. Non l’avevo mai visto così felice.» Oscar fece una pausa. «E sei stata tu a renderlo felice.»
«Be’, forse è davvero merito mio.» Greta sorrise. «Ma, vedi, io non intendevo farlo felice. Alla scienza vengono attribuite delle cose che non fa. La scienza non diventa migliore perché, a volte, aiuta l’umanità. Ma d’altra parte, questo deve significare che non diventa peggiore se causa delle sofferenze all’umanità.»
«Non sono sicuro di seguirti. Non è un pensiero politico.» Greta bevve un lungo sorso di champagne. Gli uomini in strada stavano ancora gridando per attirare la sua attenzione, ma lei li ignorò in maniera regale. «Guardami» disse improvvisamente. Fece aderire la maschera al volto con le lunghe dita. All’interno del cappuccio di piume marroni, simili a quelle di un gufo, di colpo i suoi occhi si mossero… in due direzioni diverse.
Oscar sussultò. «Wow! Ma come hai fatto?»
«Adesso riesco a farlo. Mi sono esercitata. Posso perfino vedere due cose contemporaneamente. Sta’ a guardare.» I suoi occhi iniziarono a ruotare nelle orbite, come quelli di un camaleonte.
«Buon Dio! E lo hai fatto semplicemente pensandolo?»
«È la vita della mente.»
«Non riesco a crederci. No, guardami di nuovo. Usa entrambi gli occhi. Adesso usa un occhio. Buon Dio, è la cosa più scioccante che abbia mai visto in un volto umano. Mi si sono rizzati i capelli in testa. Fallo di nuovo per me, tesoro. Mio Dio! Devo andare a prendere assolutamente la macchina fotografica.»
«Ma non hai paura? Non l’ho mai fatto vedere a nessun altro.»
«Ma certo che ho paura! Sono addirittura pietrificato. È meraviglioso. Perché sono l’unico uomo al mondo che sa quanto sia sexy questo spettacolo?» Esplose in una risata deliziata «Cara, mi hai davvero sconvolto! Ma ora vieni a darmi un bacio.»