L’ISOLA DELLA VEGLIA

Le persone che dormono solo due o tre ore su ventiquattro sono sempre geniali. Quelle di cui si parla, naturalmente. Non state a chiedervi se quelle di cui non sentite parlare siano degli imbecilli. L’insonnia è genio. Deve esserlo. Pensate a tutto il lavoro che potreste svolgere, a tutto quel che riuscireste a pensare, ai libri che potreste leggere, all’amore che potreste fare, mentre i torpidi e gli imbecilli russano.

Sul piano degli orichi, che per molti versi è simile al nostro, c’è gente che non dorme mai.

Un gruppo di scienziati di Hy Brisal, una nazione di orichi, sì convinse che il sonno era uno schema di comportamento vestigiale, adatto ai mammiferi inferiori ma non all’Homo sapiens sapiens. Il sonno può servire alle vulnerabili scimmie per mantenerle in silenzio durante la notte e per stare lontane dai pericoli, ma per la vita civile è inutile come potrebbe esserlo il letargo. Peggio ancora, è un freno all’intelligenza, un ricorrente offuscamento del cervello. Interrompendo ogni notte le funzioni che hanno luogo nell’encefalo, interferendo massicciamente con il pensiero coerente, il sonno impedisce alla mente umana di dispiegare il suo pieno potenziale.

«Il sonno ci rende stupidi», era il motto degli scienziati orichi.

Il governo, temendo un’invasione dalla nazione rivale di Nuum, incoraggiava ogni esperimento che potesse dare a Hy Brisal un vantaggio nelle armi o nella scienza. Perciò, ben finanziati, lavorando con brillanti ingegneri genetici, e forniti di dieci patriottiche coppie di volontari fertili, tutti ospitati in un complesso a porte chiuse, questi scienziati diedero inizio a un programma, soprannominato «Superintelligenza», sostenuto dalle reti di informazione nazionali, che diedero un forte sostegno all’impresa, ansiose di raggiungere il successo.

E nei primi quattro anni vennero alla luce i primi bambini che non dormivano mai. (Milioni di giovani genitori con le borse sotto gli occhi potrebbero contestare questa affermazione, ma il normale neonato dorme il suo giusto tempo; inizia più o meno all’ora in cui i genitori devono alzarsi.)

I primi bambini Superintelligenti, però, morirono tutti. Alcuni nelle prime settimane di vita, alcuni dopo parecchi mesi. Piangevano notte e giorno e deperivano fino a consumare tutte le loro energie; a quel punto sopraggiungevano il silenzio e la morte.

Gli scienziati giunsero alla conclusione che il sonno dei neonati era un prolungamento dei processi dello sviluppo fetale, e non lo si poteva scavalcare senza pericolo.

Hy Brisal e Nuun erano giunti a una fase particolare del loro confronto. Si diceva che Nuun stesse lavorando su un germe trasmesso per via aerea che avrebbe sterilizzato tutti i maschi di Hy Brisal. Nel frattempo, il sostegno popolare per il programma dei Superintelligenti aveva subito una grave scossa a causa della perdita dei primi neonati, ma il governo non aveva esitazioni: inviarono di nuovo in laboratorio gli ingegneri genetici e cercarono un nuovo gruppo di volontari. Ventidue coppie patriottiche si iscrissero già il primo giorno. In meno di due anni cominciarono a produrre la nuova generazione di Superintelligenti.

La programmazione era accurata e delicata. I neonati dormivano quanto i bambini normali, almeno inizialmente, per poi rimanere svegli per periodi sempre più lunghi, finché, all’età di quattro anni, ci si aspettava che facessero completamente a meno del sonno.

E così fu. Non deperirono, bensì prosperarono. Erano bambini graziosi e in salute, tutt’e ventidue quelli che vennero al mondo. Fissavano la madre e sorridevano. Scalciavano, facevano i normali versi dei neonati e le loro solite attività, compresa quella di dormire.

Erano intelligenti, perché erano oggetto di molta attenzione e il loro ambiente di apprendimento era ricco, ma non per questo erano dei geni. Imparavano quello che imparano tutti i bambini, compreso go-goo e ga-gaa, e poi ma-ma e pa-pa, e no e il resto del vocabolario dei bambini ancora incapaci di camminare, ed erano soltanto di poco superiori alla media.

Una radicale accelerazione dell’apprendimento e un aumento dell’intelligenza attiva sarebbero sopraggiunti. non appena avessero cominciato a rimanere svegli per l’intero giorno.

All’età di due anni, molti di loro dormivano meno di sei ore per notte. C’era qualche variazione naturale in quello che i direttori del programma chiamavano lo «sviluppo a-somniaco».

Il vincitore fu il Bimbo Ha Dab, il quale rinunciò ai sonnellini diurni quando aveva dieci mesi e a ventisei mesi dormiva solo due o tre ore per notte.

Per vari mesi Ha Dab, bambino grazioso dai grandi occhi e dai capelli argentei e ricciuti, fu il beniamino dei media di Hy Brisal. Comparve su tutti gli schermi domestici, con il nomignolo di «Intelligentino». Su un canale si vedeva Ha Dab che gattonava allegramente nella sua stanza per accogliere lo Scienziato Pubblico, il dottore e Mastro Professore Uy Tug, autore di A-somnia: la risposta, che si chinava, con un sorriso un po’ tirato ma genuino, e gli stringeva la manina; in un altro c’era Ha Dab che si rotolava sull’erba con il cucciolo di blap-cane regalatogli dal Supremo Pinnacolare di Hy Brisal; in un terzo c’era Ha Dab raggomitolato sul suo lettino, come per dormire, con il pollice in bocca, ma che alzava la testa, sveglissimo, e fissava l’operatore della telecamera.

Poi «Intelligentino» scomparve dalla rete, svanì come tutte le mode vane. Per più di un anno non si ebbero notizie, o quasi, sul progetto Superintelligenza.

Qualche tempo dopo, il Sito per Alti Intelletti della rete di Hy Brisal presentò un video informativo non interattivo che — con cautela — poneva alcune domande sulla validità della teoria a-somniaca e sull’effettiva superintelligenza dei Superintelligenti bambini-test. La parte più rivelatrice del video era una breve scena in cui Ha Dab, adesso giunto all’età di tre anni e mezzo e del tutto privo di sonno, giocava con il blap-cane. Erano due affascinanti creaturine, che si divertivano a ruzzare insieme nel parco del centro ricerche, ma era preoccupante vedere come fosse il bambino nudo a seguire il cane e non viceversa. Inoltre, Ha Dab sembrava curiosamente indifferente alla presenza di estranei. Quando gli rivolgevano qualche domanda, a volte ignorava l’interlocutore, a volte rispondeva a caso, come se la parola e le relazioni umane fossero prive di importanza per lui.

Nel video, alla domanda: «Vai già a scuola?» si allontanava di qualche passo e si accoccolava davanti alla telecamera per poi defecare. A quanto pareva, non c’era alcuna sfida nell’atto; lo faceva in modo assolutamente privo di pudore.

Però, un altro dei bambini mostrati nel documentario, Ra Gna, una graziosa piccola di poco meno di quattro anni che era stata indicata come «lenta a svilupparsi» perché dormiva ancora quattro ore per notte, rispondeva con adorabile spontaneità agli intervistatori, dicendo che le piaceva la scuola perché c’era il «mircoscopio» con dentro certe cose che si «giravano tutte» e che sapeva già leggere tutto «l’alfabeto».

Ra Gna non divenne, però, la nuova beniamina dei media. Quando la curiosità pubblica e le insistenze dei giornali furono troppo forti, il programma Superintelligenza non concesse l’accesso ad altre telecamere per più di tre anni.

A quel punto il dott. M. Prof. Uy Tug annunciò che il suo esperimento di a-somnia aveva avuto successo. Nessuno dei ventidue bambini, che adesso avevano da poco meno di quattro a poco più di sei anni, dormiva più di mezz’ora per notte e tutti godevano di una salute eccellente. Ma, quanto al loro sviluppo intellettuale, proseguiva, dato che non poteva certamente procedere come quello dei bambini iper-somniaci, non si poteva misurarlo secondo gli stessi standard. Tuttavia non c’era alcun dubbio sulla loro intelligenza molto elevata.

Questo non riuscì a soddisfare il pubblico degli schermi domestici, né gli scienziati eterodossi che avevano messo in dubbio la teoria dell’a-somnia, e neppure il governo che finanziava il programma del dott. M. Prof. Uy Tug nella speranza di ottenere una generazione di geni che mettessero in ginocchio Nuum e facessero di Hy Brisal la suprema superpotenza del mondo.

Dopo molto tempo, molte pressioni e molte riunioni, venne nominata una Commissione di Indagine Scientifica con l’incarico di compilare un rapporto obiettivo sull’attività del recalcitrante dott. M. Prof. Uy Tug e del suo personale.

I membri della commissione scoprirono che molti genitori dei Superintelligenti erano pateticamente ansiosi di parlare, supplicando di fornire ai bambini consulti, aiuti, cure. Uno dopo l’altro, questi padri e madri amorevoli e disperati, dissero le stesse parole: «Sono dei sonnambuli».

Una giovane madre, non istruita, ma dotata di buone capacità d’osservazione, portò il figlio davanti a uno specchio e invitò il membro della commissione a guardarlo.

«Mi Min», disse al bambino. «Guarda, Mi Min, chi c’è nello specchio? Chi c’è, caro? Quel bambino, che cosa fa?»

Ma il bambino «non si relazionava in alcun modo con l’immagine», scrisse l’investigatore. «Non mostrava alcun interesse per essa. Non fissava mai negli occhi l’immagine allo specchio. Più tardi notai che anche se a volte, casualmente, il suo sguardo incrociava il mio, non mi fissava negli occhi, né io riuscivo a fissare i suoi. La cosa mi parve stranamente inquietante.»

Per di più, lo stesso membro della commissione era turbato dal fatto che nessuno dei bambini indicasse mai col dito gli oggetti o seguisse la direzione in cui era puntato il dito di un’altra persona.

«Gli animali e i bambini piccoli», scrisse, «guardano il dito anziché la direzione verso cui è puntato e non indicano oggetti. L’indicare, come gesto significativo e compreso, è uno sviluppo spontaneo e normale che si verifica nel primo anno di vita di un bambino.»

I Superintelligenti obbedivano in modo erratico a ordini semplici, diretti. Se si diceva loro: «Va’ in cucina» o: «Siediti», spesso obbedivano. Se si chiedeva loro: «Hai fame?» a volte andavano, a volte no, in cucina o al tavolo per ricevere cibo. Quando si ferivano, nessuno dei bambini correva da un adulto piangendo per il «male». Si sedevano in terra, piagnucolando o rimanendo in silenzio.

Un padre disse: «È come se non sapesse che cosa gli è capitato, come se sapesse che è successo qualcosa, ma non che è successo a lui». E aggiunse con orgoglio: «È un duro. Un vero soldatino. Non chiede mai aiuto».

Le parole gentili parevano non significare nulla per i bambini, anche se quando li si abbracciava appoggiavano la guancia contro la persona o si rannicchiavano contro di essa. A volte un bambino pronunciava o canticchiava qualche parola affettuosa: «Buono buono buono» e «Mamma morbida mamma morbida», ma non in risposta a parole affettuose dei genitori. Si voltavano quando li si chiamava, e molti di essi, se si chiedeva loro il nome, lo dicevano, anche se alcuni non rispondevano mai.

I genitori riferivano che sembravano sempre più «parlare con se stessi» o che «non ascolta» e che il loro uso dei pronomi era spesso arbitrario: «tu» per «io» e «me» per «loro». Tutto il loro linguaggio sembrava essere sempre più spontaneo che responsivo, casuale e non finalizzato.

Dopo un anno di intenso e paziente studio e di discussioni, la commissione pubblicò il rapporto. Si esprimeva con grande cautela. Sottolineava il caso di Ra Gna, che aveva continuato a dormire fino a un’ora per notte e anche a fare di tanto in tanto un sonnellino durante il giorno e che dunque era considerata, ai sensi dell’esperimento, un insuccesso. La differenza tra lei e gli altri Superintelligenti fu così descritta a un reporter dello schermo domestico — in modo vivace e senza censurare il pensiero — da uno dei membri della commissione: «È una cara piccola, un po’ una sognatrice. Hanno tutti un’aria sognante. È come se fosse lontana. Intendo dire che la sua mente si allontana; parlare con lei è un po’ come parlare al cane, non so se mi spiego. Ascolta le parole, ma gran parte del discorso è solo rumore per lei. A volte però la si vede rabbrividire come una persona che si sveglia all’improvviso, e allora lei è qui, e lo capisce. A nessuno degli altri succede. Non sono qui presenti. Non sono da nessuna parte».

Le conclusioni della commissione furono che «a quanto risulta, lo stato permanente di veglia impedisce al cervello di raggiungere la piena coscienza».

I media gridarono con soddisfazione per un mese sui Bimbi Zombie — i Morti Cerebrali Insonni, l’Autismo Programmato, il Sacrificio di Innocenti sull’Altare della Scienza, «Perché Non Mi Lasciano Dormire, Mamma?» — poi persero interesse.

L’interesse del governo, invece, venne mantenuto in vita per altri dodici anni dalle instancabili pressioni del dott. M. Prof. Uy Tug, il quale disponeva del solido appoggio di uno dei più apprezzati consiglieri del Supremo Pinnacolare e di vari, influenti, generali dell’esercito.

Poi, all’improvviso e senza informare il pubblico, il finanziamento venne ritirato.

Molti degli scienziati supervisori del progetto avevano già lasciato quella ricerca e il dott. M. Prof. Uy Tug era morto di arresto cardiaco. Gli angosciati genitori dei Superintelligenti — che per tutti quegli anni erano stati costretti a risiedere nell’Istituto, naturalmente ben nutriti e vestiti e con accesso a tutte le comodità moderne, eccetto i dispositivi di comunicazione — uscirono e subito chiesero aiuto.

I loro figli avevano ormai dai quindici ai diciassette anni ed erano del tutto privi di sonno. Con la pubertà erano pienamente entrati nello stato che alcuni osservatori chiamavano «coscienza alterata», altri «non coscienza vigile», altri sonnambulismo. L’ultima definizione era particolarmente fuorviante. Erano tutt’altro che nel sonno, e non erano indifferenti a ciò che li circondava, diversamente dal sonnambulo, che esce a camminare in mezzo al traffico o cerca di pulirsi dalla mano la maledetta macchia, come Lady Macbeth. Erano fisicamente coscienti in ogni istante. Non erano mai in stato non cosciente.

Godevano di ottima salute. E poiché erano nutriti regolarmente, con abbondanza, e il cibo era sempre disponibile, non avevano alcuna capacità come cacciatori e raccoglitori. Camminavano avanti e indietro, andavano qua e là senza meta, a volte si dondolavano dagli attrezzi ginnici forniti loro o dai rami degli alberi nel parco, grattavano in terra con le mani fino a fare un pozzetto o una montagnola, o facevano la lotta. Maturando, quelle lotte tra cuccioli si erano trasformate progressivamente in giochi sessuali e infine in copule.

Due madri e un padre si erano uccisi durante la lunga prigionia, e un altro padre era morto di infarto. I quaranta genitori sopravvissuti avevano continuato per anni a sorvegliare ventiquattr’ore su ventiquattro i figli: dodici ragazze e dieci ragazzi, tutti adolescenti, tutti svegli per tutto il giorno. Le condizioni dell’esperimento proibivano ai genitori di chiudere a chiave le porte; non potevano impedire ai giovani di incontrarsi. La richiesta dei genitori, perché venissero loro forniti contraccettivi, era stata rifiutata dal dott. M. Prof. Uy Tug, il quale era convinto che la seconda generazione di a-somniaci avrebbe finalmente dimostrato la sua teoria, quale si poteva leggere nel manoscritto, per il momento inedito, di A-somnia: la risposta che attendiamo.

Quando l’istituto venne aperto, quattro delle ragazze avevano bambini, che erano accuditi dai nonni, e tre erano incinte. Una delle madri era stata violentata da uno degli a-somniaci ed era a sua volta incinta. Le fu permesso di abortire.

All’apertura fece seguito un periodo oscuro e vergognoso in cui il governo rifiutò qualunque responsabilità sull’esperimento e abbandonò a se stessi coloro che vi avevano preso parte.

Alcuni dei Superintelligenti vennero sfruttati sessualmente e a scopi di pornografia. Uno fu ucciso dalla madre. A quanto disse lei, era stata legittima difesa; subì una condanna leggera.

Alla fine, quando salì al potere il 44° Supremo Pinnacolare, tutti gli a-somniaci superstiti, compresi i loro figli, vennero trasferiti in una riserva, su un’isola lontana, nel vasto delta del Fiume Ru Mu, dove i loro discendenti sopravvivono ancor oggi, sotto la protezione del governo di Hy Brisal.

La seconda generazione non dimostrò la teoria di Uy Tug, ma testimoniò l’abilità degli ingegneri genetici: le caratteristiche si trasmisero perfettamente. Nessun discendente dei Superintelligenti fu mai capace di dormire dopo avere compiuto il quinto anno d’età.

Gli a-somniaci dell’Isola della Veglia sono oggi 55. Il clima è abbastanza caldo e vanno in giro nudi. Frutta, formaggio, pane e altri cibi che non richiedono preparazione, sono lasciati sulla riva da una gettobarca ogni due giorni. A parte questi rifornimenti, è applicata una severa politica di isolamento. Non è permesso portar loro aiuti umanitari o medici.

I turisti, compresi quelli degli altri piani, possono accedere a un’isola vicina, da cui, grazie a potenti cannocchiali, possono guardare gli a-somniaci da dietro un riparo. A volte squadre di osservazione, composte di scienziati, vengono calate con l’elicottero su due torri d’osservazione poste sull’isola stessa. Quelle torri, inaccessibili agli a-somniaci, sono attrezzate con strumenti agli infrarossi e altri perfezionati dispositivi d’osservazione. Gli osservatori si nascondono dietro vetri che sono trasparenti da un solo lato.

I gruppi dell’Associazione Salviamo i Bambini A-somniaci hanno il permesso di camminare e di vigilare sulla riva sud.

Di tanto in tanto questi volontari della ASBA cercano di effettuare qualche salvataggio attraversando il fiume, ma le gettobarche e gli elicotteri dell’esercito glielo hanno sempre impedito.

Gli a-somniaci si stendono al sole, camminano, corrono, si arrampicano, si dondolano, lottano, si spidocchiano — se stessi o spidocchiano gli altri — tengono in braccio i bambini, li allattano e fanno sesso. I maschi lottano per rivalità sessuale e spesso percuotono le donne che rifiutano il rapporto. Tutti combattono di tanto in tanto per il cibo e c’è anche stato un certo numero di omicidi in apparenza privi di ragione. Lo stupro di gruppo è comune, perché i maschi si eccitano nel vedere gli altri copulare. Ci sono indicazioni di legami affettivi tra madre e bambino e tra fratelli. Per tutto il resto non ci sono rapporti sociali.

Non vi è insegnamento, non c’è indicazione che gli individui imparino abilità o abitudini attraverso l’imitazione. Gran parte delle femmine mette al mondo un figlio l’anno, a partire dall’età di tredici o quattordici anni. Le loro capacità materne possono soltanto essere innate, ma la questione se possiedano capacità innate non è ancora stata accertata; in ogni caso, la maggior parte dei bambini muore. Le madri abbandonano i bambini morti dove si trovano. Dopo lo svezzamento, i bambini sono lasciati a se stessi; dato che è sempre fornito cibo in eccesso, un buon numero sopravvive fino alla pubertà.

La morte delle femmine adulte è di solito causata dalle percosse o da complicazioni del parto. Le femmine a-somniache raramente raggiungono i trent’anni. I maschi vivono più a lungo, se sopravvivono al periodo pericoloso, intorno ai vent’anni, quando le lotte sono pressoché costanti.

Il più anziano abitante dell’isola, FB-204, soprannominato Fibby, è stata una femmina sopravvissuta fino a 71 anni. Fibby ebbe un figlio a quattordici anni e sembrò diventare sterile da allora in poi. Non rifiutò mai i tentativi di copulare dei maschi e di conseguenza venne percossa solo di rado. Era timida e molto pigra, raramente si presentava sulla riva, tranne che per raccogliere il cibo e poi nascondersi subito in mezzo agli alberi.

L’attuale patriarca è un maschio dai capelli bianchi, MTT-311, di 56 anni, muscoloso e ben fatto. Passa la giornata a riposare sulla spiaggia e la notte si aggira senza sosta nelle foreste dell’interno. A volte scava con le mani buchi e fossi o fa una pila di pietre per ostruire il corso di un ruscello, a quanto pare per il piacere fisico di farlo, perché le dighe non hanno alcuno scopo e la loro tenuta non è mai sufficiente a fermare lo scorrimento dell’acqua.

Una delle giovani femmine trascorre una parte di quasi tutte le notti costruendo pile di corteccia e di foglie che assomigliano a grossi nidi, ma non li usa mai per qualche scopo. Varie femmine danno la caccia alle formiche e alle larve nei tronchi caduti e le mangiano a una a una. Queste sono le uniche osservazioni di un comportamento finalistico che vada al di là della soddisfazione delle necessità fisiche immediate.

Anche se sono estremamente sudici e le femmine invecchiano presto, in genere gli a-somniaci sono molto belli in gioventù. Tutti gli osservatori notano la loro espressione, che è descritta come blanda, serena, supremamente calma. Un recente libro sugli a-somniaci era intitolato Il popolo felice… seguito dall’equivalente orichi di un punto interrogativo.

I filosofi orichi continuano a discuterne. Si è felici se non si è coscienti di esserlo? Che cos’è la coscienza? La coscienza è davvero un grande bene, quale noi la riteniamo? Chi sta meglio, una lucertola che si crogiola al sole o un filosofo?

«Meglio» in che senso e a che scopo? Al mondo sono esistite lucertole per un periodo di tempo assai superiore a quello dei filosofi. Le lucertole non si lavano, non seppelliscono i morti e non compiono esperimenti scientifici. Il numero delle lucertole che sono esistite è molto superiore a quello dei filosofi. Le lucertole, dunque, come specie, rappresentano un successo superiore a quello dei filosofi? Dio ama le lucertole più dei filosofi?

Qualunque sia la risposta che diamo a queste domande, dall’osservazione degli a-somniaci — o da quella delle lucertole — pare che la coscienza non sia necessaria per vivere una soddisfatta vita da senziente. Anzi, quando viene portata all’estremo a cui l’hanno portata gli esseri umani, la coscienza di sé può impedire la vera soddisfazione. Diventa il verme nella mela del piacere. La coscienza dell’essere interferisce con l’essere? Lo travia, lo comprime, lo azzoppa?

Pare che ogni pratica mistica di ogni piano cerchi precisamente di sfuggire alla coscienza. Se il Nirvana è la mente libera da se stessa, libera di unirsi al corpo nella pura unità con il suo mondo o il suo dio, gli a-somniaci hanno raggiunto il Nirvana?

Senza dubbio la coscienza richiede un costo elevato. Il prezzo è costituito, evidentemente, dal terzo della nostra vita che trascorriamo ciechi, sordi, muti, inermi e privi della mente… ossia addormentati.

Però, in quel periodo, sogniamo.

La poesia L’Isola della Veglia di Nu Lap ritrae gli a-somniaci dicendo che trascorrono l’intera vita «nel sogno di un sogno»…

Sogni d’acqua che sulla sabbia eterna scorre,

sogni di corpi uniti, che s’aprono come fiori profondi,

sogni d’occhi sempre aperti alle stelle, al sole, ad altri mondi.

Una poesia molto commovente, che ci mostra una delle poche immagini positive degli a-somniaci. Ma gli scienziati di Hy Brisal, anche se forse preferirebbero dare ragione al poeta nel tentativo di tranquillizzare le coscienze, dicono che gli a-somniaci non sognano e non sono in grado di sognare.

Come sul nostro piano, solo certi animali, tra cui sono compresi gli uccelli, i cani, i gatti e gli uomini, entrano regolarmente nello stato particolare di corpo/cervello, altamente specifico, chiamato sonno. Una volta in esso, e solo in esso, alcuni di loro entrano nello stato, o attività, ancor più specifico, caratterizzato da tipi di onde cerebrali, chiamato sogno.

Gli a-somniaci non hanno questi stati di esistenza. I loro cervelli non si comportano così. Sono come i rettili, che rallentano fino all’inerzia, ma non dormono.

Un filosofo di Hy Brisal, To Had, ha enunciato questi paradossi. Per essere un Sé, occorre non essere niente. Per conoscere se stesso, occorre essere in grado di non conoscere nulla. Gli a-somniaci conoscono il mondo in modo continuativo e immediato, senza alcun periodo di tempo vuoto, senza posto per il Sé. Non avendo sogni, non raccontano storie e non hanno necessità di un linguaggio. In questo modo non hanno futuro. Vivono nel «qui» e «nell’adesso», perfettamente in contatto. Vivono nel fatto puro. Ma non possono vivere nella verità perché la via della verità, dice il filosofo, passa per la menzogna e il sogno.

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