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Quando arrivai da Miles, canticchiavo fra me. Non pensavo più a quello che mi aveva fatto quella coppia esemplare, e mentre percorrevo gli ultimi chilometri avevo elaborato un paio di nuovi congegni capaci di farmi diventare milionario. Uno era una macchina da disegno che avrebbe funzionato come una macchina per scrivere elettrica. Calcolavo che negli Stati Uniti ci fossero all’incirca cinquantamila ingegneri chini su un tavolo da disegno, col mal di reni e gli occhi arrossati. Invece con la mia macchina, se ne sarebbero potuti restare comodamente seduti in poltrona a battersi i tasti, e il disegno sarebbe stato eseguito dai martelletti su un cavalletto disposto al di sopra della tastiera. Premendo, poniamo, tre tasti contemporaneamente, sarebbe comparsa una linea orizzontale in un dato punto del foglio, premendone un altro ecco una linea verticale e così via.

Con l’aggiunta di qualche cosa, si potevano fabbricare utili accessori, come un altro cavalletto per ottenere una seconda versione assonometrica del disegno, unico sistema per avere una perfetta immagine prospettica senza nessuna fatica. Il più bello era che avrei potuto creare una macchina simile completamente composta di parti standard, facilmente reperibili in qualsiasi negozio di radio o di fotografia. Un mese per il progetto, altre sei settimane per procurarmi il materiale.

Ma intanto un altro pensiero andava prendendo forma nella mia mente: conoscendo io l’intima struttura del Servizievole Sergio, potevo crearne un esemplare migliore perfezionato, evitando per esempio, in primo luogo, la schiavitù dello chassis ricavato da una poltrona a rotelle così da renderlo molto più maneggevole e meno ingombrante. Sì. Sarebbe stato il mio Proteiforme Pete. Nei disegni e calcoli che Miles mi aveva sottratto non c’era tutto. Avrei potuto battere Miles sulla concorrenza, trovando il modo di vendere il mio Pete a qualche ditta sotto falso nome… Un energico «Miaooo» mi riscosse.

— Cosa c’è? Non ti piace che chiami Pete il mio robot? È un onore, sai? Sarà pronto prima che loro abbiano in produzione Sergio, e allora vedranno a che cosa gli è servito uccidere la gallina che fa le uova d’oro!

C’erano le luci accese in casa di Miles, e la sua macchina era ferma davanti al cancello. Parcheggiai la mia sul lato opposto, e dissi a Pete: — Sarà meglio che tu rimanga qui a badare alla macchina.

— Noooo!

— Se entri dovrai restare chiuso nella borsa.

— Brrrr.

— Non discutere. Se vuoi entrare, mettiti prima nella borsa.

Pete ubbidì.

Poco dopo Miles mi aprì la porta, e io entrai. Nessuno dei due fece il gesto di porgere la mano. Dopo che fummo entrati nel soggiorno, lui mi additò una sedia e io mi sedetti. C’era anche Belle.

— Che bellezza trovarti qui! — esclamai. — Non dirmi che sei venuta apposta per vedermi! — Quando si tratta di prendere la gente per il bavero non sto indietro a nessuno, io.

— Non fare lo sciocco — ribatté Belle, stizzita. — Di’ quello che hai da dire, e poi vattene.

— Eh, che premura! Si sta bene qui, nell’intimità, fra il mio ex-socio e la mia ex-fidanzata! Mi manca solo di riavere il mio ex-impiego, e poi sono a posto!

— Avanti, Dan, non prenderla su questo tono — intervenne Miles senza scomporsi. — Abbiamo agito per il tuo’bene, e sai che puoi tornare a lavorare con noi quando vuoi. Sarò felice se tornerai.

— Per il mio bene, eh? Come dissero al ladro di cavalli quando lo impiccarono. Quanto a tornare, lo chiedo a Belle. Posso?

— Se lo dice Miles, puoi di certo — rispose lei, asciutta, mordicchiandosi il labbro.

— Mi sembra ieri che continuavi a ripetere: «Se lo dice Dave». Ma tutto cambia, è la vita. E state sicuri che non tornerò con voi, ragazzi. Quindi, mettetevi il cuore in pace. Sono venuto stasera solo per mettere in chiaro un paio di cosette.

— E cioè? — disse Belle dopo aver scambiato un’occhiata con Miles.

— Ecco, in primo luogo vorrei sapere chi di voi due ha ideato l’imbroglio. O l’avete progettato insieme?

— Imbroglio è una brutta parola, Dan. Non mi piace — disse lentamente Miles.

— Andiamo, non essere troppo delicato. Se la parola è brutta, più brutta è stata l’azione che mi avete fatto, con quel contratto firmato senza che ne sapessi niente, eccetera. Chissà che non interessi l’FBI — aggiunsi, e lo vidi irrigidirsi.

— Non sarai così sciocco da tentare di darci dei fastidi?

— Fastidi? — dissi. — Ma ho intenzione di perseguitarvi in tutte le maniere possibili e immaginabili! E non ho ancora parlato del peccato più grosso: il furto dei disegni e dei progetti del Servizievole Sergio, nonché del prototipo della macchina.

— Di che furto vai parlando, se lavoravi per la Società! — disse Belle.

— Dici? Ma io ho quasi sempre lavorato di notte, e non sono mai stato un dipendente della ditta, Belle, come tu e Miles ben sapete. Impiegavo i dividendi delle mie azioni per acquistare materiale con cui eseguire prove ed esperimenti in stabilimento. Cosa diranno quelli della Mannix quando sapranno che ti ho denunciato per furto, perché gli apparecchi che tu offrirai loro, la Domestica Perfetta, Vanda Vetrina, e Sergio, non sono mai appartenuti alla Ditta ma sono stati portati via a me, con la frode?

— Dici delle enormi sciocchezze — ripeté Belle, torva. — Hai tanto di contratto con il quale si dimostra che dipendevi dall’azienda.

Io mi lasciai andare contro lo schienale, e scoppiai a ridere. — Sentite un po’, ragazzi, siamo qui tra noi, e nessuno ci sente. Levatemi una curiosità: chi di voi è l’autore di questo bel piano? Come si sia svolto, lo so. Tutte le sere Belle mi portava un mucchio di fogli da firmare, e se si trattava di diverse copie dello stesso documento, perché non perdessi tempo a rileggere le stesse cose aveva già segnato con una crocetta il punto in cui dovevo apporre la firma. Adesso so che fra le varie lettere e documenti ha fatto abilmente scivolare l’originale e le copie di quel contratto balordo. Quindi non voglio sapere chi ha eseguito l’imbroglio, ma solo chi l’ha ideato. Tu, Belle? Sei abbastanza furba, ma una semplice dattilografa non potrebbe elaborare clausole tanto perfette e inattaccabili dal punto di vista legale. O hai chiesto il consiglio di un avvocato?

— Basta, Dan — m’interruppe Miles con un gesto annoiato. — Non cercare di farci cadere in trappola con delle ammissioni che siamo ben lungi dal farti. Chi ci dice che tu non abbia un registratore nascosto in quella borsa?

— Già, avrei potuto farlo, ma non ci ho pensato — dissi. Diedi un colpetto sulla borsa, e Pete sporse la testa. — Capito, Pete? State attenti, amici. Pete ha una memoria da elefante e non dimentica niente. No, Miles, sono il solito babbeo, e non ho pensato a portare un registratore. Continuo a essere ingenuo e fiducioso, a fidarmi di tutti come ho fatto con voi due. Di’, Miles, Belle è avvocato per caso? O sei stato tu, con ammirevole sangue freddo, a stendere quelle bellissime clausole?

— Dan! — esclamò Belle. Poi, rivolta a Miles: — Con il suo ingegno, sarebbe capace di aver creato un registratore grande come un portasigarette. Chi ti dice che non l’abbia in tasca?

— Ottima idea, mia cara. Ci penserò — dissi.

— Ci ho pensato anch’io — le rispose Miles ignorando il mio intervento. — E se è così, tu stai proprio parlando in modo compromettente, sai? Cerca di stare attenta.

Belle rispose con una parola che non avrei mai supposto potesse usare. Inarcando le sopracciglia, osservai: — Ah, ah, cominciate già a litigare, voi due? Eh, fra disonesti, non ci si può mai fidare!

— Dan, bada a quello che dici! — esclamò Miles, minaccioso.

— Non crederai di farmi paura — dissi, con un’alzata di spalle. — Sono più giovane di te, e posso darti un’ottima dimostrazione pratica di judo, se vuoi. Non credo che arriveresti a spararmi. È troppo rumoroso. Tu sei il tipo che trama nell’ombra, ormai l’ho capito. Sei un bugiardo, un ladro e un imbroglione — dissi. Poi, a Belle: — Mio padre mi diceva che non si deve mai chiamare bugiarda una signora, ma tu non sei una signora, faccia di angioletto. Sei una bugiarda, un’imbrogliona, e una sgualdrina!

Belle avvampò, lanciandomi un’occhiata con un’espressione che la imbruttì tanto era carica d’odio. — Miles! — strillò. — Te ne stai lì seduto come se niente fosse, mentre questo…

— Taci! — le intimò il mio ex-socio. — Non capisci che fa apposta per farci perdere la pazienza e indurci a fare qualche dichiarazione compromettente?

Belle tacque, ma la sua faccia era più che mai minacciosa.

— Dan — disse allora Miles, rivolto a me — mi sono sempre ritenuto un uomo pratico. Ho cercato di farti ragionare prima che tu ci lasciassi, e quando è stato troppo tardi ho fatto in modo che tutto fosse sistemato nel modo migliore.

— Sì — convenni — è stato un furto rapido, tranquillo, ed eseguito a puntino.

— Non sprecare il fiato, perché tanto con me non attacca. Insomma, quello che voglio è riuscire a metterci d’accordo pacificamente. Tu sai benissimo che non potresti mai vincere una causa contro di noi, anche se ti affidassi ai migliori avvocati. Quindi è meglio per te dirmi quello che vorresti, e non è detto che non ci si possa mettere d’accordo.

— Va bene — risposi prontamente. — E allora di’a Belle che mi restituisca le azioni che le avevo regalato come dono di fidanzamento.

— No! — esclamò Belle.

Miles le sibilò irosamente: — Vuoi stare zitta sì o no?

— Perché non vuoi, mia ex-amata? — le dissi io. — Posso benissimo costringerti con le cattive a rendermele, dal momento che te le ho date solo in considerazione del fatto che mi avresti sposato. A meno che tu non sia ancora disposta a mantenere la promessa — aggiunsi.

Lei fu pronta a dirmi dove e quando mi avrebbe sposato.

— Belle, piantala — le consigliò Miles, al limite della pazienza. — Non capisci che facendo così rendi tutto più difficile? Ti ho già detto che Dan sta cercando di farci perdere la pazienza. — Poi, tornando a rivolgersi a me: — Dan, se sei venuto con questa idea, puoi risparmiare il fiato e andartene anche subito. Potresti aver ragione su questo punto, non lo nego, se la cessione delle azioni fosse stata fatta da te per il motivo di cui parli, ma non è così. Tu hai ceduto a Belle il pacchetto di azioni in cambio di qualcosa.

— Ah sì, e dov’è la ricevuta?

— Non occorre ricevuta. È stato un premio perché si è prodigata oltre i limiti del dovere professionale.

Sbalordito, esclamai: — Guarda, guarda! Le andate a pensare proprio tutte. Se così fosse, allora avresti dovuto cederle anche tu parte delle tue azioni… — Vidi che si scambiavano una rapida occhiata. — Ah, capisco, è proprio così. Scommetto che ti ha costretto a cederle un pacchetto di azioni in cambio del suo appoggio contro di me. Naturalmente avrà i documenti in regola, e scommetto che non appena gliele hai cedute si è affrettata a far registrare l’operazione. — A questo punto mi venne un’altra idea. — Cosa direste se andassi da un giudice e gli provassi che la cessione delle mie azioni avvenne all’epoca del nostro fidanzamento ufficiale? Ricorderete anche voi che venne dato l’annuncio sul Desert Herald. Io penso che un giudice crederebbe alle mie parole. Che cosa ne pensate?

Li avevo battuti! Lo capii subito dalla loro espressione. Avevo individuato l’unico punto su cui non si sentivano sicuri, l’unico particolare al quale speravano che io non avrei mai pensato. Quel pensiero ne generò un altro. — Quante azioni ti ha ceduto, Belle? — chiesi. — Lo stesso numero delle mie, e per lo stesso motivo? Non credo. Hai ottenuto certamente di più dal momento che hai fatto di più per lui — m’interruppi di colpo. — Dite un po’… adesso che ci penso, mi pare strano che Belle sia venuta fin qui solamente per il gusto di vedermi. Non sarete per caso… sposati?

I due si guardarono, perplessi, poi Miles si decise a dire: — Credo che ormai sia inutile nasconderlo. Ti presento la signora Gentry.

— Allora avevo indovinato! — dissi. — Congratulazioni. Dunque, dal momento che la signora Gentry non mi può sposare, come dicevo…

— Non continuare su questo tono, Dan. Ti ho già detto prima quanto siano ridicole le tue idee. Ho ceduto un pacchetto di azioni a Belle per lo stesso motivo per cui gliele hai cedute anche tu: in segno di gratitudine per i servigi speciali resi da lei all’azienda. Sì — si affrettò ad aggiungere prevenendo la mia interruzione — anche questa donazione è stata registrata. Belle e io ci siamo sposati esattamente una settimana fa, ma se ti vuoi prendere la briga di andare a controllare, vedrai che la data della donazione è parecchio anteriore. Non potrai connettere i due fatti fra loro. Belle ha ricevuto le azioni da me e da te perché è stata un’impiegata modello, e questo era il modo migliore per dimostrarglielo.

Miles era troppo furbo per fare una simile dichiarazione a vuoto.

— Quando vi siete sposati, esattamente? — chiesi.

— Giovedì scorso, al tribunale di Santa Barbara.

Non volevo darmi per vinto. — E se assumessi un investigatore privato che riuscisse a scoprire che vi siete sposati prima, molto prima, magari a Yuma o a Reno o a Las Vegas? Chissà che la data del vostro matrimonio, la data vera, intendo dire, non sia anteriore alla mia donazione.

Miles non perse la calma, si limitò a dire: — Dan, ho cercato di essere conciliante con te. Ma ora basta, se non vuoi che cacci fuori a calci te e quel pulcioso del tuo gatto.

— Ehi! — dissi. — Questa è la prima cosa da vero uomo che ti sento dire stasera. Ma bada bene a moderare i termini. Pete capisce, e non gli va di sentirsi chiamare pulcioso. Me ne vado subito, non temere, prima però voglio dirti ancora una cosa. Sarò breve.

— E va bene! — concesse lui. — Ma sii breve sul serio.

— Miles, debbo parlarti un momento — intervenne Belle.

Senza voltarsi, lui le fece segno di stare zitta. — Avanti, ti ascolto — mi disse.

Rivolgendomi a Belle, l’avvertii: — Forse non ti farà piacere sentire quello che dirò. Ti consiglierei di andartene.

Neanche dire che non si mosse. Io l’avevo detto apposta, per essere sicuro che rimanesse. — Miles — cominciai — non ce l’ho con te. Quello che una donna astuta e senza scrupoli può fare a un uomo è impensabile. Se Sansone e Marcantonio sono stati vulnerabili, perché non dovresti esserlo tu? In fondo, mi sento quasi di ringraziarti per avermi liberato da lei, e debbo confessarti che, nonostante tutto, mi fai pena. È tua moglie, adesso, e questa gatta dovrai pelartela tu. A me è costata un po’ di denaro e, per qualche giorno, la pace del cuore. Ma ti sei mai chiesto che cosa costerà a te? Mi ha ingannato ed è riuscita a convincere te, il mio miglior amico, a ingannarmi. Quando verrà il tuo turno? Domani? La settimana prossima? Il mese venturo? Fra un anno? Come un cane torna ai suoi escrementi, così…

— Miles! — strillò Belle.

— Esci! — m’intimò minacciosamente Miles, e capii che diceva sul serio. Perciò mi alzai.

— Ce ne andiamo subito — dissi. — Mi spiace per te, vecchio mio. Noi due abbiamo commesso uno sbaglio, una volta, e la colpa è stata tanto mia quanto tua. Però a pagare sarai tu solo. Ed è troppo, per una leggerezza così da poco.

La curiosità ebbe il sopravvento, e Miles chiese:

— A cosa alludi?

— Al fatto che ci saremmo dovuti meravigliare che una donna tanto abile e intelligente fosse disposta a lavorare per noi, e per uno stipendio nemmeno molto alto. Con la sua competenza avrebbe trovato chissà quale impiego, ma le grandi aziende assumono informazioni, esigono il controllo delle impronte digitali… Chissà cosa si sarebbe scoperto, se anche noi avessimo seguito questo sistema. Certo non l’avremmo assunta, e saremmo ancora soci.

Avevo di nuovo colpito nel segno! Miles s’era voltato a guardare sua moglie, e lei pareva… ecco, potrei dire un topo in trappola, se un topo si potesse paragonare a una bella ragazza.

Non contento della mia vittoria, insistetti. — Dunque, Belle? Se prendessi il bicchiere col quale hai bevuto adesso, e ne facessi rilevare le impronte alla polizia, non credi che si scoprirebbe qualcosa di interessante? — Così dicendo, mi chinai a prendere il bicchiere, ma Belle fu lesta a strapparmelo di mano, mentre Miles gridava non so che cosa.

Avevo spinto le cose troppo in là. Ero stato uno stupido a entrare disarmato nella gabbia di quelle bestie pericolose, per di più in quel momento dimenticai la prima regola dei domatori: non voltare mai la schiena. Mi volsi verso Miles che gridava, e Belle afferrò la sua borsetta… Ricordo che ebbi il tempo di pensare che non mi pareva l’occasione migliore per prendere una sigaretta.

Poi, sentii la trafittura dell’ago.

Le ginocchia mi cedettero, e caddi lentamente in avanti, sorpreso che Belle avesse potuto farmi una cosa simile. A pensarci bene, evidentemente mi fidavo ancora di lei.

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