“A Lofoten mi è stato insegnato come mettere da parte le vestigia del mio ego per vivere come un’entità pura e inattaccabile, insensibile a desideri e schemi irrilevanti. E quindi a diventare un essere migliore, più vicino a conseguire quella dissoluzione dell’io che costituisce l’obiettivo ultimo della mente disciplinata.
“Io ho assorbito pienamente quell’insegnamento, certo, anche se in me restava viva la fastidiosa sensazione di perseguire in realtà l’egoismo ultimo, poiché, cercando di rendere me stesso un essere assolutamente inattaccabile, mi ponevo a livello di un dio, e cos’è questo se non addentrarsi nell’ego più assoluto? Ricordo ancora il sorriso del mio precettore quando gli rivelai questo mio timore. Chiaramente, anche lui aveva avuto un tempo lo stesso dubbio: era, mi spiegò, il paradosso dello sforzo necessario a raggiungere uno stato di esistenza privo di sforzi, una trappola circolare da cui si usciva solo passandovi in mezzo. Crearsi degli schemi assolutamente inattaccabili per liberarsi dal bisogno di crearsi degli schemi. Porsi lo scopo di procedere verso la liberazione per liberarsi dalla schiavitù degli scopi. Esercitare un’impietosa autodisciplina per annullare l’obbligo di giungere a un risultato.
“Bene, e allora così sia, mi dissi. Tu sei un essere imperfetto che prova a seguire la via della perfezione, e quindi è del tutto normale che si presentino molti problemi prima del risultato finale. Io ho fatto del mio meglio, viste le limitazioni intrinseche del materiale con cui dovevo lavorare, e resto convinto che l’esperienza di Lofoten mi abbia avvicinato a ciò che sto cercando molto più di qualunque altra cosa abbia fatto in passato. Ma guardati adesso! Coraggio, guarda! Dov’è finita la mia inattaccabilità? Dov’è finita la liberazione dalla schiavitù degli scopi?
“Perché io voglio far parte della squadra che scenderà sul pianeta A.
“Lo voglio disperatamente. ’Disperatamente’.
“Sento montare dentro di me un’eccitazione irrefrenabile a mano a mano che ci avviciniamo a quel pianeta. Giorno e notte, la sento montare: nelle mie dita, nella mia gola, nel mio torace, nei miei occhi. Un nuovo mondo! ’Il’ nuovo mondo, per quanto ne sappiamo. Se questo è davvero il luogo dove ci stabiliremo, allora le prime persone a porvi piede diverranno figure leggendarie per secoli e secoli a venire, mitici eroi, figure divine. Davvero voglio che i miei discendenti mi considerino un eroe leggendario? Apparentemente sì. Oh, Lofoten, Lofoten, non sei mai stata così lontana, materialmente e spiritualmente! Tutti quei salutari bagni nei laghi gelati, le corse nei campi innevati, i digiuni, la meditazione, il concentrarsi sulla luce bianca e risplendente… ed eccomi qui, affamato di gloria. Quanto è stupido tutto questo, quanto è riprovevole, quanto è assurdo. Eppure è innegabile: io voglio far parte della squadra di esplorazione.
“Il che significa che devo trovare qualcuno disposto a subentrarmi come comandante. Ma chi? Chi? Finora nessuno si è fatto avanti. Nessuno sembra interessato al comando. Tutti sembrano felici di lasciarmi al mio posto. Che branco di pecore, tutti loro, e nessuno vuol fare il pastore al mio posto. Avrei dovuto pensarci, quando accettai di ricoprire l’incarico di comandante per il primo anno. Ma forse l’ho fatto: forse mi limitai a considerarla un’altra preziosa esperienza. Comandare un’astronave interstellare: qualcosa di utile, di affascinante. E forse sono giunto persino a pensare alla grande crescita spirituale che avrebbe comportato l’eventuale rinuncia a far parte di una squadra di esplorazione. Io sono certamente in grado di pensare a simili idiozie. Bene, l’ho fatto: e adesso mi ritrovo intrappolato.
“Noelle mi ha detto che le difficoltà di contatto con Yvonne sono lentamente scomparse nelle ultime settimane, cioè da quando ci siamo inoltrati in questo nuovo settore di spazio. Forse la teoria delle ’macchie solari’ era corretta, e qualche tipo di energia locale interferiva davvero nella comunicazione telepatica tra le due sorelle. Vedremo. Perlomeno la nostra missione conosce degli sviluppi positivi, e questi sono sempre i benvenuti. Tuttavia, Noelle continua ad apparire stranamente tesa e silenziosa. Siede giorno e notte nella sala comune giocando a Go come se fosse la cosa più importante del mondo, accettando ogni sfida e vincendo con la più grande facilità. Che mistero, quella ragazza! In questa astronave dallo strano equipaggio, lei è sicuramente la più strana di tutti.
“Se Paco non ha sbagliato i suoi calcoli, dovremmo ormai trovarci a qualche giorno di distanza dal pianeta A. Vista l’incertezza della mia situazione, sono quasi propenso a sperare che si tratti di un pianeta tanto ostile e inadatto alla vita da rendere superfluo qualsiasi tipo di ricognizione a terra. Ma mi rendo conto che si tratta di una pura e semplice idiozia. Dieci a uno che la squadra verrà inviata, e che certamente ne faranno parte Huw e Innelda. E io? Immagino che la mia presenza sia ancora dubbia. Il terribile timore di non poter andare è una buona misura del fallimento della mia ricerca interiore, dell’intero periodo di Lofoten; anzi, il mio livello di ansietà in proposito è quasi imbarazzante.
“Quello che devo fare adesso è riunire l’equipaggio e tenere questa maledetta elezione. E sistemare questa faccenda, in un modo o nell’altro, prima di perdere il poco rispetto per me stesso che ancora mi rimane.”