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Il comandante lasciò la sala comune e percorse pochi metri lungo il corridoio principale, diretto verso l’ascensore che lo avrebbe portato al ponte inferiore dove Zed Hesper aveva i suoi laboratori. Passava di là almeno una volta al giorno, anche solo per osservare le tracce simulate di stelle e pianeti che andavano e venivano sullo schermo galattico di Hesper. Si trattava di schemi puramente astratti e dal significato astronomico decisamente scarso, poiché non vi era modo di osservare direttamente lo spazio normale dal tunnel di non-spazio che l’astronave percorreva: Hesper doveva lavorare esclusivamente su analogie ed equivalenti. Tuttavia, per qualche strano motivo, lo rassicurava sapere che non erano completamente soli nell’universo, nonostante le loro vite fossero confinate negli spazi poco attraenti di quella piccola astronave a sedici anni-luce dalla Terra.

“Sedici anni-luce da casa.”

Non era un concetto facile da afferrare, anche per uno come il comandante che conosceva e praticava diverse discipline mentali. Riusciva a sentire la forza del concetto, ma non il suo significato. Poteva dire a se stesso: “Siamo a sedici chilometri da casa” e trovare quel concetto abbastanza facile da afferrare, “Siamo a milleseicento chilometri da casa” una cosa un po’ più difficile, certo, ma alla fin fine perfettamente comprensibile. Ma se si diceva: “Siamo a sedici milioni di chilometri da casa” la comprensione cominciava a vacillare. Un golfo, un mare, un terribile oceano nero e vuoto di vastissime dimensioni. Tuttavia, sapeva di riuscire a figurarselo dopo qualche tentativo.

Ma sedici anni-luce?

Sarebbe mai riuscito a figurarseli?

Nell’universo al di là del tunnel di non-spazio che percorreva l’astronave si estendeva una lucente moltitudine di stelle, una vera foresta di soli, e lui sapeva che la sua barba bionda leggermente brizzolata sarebbe diventata bianca prima che la luce di quelle stelle arrivasse a scintillare nella notte della lontana Terra. E tuttavia erano trascorsi solo alcuni mesi dalla partenza della spedizione. Che miracolo, pensava, essere arrivati tanto lontani in così breve tempo.

Ciò nonostante vi era un miracolo più grande. Un’ora dopo il pranzo avrebbe chiesto a Noelle di inviare un messaggio alla Terra per riassumere le rilevazioni di quel giorno. La risposta del centro di controllo, in Brasile, sarebbe arrivala prima di cena. Quello sembrava il miracolo più grande che gli fosse capitato da molto tempo.

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