10

Ferune di Mistwood tornò a Gray, sistemò le sue cose e dopo pochi giorni salutò tutti.

A Daniel Holm: «La fortuna sia con te, Primo Governatore».

La bocca di Holm era tesa e inquieta. «Dovresti avere più tempo di… di…».

Ferune scosse la testa. La cresta lacera era abbassata; gran parte delle penne che gli erano rimaste erano di un bianco opaco; parlava a mormorii. Ma il suo sorriso non era cambiato. «No, temo che stavolta i medici non riusciranno a stimolare la rigenerazione. Non quando ogni più piccola cellula è stata colpita. Peccato che gli Imperiali non abbiano tentato di lanciarci addosso una bella nuvola di vapori di mercurio. Ma per te sarebbe piuttosto scomodo».

Sì, tu resisti meglio ai metalli pesanti di quanto non facciano gli umani, si sorprese a pensare inutilmente Holm, ma sei più vulnerabile di loro alle radiazioni forti. La voce proseguì faticosamente: «Per il momento, mi tengono insieme a forza di droghe e di filo da imballo. Molti di coloro che si trovavano con me sono già morti, ho saputo. Ma io dovevo trasferire a te i miei poteri e le mie cognizioni, prima che fosse finita, no?».

«A me?». L’uomo, tutto d’un tratto, non riuscì più a trattenersi. «A me che ti ho ucciso?».

Ferune si irrigidì. «Non darti troppe arie, Daniel Holm. Se davvero pensassi che biasimi te stesso, non ti avrei lasciato in quella carica… probabilmente non ti avrei nemmeno lasciato vivo, uno così stupido sarebbe pericoloso. Tu stavi eseguendo il mio piano, ed ha anche funzionato dannatamente bene, eh?».

Holm si inginocchiò e posò il capo sull’osso della carenatura. Era aguzzo, perché la carne non c’era quasi più, e la pelle bruciava come se fosse febbricitante, e lui poteva udire il cuore che sussultava. Ferune trasferì il peso del corpo sulle mani. Le ali avvolsero l’uomo e le labbra lo baciarono. «Se volo più in alto lo devo a te», disse Ferune. «Onoraci partecipando al mio rito funebre, se la guerra lo consente. Che i venti ti siano favorevoli per sempre».

Se ne andò. Un assistente lo aiutò ad entrare in una macchina e lo portò verso nord, verso le terre boscose del suo gruppo e verso Wharr, che lo attendeva.


«Mi permetta di presentarmi. Sono Juan de Jésus Cajal y Palomares, di Nuevo Mexico, al comando delle forze navali di Sua Maestà Imperiale nella presente campagna. Lei ha la mia parola di ufficiale terrestre che il segnale è sicuro, i relè sono automatici, questa conversazione verrà registrata ma non controllata e il nastro sarà classificato come segreto».

I due che lo guardavano dagli schermi rimasero silenziosi, finché Cajal non divenne fin troppo consapevole del metallo che lo circondava, del sottofondo pulsante dei macchinari e della lieve traccia di additivi chimici nell’aria che proveniva dai ventilatori. Si domandò quale impressione stesse facendo su di loro. Non c’era modo di capirlo dal vecchio Ythrano — Liaw? Sì, Liaw — il quale rappresentava evidentemente la difesa civile. Quell’essere se ne stava seduto impassibile come una statua, e l’unico segno di vita in lui erano gli occhi gialli e ardenti. Daniel Holm continuava a muoversi, togliendo e rimettendo il sigaro in bocca, con le dita che picchiettavano sullo scrittoio, ed un tic alla guancia sinistra. Era stravolto, trascurato, mal rasato, sudicio, in lui non c’era nulla della impeccabilità imperiale. Ma aveva un aspetto tutt’altro che umile.

Fu proprio lui che ruppe il silenzio, alla fine. «Perché?».

«¿Por qué?», rispose sorpreso Cajal. «Perché mi sono messo in contatto con voi proponendo un colloquio? Ma per discutere i termini, naturalmente».

«No, questa segretezza. Non che io le creda in proposito, né per questo né per altro».

Cajal sentì le guance che avvampavano. Non devo lasciarmi prendere dall’ira. «Come desidera, Ammiraglio Holm. Comunque, la prego di farmi credito di un po’ di buon senso. A parte il problema morale di lasciar continuare la strage e il dispendio di mezzi e di denaro, deve rendersi conto che io preferirei evitare ulteriori perdite. Ecco perché stiamo orbitando a distanza intorno ad Avalon e Morgana, e non abbiamo fatto alcuna mossa aggressiva fin dal termine della battaglia, la settimana scorsa. Ora che abbiamo valutato le nostre scelte, sono pronto a discutere; e spero che anche voi ci avrete pensato bene sopra. Non ho alcun interesse in ostentazione o pubblicità. Cose del genere servono solo ad ostacolare la ricerca di soluzioni pratiche. Di qui la natura confidenziale del nostro colloquio. Spero che lei coglierà l’occasione per parlare con la stessa franchezza che è nelle mie intenzione, sapendo che le sue parole non la impegnano affatto».

«Le nostre parole ci impegnano», disse Holm.

«Prego», lo incalzò Cajal. «Lei è fuori di sé, mi ucciderebbe se ne avesse la possibilità, tuttavia è un professionista. Entrambi abbiamo i nostri doveri, per quanto sgradevoli possano essere alcuni di essi».

«Bene, vada avanti, allora. Che cosa vuole?».

«Discutere i termini, ho detto. Mi rendo conto che noi tre soli non possiamo autorizzare o combinare la resa, ma…».

«Io penso che lei possa farlo», interruppe Liaw in un Anglico profondo, aspramente cadenzato. «Se ha paura della corte marziale, possiamo garantirle asilo».

La bocca di Cajal si spalancò. «Che sta dicendo?».

«Dobbiamo accertarci che questo non sia un trucco. Le suggerisco di portare le sue navi una per volta in orbita chiusa, per essere smobilitate. Il trasporto in patria dell’equipaggio avverrà in un secondo tempo».

«Lei… lei…». Cajal deglutì a vuoto. «Signore, mi risulta che il suo titolo si possa tradurre approssimativamente con "Giudice" o "Colui che fa legge". Giudice, non è il momento di fare dell’umorismo».

«Se lei non vuole arrendersi», disse Holm, «che cosa c’è da discutere?».

«La vostra capitolazione, por Díos!». Il pugno di Cajal colpì il bracciolo della sedia. «Non voglio nascondermi dietro giochi di parole. Ci avete già fatto perdere troppo tempo. Ma la vostra flotta è stata distrutta. I suoi frammenti sono sparpagliati per tutto il sistema. Un distaccamento secondario della nostra forza può dar loro la caccia senza difficoltà. Controlliamo tutto lo spazio intorno a voi. Non avete alcuna possibilità di ricevere aiuti dall’esterno. Qualunque mezzo potesse essere avventatamente spedito da altri sistemi sarebbe fatto a pezzi; e gli ammiragliati lo sanno. E se c’è un posto dove andare, con le loro ridicole forze, quello è Quetlan». Si piegò in avanti. «Non ci piacerebbe bombardare il vostro pianeta. Per favore, non costringeteci a farlo».

«Andate pure avanti», rispose Holm. «Sarebbe un buon allenamento, per le nostre forze intercettatrici».

«Ma… voi vi aspettate che le navi che forzeranno il blocco… Oh, so quanto è grande il pianeta. So bene che una forza di piccole dimensioni potrebbe sfuggire alla nostra rete di rivelatori, alle nostre pattuglie ed alle nostre stazioni. Ma so anche quanto dovrebbe essere piccola, e quanto il suo successo sarebbe occasionale ed aleatorio».

Holm diede un’ultima tirata frenetica al suo sigaro. «Sì, certo», scattò. «Una tecnica standard. Eliminate una flotta spaziale, ed il suo pianeta dovrà arrendersi, altrimenti lo riempirete di scorie radioattive. Bel lavoro per un uomo, eh? Beh, i miei colleghi ed io avevamo previsto da anni questa guerra. Sapevamo che non avremmo mai potuto avere una marina che potesse competere con la vostra, se non altro perché voi bastardi avete tanta popolazione e tanto spazio alle vostre spalle. Ma per quanto riguarda la difesa… Ammiraglio, lei si trova al termine di una lunga catena di comunicazioni e di rifornimenti. I mondi di frontiera non sono attrezzati per produrre la quantità di materiale di cui avete bisogno; deve provenire dal cuore dell’Impero. Noi siamo qui, organizzati per fare tutto il possibile al più presto possibile. Non possiamo competere con voi, ma possiamo tranquillamente bloccare tutto quello che ci tirerete addosso».

«Assolutamente?».

«D’accordo, ogni tanto, per pura fortuna, potrete senza dubbio piazzare una testata nucleare. Ma resisteremo anche a quello, e la guardia nazionale annovera squadre di decontaminazione. Le probabilità di colpire qualcosa di importante sono scarse quanto quelle di una scala reale a poker. Nessuna delle vostre navi può avvicinarsi abbastanza con un proiettore d’energia sufficientemente robusto da arrossare il sedere di un bambino. Viceversa non ci sono limiti di dimensioni e di massa per le nostre armi a fotoni piazzate al suolo; abbiamo a disposizione fiumi interi per raffreddarne i generatori, mentre vi spazziamo via dal cielo. E adesso mi dica per quale dannatissimo motivo dovremmo arrenderci».

Cajal si rimise a sedere. Si sentiva colpito alle spalle.

«Non c’è niente di male a sentire quali condizioni aveva intenzioni di offrici», disse Liaw, con voce inespressiva.

Salvare la faccia? Sapevo che questi Ythrani sono diabolicamente orgogliosi, ma non fino al punto di sfiorare la follia. La speranza tornò a germogliare in Cajal. «Condizioni onorevoli, naturalmente», disse. «Le vostre navi dovranno essere sequestrate, ma non saranno usate contro Ythri, il personale potrà tornare a casa, e gli ufficiali potranno tenere le loro armi personali. Lo stesso per le vostre attrezzature difensive. Dovrete accettare l’occupazione e collaborare col governo militare, ma sarà fatto ogni sforzo per rispettare le vostre leggi e usanze, gli individui avranno il diritto di fare petizioni perché siano riparate le ingiustizie subite, e i terrestri che violeranno le leggi saranno puniti con la stessa severità degli avaloniani. In effetti, se la popolazione si comporta correttamente, penso che gran parte di essa non avrà mai neppure l’occasione di incontrare militari della marina Imperiale».

«E dopo la guerra?».

«Beh, dovrà deciderlo la Corona, ma presumo che verrete inclusi nel riorganizzato Settore di Pax, e dovete sapere che il Governatore Saracoglu è una persona umana ed efficiente. Finché è possibile, l’Impero incoraggia la legislazione locale ed il proseguimento dei locali modi di vita».

«Incoraggia. La parola operativa. Ma lasciamo perdere. Diamo per scontato un certo grado di democrazia. Potremmo impedire il flusso dell’immigrazione per evitare di doverci trovare poi in minoranza?».

«Beh… beh, no. Ai cittadini è garantita la libertà di movimento. Questo è uno dei diritti sanciti dall’Impero. Accidenti, non potete egoisticamente bloccare il progresso solo perché preferite l’arcaismo».

«Non c’è nient’altro da discutere. Buon giorno, Ammiraglio».

«No, aspettate! Aspettate! Non potete… condannare tutto il vostro popolo alla guerra, non siete voi che potete farlo!».

«Se i Khruath ed il Parlamento cambieranno opinione, ne sarà informato».

«Ma state a sentire, li state condannando a morte per niente», disse concitatamente Cajal. «Questa frontiera deve essere sistemata. Voi, l’intero Dominio di Ythri, non avete il potere di impedirlo. Potete soltanto prolungare questa farsa omicida e logorante. E sarete puniti con delle condizioni di pace peggiori di quelle che potreste avere. Ascoltatemi, il vantaggio non è da una parte sola. State per entrare nell’Impero. Ne ricaverete commercio, contatti, protezione. Collaborate adesso e vi giuro che partirete come stato privilegiato, con tutti i vantaggi che una simile condizione comporta. Entro pochi anni, gli individui potranno avere la cittadinanza terrestre. Alla fine l’intero Avalon diventerà parte della Grande Terra. Per l’amor di Dio, siate realistici!».

«Lo siamo», disse Liaw. Holm ammiccò. Entrambi gli schermi si spensero.

Cajal rimase seduto per qualche minuto, fissandoli sbalordito. Non possono aver parlato sul serio. Non possono. Per due volte allungò la mano verso l’intercom. Doveva richiamarli? Forse quell’infantile insistenza era il prezzo richiesto per negoziare con l’Impero…

Ritirò la mano entrambe le volte. No. Sono responsabile della nostra dignità.

La decisione giunse. Che si desse inizio al Piano Due. Che la forza adatta investisse Avalon. Proporzionalmente, sarebbe stato richiesto poco. L’unico scopo reale era quello di impedire alle considerevoli risorse di quel mondo di portare soccorso ad Ythri ed a quelle basi di minacciare le linee di Cajal ricacciandolo indietro. Un assedio avrebbe impegnato più uomini e vascelli di quanto avrebbe fatto la semplice occupazione, ma lui poteva permetterselo.

La cosa importante era non perdere il ritmo. Anzi, era bene che le sue navi libere partissero subito per appoggiare i contemporanei attacchi a Khrau e Hru. Lui avrebbe diretto il primo, il suo vicecomandante il secondo. Ciò che avevano appreso qui sarebbe stato estremamente utile.

Era sicuro che avrebbe ottenuto rapide vittorie, laggiù. Il Servizio Segreto non era riuscito a comprendere fino in fondo il valore dell’armamento di Avalon, ma aveva scoperto il fatto in sé; esso non poteva essere nascosto. Allo stesso modo, Cajal sapeva che nessun altro pianeta del Dominio aveva un Daniel Holm che per anni lo aveva messo sottosopra per costruire un riparo contro la tempesta. Sapeva che le altre flotte coloniali Ythrane erano piccole e mal coordinate, ed i pianeti indifesi.

Quetlan, il sole d’origine, era un osso più duro. Ma diamogli una spettacolare sortita nei loro spazi, e c’era da sperare che i nemici avrebbero avuto il buon senso di capitolare prima di essere colpiti al cuore.

E in seguito poche molecole distorte, con la registrazione dell’armistizio, ci daranno Avalon. Molto bene. Meglio che combattere… Lo sanno, loro? Vogliono solo conservare, per poche altre settimane, l’illusione della libertà? Bene, spero che il prezzo che dovranno pagare per questo - imposte, restrizioni, modifiche di tutta la loro società - non venga giudicato insopportabile… perché dovranno sopportarlo.


Prima dell’alba Ferune lasciò Mistwood.

Quel giorno il suo paese natio teneva buona fede al suo nome. C’era una nebbia fredda e umida che nascondeva il mare. La cortina avvolgeva nell’oscurità i grossi alberi-martello e gli anelli parafulmine; l’umidità sgocciolava dai rami sulle foglie cadute, e dove toccava la pozzanghera che si era formata in mezzo ai gambi inanellati di una spada-del-dolore, emetteva un piccolo scampanio cristallino. Ma più all’interno, dove ristava il Vecchio Avalon, l’albero gigante atterriva gli animali che osavano avvicinarglisi, ed il suo rombo faceva vibrare la casa di Ferune ed echeggiava sugli scudi appesi dei suoi antenati.

Le ali si raccolsero. Una tromba trafisse la notte. Vennero fuori i suoi figli per incontrare i compagni di gruppo. Portavano il corpo sopra una barella, in mezzo a loro. Gli uhoth svolazzavano intorno, stupiti della sua immobilità. La vedova era alla guida del corteo, con a fianco le figlie ed i rispettivi mariti ed i figli cresciuti, i quali brandivano le torce.

Le ali batterono. Iniziò il volo verso l’alto. Una volta superato il livello della nebbia, si trovarono in mezzo ad un bianco ombreggiato di blu, sotto un glaciale lampeggiare che veniva da est. Ad occidente, al di sopra del mare, le ultime stelle scintillavano nel cielo di un porpora intenso.

E tutti continuarono a salire, finché non si trovarono vicini al limite d’altezza. Quassù l’aria era sottile e tagliente; ma sul margine di un mondo crepuscolare, i picchi innevati della Madre delle Intemperie erano illuminati da un sole appena nato.

Tutto questo mentre il volo puntava verso nord. Daniel Holm e la sua famiglia, che seguivano con vestiti pesanti e maschere ad ossigeno, videro le ali risplendere nel cielo come una tremenda punta di lancia. Riuscivano appena a scorgere i fuochi delle torce che luccicavano sulla punta, come scintille simili alle stelle che svanivano. Più chiaramente giungeva invece il pulsare dei remiganti. Per il resto il silenzio era assoluto.

Raggiunsero una zona selvaggia, una terra di creste, massi e ruscelli dal corso rapido. Là i figli di Ferune si fermarono. Le ali si allargarono, ed essi si librarono alla prima debole brezza del mattino, con la madre che li precedeva di poco. Tutt’intorno, in circolo, si disposero i parenti più stretti; e il gruppo circondò questi ultimi, in una vera e propria ruota. Poi il sole ruppe al di là delle montagne.

Il nuovo Wyvan di Mistwood si fece avanti verso Ferune. Soffiò ancora nel corno, e tre volte chiamò il nome del morto. Wharr si avvicinò per il bacio d’addio. Poi il Wyvan pronunciò le parole della Nuova Fede, che era vecchia di duemila anni.

«Alto volò il tuo spirito su molti venti; ma alla fine su di te giunse Dio il Cacciatore, battendo le ali. Lo hai incontrato nell’orgoglio, Lo hai combattuto bene, da te Egli ha avuto onore. Adesso vai, e che risorga nel vento ciò che gli artigli hanno lasciato, sia acqua e foglie; e il tuo spirito sia sempre ricordato».

I suoi figli rivoltarono la barella. Il corpo cadde, seguito dalle torce.

Wharr si lanciò nei movimenti iniziali della danza del cielo. Un centinaio la seguirono.

Sospeso poco lontano, tra il vuoto e l’immensità, Daniel Holm disse a Christopher: «E quel terrestre pensava che dovessimo arrenderci».

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