19.

Nicodemus disse: «Dai un’occhiata qui.»

Horton si chinò a guardare la linea sottile che il robot aveva scalpellato nella pietra, intorno al perimetro del quadro.

«Come sarebbe a dire?» chiese. «Non vedo niente di strano. Solo, non mi sembra che tu abbia fatto grandi progressi.»

«È proprio questo che non va,» disse Nicodemus. «Non combino niente. Lo scalpello incide la pietra per pochi millimetri. Poi la pietra s’indurisce. Come se fosse metallo, con una piccola parte della superficie trasformata in ruggine.»

«Ma non è metallo.»

«No, è proprio pietra. Ho provato in altri punti della roccia.» Tese il braccio verso la muraglia di pietra, indicando alcune scalfitture. «È così su tutta la parete. Sembra che le intemperie facciano sentire il loro effetto, ma sotto la pietra è incredibilmente dura. Come se le molecole fossero legate più strettamente di quanto dovrebbero essere per natura.»

«Dov’è Carnivoro?» chiese Elayne. «Forse lui ne sa qualcosa.»

«Ne dubito,» disse Horton.

«L’ho spedito,» disse Nicodemus. «Gli ho detto di andare all’inferno. Mi respirava sul collo e cercava di tenermi allegro…»

«Ci tiene tanto ad andarsene da questo pianeta,» disse Elayne.

«E chi non ci terrebbe?» chiese Horton.

«Mi fa tanta pena,» disse Elayne. «Siete sicuri che non ci sia modo di prenderlo a bordo… se tutti gli altri sistemi falliscono, voglio dire?»

«Non vedo come,» disse Horton. «Potremmo provare a ibernarlo, ma molto probabilmente lo uccideremmo. Tu cosa ne pensi, Nicodemus?»

«L’ibernazione è fatta su misura per gli umani,» disse il robot. «Non ho idea dell’effetto che potrebbe avere su un’altra specie. Non troppo buono, sospetto, forse pessimo. Innanzi tutto, l’anestetico che traumatizza le cellule ponendole in sospensione momentanea, fino a quando il freddo può agire. È quasi infallibile per gli umani, perché è stato creato per loro. Per agire su altre forme di vita, forse dovrebbe venire cambiato. Potrebbe essere un cambiamento minuto e sottile, immagino. E io non sono equipaggiato per operarlo.»

«Vuoi dire che morirebbe prima ancora di venire ibernato?»

«Sospetto che sarebbe proprio così.»

«Ma non potete lasciarlo qui,» disse Elayne. «Non potete andarvene e abbandonarlo.»

«Potremmo prenderlo a bordo,» disse Horton.

«No, finché ci sono io,» disse Nicodemus. «Lo ucciderei entro la prima settimana. Per i miei nervi ha lo stesso effetto della carta vetrata.»

«Anche se sfuggisse ai tuoi impulsi omicidi,» disse Horton, «a che servirebbe? Non so cos’abbia in mente Nave, ma potrebbero trascorrere secoli prima che atterrassimo di nuovo su di un pianeta.»

«Potreste fermarvi a scaricarlo.»

«Tu lo potresti,» disse Horton. «Io lo potrei. Lo potrebbe Nicodemus. Ma non Nave. Nave, a quanto sospetto, assume una prospettiva su tempi più lunghi. E cosa ti fa credere che troveremmo un altro pianeta su cui Carnivoro possa sopravvivere… fra una dozzina d’anni, fra cent’anni? Nave ha passato mille anni nello spazio, prima che trovassimo questo. Devi ricordare che Nave è un vascello dalla velocità inferiore a quella della luce.»

«Hai ragione,» disse Elayne. «Lo dimentico sempre. Durante il periodo della Depressione, quando gli umani fuggirono dalla Terra, se ne andarono in tutte le direzioni.»

«Usando navi più veloci della luce.»

«No. Navi a balzi temporali. Non domandarmi come funzionassero. Ma afferri l’idea…»

«Un barlume,» disse Hortn.

«E anche così,» disse Elayne, «viaggiarono per molti anni-luce, prima di trovare pianeti terrestri. Alcune scomparvero… in lontananze immense, nel tempo, fuori da questo universo: è impossibile saperlo. Non se ne è più saputo nulla.»

«Quindi vedi,» disse Horton, «come diventa impossibile questa faccenda di Carnìvoro.»

«Forse possiamo ancora risolvere il problema del tunnel. È quanto Carnivoro desidera veramente. È quanto desidero io.»

«Ho esaurito tutti i possibili attacchi,» disse Nicodemus. «Non ho altre idee. Non ci troviamo di fronte alla semplice situazione di un mondo chiuso da qualcuno. Hanno lavorato parecchio, per tenerlo chiuso. La durezza della pietra non è naturale. Nessuna roccia potrebbe essere così impenetrabile. L’hanno resa tale. Hanno capito che qualcuno avrebbe potuto cercare di manomettere il quadro, e hanno preso misure per impedirlo.»

«Deve esserci qualcosa, qui,» disse Horton. «Qualche ragione per bloccare il tunnel. Forse un tesoro.»

«Non si tratta di un tesoro,» osservò Elayne. «L’avrebbero portato via. Un pericolo, molto più probabilmente.»

«Hanno nascosto qui qualcosa, per tenerlo al sicuro.»

«Non credo,» disse Nicodemus. «Un giorno o l’altro potrebbero aver bisogno di recuperarlo. Potrebbero arrivare qui, naturalmente, ma poi come farebbero a portarselo via?»

«Potrebbero venire per nave,» disse Horton.

«È improbabile,» disse Elayne. «L’ipotesi più logica è che sappiano come escludere il blocco.»

«Allora credi che vi sia un modo per riuscirci?»

«Tendo a credere che possa esserci: ma questo non significa che lo troveremo noi.»

«E allora,» disse Nicodemus, «può darsi che abbiano semplicemente bloccato il tunnel perché qualcosa che sta qui non possa andarsene. Che l’abbiano isolato dal resto dei pianeti del tunnel.»

«Ma in questo caso,» chiese Horton, «che può essere? Pensi alla creatura dentro al cubo?»

«Può darsi,» disse Elayne. «Non solo imprigionata nel cubo, ma confinata sul pianeta. Una seconda linea difensiva, nel caso che riuscisse a fuggire dal cubo. Comunque, non so perché, è difficile crederlo. È tanto bella.»

«Può essere bella e pericolosa.»

«Cos’è questa creatura dentro al cubo?»

«L’abbiamo trovata Elayne ed io in un edificio della città. Una cosa racchiusa in un cubo.»

«Viva?»

«Non possiamo esserne certi, ma io credo di sì. Ne ho avuto la sensazione. Elayne l’aveva percepita.»

«E il cubo? Di cos’è fatto?»

«Una strana sostanza,» disse Elayne. «Se pure è una sostanza. Ti ferma, ma non puoi sentirla né vederla. È come se non ci fosse.»

Nicodemus cominciò a raccattare gli utensili sparsi sul fondo roccioso del sentiero.

«Ci rinunci?» chiese Horton.

«Tanto vale. Non posso fare altro. I miei utensili non intaccano la pietra. Non riesco a togliere la copertura protettiva del quadro, campo di forza o quello che è. Ci rinuncio, fino a quando qualcuno non se ne verrà fuori con una buona idea.»

«Forse, se dessimo un’occhiata al libro di Shakespeare, potremmo trovare qualcosa di nuovo,» disse Horton.

«Shakespeare non ha mai avuto idee,» disse Nicodemus. «Tutto quel che sapeva fare era prendere a calci il tunnel e snocciolare parolacce.»

«Non intendevo dire che nel libro si possa trovare qualche buona idea,» fece Horton. «Al massimo un’osservazione, le cui implicazioni erano sfuggite a Shakespeare.»

Nicodemus era dubbioso. «Può darsi,» disse. «Ma non possiamo leggere molto, con Carnivoro attorno. Vorrà sapere cosa aveva scritto Shakespeare, e certi suoi commenti non sono troppo lusinghieri nei confronti del suo vecchio amico.»

«Ma Carnivoro non c’è,» osservò Elayne. «Ha detto dove andava, quando l’hai cacciato via?»

«Ha detto che andava a fare una passeggiata. Ha borbottato qualcosa a proposito di magia. Ho avuto l’impressione, non troppo nitida, che volesse raccogliere certa roba magica… foglie, radici, cortecce.»

«Aveva già parlato di qualcosa del genere,» disse Horton. «Sembrava convinto che potessimo unire le nostre magie.»

Elayne chiese: «Avete qualche magia?»

«No,» disse Horton. «Non ne abbiamo.»

«Allora non dovete disprezzare quelli che ce l’hanno.»

«Vorresti dire che credi nella magia?»

Elayne aggrottò la fronte. «Non so bene,» disse. «Ma ho visto una magia che operava davvero, o almeno così sembrava.»

Nicodemus aveva finito di riporre gli utensili nella cassetta, e la chiuse.

«Andiamo in casa a vedere il libro,» disse.

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