Horton era sdraiato accanto al fuoco, avviluppato nel sacco a pelo. Nicodemus stava aggiungendo legna, e la sua scura superficie metallica guizzava di riflessi rossi e azzurri irradiati dalle fiamme. Lassù, le stelle sconosciute brillavano vivide, e accanto alla fonte, qualcosa si lamentava amaramente.
Horton si mise più comodo, poiché sentiva sopraggiungere il sonno. Chiuse gli occhi, senza stringere le palpebre, e attese.
Carter Horton, disse Nave, parlandogli nella mente.
Sì, disse lui.
Percepisco un’intelligenza, disse Nave.
Carnivoro? chiese Nicodemus, accovacciato accanto al fuoco.
No, non Carnivoro. Riconosceremmo Carnivoro, poiché l’abbiamo già incontrato. Il suo modello d’intelligenza non è eccezionale, non è molto diverso dal nostro. Questo lo è. Più forte ed acuto, e in un certo senso molto differente, ma confuso e indistinto. Come se fosse un’intelligenza che cerca di tenersi nascosta e di sottrarsi all’attenzione.
Vicino? chiese Horton.
Vicino. Presso al luogo dove sei tu.
Qui non c’è nulla, disse Horton. Il villaggio è abbandonato. Non abbiamo visto nulla in tutto il giorno.
Se si nasconde, non potete vederla. Dovete stare attenti.
Forse lo stagno, disse Horton. Forse c’è qualcosa che vive nello stagno. Carnivoro ne sembra convinto. Crede che ci sia qualcosa che divora la carne, quando la butta li dentro.
Forse, disse Nave. Carnivoro, ci sembra di ricordare, ha detto che non era vera acqua, ma piuttosto una broda. Non ti sei avvicinato?
Puzza, disse Horton. Non viene certo voglia di avvicinarsi.
Non riusciamo ad ubicare quell’intelligenza, disse Nave. Sappiamo solo che è nella vostra area. Non troppo lontano. Forse si tiene nascosta. Non correte rischi. Siete armati?
Sì, certo, disse Nicodemus.
Bene, disse Nave. State in guardia.
D’accordo, disse Horton. Buonanotte, Nave.
Non ancora, disse Nave. C’è un’altra cosa. Quando leggevi il libro, abbiamo cercato di seguirti, ma non siamo riusciti a capire tutto quel che leggevi. Questo Shakespeare… l’amico di Carnivoro, non l’antico drammaturgo. Cosa ne pensi?
Un umano, rispose Horton. Su questo non c’è dubbio. Il suo teschio, almeno, è umano, e la sua scrittura sembra un’autentica grafia umana. Ma era in preda alla pazzia. Forse a causa di un tumore maligno al cervello. Parlava di un inibitore, un inibitore del cancro, credo, ma diceva che era quasi finito e che, quando fosse rimasto senza, sarebbe morto tra dolori atroci. Per questo ha indotto con un trucco Carnivoro ad ucciderlo, ridendone.
Ridendo?
Rideva sempre di Carnivoro. E gli lasciava capire che rideva di lui. Carnivoro ne parla spesso. Lo addolorava profondamente, e il pensiero gli pesa ancora adesso. All’inizio credevo che questo Shakespeare fosse un furbastro… sai bene, uno con un complesso d’inferiorità che gli imponesse di nutrire continuamente il suo ego, senza correre rischi. Un modo per riuscirci consiste nel ridere segretamente degli altri, covando la finzione di una superiorità immaginaria. All’inizio la pensavo così, come ho detto. Ma adesso credo che quell’uomo fosse pazzo. Sospettava di Carnivoro. Pensava che stesse per ucciderlo. Era convinto che Carnivoro avrebbe finito per eliminarlo.
E Carnivoro? Cosa ne pensi?
È a posto, disse Horton. Non è cattivo.
Nicodemus, tu cosa ne pensi?
Sono d’accordo con Carter. Non costituisce un pericolo, per noi. Ah, avevo intenzione di dirtelo… abbiamo trovato una miniera di smeraldi.
Lo sappiamo, disse Nave. Ne abbiamo preso nota. Anche se pensiamo che non ne verrà fuori nulla. Al momento le miniere di smeraldi non c’interessano. Comunque, non sarebbe male portarne via un sacco. Chissà. Chissà quando, chissà dove, potrebbero tornare utili.
Lo faremo, disse Nicodemus.
Ed ora, disse Nave, buonanotte, Carter Horton. Nicodemus, fai buona guardia mentre lui dorme.
È quel che intendo fare, disse Nicodemus.
Buonanotte, Nave, disse Horton.