XVI

Kori lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi. — No, dico sul serio. Siamo in grado di farlo!

— Tra pochi giorni — disse Lou, — avranno rovinato il Grande George, forse l’avranno ucciso. E se tentiamo di impedirglielo, si rifaranno su Bonnie.

— Come?

— Me l’ha detto Marcus. Se il nostro comportamento non sarà di suo gradimento, ci andrà di mezzo Bonnie.

— Ma non può!

— Sì, che può. E lo farà. Anzi, sono convinto che ci prova gusto.

La faccia di Kori divenne rossa come il sole al tramonto. — Brutto verme schifoso, figlio di…

Stavolta fu Lou a prendere Kori per un braccio. — Calmati. Non possiamo farci niente.

Aspettò che l’esplosione di rabbia di Kori svanisse e che la sua faccia tornasse normale.

— E adesso, cosa facciamo? — chiese Kori, con un riflesso cupo nello sguardo.

— Non lo so — disse Lou. — Che progetto avevi, poco fa? Come è possibile avvertire le truppe governative?

— Ah, sì… mediante i satelliti direzionali.

— I satelliti? Ma in che modo?

— Sono dotati di sensori che servono a scoprire le esplosioni nucleari.

— Hanno che cosa?

Kori si diresse verso gli alloggi, e Lou lo seguì. — È una misura che risale ai vecchi tempi, prima che il governo mondiale disarmasse le nazioni — spiegò Kori. — Tutti i satelliti direzionali sono muniti di un sistema speciale di sensori, allo scopo di scoprire un’eventuale esplosione nucleare. Se una bomba viene fatta esplodere sulla Terra, o nell’atmosfera o anche nello spazio, il governo è messo in allarme all’istante. Nel giro di poche ore, una pattuglia in ricognizione si reca sul posto dell’esplosione per scoprire di che si tratta. Una pattuglia armata. E le truppe sono permanentemente in stato di allarme pronte a intervenire all’istante.

— Ma non è più stata fatta esplodere una bomba da…

— Lo so, comunque il governo ha sempre mantenuto le pattuglie da ricognizione, che si esercitano regolarmente. Due anni fa io ero istruttore di un gruppo di reclute.

Lou sorrise. — Quando il governo avvia un’attività, ho l’impressione che la continui anche se non ha più scopo.

— Non lamentarti — disse Kori. — Adesso, per esempio, le bombe che ho fabbricato sono sistemate in grotte, all’estremità dell’isola. Se una di esse esplodesse e un satellite registrasse l’esplosione, nel giro di poche ore avremmo qui una pattuglia di ricognizione.

— E tu puoi farle saltare?

— Farle saltare? — Kori rise. — Ma ne basta una. Se saltassero per aria tutte, spazzerebbero via l’isola. Ma hai idea della potenza distruttiva posseduta da un kiloton?

Una volta arrivati all’alloggio, Lou mandò Kori di sopra a cercare Bonnie. Non aveva voglia di parlare dentro la casa. Era troppo facile installare tra quattro mura un impianto-spia elettronico. Quando fu vicino all’ingresso degli alloggi, Lou ebbe l’impressione che qualcuno lo spiasse. Nervi, pensò tra sé. Ma sapeva perfettamente che, se fosse stato al posto di Marcus, avrebbe mandato le guardie a tenere d’occhio i perturbatori. E di guai ne combineremo tanti da sprofondare quest’isola in mare, se necessario, pensò Lou.

Consumarono un rapido spuntino alla tavola calda, poi si diressero verso la spiaggia. Camminando con l’acqua tiepida fino alle caviglie e il rombo della risacca sulla scogliera un chilometro più in là, i tre discutevano dei loro piani, mentre il sole al tramonto proiettava davanti a loro ombre fantasticamente lunghe.

— Mi occorrono due giorni almeno, per preparare l’attrezzatura — disse Kori.

— Preparala in un giorno — disse Lou, superando il fragore della risacca. — Il Grande George non ha due giorni da perdere.

Kori guardò Bonnie, poi Lou. — Bisogna fare il lavoro come si deve. Se facciamo troppo in fretta c’è il rischio che qualcosa…

— Un giorno — disse Lou con fermezza.

Stringendosi nelle spalle, Kori annuì, — Va bene. Un giorno.

— E dove sistemiamo la bomba senza che faccia saltare anche tutte le altre? — chiese Bonnie.

— Proprio per questo avevo chiesto un giorno in più — disse Kori. — Per trovare il posto migliore. Probabilmente, la cosa migliore è di seppellirla sulla spiaggia, dalla parte opposta delle grotte dove sono i depositi. Dovrebbe essere abbastanza sicuro.

— Ma se seppellisci l’ordigno, l’esplosione sarà abbastanza forte perché il satellite la rilevi? — chiese Lou.

Kori rise. — Non temere. Pochi centimetri di sabbia non bastano a soffocare i miei giocattoli.

— Va bene.

— Ho bisogno di due cose — disse Kori, più serio. — Un’auto per trasportare l’equipaggiamento e il resto, e un’azione diversiva che mi permetta di penetrare nelle grotte e di fare quello che devo fare, senza essere bloccato dalle guardie.

— E i sorveglianti delle grotte? — chiese Lou.

— Di regola ce n’è uno solo. Lo ridurrò facilmente all’impotenza.

— Ne sei sicuro?

Kori si raddrizzò in tutta la sua statura. Superava Lou di parecchi centimetri, anche se era magrissimo. — Mio caro, cinque anni fa ero campione nazionale di lotta giapponese. E sono ancora in forma. E poi, giocherò d’astuzia. Pregherò il sorvegliante di darmi una mano a trasportare qualche apparecchio, e quando l’uomo avrà le mani occupate e mi volterà le spalle, lo colpirò.

— Che eroe — disse Bonnie ridendo.

— Va benissimo — disse Lou. — Non abbiamo proprio bisogno di eroi. Qui ci vuole un’azione efficace, astuta e pratica, che ottenga lo scopo. Non cerchiamo vittorie morali: rischieremmo tutti di finire male.

Kori annuì.

— Va bene — continuò Lou. — Allora, hai bisogno di un’auto e di un’azione diversiva. Troveremo pure una soluzione. Non dovrebbe essere troppo difficile. Il grosso problema però è questo: che cosa facciamo per proteggere Bonnie.

— Deve sparire — disse Kori.

— Magnifico. E come?

Silenzio.

Camminarono lentamente nella luce purpurea del tramonto. L’acqua della risacca si arricciava attorno alle loro caviglie, in una frangia di spuma, poi rifluiva in mare. Un gabbiano solitario scivolò basso sopra le onde, con un grido triste, quasi chiamasse gli amici perduti.

Alla fine Bonnie disse: — Il Grande George! Potrei nascondermi per un giorno o due nel suo recinto. Gli alberi e i cespugli folti costituiscono un ottimo nascondiglio, e poi le guardie non vanno mai all’interno del recinto.

— Con il gorilla? — Era troppo buio ormai per vedere la faccia di Kori, però la voce era piena di sgomento.

— Siamo amici — disse Bonnie. — Ci conosciamo da quando George è nato.

— Non le farà niente di male — disse Lou. — Come non fa del male a nessuno, del resto. Il guaio è che vorrà giocare con te. Non riuscirai a rimanere nascosta. Ti farà sicuramente scoprire.

— No, se glielo spiego.

Kori scosse la testa. — Lo so che siete affezionati a quell’animale e che è dotato di notevole intelligenza. Io, però, non starei dentro il recinto nemmeno dieci minuti. Figuriamoci per dodici ore o forse più.

— Hai visto troppi film brutti — disse Bonnie. — George non farebbe del male a una mosca.

Continuarono a parlare, a discutere e a fare progetti finché fu completamente buio. Le stelle riempivano la notte e il nastro scintillante della Via Lattea, luminosa e ammiccante, attraversava la volta celeste.

— Guardate lassù! — disse Kori.

Nel buio, s’intravvedeva la sua ombra che additava qualcosa in cielo. Alzando gli occhi, Lou vide una stella che si muoveva silenziosamente, attraverso il cielo, come se avesse abbandonato la sua posizione normale per portare a termine qualche missione.

— È uno dei satelliti? — La voce di Bonnie risuonò nell’oscurità, intonandosi al sottofondo della risacca.

Kori guardò l’orologio fosforescente. — Sì. E in perfetto orario.

— Dio sia ringraziato — disse Lou.


Lou non dormì molto quella notte, e il giorno dopo in laboratorio non fece quasi attenzione al suo lavoro. Faceva meccanicamente i gesti necessari, ma la sua mente era altrove, intenta a pensare a tutto quello che andava fatto quella sera. Procurare la macchina a Kori, nascondere Bonnie, creare un’azione diversiva che tenesse occupate le guardie per il tempo sufficiente a permettere a Kori di svolgere il suo lavoro indisturbato.

Verso la fine del pomeriggio, Lou non ce la fece più a rimanere chiuso nella sala di controllo. Uscì all’aperto per prendere una lunga boccata d’aria calda, che sapeva di salsedine.

E in quel momento, il pomeriggio tranquillo fu attraversato dal grido di un animale. Un urlo di rabbia, di dolore e di paura.

— George!

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