23 Un intermezzo canoro

Il giorno seguente, mentre cavalcavano insieme, Eragon chiese a Brom: «Com’è il mare?»

«Avrai pur sentito qualche descrizione, prima» disse Brom.

«Sì, ma com’è davvero?»

Gli occhi di Brom si velarono, come se stesse guardando una scena lontana. «Il mare è un’emozione incarnata. Il mare ama, odia, e piange. Sfida ogni tentativo di catturarlo a parole e rifiuta ogni pastoia. Qualunque cosa tu dica di lui, c’è sempre qualcosa che ti sfuggirà. Ricordi quando ti dissi che gli elfi venivano dal mare?»

«Sì.»

«Sebbene vivano lontani dalla costa, conservano sempre una grande passione per l’oceano. Il rumore delle onde che si frangono, l’odore salmastro dell’aria li affascinano enormemente e hanno ispirato molte delle loro canzoni più belle. Ce n’è una che parla di questo amore, se ti va di sentirla.»

«Mi piacerebbe» disse Eragon, curioso.

Brom si schiarì la gola e disse; «La tradurrò dall’antica lingua meglio che potrò. Non sarà perfetta, ma forse ti darà un’idea di come suonava in origine.» Fece fermare Fiammabianca e chiuse gli occhi. Tacque per un istante, poi intonò con voce dolce:

Oh, mare tentatore sotto l’azzurro cielo.

la tua distesa scintillante mi brama e mi chiama.

Veleggerei per sempre nel sole e nel gelo,

ma c’è un’elfica fanciulla che mi ama e mi chiama.

A sé mi attira con le sue trecce bionde.

Ahimè, il mio cuore languefra la terra e le onde.

Le parole riecheggiarono lugubri nella mente di Eragon. «Questa canzone si intitola Du Silbena Datìa ed è molto più lunga di così. Io ti ho recitato una sola strofa. Narra la triste vicenda di due innamorati. Acallamh e Nuada, che furono separati dallo struggimento per il mare. Gli elfi trovano questa storia densa di significato.»

«È bellissima» disse Eragon semplicemente.

Quando si fermarono per la notte, la Grande Dorsale si stagliò come un debole nastro scuro all’orizzonte.

Quando arrivarono alle colline ai piedi della Grande Dorsale, cambiarono direzione e seguirono le montagne verso sud. Eragon si sentì felice di essere di nuovo vicino alle montagne; davano al mondo confortanti confini. Tre giorni dopo raggiunsero un’ampia strada segnata dai solchi lasciati dalle ruote dei carri. «Questa è la strada principale che collega la capitale. Urù’baen, e Teirm» disse Brom. «È molto battuta perché è la rotta preferita dai mercanti. Dobbiamo stare più attenti. Questo non è il periodo più movimentato dell’anno, ma qualcuno può sempre passare.»

I giorni trascorsero rapidi mentre i due viaggiatori continuavano a seguire la Dorsale, cercando il valico di cui aveva parlato Brom. Eragon non poteva certo lamentarsi della noia. Quando non era impegnato ad apprendere la lingua elfica, imparava a prendersi cura di Saphira o si esercitava nella magia. Imparò anche a uccidere la selvaggina con la magia, il che risparmiava loro lunghe ore di appostamenti. Prendeva un piccolo sasso con la mano e lo scagliava contro la preda. Non falliva mai il bersaglio: i risultati dei suoi sforzi arrostivano sul fuoco ogni sera. E dopo cena. Brom ed Eragon si allenavano con le spade, e qualche volta a mani nude.

Le lunghe giornate in movimento e lo strenuo lavoro liberarono il corpo del ragazzo di ogni mollezza. Le sue braccia divennero fasci di nervi; sotto la pelle abbronzata guizzavano muscoli asciutti. Mi sto indurendo, e non solo nel fisico, pensava con una certa amarezza.

Quando finalmente raggiunsero il valico, si trovarono la strada tagliata da un fiume che scorreva dal passo. «Questo è il Toark» spiegò Brom. «Lo seguiremo fino al mare.»

«Come facciamo» disse Eragon con una risata. «se scorre dalla Dorsale in questa direzione? Non può finire nell’oceano, a meno che non ripieghi su se stesso.»

Brom rigirò l’anello d’oro attorno al dito. «In mezzo alle montagne si trova il Lago Guadoscuro. Da ciascuna estremità del lago scorre un fiume, ed entrambi si chiamano Toark. In questo momento stiamo guardando quello che va verso oriente. Scorre verso sud e attraversa la prateria fino a gettarsi nel Lago di Leona. L’altro scorre verso il mare.»

Dopo due giorni sulla Grande Dorsale, raggiunsero un altopiano da cui potevano vedere il panorama nitido delle montagne. Eragon notò come la terra si appiattiva in lontananza, e brontolò pensando alle leghe che dovevano ancora percorrere. Brom tese il braccio per mostrargli qualcosa.

«Laggiù, verso nord, c’è Teirm. È un’antica cittadina. Alcuni sostengono che fu lì che gli elfi sbarcarono per la prima volta in Alagasëia. La cittadella non è mai caduta, e i suoi guerrieri non sono mai stati sconfitti.» Spronò Fiammabianca e lasciò l’altopiano.

La discesa attraverso le colline ai piedi dei monti durò fino a mezzogiorno del giorno dopo, quando giunsero sull’altro versante della Grande Dorsale, dove la terra ricoperta di foreste si distendeva in una pianura. Senza le montagne a nasconderla, Saphira volava rasoterra, usando dossi e avvallamenti per nascondersi.

Oltre la foresta notarono un cambiamento. La campagna era coperta di morbida torba e cespugli di erica in cui i loro piedi affondavano. Il muschio ricopriva ogni pietra e ramo e costeggiava i numerosi torrenti. Pozzanghere fangose costellavano la strada dove i cavalli avevano calpestato il terreno. In breve tempo. Brom ed Eragon si ritrovarono tutti schizzati di melma.

«Perché è tutto verde?» chiese Eragon. «Non hanno l’inverno, qui?»

«Sì, ma la stagione è mite. La nebbia e l’umidità arrivano dal mare e mantengono tutto in vita. C’è chi lo trova di suo gradimento, ma per me è lugubre è deprimente.»

Al calar della sera, si accamparono nel luogo più asciutto che riuscirono a trovare. Mentre mangiavano. Brom commentò: «Dovresti montare Cadoc finché non arriviamo a Teirm, È probabile che incontreremo altri viaggiatori, ora che abbiamo lasciato la Dorsale, ed è meglio se rimani con me. Un vecchio che viaggia da solo suscita sospetti. Con te al mio fianco, nessuno farà domande. E poi non voglio arrivare in città e incontrare qualcuno che mi ha visto da solo sulla strada, pronto a chiedersi da dove sei spuntato.»

«Useremo i nostri nomi?» disse Eragon.

Brom riflette un istante. «Non potremo ingannare Jeod. Lui conosce già il mio nome, e credo che possiamo fidarci a dirgli il tuo. Ma per gli altri, io sarò Neal, e tu mio nipote Evan. Se qualche volta ci sfugge lo stesso la verità, probabilmente non farà differenza, ma non voglio che i nostri nomi restino impressi a qualcuno. La gente ha la fastidiosa abitudine di ricordarsi le cose che non dovrebbe.»

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