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Il colloquio con la sorella aveva lasciato Quellen con la bocca amara. Succedeva così tutte le volte che la vedeva. Era così chiaramente infelice, che lui preferiva addirittura non vederla mai. Dimostrava cinque o sei anni più di lui, che la ricordava adolescente, piena di candore e di entusiasmo, abbastanza ingenua da credere che la vita avesse in serbo cose meravigliose da offrirle. E adesso, a meno di quarant’anni, eccola prigioniera di quattro pareti, che lottava come un demonio, per non perdere quel disgraziato di suo marito, perché lui era tutto quel che possedeva.

Malgrado ciò, gli aveva fornito qualche utile informazione. Quellen era tormentato dal pensiero di Lanoy fin da quando lo sconosciuto gli aveva infilato in mano la minischeda, sulla rampa. Il giorno dopo aveva dato incarico di fare indagini, ma senza risultato. Un nome non bastava perché i calcolatori potessero dare una risposta soddisfacente. C’erano migliaia di Lanoy al mondo, e Quellen non aveva la possibilità materiale di indagare sul conto di ciascuno di loro. Qualche indagine fatta a casaccio non aveva raggiunto alcun risultato. Ora però, era venuta Helaine con l’intuizione che Lanoy fosse immischiato nell’affare dei saltati. E aveva nominato una donna, Beth Wisnack… Quellen ne prese nota per mandare i suoi uomini a interrogarla di nuovo. Certo la Wisnack era già stata interrogata dopo la scomparsa del marito, ma ora bisognava insistere per vedere cosa sapeva di Lanoy.

Quellen pensò di far sorvegliare Norman per impedirgli di partire. Gli avevano ordinato molto esplicitamente di lasciare in pace Donald Mortensen e qualunque altro saltato dell’elenco. Koll aveva ricevuto La Parola da Gogan, che a sua volta l’aveva raccolta dalle labbra dello stesso Kloofman: Giù le mani da Mortensen.

Avevano paura di cambiare il passato. Quellen sentiva serpeggiare questa paura, che s’insinuava anche nell’Alto Governo. E lui aveva nelle mani il potere di scardinare l’universo. Bastava, per esempio, che fermasse Mortensen con la scusa di interrogarlo, e poi gli trapassasse il cranio con un raggio laser.

Spiacente. Ha fatto resistenza e abbiamo dovuto sopprimerlo.

In questo modo, Donald Mortensen non sarebbe mai partito per il passato il 4 maggio. Sparandogli, pensava Quellen, tutto cambierebbe, e magari scopriremmo di essere stati conquistati da un’armata di centipedi della nebulosa di Magellano, nel 2257. Conquista che un discendente di Mortensen avrebbe scongiurato, se io non fossi stato così irresponsabile da ucciderlo.

Quellen non aveva la minima intenzione di tirarsi addosso l’ira dell’Alto Governo cercando di impedire la partenza di Mortensen. Ma Norm Pomrath non compariva nell’elenco. In questo caso, anche lui rientrava nelle direttive di Kloofman? E lui, Quellen, doveva evitare per forza qualsiasi gesto che portasse a scoprire chiunque avesse intenzione di tornare nel passato?

Impossibile. Quellen, in conclusione, decise di avere la facoltà di far sorvegliare senza compromettersi suo cognato, e di prendere i provvedimenti necessari per impedirne la partenza. Avrebbe così accontentato Helaine e forse sarebbe riuscito a risolvere, una volta per tutte, il problema.

«Chiamate Brogg» ordinò al microfono.

Gli risposero che Brogg era fuori per indagini. Al suo posto, venne Leeward.

Il Sovrintendente Criminale gli disse: «Forse ho trovato un filo conduttore. Mio cognato, Norman Pomrath, sta probabilmente per mettersi in contatto con gli organizzatori clandestini dei viaggi nel tempo. Non so se sia proprio vero, e voglio che si controlli. Fate sorvegliare Norman Pomrath ventiquattr’ore su ventiquattro. Piantategli addosso un Orecchio, e se appena pronuncia una sola parola sui saltati, agiremo.»

«Sissignore» rispose Leeward, senza battere ciglio.

«E poi vorrei sapere se avete scoperto qualcosa su Lanoy.»

«Non ancora, signore.»

«Ho saputo che Pomrath dovrebbe mettersi in contatto con Lanoy. Questo è il nome chiave. Fate in modo che i nostri segnalatori si accendano non appena Pomrath lo pronuncia. E poi avvertitemi immediatamente.»

Leeward uscì per andare a eseguire gli ordini. Per farlo, doveva violare l’intimità di Norman. Da quel momento, e finché Quellen non avesse fatto togliere l’Orecchio, Pomrath non avrebbe potuto abbracciare sua moglie, liberarsi gli intestini, grattarsi le ascelle, o parlar male dell’Alto Governo senza che un sistema di segnalatori non lo registrasse. Era una faccenda sporca. Anche Quellen era stato tenuto a bada da un Orecchio e sapeva cosa voleva dire, perché proprio così Brogg aveva saputo del rifugio illegale che il suo capo teneva in Africa. Tuttavia, Quellen non provava rimorso per quello che stava per fare al cognato. Lo faceva per il bene di Helaine. Lei non lo aveva addirittura pregato di arrestare suo marito? Almeno il sistema che aveva scelto presentava minori inconvenienti, e, con tutta probabilità, il cognato non sarebbe mai venuto a saperlo. Grazie ad esso, invece, era probabile che Quellen potesse risalire fino agli organizzatori dei viaggi illegali. In ogni caso, sarebbe stato estremamente difficile che Norman riuscisse ad abbandonare la sua epoca senza che Quellen venisse avvertito.

Quellen archiviò per il momento il problema Pomrath, per occuparsi di altre questioni urgenti.

Il rapporto quotidiano dei crimini era già sulla sua scrivania. Per quanto fosse ossessionato dal pensiero dei saltati, tuttavia Quellen doveva occuparsi anche del resto. Doveva esaminare tutti i particolari relativi ai delitti commessi nella zona di Appalachia che ricadeva sotto la sua giurisdizione, e dare ordini in merito. Il rapporto aveva pressappoco le dimensioni di quello del giorno prima; secondo le statistiche i delitti rimanevano costanti, e Quellen sapeva già che la gamma delle ultime atrocità non sarebbe stata molto diversa da quella del giorno precedente.

Si mise a sfogliare il fascicolo.

La descrizione dei delitti, che era la parte più dura del rapporto, ormai non gli faceva più impressione. Di anno in anno, la sua sensibilità diminuiva sempre più. Quando era ancora giovane e nuovo del mestiere, un pivellino di Undicesima Classe che incominciava a scoprire il mondo, la smisurata capacità umana di far violenza ai propri simili l’aveva sgomentato. Adesso, tutti i delitti erano per lui solo statistiche e nastri registrati avulsi dalla realtà.

I delitti avevano sempre più la tendenza a essere immotivati. L’Alto Governo, con la sua benevolenza, era riuscito a far scomparire quasi tutte le cause arcaiche di criminalità, come la fame, il desiderio, la frustrazione fisica. Tutti, sia che lavorassero o no, ricevevano un assegno, c’era cibo sufficiente per tutti, nutriente, anche se non particolarmente gustoso. Nessuno era spinto a rubare per mantenere una famiglia affamata. Quasi tutti gli stupefacenti erano liberamente in commercio. Il sesso, in qualunque sua manifestazione, poteva essere soddisfatto a basso prezzo negli appositi locali amministrati dal governo. Tutte queste misure, secondo Quellen, erano indizio di maturità. Dando il crisma della legalità a quasi tutto, l’Alto Governo aveva abolito il bisogno di commettere illegalità.

Tutto vero. I motivi che spingevano al delitto erano scomparsi da tempo. Quellen aveva la prova di questo deprimente fatto sociologico. Furto, assassinio e rapina erano diventati dei passatempi, non più la conseguenza di stati di necessità. Le classi medie erano un vivaio di criminali. I rispettabili cittadini di Sesta Classe commettevano le azioni più atroci. Opulente matrone della Quinta Classe assalivano degli sconosciuti nei vicoli bui. Bambini dallo sguardo limpido partecipavano ai peggiori reati. Perfino i funzionari di polizia ingannavano le autorità commettendo atti illegali, come, per esempio, quello di fabbricarsi una seconda casa nelle riserve destinate alla Seconda Classe. Tuttavia questa infrazione, che Quellen aveva commesso, non danneggiava nessuno. Mentre invece…

Aveva sott’occhio il rapporto relativo a un idroponico di Ottava Classe, accusato di delitto biologico: inserimento illegale di materia vivente nel corpo di un altro essere umano. Era stato provato che aveva anestetizzato un tecnico suo collega, e dopo avergli praticato un’incisione mediante una sonda ultrasonica, gli aveva iniettato una quantità mortale di una nuova specie di cancro scoperto in Asia, che divorava il sistema circolatorio della vittima, risalendo per le arterie e scendendo per le vene come il fuoco attraverso le alberature di un vascello. Perché? “Per vedere le sue reazioni”, era stata la risposta. “Era molto istruttivo”.

Ecco un individuo di Sesta Classe, insegnante di ermeneutica in una delle maggiori università di Appalachia, che aveva invitato una studentessa nubile nel suo lussuoso appartamento di due stanze e, al rifiuto di lei ad avere rapporti sessuali, le aveva provocato un corto circuito nei centri del dolore. Dopo di che l’aveva violata e, infine, l’aveva lasciata andare, ormai incapace di reazioni sensorie. Perché? “Per orgoglio maschile”, aveva spiegato al poliziotto che lo aveva arrestato. “È il concetto latino-americano di maschilismo…”

Aveva soddisfatto il suo orgoglio, ma la ragazza non avrebbe mai più provato sensazioni. Né dolore, né piacere: a meno che la chirurgia non fosse riuscita a farla tornare normale.

E poi Quellen lesse il resoconto rivoltante di una riunione di fedeli del culto del rigurgito sociale, finito in tragedia, invece che in estasi mistica. Uno dei partecipanti, spinto da motivi incomprensibili, aveva versato di nascosto tre cristalli di vetro pseudovivente nel suo bolo prima di passarlo al vicino. Il vetro, avendo trovato un ambiente favorevole, era cresciuto, penetrando negli organi vitali della vittima, con esito letale. “È stato un terribile errore”, aveva dichiarato il criminale. “Era mia intenzione inghiottire uno dei cristalli e condividere il tormento e l’estasi suprema. Ma, per disgrazia…”

Questo fatto colpì Quellen in modo particolare, in quanto la sua Judith era un membro di quella setta; e proprio a lei aveva continuato a pensare da quando Helaine era venuta a parlargli. Quellen non aveva visto Judith, né l’aveva più risentita, dopo il suo ritorno dall’Africa. E avrebbe potuto benissimo esser lei la persona che aveva inghiottito i cristalli di vetro pseudovivente. Poteva capitare anche a me, pensò Quellen, disgustato. Devo farmi vivo con Judith. La trascuro troppo.

Poi continuò a esaminare i rapporti.

Non tutti i delitti erano stravaganti. C’era la solita razione di randellate, coltellate, laserate, e altra roba convenzionale. Ma la criminalità si sbizzarriva in un’infinità di modi, e le atrocità più strane erano il marchio di quell’epoca. Quellen sfogliava le pagine, costellandole di osservazioni e ordini. Poi mise da parte il rapporto.

Non aveva ancor avuto tempo di fare scorrere la bobina che Brogg aveva contrassegnato come Documento B nel corso delle sue indagini sui saltati. Brogg gli aveva detto che rappresentava una prova tangibile che si erano verificati arrivi dal futuro anche in epoche diverse dal periodo 1979-2016, al quale si riferivano i testi di storia. Quellen inserì la bobina nel proiettore e si accinse a esaminarla.

Constava di testimonianze che Brogg aveva accuratamente selezionato dagli annali dell’occultismo. L’intendente aveva compilato centinaia di resoconti di misteriose apparizioni e sparizioni, con l’evidente assunto che poteva trattarsi di viaggiatori nel tempo in un periodo anteriore alla comparsa dei saltati. “Vorrei suggerire” diceva Brogg nella lettera d’accompagnamento, “che mentre i viaggi attraverso il tempo vengono normalmente fatti rientrare nell’ambito di cinque secoli dell’epoca attuale, si sono verificati casi in cui il trasporto è stato effettuato in un periodo molto antecedente.”

Può darsi che abbia ragione, pensò Quellen: ed esaminò le prove con spassionata curiosità.

Era stata portata la testimonianza di Giraldo Cambrensis, cronista, nato nel Castello di Manorbier, nel Pembrokeshire, verso il 1146. Giraldo narrava di un giovane rosso di capelli, comparso improvvisamente nella casa del cavaliere Eliodoro de Stakepole, nel Galles occidentale:


Questo strano uomo disse di chiamarsi Simone. Prese le chiavi del siniscalco e gli prese anche il lavoro. Ma era un amministratore così abile e intelligente che non andò mai perduto nulla né mancò mai nulla in quella casa, che anzi divenne molto prospera. Qualunque cosa il signore o la signora desiderassero in cuor loro, prima ancora che ne facessero parola egli aveva già letto il loro pensiero e tosto lo esaudiva, senza bisogno di ordine veruno.

Egli conosceva ov’essi celassero oro e gemme, e avrebbe detto loro: “Perché così gretta cura del vostro oro ed argento? Non è forse breve la vita? Godetene, ordunque! Spendete l’oro, o morrete senza avere goduto la vita, e il denaro tanto cautamente ammassato non vi renderà servigio veruno.” Badava altresì ad essere ben considerato da’ servi e da’ villani, cui procacciava il miglior vino e le migliori vivande… Quello strano giovane dai capelli rossi non poneva mai piede in chiesa, non leggeva breviario, non manifestava parola cattolica né sentimenti religiosi. Non dormiva alla magione, ma era sempre presto a rendere servigio e a porgere quanto i signori desideravano.


Il cronista riferiva che i figli di Stakepole erano molto curiosi sul conto di questo misterioso Simone, così si misero a spiarlo nei terreni che circondavano il castello:


E, una notte, sbirciando di tra le fronde di un arbusto di agrifoglio, quando la ventura volle che lo strano uomo ristesse fissando le acque immote della gora di un mulino, videro che moveva le labbra come se ragionasse con taluna cosa invisibile.


Il fatto fu debitamente riferito a Stakepole padre, e il virtuoso cavaliere fece immediatamente chiamare Simone nella sua camera e lo licenziò:


Com’essi gli toglievano le chiavi, la signora del castello domandò a colui:

“Chi sei?”

Egli rispose: “Sono stato generato dalla moglie di un bifolco di questa parrocchia e da un diavolo che giace seco lei sotto le sembianze del di lei marito.” E disse il nome dell’uomo ch’era siffattamente ingannato, il quale era morto poco innanzi. La madre era ancora viva e, allorquando venne con modi severi inquisita, si provò la cosa essere vera con la di lei pubblica confessione.


Interessante, pensò Quellen. Dov’è andato a pescare queste notizie, Brogg? Poteva darsi benissimo che quel diavolo dai capelli rossi fosse un saltato, finito in epoca remota. Lo stesso si poteva dire di altri resoconti di monaci cronisti. Il dodicesimo e il tredicesimo secolo, stando alle ricerche di Brogg, erano un’epoca molto prolifica di inesplicabili comparse di stranieri e sconosciuti. E non erano arrivati solo esseri umani. Quellen lesse l’estratto dall’Eulogium Historiarum, compilato nell’Abbazia di Malmesbury, al capoverso indicato con A.D. 1171.


Nella notte della nascita di Nostro Signore, s’ebbero tuoni e folgori di cui mai s’era visto l’eguale. E ad Andover, un prete, ai rintocchi della mezzanotte, presente tutta la comunità, fu abbattuto da una folgore, e non sofferse minima ingiuria… Ma fu visto correre infra i di lui piedi quello che appariva essere un porco…


Brogg aveva trovato un caso analogo negli Annales Francorum Regium del monaco Bertin, datati intorno al 1160. Il resoconto dell’A.D. 856 diceva tra l’altro:


In agosto, Teotogaudo, vescovo di Trier, con chierici e popolo stava celebrando l’uffizio, allorquando una terribile nuvola, con lampi e tuoni, terrorizzò tutti i fedeli entro la chiesa, ed estinse il suono delle campane che suonavano nel campanile. La fabbrica intera fu avvolta in tanta oscurità da rendere impossibile a taluno vedersi o riconoscersi con il vicino. D’improvviso, colà fu visto un cane di enorme misura uscire da una voragine apertasi all’istante nel terreno, ed esso si mise a correre innanzi e dietro intorno all’altare.


Maiali? Cani? Probabilmente si era trattato di prove di viaggio, quando la macchina del tempo era in fase sperimentale. Quellen pensava che, non essendo stata ancora collaudata, fossero stati impiegati animali che così erano stati scaraventati nel passato, con immensa costernazione degli uomini medievali, devoti e timorosi del demonio. Un eccesso di potenza aveva lanciato quelle disgraziate creature molto, molto prima della rivoluzione industriale; ma, naturalmente, chi manovrava la macchina ignorava la destinazione dei passeggeri, a meno che non avesse letto le cronache che ora Brogg aveva disseppellito.

Non tutti i casi riportati si riferivano al Medioevo. Buona parte dei rapporti del Documento B trattavano di casi più recenti, anche se molto anteriori a quel 1979 che veniva ormai considerato il limite estremo dei viaggi nel passato. Quellen lesse di una ragazza che era comparsa alla porta di un villino presso Bristol, in Inghilterra, la sera del 3 aprile 1817, implorando un po’ di cibo, in quella che era descritta come una lingua straniera. Ma allora, si chiese Quellen, come facevano a sapere che chiedeva la carità? Nella bobina non c’era la risposta a questa domanda. Era scritto, invece, che la ragazza parlava una lingua incomprensibile, e che era stata portata al cospetto di un magistrato, certo Samuel Worral, il quale, invece di arrestarla per vagabondaggio, l’aveva portata in casa sua. (Molto sospetto, pensò Quellen.) L’aveva interrogata, e lei aveva risposto per scritto, servendosi di caratteri che somigliavano a pettini, gabbie per uccelli, e padelle per friggere. Erano giunti dei linguisti per analizzare quella scrittura, fra cui uno che si diceva un gentiluomo venuto dalle Indie Orientali. Interrogata la ragazza in malese, quella aveva fornito risposte comprensibili.

Dichiarò di essere la Principessa Carabù, rapita nella sua casa a Giava dai pirati e portata via per mare. Dopo molte avventure, era riuscita a fuggire sulla costa inglese. Attraverso il gentiluomo delle Indie Orientali, la Principessa Carabù fornì molti particolari della vita a Giava. Poi, una donna del Devonshire, certa signora Willcocks, era comparsa annunciando che la presunta principessa era in realtà sua figlia Mary, nata nel 1791. Mary Willcocks confessò la sua impostura ed emigrò in America.

Brogg dava la seguente spiegazione del caso relativo alla Principessa Carabù:

“Secondo fonti autorevoli, in questo caso si nota più di una impostura. Una ragazza compare misteriosamente. Un uomo arriva all’improvviso, e dichiara di capire la lingua che lei parla. Una donna sostiene che non è vero niente. Ma sono tutte falsità. E se la ragazza provenisse dal futuro, e il gentiluomo delle Indie Orientali fosse un altro saltato che cerca di farla passare per principessa giavanese allo scopo di mascherare la sua vera identità e origine, e la presunta madre un’altra saltata ancora, che si fa avanti per proteggere a sua volta la ragazza, quando la storiella di Giava incomincia a far acqua? E, comunque, quanti saltati vivevano in Inghilterra nel 1817?”

Quellen aveva l’impressione che Brogg stesse diventando troppo credulone. Continuò a leggere:

“Cagliostro: apparve a Londra, poi a Parigi. Parlava con accento indefinibile. Poteri sovrumani. Aggressivo, molto dotato, originale. Accusato di essere in realtà un criminale siciliano, Giuseppe Balsamo. Non fu mai veramente provato. Guadagnò grosse somme nell’Europa del XVIII secolo, spacciando polverine, filtri d’amore, elisir di lunga vita, e altri prodotti similari. Divenuto imprudente, fu incarcerato alla Bastiglia nel 1785, riuscì a fuggire, visitò altri paesi, fu arrestato di nuovo e morì in carcere nel 1795. Imbroglione? Impostore? Viaggiatore nel tempo? Tutte le ipotesi sono possibili.”

Tutto, pensava Quellen, tutto è possibile quando uno vuole credere a una cosa.

“Raspar Hauser: arriva in pessime condizioni a Norimberga, in Germania, in un pomeriggio del maggio 1828. Dimostra 16 o 17 anni. (Un tantino troppo giovane per essere un saltato, notò Quellen. A meno che dimostrasse meno dei suoi anni.) Sa dire solo due frasi in tedesco. Fornito di carta e matita, scrive un nome: Raspar Hauser. Se ne deduce che sia il suo nome. Dimostra di non conoscere l’impiego dei più comuni oggetti in uso nella vita quotidiana. Finito in quella epoca per un errore di calcolo: non ci sono dubbi.

“Però fece presto ad ambientarsi. Messo per qualche tempo in prigione per vagabondaggio, venne poi affidato a un maestro, certo professor Daumer. Imparò il tedesco e scrisse un saggio autobiografico, dichiarando di avere trascorso tutta la sua vita in una piccola cella, nutrendosi di pane e acqua. Tuttavia un poliziotto che l’aveva scoperto dichiarò che aveva una carnagione sana, né sembrava pallido o malaticcio, come chi abbia vissuto a lungo in reclusione.

“Molte contraddizioni. Enorme interesse in Europa. Tutti fecero ipotesi sulle misteriosi origini di Raspar Hauser. Qualcuno sostenne che era il principe ereditario di Baden, rapito nel 1812 dagli sgherri della moglie morganatica del suo presunto padre, il granduca. Altri affermarono che era un sonnambulo, vittima di amnesia. 17 ottobre 1829: Raspar Hauser viene trovato ferito alla testa per un colpo infertogli da un misterioso uomo mascherato. Furono addetti alla sua sorveglianza alcuni poliziotti. Altri tentativi di aggressione. 14 dicembre 1833. Raspar Hauser fu trovato moribondo in un parco, con una profonda ferita al lato sinistro del petto. Dichiarò che a ferirlo era stato uno sconosciuto. Nessuna traccia dell’arma nel parco, nessuna orma nelle vicinanze, oltre quelle dello stesso Hauser. Si insinuò che si fosse ferito da solo. Morì qualche giorno dopo, esclamando: ‘Mio Dio, che io debba morire così nella vergogna e nella disgrazia!’.”

Quellen staccò la bobina. Maiali, cani, la Principessa di Carabù, Kaspar Hauser… tutto molto avvincente! Si sarebbe potuto anche sostenere che in tutto il corso della storia umana c’erano tracce dell’esistenza dei viaggiatori nel tempo, e non solo nel periodo circoscritto fra il 1979 e il 2106. Ma tali fatti non servivano a risolvere gli immediati problemi di Quellen, anche se Brogg aveva dato prova di grande zelo e di erudizione nel raccoglierli. Quellen ripose la bobina e telefonò a Judith.

La faccia di lei, pallida, mesta, austera, comparve sullo schermo. Non la si poteva certo dire bella. L’arco del naso era troppo pronunciato, la fronte bassa, le labbra sottili, il mento allungato, gli occhi stranamente lontani, il destro leggermente più alto del sinistro. Tuttavia era attraente. Quellen aveva accarezzato la tentazione d’innamorarsi di lei. Però si sforzava di non cedere: non poteva permettere che Judith abbattesse le sue difese emotive, con il rischio di parlarle del rifugio in Africa; e invece lui non voleva condividere con lei quel segreto. Era molto rigida, in fatto di onestà, e avrebbe potuto denunciarlo.

«Volevi nasconderti, Joe?» gli domandò lei.

«Ho avuto molto da fare. Sono stato sommerso dal lavoro. Mi spiace, Judith.»

«Non sentirti troppo colpevole. Me la sono passata benissimo lo stesso.»

«Non ne dubito. Come va il tuo froidi?»

«Il dottor Galuber? Benissimo. Avrebbe tanto piacere di conoscerti, Joe.»

Quellen s’irritò. «Non ho intenzione di sottopormi a una cura, Judith. Mi spiace.»

«Hai detto due volte che ti spiace, in tre frasi.»

«Mi spia…» cominciò Quellen, e tutti e due scoppiarono a ridere.

«Non intendevo presentarti il dottor Galuber in veste professionale» disse poi Judith. «Parteciperà alla nostra prossima riunione.»

«Quando?»

«Proprio stasera, guarda caso. Verrai?»

«Sai bene che il rigurgito sociale non mi è mai piaciuto, Judith.»

Lei ebbe un sorrisetto forzato. «Lo so. Ma è ora che tu esca un po’ dal tuo guscio. Vivi troppo solo, Joe. Se vuoi restar scapolo, è affar tuo; ma non è necessario che tu sia anche un eremita.»

«Un consiglio come il tuo poteva darmelo anche una macchina froidi.»

«Può darsi. Dunque, verrai stasera?»

Quellen ripensò al caso che aveva esaminato poco più di un’ora prima, quello dell’individuo pieno di zelo, che aveva fatto scivolare dei cristalli di vetro pseudovivente nell’apparato digerente del suo confratello e poi l’aveva guardato morire. Si vide nei convulsi dell’agonia, mentre una Judith piangente si aggrappava a lui, cercando di lenire le sue estreme sofferenze, secondo i sistemi del culto di cui era seguace. Sospirò. Judith aveva ragione: da un po’ di tempo viveva troppo isolato. Aveva bisogno di uscire, di staccarsi dalle sue responsabilità ufficiali.

«Sì» disse. «Sì, Judith, verrò alla riunione. Sei contenta?»

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