14

Quellen aspettò tre ore finché Koll e Spanner non dovettero occuparsi di questioni che riguardavano il governo. Poi scese nel locale dov’era installato il serbatoio di custodia. Aprì lo spioncino, e sbirciò dentro. Lanoy galleggiava tranquillo nel fluido verde, completamente rilassato, come se si divertisse. Sulla parete metallica del serbatoio, c’era un pannello dove erano indicate le condizioni del delinquente. Le fasce EEG e EKG ondeggiavano e s’incrociavano. Pulsazioni, respiro, tutto era sotto controllo.

Quellen chiamò un tecnico e gli disse: «Fatelo uscire.»

«Signore, l’abbiamo messo dentro solo da poche ore.»

«Voglio interrogarlo, fatelo uscire!»

Il tecnico ubbidì. Appena Lanoy venne liberato dai contatti, e tolto dal bagno, riacquistò le facoltà sensorie. Inservienti robot lo caricarono su una sedia a rotelle e lo portarono nell’Ufficio di Quellen. In pochi minuti, il prigioniero riacquistò anche la padronanza dei movimenti.

Quellen spense tutti gli apparecchi di registrazione, perché aveva il sospetto che sarebbe stato molto meglio non registrare quello che si sarebbero detti. E poiché erano soli nella stanza, si alzò per andare a chiudere anche la bocchetta dell’ossigeno.

«Lasciatela aperta, Quellen» disse Lanoy. «Mi piace respirare bene. Tanto, paga il Governo.»

«Allora concludiamo la nostra conversazione. A che gioco giocate?» Quellen era furibondo: secondo lui, Lanoy era un essere completamente amorale, incapace della consapevolezza persino della propria disonestà; e questo offendeva Quellen nell’orgoglio e nel senso della dignità personale.

«Sarò sincero fino alla brutalità, con voi, Sovrintendente» disse il prigioniero. «Voglio la mia libertà, e voglio continuare il mio lavoro. Ecco quello che voglio. Voi invece volete tenermi in prigione e volete che il Governo prenda in mano i miei affari. Non è così?»

«Infatti.»

«Stando così le cose, i nostri desideri contrastano. Perciò, deve per forza vincere il più forte, come sempre succede. E il più forte sono io, per cui dovete lasciarmi andare e interrompere le indagini.»

«Chi dice che siete voi il più forte, Lanoy?»

«Io, perché so di esserlo. Io sono forte e voi debole. So molte cose sul vostro conto, Quellen. So che detestate la folla e amate gli spazi liberi e aperti. E questo contrasta col mondo in cui dovete vivere, non è così?»

«Proseguite» gli disse Quellen, maledicendo in cuor suo Brogg. Nessun altro poteva aver rivelato il suo segreto a Lanoy che, adesso, la sapeva troppo lunga sul suo conto.

«Perciò, voi mi rimetterete in libertà» continuò Lanoy, «altrimenti vi ritroverete nella Nona o perfino nell’Undicesima Classe. E sono certo che non vi piacerà vivere in un’abitazione di Undicesima Classe, Sovrintendente. Dovrete coabitare con altri, e può darsi che i coabitanti non vi vadano a genio, ma non ci potrete far niente. E dovendo vivere con altri, non sarete più libero di andare e venire a vostro piacimento. Il vostro coabitante vi denuncerebbe.»

«Come sarebbe a dire che non potrei andare e venire a mio piacimento?» La voce di Quellen era ridotta a un sussurro.

«Sarebbe a dire che vi piace andare in Africa quando ne avete la possibilità.»

Ci siamo, pensò il Sovrintendente. È fatta, Brogg mi ha messo con le spalle al muro. Sapeva di essere nelle mani di Lanoy, e rimase a fissarlo a lungo, reprimendo il desiderio di strangolarlo col cavo di un televettore.

«Mi spiace farvi questo, Quellen, mi spiace davvero. Personalmente non ho nulla contro di voi. Siete un brav’uomo, costretto a vivere in un mondo che non vi piace e che non avete fatto voi. Ma non posso farne a meno. O voi o io, e sapete come andrà a finire.»

«Come l’avete scoperto?»

«Me l’ha detto Brogg.»

«Perché l’ha fatto? Lo pagavo.»

«Io l’ho pagato meglio. L’ho mandato all’epoca di Traiano, o di Adriano, non posso essere sicuro al cento per cento. Comunque, a 2400 anni da voi.»

A Quellen parve che la stanza si trasformasse in un vortice, e dovette aggrapparsi alla scrivania per non venir meno. Brogg saltato! Brogg partito! Brogg che lo aveva tradito!

«Quando è successo?» chiese.

«Ieri sera, al tramonto. Brogg ed io abbiamo discusso circa le mie possibilità di cavarmela, e Brogg mi ha detto che voi avete un punto debole. Me l’ha rivelato dopo che gli ho promesso di esaudire il sogno di tutta la sua vita. È andato a vedere l’antica Roma coi propri occhi!»

«Impossibile!» insisté Quellen. «Brogg non figura negli elenchi ufficiali dei saltati.»

Ma sapeva di dire una sciocchezza. Le testimonianze scritte relative ai saltati risalivano solo al 1979 dell’Era cristiana. Brogg, a meno che Lanoy non bluffasse, era andato indietro di altri diciannove secoli. Impossibile che fosse negli elenchi.

Quellen si sentiva male. Sapeva che Brogg aveva sistemato in diversi punti di Appalachia, noti a lui solo, dei nastri registrati con le prove del suo crimine. Ed erano tutti collegati a dei congegni che li avrebbero automaticamente fatti trasportare al Comando, appena Brogg fosse morto o scomparso. Le gambette a molla delle macchine dovevano già essere in moto dalla sera prima. Sono perduto, pensò Quellen. A meno che Brogg sia stato così gentile di disattivare i congegni prima di fare il salto. Avrebbe potuto farlo benissimo, senza eccessiva difficoltà. Le scatolette rispondevano a comandi a distanza. Bastava inviare l’impulso e quelle non funzionavano più. Ma si era preoccupato di farlo? In caso contrario, l’Alto Governo poteva già essere in possesso delle prove del crimine di Joseph Quellen.

Però, quella mattina stessa, aveva parlato con Koll, e il superiore gli aveva fatto le congratulazioni per la promozione. Koll era falso, ma non poteva esserlo fino a quel punto. Sicuramente era uno dei destinatari delle scatolette di Brogg, e non sarebbe stato capace di tener nascosta l’invidia e il furore, scoprendo che Quellen si era concesso per tanto tempo i lussi della Seconda Classe.

Dunque, probabilmente, Brogg aveva disattivato i congegni. O, magari, non era saltato.

Con l’animo angosciato, Quellen prese il microfono e disse: «Mandatemi Brogg.»

«Mi spiace, Sovrintendente, ma Brogg non si è fatto vedere, oggi.»

«Non ha nemmeno lasciato detto dov’è?»

«No, non si è fatto vivo.»

«Chiamate casa sua. Controllate i comandi di distretto. Se non ci sono sue notizie entro un quarto d’ora, iniziate le ricerche coi televettori. Voglio sapere dov’è!»

Lanoy gongolava. «Non lo troverete, Quellen. Credetemi, è a Roma. Ho sistemato io in persona le coordinate geografiche e temporali. Se tutto è andato come doveva, è arrivato a sud della città, in un punto imprecisato della Via Appia.»

Quellen torse la bocca. Stringeva il bordo della scrivania con tal forza da lasciare il segno dei polpastrelli sul ripiano, che era termosensibile e poco adatto a una simile pressione. «Se siete capace di mandare qualcuno così indietro nel tempo» domandò, «come mai la comparsa dei primi saltati risale al 1979?»

«Per molte ragioni.»

«Quali per esempio?»

«Una è che fino a pochi anni fa era impossibile mandare qualcuno più indietro di cinquecento anni. Grazie agli studi fatti, abbiamo apportato dei miglioramenti nella tecnica del procedimento. Adesso possiamo tranquillamente spedire qualcuno duemila anni fa, e aver la certezza che arrivi in quell’epoca.»

«L’invio di maiali nel dodicesimo secolo?»

«Sì» rispose Lanoy. «Erano tentativi sperimentali. Inoltre, la concentrazione di saltati nel periodo intorno al 1979 fece sì che il fenomeno venisse a conoscenza delle autorità. Quelli invece che finirono in un qualunque momento anteriore, furono creduti dei pazzi, o degli imbroglioni, o processati per stregoneria. Per questo cercammo di limitare il periodo dal 1979 al 2016, in quanto qualunque salto in quegli anni sarebbe stato riconosciuto come tale, e avrebbe patito un minimo di fastidi. Se si sono verificati salti in epoche anteriori, è avvenuto per sbaglio o dietro esplicita richiesta dell’interessato. Mi seguite?»

«Sì» disse Quellen. «Dunque, Brogg è andato a Roma?»

«Proprio così, e ce l’ho mandato in cambio di un favore. Adesso, è meglio che mi rilasciate, promettendo di tenere per voi i risultati delle indagini, altrimenti non esiterò a rivelare quello che so sul vostro conto. E cioè che avete un rifugio clandestino in Africa.»

Senza scomporsi, Quellen ribatté: «Potrei farvi trapassare il cranio da un raggio, e dire poi che mi avete aggredito.»

«Sarebbe inutile. Il Governo vuol mettere le mani sulla macchina del tempo. Se mi uccideste, non sapreste come servirvene.»

«Potremmo estrarre le nozioni dal vostro cervello e immetterle in un altro, vivo o morto.»

«Impossibile, se mi trapassate il cranio col laser» gli fece notare Lanoy. «E poi il nuovo cervello saprebbe anche del vostro rifugio in Africa, non vi pare? Inoltre, se morissi soffrirei. Non sapete che Brogg ha lasciato varie registrazioni con le prove della vostra colpa segreta, e in caso di morte o scomparsa, le scatole in cui sono contenute andrebbero automaticamente all’Alto Governo?»

«Sì, ma…»

«Prima di saltare le ha collegate tutte alla mia persona. Il vostro destino è legato al mio, Quellen. Non dovete farmi del male. Dovete lasciarmi andare.»

Quellen si sentì sprofondare, quando si rese conto che la sua era una situazione senza uscita. Se non metteva sotto accusa Lanoy, rischiava di essere degradato. Se lo faceva, Lanoy avrebbe parlato. E non poteva lasciarlo libero così, come se niente fosse. Ormai il suo nome era già agli atti come responsabile dell’affare dei saltati. Sia Koll sia Spanner ne erano a conoscenza. Quellen non poteva distruggere i documenti. Se avesse cercato di scagionare Lanoy, si sarebbe trovato immerso fino al collo in un mare di menzogne. Aveva già imbrogliato, e non poteva sopportare l’idea di imbrogliare una seconda volta.

«Avrò quello che ho chiesto?» domandò Lanoy.

Un imponente flusso di adrenalina si scaricò nell’organismo di Quellen. Era in trappola, e quando un uomo è in trappola non indietreggia di fronte a niente, e trova inaspettate risorse di energia.

Gli restava una cosa da tentare. Una cosa di un’audacia monumentale, talmente temeraria da sembrare folle. E forse non avrebbe ottenuto l’esito sperato; anzi, con ogni probabilità non sarebbe riuscita. Ma, tuttavia, era sempre meglio che scendere a patti con Lanoy e scivolare ancora più in fondo al pantano dell’imbroglio e del compromesso.

«No» rispose «non avrete quello che chiedete. Non ho intenzione di rilasciarvi, Lanoy. Vi rinvierò a giudizio.»

«Siete pazzo?»

«Non credo.» Quellen chiamò un paio di poliziotti. «Rimettete quest’uomo nel serbatoio di custodia» ordinò quando arrivarono «e lasciatelo fino a nuovo ordine.»

Lanoy fu trascinato via, nonostante le proteste.

E ora Quellen doveva preparare l’esca per il leviatano che sperava di far abboccare.

«Portatemi la pratica di Donald Mortensen» ordinò all’interfono.

Quando gli portarono la bobina, la passò al proiettore. Comparve il viso giovane, rosso e sorridente di Mortensen. Pare un albino, con quei capelli quasi bianchi, pensò Quellen, ma gli albini hanno gli occhi rossi, no? Quelli di Mortensen erano decisamente azzurri. Pura razza nordica. Chissà come era riuscito a conservare così bene le caratteristiche originarie della razza.

Quellen continuò a esaminare la pratica, frutto delle indagini di Brogg. Mortensen aveva litigato con sua moglie; aveva iniziato le trattative per saltare già da parecchie settimane; aveva messo da parte un po’ del denaro, e stava dandosi da fare per racimolare il resto in modo da averne abbastanza per pagare Lanoy. I dati si concludevano con una annotazione di Brogg: “Inchiesta archiviata per ordine superiore”.

Quellen chiamò la sala di ascolto e diede il numero dell’Orecchio che era stato inserito nel palmo della mano di Mortensen, chiedendo poi se funzionava ancora.

«Quell’Orecchio è stato disattivato. Sovrintendente» gli dissero.

«Sì, lo so. Ma è possibile farlo funzionare ancora?»

Dopo aver controllato, gli risposero che l’Orecchio si era dissolto da un paio di giorni, secondo i piani prestabiliti. Era impossibile ricevere ulteriori informazioni dirette da Mortensen. Quellen rimase deluso, ma poteva ancora rimediare. Ordinò di ricercare Mortensen per televettore, augurandosi che non fosse uscito da Appalachia.

Il giovane era ancora in città, in una casa dei sogni che distava meno di dieci miglia dall’ufficio di Quellen. Benone, pensò il Sovrintendente. Sarebbe andato lui stesso ad arrestarlo. Era una faccenda troppo delicata per lasciare eseguire ai suoi dipendenti.

Attraversò la città con un taxiespresso, poi si piazzò davanti alla casa dei sogni e attese pazientemente che Mortensen uscisse.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che Quellen aveva compiuto un arresto di persona. Ormai, svolgeva il lavoro in ufficio, lasciando ai sottoposti la parte pratica del lavoro. Ciò nonostante era calmo. Era bene armato: al palmo della mano aderiva un ago imbevuto di anestetico che si sarebbe infilato nelle carni del prigioniero con una semplice contrazione muscolare; sotto l’ascella, per ogni buon conto, portava un’arma a spruzzo che paralizzava i centri nervosi. E infine aveva una pistola laser, ma solo come estrema risorsa. Sperava ardentemente di non essere costretto a usarla. Finalmente Mortensen comparve.

Mentre si allontanava dalla casa dei sogni. Quellen lo raggiunse, e, toccandolo a un braccio, disse: «Continuate a camminare come se niente fosse, Mortensen. vi dichiaro in arresto.»

«Cosa diavolo…»

«Vengo dal Segretariato di Polizia. Ho ordine di arrestarvi e condurvi con me. In mano ho un ago al narcotico e ve lo infilo nel braccio se tentate di resistermi. Continuate a camminare tranquillamente davanti a me, finché non raggiungeremo la più vicina rampa di taxiespresso. Se fate quel che dico, non vi succederà niente.»

«Ma io non ho fatto nulla di male. Voglio sapere di cosa mi accusate.»

«Ve lo dirò più tardi. Continuate a camminare.»

«Ho dei diritti… Voglio un avvocato…»

«Dopo. Camminate.»

Salirono sulla rampa. Mortensen continuava a protestare, tuttavia non oppose resistenza. Era più alto di Quellen, ma non sembrava molto robusto. Quellen teneva pronto l’ago; tutto il suo avvenire dipendeva dal successo di quella manovra.

Il taxiespresso li portò davanti alla casa dove abitava Quellen.

«Non mi pare che questo sia il comando di Polizia.» osservò Mortensen, perplesso.

«Per favore, scendete la rampa.»

«Cos’è? Un rapimento?»

«Se dubitate, vi mostrerò le mie credenziali. Sono un autentico funzionario di Polizia. Anzi, per la precisione sono Sovrintendente Criminale.»

Entrarono nell’appartamento, e Mortensen guardò Quellen con aria incredula.

«Questa» osservò «è un’abitazione privata.»

«Sì. La mia.»

«Qualcuno deve avervi dato informazioni sbagliate sulle mie tendenze sessuali, amico. Non sono un…»

«Non lo sono nemmeno io» l’interruppe brusco Quellen. «Mortensen, voi progettate di saltare il quattro maggio prossimo, non è vero?»

Sbalordito, l’altro replicò: «E a voi, cosa interessa?»

«Interessa moltissimo. È vero o no?»

«Non ho niente da dire.»

Quellen respirò a fondo. «Il vostro nome figura sull’elenco dei saltati, non lo sapete? Esiste un elenco documentato in cui compaiono il vostro nome, la vostra data di nascita, il giorno dell’arrivo nel passato e il giorno della partenza da qui. Dall’elenco risulta che partirete il quattro maggio prossimo. Continuate a negare?»

«Io non dico niente. Voglio un avvocato. Accidenti a voi, non potete trattarmi così! Perché ficcate il naso nella mia vita privata?»

«Non posso spiegarvelo, adesso» rispose Quellen. «Per caso, voi siete la disgraziata vittima di una situazione che mi ha preso la mano. Mortensen, ora vi farò fare un viaggio. Vi prenderete una vacanza. Non posso sapere per quanto tempo starete via, posso però assicurarvi che vi troverete molto bene. Ci sono viveri programmati in abbondanza, non vi mancherà nulla. Naturalmente vi capisco, e so quello che provate; ma, prima di tutto, devo proteggere me stesso.»

Mortensen alzò una mano, come se volesse colpirlo, ma Quellen fu più svelto di lui e, con rapido gesto, gli infilò l’ago nel braccio. L’anestetico a effetto istantaneo avrebbe messo fuori combattimento il giovane per un’ora. Quel tempo gli bastava e avanzava.

Quellen trasportò Mortensen e lo depose nel campo dello stat. Il giovane biondo scomparve. Si sarebbe svegliato nel villino africano. Lì si sarebbe raccapezzato ancora meno, ma Quellen non aveva avuto il tempo di spiegargli tutto.

Aveva l’esca. Adesso doveva attirare il pesce. Gli pareva incredibile di poterci riuscire, ma ormai era andato troppo lontano per permettersi di tornare indietro. Se poi avesse fallito, incominciava a intravedere un’altra via di uscita; meno onorevole, forse, ma più razionale di quella che stava tentando di attuare.

Mentre rimetteva la leva dello stat sul fermo, per assicurarsi che Mortensen potesse tornare solo quando l’avrebbe richiamato lui, si sentì prendere da un’ondata di vertigine. È mai possibile che mi riesca? pensava. È mai possibile che mi riesca di ricattare con successo l’Alto Governo? O sono diventato completamente pazzo?

L’avrebbe saputo fra poco. Intanto, aveva un ostaggio: Mortensen. Un ostaggio contro l’ira dell’Alto Governo.

Adesso restava ancora un piccolo particolare: ottenere un colloquio con Peter Kloofman. Proprio con lui, in persona. Ci sarebbe riuscito? Un burocrate di Settima Classe sarebbe mai stato ammesso alla presenza di Kloofman?

Mi riceverà pensò Quellen. Mi riceverà, quando avrà saputo che ho rapito Donald Mortensen.

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