8

Walton cominciava a essere corazzato contro lo sbalordimento; più scavava negli affari del defunto direttore, meno suscettibile diventava alle reazioni automatiche della sorpresa.

Comunque, questa serena dichiarazione lo paralizzò per un momento.

— Ha detto di avere già ultimato le ricerche? — domandò lentamente. — Oppure è ancora nella fase di studio?

Lamarre colpì con il palmo della mano la sua voluminosa cartella nera. — È tutto qui. Già pronto. — Pareva sul punto di esplodere di autocompiacimento.

Walton si appoggiò allo schienale della poltrona, posò le dita sul piano della scrivania, contò fino a dieci, mentalmente, e corrugò la fronte.

— Ho cominciato a ricoprire questo incarico dalle tredici del dieci giugno, signor Lamarre. Sono esattamente due giorni fa, minuto più, minuto meno. E in questo periodo credo di avere subito non meno di dieci choc fortissimi e una mezza dozzina di choc di media intensità.

— Signore?

— Voglio dire soltanto questo: per quale motivo, in nome del cielo, il direttore FitzMaugham finanziava questo suo progetto? Me lo dica, per favore, perché un motivo deve esserci.

Lamarre aveva un’espressione completamente innocente.

— Perché il direttore era un grande umanitario, naturalmente. Perché lui pensava che la vita umana fosse breve, troppo breve, e desiderava che i suoi simili godessero di una vita più lunga. Quale altro motivo dovrebbe esserci?

— So che FitzMaugham era un grand’uomo… sono stato il suo segretario per tre anni. — (“Anche se non ha mai detto una sola parola su di lei, dottor Lamarre” pensò Walton). — Ma realizzare l’immortalità a questo stadio dell’esistenza umana… — Walton scosse il capo. — Mi parli del suo lavoro, dottor Lamarre.

— È difficile riassumerlo in poche parole e in termini semplici. Ho combattuto il decadimento del corpo a livello cellulare, e gli esperimenti che ho condotto mostrano al di là di ogni dubbio che l’esito è positivo. Stimoli complessi uniti a una… i dati sono tutti qui, signor Walton. Non ho bisogno di riassumerli, quando lei può controllarli con calma.

Cominciò a cercare nel suo incartamento, e dopo un momento estrasse un foglio piegato, che aprì con cura e porse a Walton.

Il direttore guardò il foglio; era coperto di equazioni e di formule.

— Mi risparmi la parte tecnica, dottor Lamarre. Ha già esperimentato la sua scoperta?

— Ho fatto l’unico esperimento possibile, l’esperimento del tempo. Ci sono degli insetti, nel mio laboratorio, che hanno vissuto per cinque anni e più… autentici Matusalemme del loro genere. L’immortalità è una cosa che non si può collaudare in un periodo inferiore all’eternità. Ma sotto il microscopio si possono vedere le cellule che si rigenerano, si può vedere il decadimento organico combattuto efficacemente e ridotto.

Walton respirò profondamente.

— Si rende conto, dottor Lamarre, che per il bene del genere umano io dovrei farla fucilare immediatamente?

— Che cosa?

Walton per poco non scoppiò a ridere; l’uomo era incredibilmente buffo con quell’espressione d’incredulità sconvolta sul viso.

— Lei capisce cosa potrebbe fare l’immortalità alla Terra? — domandò. — Mentre nessun altro pianeta del sistema solare è abitabile per la razza umana, e non è possibile raggiungere le stelle? Nel giro di una generazione, vivremmo in dieci centimetri quadrati. Saremmo tutti…

— Il direttore FitzMaugham si rendeva ben conto di queste cose — lo interruppe con voce secca Lamarre. — E non aveva alcuna intenzione di somministrare la mia scoperta indiscriminatamente a tutta la popolazione. Inoltre aveva piena fiducia in un nuovo motore interstellare che, a suo avviso, ci avrebbe permesso di raggiungere entro breve tempo altri pianeti di sistemi stellari diversi dal nostro, e sperava anche che gli ingegneri del progetto di “terraforming” ottenessero un risultato positivo su Venere.

— Questi due fattori dell’equazione sono ancora delle incognite — disse Walton. — Nessuno dei due ha finora avuto successo. E non possiamo certamente lasciar diffondere la notizia della sua scoperta, fino a quando non avremo delle vie d’uscita per alleviare la terribile pressione della popolazione.

— Così lei propone…

— Di confiscare gli appunti che lei ha con sé, e di chiederle di mantenere il silenzio sul suo siero finché le darò il permesso di parlare.

— E se io rifiutassi?

Walton allargò le braccia.

— Dottor Lamarre, io sono un uomo ragionevole che cerca di svolgere un lavoro molto duro. Lei è uno scienziato… e uno scienziato sano di mente, mi auguro. Le sarei veramente grato se volesse darmi la sua collaborazione. Mi conceda la sua fiducia per qualche settimana, e forse dopo questo periodo la situazione potrà cambiare.

Seguì una pausa di silenzio. Finalmente Lamarre disse: — Molto bene. Se mi restituirà gli appunti, le prometto di conservare il silenzio, fino a quando lei non mi darà il permesso di parlare.

— Non è sufficiente, purtroppo. È necessario che io tenga gli appunti.

Lamarre sospirò.

— Se proprio insiste — disse.


Quando fu di nuovo solo, Walton infilò il voluminoso incartamento in un cassetto d’archivio, e lo fissò con aria perplessa.

“FitzMaugham” pensò “lei era davvero incredibile!”

Il siero dell’immortalità di Lamarre, siero o qualunque cosa fosse, era mortale. Sia che funzionasse davvero, e sia che fosse inefficace.

Se sfuggiva anche una sola parola a proposito dell’esistenza di una droga capace di dare l’immortalità, ci sarebbero state sommosse e stragi su scala mondiale. Sarebbe stato un caos.

FitzMaugham se ne era reso conto, eppure aveva sottoscritto gli esperimenti, con sublime noncuranza, sapendo che se il “terraforming” e l’esplorazione interstellare fossero falliti, il progetto di Lamarre sarebbe diventato la più grande minaccia alla civiltà.

Ebbene, Lamarre si era piegato alla volontà di Walton abbastanza facilmente. Il problema, adesso, era quello di mettersi in contatto con Lang, su Venere, e scoprire cosa stava facendo lassù.

— Signor Walton — annunciò l’intercom. — Sta arrivando un messaggio in codice per il signor FitzMaugham.

— Da dove?

— Dallo spazio, signore. Dicono di avere delle notizie, ma non le daranno a nessuno che non sia il signor FitzMaugham.

Walton imprecò.

— Dove ricevono questo messaggio?

— Piano ventitré, signore. Sezione Comunicazioni, naturalmente.

— Dica che scendo subito — esclamò Walton.

Prese un ascensore e arrivò al ventitreesimo piano nel giro di pochi secondi. Quando la porta dell’ascensore si aprì, corse come un fulmine nel corridoio, passò tra due tecnici dall’aria sbalordita, e corse ancor più veloce verso la sala delle comunicazioni.

Nella grande sala pulsava la rete che teneva uniti i diversi rami di Poppy. Di là tutto il sistema del Piano riceveva linfa e vigore.

Walton aprì una porta laterale, sulla quale era scritto “Centrale”, e si trovò di fronte a quattro tecnici indaffarati intorno a una complicatissima ricevente che ronzava come un gatto placido.

— Dov’è quel messaggio dallo spazio? — domandò al giovane tecnico che gli venne incontro.

— Continua a giungere, signore. Lo ripetono in continuazione. Stiamo cercando di scoprire la loro posizione per mezzo della triangolazione. Devono essere vicini all’orbita di Plutone.

— Al diavolo Plutone. Dov’è il messaggio?

Qualcuno gli porse una striscia di carta. C’era scritto: — Chiamiamo la Terra. Chiamata urgente, massima urgenza, assoluta precedenza. Comunicheremo soltanto con “D.F. FitzMaugham”.

— È tutto? — domandò Walton. — Non c’è una firma, non c’è il nome dell’astronave?

— Proprio così, signor Walton.

— Bene. Si metta subito in contatto con loro e invii un messaggio di risposta — disse, rivolgendosi al tecnico che lo aveva accolto. — Dica loro che FitzMaugham è morto e che io sono il suo successore. Faccia il mio nome.

— Sì, signore.

Cominciò a girare nervosamente per tutto il laboratorio, mentre i tecnici lavoravano per spedire il messaggio nel vuoto cosmico. Le comunicazioni spaziali erano un campo che sbalordiva e intimidiva Walton, il quale guardò i tecnici come se fossero stati dei semidei, mentre loro erano intenti al lavoro.

Il tempo passò.

— Sa che qualche astronave si trova in quel settore? — domandò a qualcuno.

— No, signore. Non aspettavamo nessuna chiamata, a eccezione di quella di Lang da Venere… — Il tecnico impallidì, rendendosi conto di avere commesso una gaffe, e rimase impietrito.

— Non si preoccupi — lo rassicurò Walton. — Io sono il direttore, non ricorda? So tutto di Lang e di quello che sta facendo.

— Certo, signore.

— Sta arrivando una risposta, signore — disse un altro dei tecnici senza nome e senza volto. — Eccola. — Walton diede un’occhiata.

Il messaggio diceva: “Salve, Walton. Richiediamo ulteriore identificazione, prima di fare rapporto, McL”.

Un brivido di soddisfazione percorse Walton, alla vista delle iniziali alla fine del messaggio. “McL”. Poteva trattarsi soltanto di McLeod… e “questo” poteva significare una sola cosa: l’astronave interstellare era ritornata dal suo viaggio di esplorazione!

Walton si rese conto, un po’ depresso, che questo significava, probabilmente, anche che gli esploratori non avevano scoperto nessun pianeta di tipo terrestre tra le stelle dell’universo. Nella corrispondenza dell’archivio, McLeod aveva scritto a FitzMaugham che l’astronave sarebbe ritornata dopo un anno se non avesse avuto successo nella sua ricerca. Ed era passato circa un anno.

Si rivolse ai tecnici, e disse: — Spedite questo messaggio di risposta: McLeod, Nairobi, X-72. Congratulazioni! Walton.

I tecnici si rimisero al lavoro, lasciando Walton immerso nei suoi tristi pensieri. I macchinali che si vedevano tutt’intorno avevano un aspetto imponente e austero, che non contribuiva di molto a sollevare gli spiriti. Gli strumenti facevano “tic-tic”, ronzavano e miagolavano e sibilavano, e lui cercava di captare, tra questi rumori, qualche brano di conversazione, senza avere molto successo nelle sue fatiche.

Dopo un periodo che gli parve un’ora, Walton vide di nuovo il tecnico.

— Sta arrivando un nuovo messaggio, signore. Lo stiamo decodificando con la maggiore rapidità possibile, proprio in questo momento.

— Fate presto — disse Walton. L’orologio indicava che erano le 14 e 29. Erano passati solo venti minuti da quando era sceso nel laboratorio.

Un foglio di carta gli fu messo bruscamente sotto il naso, da qualche altro tecnico anonimo e, probabilmente, addirittura invisibile. Walton si mise a leggere ansiosamente il messaggio.


Salve, Walton, qui McLeod. Lieti di annunciarle che l’astronave sperimentale X-72 sta tornando a casa con tutti gli uomini in ottime condizioni, dopo una sensazionale crociera di un anno tra le stelle della Via Lattea. Mi sento come Ulisse che ritorna a Itaca, solo che il viaggio non è stato così difficoltoso.

Immagino che questo le interesserà: abbiamo trovato un pianeta, delizioso e abitabile, nel sistema di Procione. Nessuna forma di vita intelligente, e un clima incredibilmente buono. Peccato che il vecchio FitzMaugham non abbia potuto vedere con i suoi occhi il nostro ritorno.

Arrivederci a presto. McLeod.


Le mani di Walton stavano ancora tremando, quando con l’indice schiacciò il pulsante che l’avrebbe riportato nel suo ufficio. Avrebbe dovuto radunare di nuovo i capi sezione, convocare un’assemblea generale, per discutere il metodo migliore con il quale avrebbero potuto presentare al mondo questa notizia sconvolgente.

Per prima cosa, avrebbero dovuto spiegare per quale motivo FitzMaugham non aveva rivelato che l’X-72 era stato mandato in missione più di un anno fa, e nessuno ne aveva saputo niente.

Questo avrebbe potuto essere risolto con una certa facilità. Poi sarebbe stata necessaria una campagna attenta e accurata. Descrizione del nuovo mondo, profili degli eroi che l’avevano scoperto, eccetera eccetera. I profili degli eroi fondamentali, perché la massa desiderava conoscerli. Sperava che McLeod fosse un tipo abbastanza telegenico.

Doveva essere studiato un piano ben preciso di emigrazione… qualcuno avrebbe dovuto pensarci, a meno che l’inesauribile FitzMaugham non avesse già elaborato il piano, preciso in ogni particolare, e l’avesse archiviato in attesa del giorno di metterlo in pratica. Trattandosi di FitzMaugham e del suo incredibile archivio, pensò Walton, tutto era possibile, anche l’impossibile. Così lui non aveva la minima intenzione di sorprendersi, qualsiasi cosa avesse trovato.

Poi, forse, avrebbe potuto richiamare Lamarre, a questo punto, e permettergli di diffondere la sua scoperta.

La mente di Walton ronzava, dentro di essa i piani si succedevano: nell’eventualità che gli uomini fossero stati riluttanti a lasciare la Terra per conquistare un nuovo mondo ignoto, malgrado le lusinghe del clima, sarebbe stato opportuno agitare davanti ai loro occhi la lusinga dell’immortalità… riservare la cura di Lamarre ai coloni volontari. Il piano doveva essere elaborato, ma l’idea era quella. Comunque c’era tutto il tempo per prepararlo, pensò Walton.

Le stelle erano state raggiunte, e questo contava. Dopo il rapporto di McLeod ci sarebbe stato un lavoro infernale; ma il lavoro era una cosa abituale, a Poppy, e non lo spaventava minimamente. L’importante adesso era pianificare tutto, in modo che fosse possibile manovrare i cittadini della Terra e trasformare quelli più adatti in coloni e probabilmente in immortali, lasciando da parte i meno adatti. Lo spazio aumentava, grazie alla scoperta, ma bisognava accuratamente evitare di commettere gli stessi errori. Il controllo era più che mai necessario, ora che veniva offerta una strada per sbloccare la situazione dal punto morto attuale.

Walton entrò nel suo ufficio e chiuse la porta alle sue spalle. Era pervaso da una calda sensazione di benessere; per una volta, le cose parevano muoversi nella direzione giusta. Era felice, in un certo senso, che FitzMaugham non fosse più vivo. Adesso che l’umanità era sulla soglia della sua più grande conquista, il merito sarebbe andato a lui, Roy Walton, e il trionfo personale era una cosa lungamente sognata.

Walton batté le palpebre. “Avevo lasciato l’archivio aperto quando sono uscito dall’ufficio?” si chiese. In genere, anche nei momenti di più grande eccitazione, non si comportava con tanta disinvoltura.

Comunque lo scaffale dell’archivio, adesso, era sicuramente aperto, come i due scaffali vicini. Sentendosi stranamente stordito attraversò la stanza, guardò nell’archivio, vide le ombre che lo pervadevano, frugò tenacemente all’interno.

Il reparto che conteneva i documenti del progetto di “terraforming”, e l’altro reparto, quello dedicato all’astronave interstellare di McLeod, parevano perfettamente intatti. Ma il cassetto nel quale Walton aveva riposto l’incartamento che Lamarre gli aveva portato poco tempo prima… il cassetto era vuoto!

Vuoto, completamente vuoto, vuoto senza speranza, ed era inutile cercare.

“Qualcuno è entrato qui” pensò rabbiosamente Walton. E poi la collera si trasformò in una fitta di sofferenza inaudita, quando ricordò cosa c’era stato nell’incartamento di Lamarre, e che cosa sarebbe accaduto… che cosa “sarebbe” accaduto! …se quella formula dell’immortalità si fosse diffusa liberamente, senza alcun controllo, in un mondo impreparato — fisicamente e moralmente — a riceverla.

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