Il mattino dopo, quando arrivò davanti al Cullen Building, Walton trovò riunita una folla.
Dovevano esserci almeno cento persone, intorno a un centro focale. Walton scese dal jet-bus e, sollevando il bavero in modo da nascondere la maggior parte possibile del viso, andò a investigare.
Un ometto dal viso rosso era in piedi su uno sgabello appoggiato all’edificio. Ai lati dello sgabello c’erano due aste di bandiera di bronzo, una con la bandiera americana, l’altra con la bandiera degli Stati Uniti. La voce dell’ometto era gracchiante e metallica… probabilmente, pensò Walton, era resa ancor più irritante da un micromicrofono inserito in gola, che amplificava le sue parole in modo che tutti potessero udirle. Una voce irritante faceva capire il messaggio che portava due volte più in fretta di una voce piacevole.
L’ometto stava urlando: — È questo il luogo! Lassù, in questo edificio, ecco dove sono! Ecco dove Poppy spreca il nostro denaro! Il nostro denaro, capite?
Dal tono delle parole dell’uomo, Walton capì immediatamente: “herscheliano”!
Represse la collera e, per una volta, decise di restare ad ascoltare l’estremista fino in fondo. Non aveva mai prestato davvero attenzione alla propaganda herscheliana… non aveva avuto molte occasioni di ascoltarla… e adesso si rendeva conto che, come capo di Poppy, aveva il dovere di familiarizzarsi con gli argomenti anti-Poppy usati dagli estremisti di entrambi gli schieramenti contrapposti… quelli che ritenevano Poppy una tirannia, e gli herscheliani, che la ritenevano troppo debole.
— Questa Poppy — disse l’ometto, mettendo l’accento sul buffo soprannome che era stato dato all’organizzazione — sapete cos’è? È una fregatura. È un tentativo stupido, molle e tenero di risolvere i nostri problemi. Chi fa il tentativo ha il cervello di ricotta e il cuore di burro. È una truffa, vi dico, una sporca truffa che servirà solo a gettare soldi dalla finestra!
C’era una passione vera e intensa dietro quelle parole. Walton non si fidava degli uomini piccoli con grandi passioni; non gradiva la loro compagnia più di quanto non gradisse la compagnia di una dinamo o di una pila atomica. Tutte queste cose, ometti compresi, minacciavano sempre di esplodere.
La folla si agitava, nervosamente. L’herscheliano stava parlando un linguaggio convincente, e riusciva a raggiungere in profondità quella gente, in un modo o nell’altro. Walton si tirò indietro, nervosamente, perché non voleva essere riconosciuto, e si fermò ai margini della folla.
— Alcuni tra voi non amano Poppy per un motivo o per l’altro… ma fatemi dire questo, amici… vi sbagliate più di quanto si sbagliano loro! Dobbiamo essere duri con noi stessi, capito? Dobbiamo affrontare la verità! Poppy è una mezza soluzione irreale dei problemi umani. E qui ci vuole del realismo, chiaro? Capito? Finché non limiteremo le nascite, stabiliremo un controllo rigido per decidere chi deve vivere e chi no, noi…
Era pura propaganda herscheliana, allo stato naturale, fornita nel violento linguaggio colloquiale e sgrammaticato del popolo. Walton non si sorprese quando qualcuno, nella folla, grugnì una domanda.
— E chi sarà a stabilire questo controllo? Lei?
— Vi siete affidati tutti a Poppy, vero? Perché esitate, allora, ad affidarvi ad Abel Herschel e al suo gruppo di sinceri e appassionati lavoratori al servizio del miglioramento e della purificazione del genere umano?
Walton rimase quasi paralizzato per lo sbalordimento. Il gruppo herscheliano era tanto drastico nelle sue teorie che Poppy, al suo confronto, appariva una istituzione di svago per educande. Anzi, l’impostazione data da Herschel e dai suoi amici al problema era “così” drastica che era impensabile il coraggio ostentato dell’ometto nel presentare quelle idee in pubblico. C’era già una forte ondata di animosità nei confronti di Poppy, la cosiddetta “soluzione blanda”; il pubblico avrebbe accettato una posizione più feroce e radicale? O come avrebbe reagito? La voce dell’ometto si levò altissima.
— Avanti con gli herscheliani! L’umanità deve andare avanti. La gente del Controllo rappresenta le forze del decadimento e della rovina!
Walton si voltò verso l’uomo che gli stava vicino, e mormorò: — Ma Herschel è un fanatico. Ci uccideranno tutti, in nome dell’umanità.
L’uomo sembrò perplesso; poi, digerita e accettata l’idea, annuì.
— Già, amico. Sai, non hai mica detto male. No, non hai proprio detto male.
Era questa la scintilla necessaria; non c’era bisogno d’altro.
Walton si scostò cautamente dalla folla, e seguì con lo sguardo i movimenti delle labbra della gente, e vide la voce diffondersi per tutta la folla, mentre l’arringa dell’ometto si faceva sempre più violenta e incendiaria e appassionata.
Fino a quando un sasso non sfrecciò nell’aria da qualche punto imprecisato, colpì la bandiera dell’ONU, e rimbalzò contro la parete dell’edificio. Quello fu il segnale.
Cento tra uomini e donne attaccarono l’ometto sullo sgabello ammaccato. — Dobbiamo affrontare la verità! — gridò la voce stridula; poi le bandiere furono abbattute e spezzate. Le aste caddero tintinnando cupamente sul cemento; lo sgabello si rovesciò. L’ometto fu perduto sotto un’impietosa marea di piedi e di braccia.
Una sirena ululò.
— La polizia! — gridò Walton, dal suo punto di sicurezza a qualche metro dal luogo del tumulto, e bruscamente la folla si squagliò come neve al sole, in tutte le direzioni, lasciando Walton e l’ometto soli nella strada. Un furgone della polizia si avvicinò. Quattro uomini che indossavano delle uniformi grigie scesero come fulmini.
— Che è successo qui? Chi è quell’uomo? — Poi, vedendo Walton: — Ehi! Vieni qui subito!
— Ma certo, agente. — Walton abbassò il bavero del soprabito e si avvicinò. Si accorse della presenza delle telecamere, e guardò direttamente da quella parte. — Io sono il direttore Walton, di Poppy — disse a voce alta, proprio nella telecamera. — Sono arrivato qui pochi minuti fa. Ho visto tutto.
— Ci dica quanto è accaduto, signor Walton — disse l’agente, in tono di profondo rispetto, che contrastava con il tono abbastanza violento di prima.
— Era un herscheliano. — Walton indicò il corpo inanimato disteso grottescamente a terra. — Stava facendo un discorso sovversivo diretto contro Poppy, e in particolare contro il defunto direttore FitzMaugham e contro di me. Stavo per chiamarvi per porre fine all’increscioso incidente, quando gli ascoltatori si sono resi conto che l’uomo era un herscheliano. Quando hanno capito cosa voleva dire, e qual era la sua causa… be’, potete vedere voi stessi i risultati.
— Grazie, signore. Siamo infinitamente spiacenti di non averlo potuto evitare. Deve essere stato relativamente spiacevole, signor Walton.
— Quell’uomo cercava dei guai — disse Walton. — Poppy rappresenta la mente e il cuore del mondo. Herschel e la sua gente cercano di rovesciare quest’ordine. Non posso, naturalmente, perdonare la violenza in nessuna circostanza, ma… — sorrise alla telecamera. — Poppy per me è una responsabilità sacra, una missione immensa come lo era per il compianto direttore FitzMaugham. Devo considerare i suoi nemici come persone cieche e sviate.
Si voltò ed entrò nell’edificio, sentendosi compiaciuto di se stesso. Quella sequenza sarebbe stata mostrata integralmente in tutti i prossimi notiziari; tutte le agenzie giornalistiche del mondo avrebbero riportato le sue parole, tutti gli schermi di tutte le case avrebbero mostrato la sua immagine.
Lee Percy sarebbe stato orgoglioso di lui. Senza usare trucchi tecnici e senza riagganciare dei fonemi, Walton aveva fatto un discorso efficace e stringente, e aveva trasformato uno spiacevole e squallido incidente in un perfetto strumento di propaganda.
E, inoltre, anche il direttore FitzMaugham sarebbe stato fiero di lui. Se solo avesse potuto vederlo. Ma sotto la coltre di orgoglio, lui stava tremando. Ieri aveva salvato un bambino, modificando in pochi istanti le caratteristiche genetiche annotate sulla sua scheda; oggi aveva ucciso un uomo facendo circolare un’accusa mormorata a fior di labbra tra una folla irrequieta. Solo questo, né più né meno.
“Potere”. Poppy rappresentava il potere, forse il più grande potere del mondo e della “storia” del mondo… Quel potere avrebbe dovuto essere incanalato, in qualche modo, imbrigliato e messo sotto controllo, ora che era stato scatenato libero sulla Terra.
La catasta di documenti riguardanti il progetto del motore interstellare si trovava ancora sulla scrivania, quando Walton entrò nell’ufficio. Il giorno prima aveva avuto il tempo di leggere solo i primi rapporti, quelli di data più antica; poi la pressione del lavoro di ordinaria amministrazione (ma esisteva qualcosa come l’ordinaria amministrazione, a Poppy?) gli aveva impedito di continuare.
Incoraggiato da FitzMaugham, il progetto del motore interstellare aveva avuto origine circa dieci anni prima. Questo progetto era dovuto al fatto che il motore ionico usato per i viaggi interplanetari aveva una velocità massima insuperabile, una limitazione alle novantamila miglia al secondo. A quella media, un’astronave d’esplorazione avrebbe impiegato circa diciotto anni a visitare la stella più vicina e poi tornare indietro per fare rapporto… e non era un sistema molto efficiente per un pianeta che aveva una necessità disperata di espandersi verso gli spazi ultrastellari.
Un gruppo di scienziati si era messo al lavoro per creare un motore iperspaziale o, più precisamente, a contrazione sub-spaziale, capace, in parole povere, di attraversare la curvatura dello spazio normale, immergersi nell’iperspazio e accorciare, così, notevolmente le distanze: nell’iperspazio infatti le distanze non esistevano, e due punti separati, nello spazio normale, da dieci e più anni-luce erano praticamente contigui in quella strana struttura del “continuum” spaziotemporale.
In questo modo, si sperava, la velocità della luce non sarebbe stata più un limite invalicabile, e le lontane frontiere dello spazio si sarebbero aperte di fronte alla brulicante umanità.
Tutta la documentazione del progetto si trovava sulla sua scrivania: i collaudi preliminari, gli stanziamenti ufficiali e ufficiosi, i disegni e i progetti, i nomi dei ricercatori. Walton ricominciò a sfogliare, estenuato, imparando nomi e assimilando dati scientifici. Apparentemente, quando il progetto era stato ancora in fase embrionale, FitzMaugham l’aveva finanziato attingendo dalla sua fortuna personale. Il vecchio era stato abbastanza ricco per concederselo.
Per quasi tutta la mattinata Walton sfogliò lentamente i documenti che descrivevano progetti di generatori, tipi di materiali da usare per lo scafo, specificazioni, calcoli, ipotesi e teorie. Era quasi mezzogiorno quando si imbatté nella perfetta comunicazione dattiloscritta del colonnello Leslie McLeod, uno degli scienziati militari che dirigevano il progetto interstellare. Walton lesse la comunicazione svogliatamente, arrivò alla fine, spalancò gli occhi e la bocca, tornò indietro, e ricominciò a leggere.
La data era quella del 14 Giugno 2231, circa un anno prima. Il testo era:
Carissimo signor FitzMaugham,
sono certo che sarà felice di apprendere che finalmente i nostri sforzi sono stati coronati dal più lusinghiero dei successi. L’X-72 ha superato meravigliosamente gli ultimi collaudi, e siamo pronti a partire immediatamente per l’esplorazione preliminare degli spazi lontani.
Questa comunicazione era seguita da un messaggio di FitzMaugham a McLeod, in data 15 Giugno:
Caro dottor McLeod,
i miei auguri più fervidi per la sua grande avventura. Immagino che lei possa partire, come al solito, dalla base di Nairobi tra pochi giorni. Mi faccia avere notizie prima della partenza.
La documentazione terminava con un’ultima comunicazione di McLeod al direttore, in data 19 giugno 2231.
Carissimo signor FitzMaugham,
l’X-72 partirà da Nairobi tra undici ore, diretto verso gli spazi lontani, con un equipaggio di sedici membri, compreso il sottoscritto. Gli uomini attendono tutti con comprensibile impazienza la partenza. Devo ringraziarla con tutto il cuore per l’aiuto che lei ci ha fornito negli anni passati, senza il quale non avremmo mai potuto giungere a questo passo.
I piani di volo prevedono la visita a numerosi sistemi solari tra quelli più vicini alla Terra, con l’intendimento di ritornare non appena avremo scoperto un pianeta extra-solare abitabile, oppure un anno dopo la partenza a seconda di quale tra le due possibilità si verifichi per prima.
Auguri di fervido cuore, e che lei possa avere, quando sarà discussa la sua causa davanti alle Nazioni Unite, lo stesso successo che noi abbiamo ottenuto qui… benché mi vorrà scusare se esprimo la speranza che il nostro lavoro possa rendere superfluo qualsiasi programma di controllo della popolazione sulla Terra!
Walton fissò per un istante le tre lettere, con gli occhi sbarrati, ed era così sconvolto che gli riusciva difficile reagire. Così il motore più veloce della luce non era soltanto un sogno lontano, ma una realtà… e la prima missione esplorativa era partita già da un anno!
Provò un nuovo impulso di ammirazione per FitzMaugham. Che meraviglioso vecchio furfante era stato!
Scoperto il motore interstellare, già al lavoro su Venere, la squadra del “terraforming”… e nessuno di questi due fatti era stato reso di pubblico dominio… e neppure menzionato da FitzMaugham ai suoi più diretti collaboratori, ai suoi uomini più fidati!
Era stato astuto ad agire così, naturalmente. In questo modo era stato sicuro che niente potesse andare male. Se qualcosa fosse accaduto a Lang e alla sua squadra, su Venere… ed era possibile che fosse accaduto davvero qualcosa, dato che era passata ormai una settimana da quando il rapporto avrebbe dovuto giungere… sarebbe stato facile dichiarare che il progetto di “terraforming” era ancora nella fase di impostazione e di studio. In caso di successo, c’era un’ottima scusa: motivi di “sicurezza” avevano consigliato di non diffondere voci sui progressi dei tecnici. E poi, chi vinceva aveva sempre ragione; e chi se ne fregava dei metodi che aveva usato per ottenere il successo? FitzMaugham era un uomo davvero ammirevole.
E lo stesso ragionamento avrebbe potuto venire applicato nel caso del motore interstellare; se McLeod e i suoi uomini svanivano nelle ignote plaghe di nulla degli spazi ultrastellari, e non ritornavano, FitzMaugham non avrebbe dovuto rispondere del fallimento di un progetto che, per quello che ne sapeva il pubblico, era ancora nella fase preliminare di studio. Se poi, meraviglia delle meraviglie!, i contribuenti si fossero svegliati un mattino per udire la notizia del successo… evviva FitzMaugham, hurrà per FitzMaugham, e chi se ne frega se non ce l’ha detto prima?… ecco le parole esatte che avrebbe detto il pubblico. Sì, si trattava di una spada a doppio taglio, della quale il compianto direttore controllava entrambe le lame. Che uomo!
E adesso era tutto sulle sue spalle. Sperava davvero di essere capace di continuare le operazioni con l’intelligenza, la lungimiranza e la genialità del defunto direttore FitzMaugham.
L’intercom ronzò.
— Il dottor Lamarre è qui, per l’appuntamento con lei, signor Walton.
Walton fu preso fuori guardia. La sua mente si mise a galoppare furiosamente: — Lamarre? Chi diavolo accidenti… oh, quell’appuntamento incompiuto di FitzMaugham. L’avevo dimenticato. — Dica al dottor Lamarre che sarò felice di riceverlo tra pochi minuti, e che lo prego di aspettare. Chiamerò io quando sarò pronto.
Frettolosamente raccolse i documenti sul volo interstellare dalla scrivania, e li infilò in un cassetto d’archivio, accanto a quello che conteneva i dati del “terraforming”. Diede un’occhiata critica al suo ufficio; aveva un’aria ordinata e pulita, presentabile. Si assicurò soprattutto che non fossero visibili dei documenti vaganti, documenti che avrebbero potuto rivelare la verità sul motore interstellare.
— Faccia entrare il dottor Lamarre — disse.
Il dottor Lamarre era un individuo piccolo, magro e pallido, con i capelli color sabbia, lievemente ondulati, che camminava un po’ incurvato. Portava un voluminoso incartamento in una borsa di cuoio nero che pareva sul punto di esplodere.
— Il signor Walton?
— Sono io. Lei è il dottor Lamarre?
L’ometto fece un cenno col capo e gli porse un elaborato biglietto di visita.
Walton si rigirò il biglietto di visita tra le mani, nervosamente, e lo restituì al legittimo proprietario.
— Gerontologo? Una persona che studia dei metodi per aumentare la durata della vita di un individuo?
— Precisamente.
Walton corrugò la fronte.
— Presumo che lei abbia già avuto altri colloqui con il compianto direttore FitzMaugham…
Lamarre sbalordì.
— Vuol dire che non le ha detto “niente”?
— Il direttore FitzMaugham divideva ben poche informazioni con i suoi assistenti, dottor Lamarre. La subitaneità e la… maniera brusca con la quale sono stato elevato a questo posto mi hanno concesso poco tempo per esplorare i suoi archivi. Le dispiacerebbe fornirmi quelle informazioni che possono contribuire a illuminarmi sulla situazione?
— Naturalmente — disse Lamarre. Accavallò le gambe e studiò Walton con sguardo da miope. — Per essere breve, le dirò che il signor FitzMaugham ha sentito parlare del mio lavoro, per la prima volta, quattordici anni fa. Da allora, egli ha finanziato i miei esperimenti con suoi stanziamenti privati, e con stanziamenti pubblici quando gli è stato possibile ottenerli; negli ultimissimi tempi, poi, i fondi sono giunti grazie al denaro fornito da Poppy. Naturalmente, a causa della particolare natura del mio lavoro, ho evitato ogni forma di pubblicità. Ho terminato gli ultimi esperimenti la settimana scorsa, e dovevo vedere il direttore ieri. Ma…
— Lo so. Ieri, quando lei ha chiamato, ero occupatissimo a esaminare gli archivi del signor FitzMaugham, così non ho avuto il tempo di parlarle neppure per visifono, e l’appuntamento purtroppo è saltato. Mi capisce, non ho avuto il tempo divedere nessuno per tutta la giornata… le dirò anzi che il suo è il mio primo appuntamento in veste di direttore di Poppy. — Walton avrebbe voluto, in quel momento, avere controllato quello che si sapeva su quell’uomo, Lamarre, prima di farsi sorprendere impreparato all’appuntamento. Apparentemente si trattava di un progetto privato di FitzMaugham, e da quanto aveva capito si trattava anche di un progetto di una certa importanza.
— Certamente. Il signor FitzMaugham esprimeva la speranza che, un giorno, la vita potesse venire prolungata all’infinito. Sono felice di annunciare che ho creato una tecnica assai semplice, con la quale si potrà ottenere proprio questo. — L’ometto fece un largo sorriso di autocompiacimento, e pronunciò qualche altra parola che colpì Walton con la forza martellante di un maglio. — In breve — disse — quello che io ho scoperto, usando dei termini correnti, è l’immortalità, signor Walton.