Robert Silverberg Padrone della vita, padrone della morte

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Gli uffici del Piano per il Controllo della Popolazione, conosciuto universalmente con il soprannome di Poppy, si trovavano tra il ventesimo e il ventinovesimo piano (compresi) del Cullen Building, una mostruosità di cento piani che rappresentava l’esempio tipico dello stile neo-vittoriano del ventiduesimo secolo, nella sua espressione più ridondante e raccapricciante. Roy Walton, vicedirettore di Poppy, doveva chiudere gli occhi e chiedere scusa al proprio buon gusto ogni mattina, prima di entrare nell’orrenda tana che molti si ostinavano a chiamare edificio.

Da quando aveva raggiunto la sua posizione, era riuscito a trasformare radicalmente il proprio ufficio… che si trovava al ventottesimo piano, subito sotto il piano del Direttore FitzMaugham… ma con quest’operazione radicale era riuscito soltanto a creare una minuscola oasi nell’edificio esteticamente ripugnante sul quale i suoi occhi dovevano continuamente posarsi. Non c’era modo di porre rimedio alla situazione, però; Poppy era impopolare, anche se era necessario; e, come il pubblico patibolo di qualche secolo prima, il Piano non pretendeva di avere dei quartieri attraenti.

Così Walton aveva rimosso le decorazioni di cromo iridescente che appestavano le pareti, aveva sostituito alla finestra-caleidoscopio una moderna finestrella a pannelli, e infine aveva gettato via gli enormi lampadari del soffitto, sostituendoli con un impianto d’illuminazione più discreto e funzionale. Ma le stimmate del secolo passato erano impresse indelebilmente sull’edificio e sull’ufficio, e non c’era niente da fare; così andava il mondo, e il buon gusto, tutto sommato, non era mai stato una merce facile da acquisirsi sul mercato.

Era così che doveva andare, aveva finalmente concluso Walton non senza riflessioni profonde — mettendo a tacere il suo offesissimo gusto estetico. Le stimmate del secolo passato erano indispensabili e fatali; dopotutto, era stata l’idiozia collettiva del secolo passato a rendere necessaria l’istituzione di Poppy, e su questo non c’erano dubbi.

Aveva la scrivania carica di rapporti, rapporti che svettavano dappertutto, come una città di grattacieli tascabili; e la marea cartacea era alimentata continuamente dal flusso che giungeva per i condotti pneumatici a ogni minuto che passava. Il lavoro di vicedirettore era un dannato imbroglio, e lui si sentiva truffato, si disse non per la prima volta, stessa responsabilità del Direttore, e metà stipendio. FitzMaugham, lui, poteva pure assumersi la responsabilità totale di Poppy, con lo stipendio che prendeva; ma a lui chi glielo faceva fare, per quello stipendio, e con un compito così infame?

Prese un rapporto da una pila che gli arrivava fin sopra la testa, lisciò accuratamente la carta grinzosa, e cominciò a leggere.

Era un rapporto di Horrocks, l’agente di Poppy che prestava attualmente servizio in Patagonia. Era datato “4 Giugno 2232” — sei giorni prima — e dopo un lungo prologo roboante, caratteristico dell’uomo, affrontava finalmente la parte più importante: “La densità della popolazione rimane bassa, qui: 17,3 per miglio quadrato, molto al di sotto dell’optimum. Si raccomanda come scelta primaria per la ridistribuzione della popolazione”.

Walton era d’accordo. Schiacciò il pulsante del suo dittafono — riproduttore e disse, in tono preciso e sicuro:

— Promemoria del Vicedirettore Walton, ridistribuzione della popolazione da… — fece una pausa, scelse a caso uno dei punti della densità più preoccupante, e continuò — dal Belgio centrale. Si chiede cortesemente al capo-sezione responsabile del settore una valutazione sull’opportunità di trasferire la popolazione eccedente nelle zone fertili della Patagonia. Raccomandazioni particolari: stabilire delle industrie in quest’ultima regione, per facilitare la ridistribuzione.

Chiuse gli occhi, appoggiò i pollici sulle palpebre e spinse finché non vide un volo di lucciole rosse guizzare davanti a sé, e rifiutò ostinatamente di lasciarsi disturbare dai molteplici problemi suscitati dal trasferimento di molte centinaia di migliaia di belgi in Patagonia. Si costrinse ad aggrapparsi a una delle massime del direttore FitzMaugham, una delle massime che il grand’uomo ripeteva spesso e con liberalità: “Se vuoi conservare la ragione, pensa a quella gente come a pedine su una scacchiera, non come a esseri umani, mai, in nessun caso”.

Walton sospirò. Quello era il più gosso problema di scacchi dell’intera storia umana, e, dall’aspetto attuale della partita, l’esito pareva lo scacco matto entro un secolo, o forse meno. Avrebbero potuto continuare a ridistribuire la popolazione solo per quel periodo, muovendosi come quegli sportivi che si lasciano portare dai tronchi sulla corrente, spostandosi da un tronco all’altro… solo per un secolo, poi i guai grossi sarebbero cominciati “davvero”. Perché quel fiume era in piena, e non c’erano argini sufficienti a tenerlo sotto controllo.

Adesso c’era un altro problema da risolvere. Prese di nuovo il microfono del dittafono.

— Promemoria del Vicedirettore Walton, programmazione di una nuova linea di condotta degli agenti locali: assumere tre segretarie in gamba, per fare un riassunto di ogni rapporto, eliminando le parti superflue e i dati non pertinenti.

Era un passo fondamentale, un passo che avrebbe dovuto essere compiuto già tanto tempo prima. E adesso, con un metro di rapporti sulla scrivania, diventava una necessità vitale. Sì, avrebbe dovuto proprio pensarci prima. Uno degli inconvenienti di Poppy era la sua novità; era stato organizzato così in fretta che quasi tutte le procedure erano ancora allo stadio formativo.

Prese un altro rapporto dal mucchio. Si trattava di un rapporto statistico proveniente dal Centro dell’Eutanasia di Zurigo, e Walton gli dedicò soltanto una rapida occhiata. Durante la settimana precedente, undici bambini subnormali e ventitré adulti subnormali erano stati sottoposti al Sonno Felice.

Questa era la forma più feroce di controllo della popolazione. Walton siglò con le sue iniziali il rapporto, lo contrassegnò affinché venisse spedito negli archivi, e lo lasciò cadere nel condotto pneumatico.

L’intercom ronzò.

— Sono occupato — disse Walton, impaziente.

— Un certo signor Prior vuole vederla — disse la voce calma dell’operatore. — Insiste nel dire che si tratta di un caso di emergenza.

— Dica al signor Prior che non potrò ricevere nessuno almeno per tre ore. — Walter fissò con aria cupa la catasta di rapporti che, sulla sua scrivania, si alzava sempre di più. — Gli dica che potrò dedicargli dieci minuti alle… be’, diciamo alle tredici precise.

Walton sentì una voce maschile brontolare qualcosa, rabbiosamente, nell’ufficio esterno, e poi l’operatore del centralino esterno del suo ufficio riprese a parlare: — Insiste nel farsi ricevere immediatamente, in relazione a un ordine per il Sonno Felice.

— Gli ordini sono irrevocabili — disse Walton, in tono ancor più cupo. L’ultima cosa al mondo che desiderava era il vedere un uomo il cui figlio o il cui genitore era stato condannato al Sonno Felice. — Dica al signor Prior che, in questo caso, non posso riceverlo assolutamente.

Walton scoprì che le dita gli tremavano; le strinse a pugno, con forza, cercando di riprendere il controllo dei suoi nervi. Era una cosa normale stare seduto là, in quell’orrendo edificio, e firmare gli ordini di invio al Sonno Felice… ma vedere “di persona” una di quelle persone, e cercare di convincerla della necessità…

La porta si spalancò.

Un uomo alto, dai capelli neri, che indossava una giacca aperta, fece irruzione nella stanza, e si fermò drammaticamente proprio sulla soglia. Subito dietro di lui vennero tre uomini dal viso duro, che indossavano le uniformi grigie della sicurezza. I tre uomini avevano dei lancia-aghi, sfoderati e puntati sull’intruso.

— Lei è l’amministratore Walton? — domandò l’uomo alto e massiccio, con una voce incredibilmente profonda e gradevole. — Il Vicedirettore del Centro? Devo parlarle. Io sono Lyle Prior.

I tre agenti della sicurezza lo raggiunsero e lo afferrarono e cominciarono a perquisirlo. Uno di loro si rivolse a Walton, con aria di scusa.

— Siamo terribilmente spiacenti per questo incidente, signore. Quest’uomo ci è sfuggito e si è messo a correre, ecco tutto. Non riusciamo a capire come abbia fatto a giungere qui, ma ci è riuscito.

— Ah… sì. Mi pare di averlo notato — fece osservare Walton, in tono sferzante. — Cercate di vedere se non progettava di assassinare qualcuno, se la cosa non vi è di troppo disturbo.

— Amministratore Walton! — protestò Prior. — Io sono un uomo di pace! Come mi può accusare di…

Uno degli agenti della sicurezza lo colpì. Walton si irrigidì, e resisté all’impulso di rimproverarlo. Dopotutto, l’agente stava soltanto facendo il suo lavoro, niente di più e niente di meno.

— Perquisitelo — disse Walton.

I tre agenti proseguirono nel lavoro iniziato, e agirono in fretta e con competenza. La perquisizione fu un lavoro perfetto.

— È pulito, signor Walton. Dobbiamo portarlo alla centrale di sicurezza, o in basso, nella clinica?

— Né l’una né l’altra cosa. Lasciatelo qui con me.

— È ben certo di…

— Fuori di qui — disse Walton, bruscamente. Mentre i tre agenti della sicurezza si ritiravano, Walton aggiunse, in tono gelido: — E trovate un sistema un po’ più efficiente per proteggermi. Un giorno o l’altro un assassino riuscirà a infilarsi qua dentro, e a raggiungermi. Non che me ne importi un accidente della mia vita, vogliate capirlo; è, semplicemente, che io sono indispensabile. Non esiste un altro pazzo, in tutto il mondo, che voglia prendere il mio posto. E adesso “fuori”!

Non persero tempo in convenevoli, e se ne andarono come fulmini. Walton aspettò che la porta si chiudesse e la serratura scattasse. Schiacciò un bottone, e la serratura di sicurezza scattò a sua volta. La sua reprimenda, lo sapeva, era stata completamente ingiustificata; se lui avesse ricordato di usare la serratura speciale, com’era prescritto dai regolamenti, Prior non sarebbe mai riuscito a fare irruzione nel suo ufficio. Ma non avrebbe mai potuto ammettere questo di fronte alle guardie.

— Si accomodi, signor Prior.

— Devo ringraziarla per avermi concesso questa udienza — disse Prior, senza una sfumatura di sarcasmo nella voce tonante. — Mi rendo conto che lei è un uomo spaventosamente occupato.

— È vero. — Altri trenta centimetri di documenti si erano depositati sulla scrivania di Walton, da quando Prior aveva fatto il suo ingresso. — Lei è stato realmente fortunato, perché ha fatto il suo ingresso nel momento psicologicamente più adatto. In qualsiasi altro momento l’avrei fatta chiudere in cella per almeno un mese, ma adesso, proprio adesso, ho bisogno di qualche diversivo. Inoltre, ammiro moltissimo le sue opere, signor Prior.

— Grazie. — Di nuovo quell’umiltà, così sorprendente in un uomo tanto grande e imperioso. — Non mi ero aspettato di trovare… non avrei mai creduto che lei…

— Non avrebbe mai creduto che un burocrate potesse ammirare la poesia? È questo che sta cercando di dire, signor Prior?

Prior arrossì.

— Sì — ammise.

Sorridendo, Walton disse: — Dovrò pure fare “qualcosa” quando torno a casa, la sera. In realtà, non leggo i rapporti di Poppy per ventiquattro ore al giorno. Mai più di venti ore al giorno; questa è la mia regola. Il suo ultimo volume mi è sembrato davvero eccezionale.

— I critici non hanno pensato la stessa cosa — disse Prior, con diffidenza.

— I critici! Che ne sanno, loro? — chiese Walton. — Loro si muovono a cicli, come le comete. Cinque anni fa si trattava della forma e della tecnica, e si otteneva il Premio Melling. Adesso l’ultimo grido è il messaggio, è il contenuto politico che conta. Quella non è poesia, signor Prior… e saremo rimasti in pochi a sapere cos’è realmente la poesia, ma ci siamo ancora. Per esempio, consideri Yeats…

Walton era pronto a lanciarsi in una discussione su ogni poeta, risalendo nel tempo da Prior a Surrey e a Wyatt; avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di non pensare al lavoro che doveva affrontare, pur di non pensare a Poppy. Ma Prior si affrettò a interromperlo.

— Signor Walton…

— Sì?

— Mio figlio Philip… adesso ha due settimane di vita…

Walton capì.

— No, Prior. Per favore, non me lo chieda. — Sentì freddo, molto freddo; le sue mani, strette a pugno, volevano ricominciare a tremare.

— È stato condannato al Sonno Felice questa mattina… potenzialmente tubercoloso. Il bambino è perfettamente sano, signor Walton. Lei non potrebbe…

Walton si alzò.

— No — disse, in tono per metà imperioso, per metà supplichevole. — Non mi chieda di fare questo. Non posso fare nessuna eccezione, neppure per lei. Lei è un uomo intelligente; lei comprende il motivo del nostro programma.

— Io ho votato per Poppy. So tutto dei discorsi sulla Distribuzione e sul Piano per l’Eutanasia. Ma non mi sarei aspettato…

— Lei pensava che l’Eutanasia fosse una buona soluzione per gli “altri”. E l’hanno pensato anche tutti gli altri — disse Walton. — È per questo che la legge è stata approvata. — Con infinita gentilezza, aggiunse: — Non posso farlo. Non posso salvare suo figlio. I nostri medici danno a ogni bambino tutte le possibilità di vivere.

— Io “ero” tubercoloso. Mi hanno curato. E se una generazione fa avessero praticato l’Eutanasia? Dove sarebbero, adesso, le mie poesie?

Era una domanda alla quale non era possibile rispondere; Walton tentò di ignorarla.

— La tubercolosi è una malattia estremamente rara, signor Prior. Potremo eliminarla del tutto, se colpiamo coloro che hanno delle caratteristiche genetiche suscettibili di produrre la tubercolosi.

— Lei intende dire che ucciderete qualsiasi figlio che io possa avere? — chiese Prior.

— Quelli che erediteranno le sue condizioni fisiche — disse gentilmente Walton. — Torni a casa, signor Prior. Mi bruci in effigie. Scriva un poema su di me. Ma non mi chieda di fare l’impossibile. Non posso prendere nessuna stella cadente per lei.

Prior si alzò. Era immenso, una torreggiante figura tragica che fissava Walton con il viso accigliato. Per la prima volta, da quando il poeta aveva fatto irruzione nella stanza, Walton ebbe paura che l’uomo ricorresse alla violenza. Le sue dita cercarono il lancia-aghi che teneva nel cassetto della scrivania.

Ma non c’era violenza nel corpo e nello spirito di Prior.

— È opportuno che io me ne vada — disse in tono triste. — Sono spiacente, signore. Terribilmente spiacente. Per entrambi.

Walton schiacciò il pulsante che azionava la porta per fare uscire il poeta, poi richiuse la porta secondo i regolamenti e si appoggiò pesantemente allo schienale della poltrona. Altri tre rapporti uscirono dal condotto pneumatico e caddero sulla scrivania. Li guardò come se fossero stati tre basilischi.

Nelle tre settimane di vita di Poppy, tremila bambini erano stati mandati al Sonno Felice, e tremila gruppi di geni degenerati erano stati eliminati dalla razza. Diecimila maschi subnormali erano stati sterilizzati. Ottomila vecchi moribondi e stanchi avevano raggiunto la loro tomba prima del tempo naturale.

Era un programma duro, elaborato da una mente dura, e ci volevano degli uomini duri per portarlo avanti. Ma perché trasmettere dei morbi tremendi alle generazioni che ancora dovevano nascere? Perché permettere a un adulto idiota di sporcare il mondo con una progenie subnormale? Perché costringere un uomo malato di cancro incurabile a trascorrere giorni e mesi e anni di sofferenza ineluttabile, consumando del cibo prezioso e delle cure preziose e dello spazio prezioso?

Spiacevole? Certo. Ma il mondo aveva votato quel progetto. Fino a quando Lang e il suo gruppo non fossero riusciti nel “terraforming” di Venere, o fino a quando il progetto della nave più-veloce-della-luce non avesse aperto al genere umano la porta dello stile, qualcosa doveva essere fatto per porre rimedio alla sovrappopolazione della Terra. Gli abitanti erano sette miliardi, ora, e la cifra continuava ad aumentare.

Le parole di Prior lo perseguitavano, lo angosciavano, non volevano lasciarlo. “Io ero tubercoloso… dove sarebbero adesso le mie poesie?”

Quel grande uomo umile era uno dei grandi poeti. Anche Keats era stato tubercoloso.

“A che servono i poeti?” si chiese rabbiosamente, con un impeto disperato.

E la risposta venne in fretta: “A che serve tutto il resto, allora? Keats, Shakespeare, Eliot, Yeats, Donne, Pound, Matthews… e Prior. Come sarebbe stata più cupa la vita senza di loro”, pensò Walton, immaginando il suo scaffale… il suo unico scaffale di libri, nel suo cubicolo gremito che era una casa di una stanza sola, come usava in quel tempo.

Il sudore gli imperlò la fronte e gli scese lungo la schiena mentre la sua mente arrancava faticosamente verso una decisione.

Il passo che stava pensando di fare lo avrebbe squalificato automaticamente dal suo lavoro, se lo avesse confessato… cosa che, comunque, lui non avrebbe mai saputo, né potuto fare. Nell’ambito della Legge del Controllo della Popolazione, il suo era un atto criminale, un delitto enorme, da punire con il massimo rigore. Nell’ambito della Legge la sua decisione era irresponsabile, la sua decisione era quanto di peggio potesse commettere un uomo, e il suo fango avrebbe coperto per sempre la sua vita futura… se l’avesse confessata.

Ma non l’avrebbe confessata.

E un solo bambino non avrebbe fatto alcuna differenza. Uno solo.

Il figlio di Prior.

Con dita che tremavano schiacciò il pulsante dell’intercom e disse all’operatore: — Se ci sono delle chiamate per me, prenda lei i messaggi. Resterò fuori dell’ufficio per mezz’ora.

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