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Roy Walton guardò la testa e le spalle di suo fratello formarsi nel vortice di colore dello schermo. Fred Walton era più massiccio, più basso di suo fratello, che era alto e magro; era un tarchiato individuo di un metro e settanta, mentre Roy raggiungeva il metro e ottantacinque. Fred aveva sempre provato un certo complesso d’inferiorità per la statura del fratello, e quando i due ragazzi avevano avuto un’età che permettesse il confronto, Fred aveva sempre cercato di crescere, facendo degli sport e grande esercizio; ma, con sua grande delusione, il fratello era rimasto “il più grande” della famiglia in tutti i sensi, non ultimo quello della carriera.

Anche sullo schermo il collo e le spalle di Fred davano un’impressione poderosa di solidità e di forza. Walton aspettò che la sagoma del fratello prendesse completamente forma, e quando il breve intervallo necessario fu trascorso, domandò: — Ebbene, Fred? Cosa succede?

Gli occhi di suo fratello scintillarono dietro l’espressione sonnolenta del viso.

— Mi dicono che sei sceso qui poco fa, Roy. Come mai non ho avuto l’onore di una visita?

— Non sono sceso nella tua sezione. Si trattava di un lavoro d’ufficio, però. Non ho avuto il tempo di farti una visita.

Walton fissò con testardaggine l’emblema del caduceo che splendeva sul bavero della giacca di Fred, e si rifiutò di guardare da qualsiasi altra parte.

Fred disse, lentamente: — Hai avuto il tempo di pasticciare con il computer, però.

— Lavoro! Come te lo devo dire?

— Ma davvero, Roy? — Il tono di suo fratello era velenoso. — Guarda caso, ho usato il computer poco dopo di te, stamattina. Sono stato curioso… ah, non devi dirmelo, è stato imperdonabile da parte mia, caro fratellino. Ho chiesto una trascrizione del tuo dialogo con la macchina.

Delle scintille parvero scaturire dallo schermo. Walton si appoggiò allo schienale, sentendosi sommerso da una cappa di piombo. Riuscì a stringere le labbra in una linea dura, anche se non sentiva forza nel viso e nella mascella, e disse: — Questo e un atto criminale, Fred. Qualsiasi uso io abbia fatto di un computer di Poppy è strettamente confidenziale.

— Un atto criminale? Può darsi… ma allora siamo in due in famiglia, vero, Roy?

— Che cosa sai?

— Non vorrai che cominci a recitare tutto attraverso un sistema di comunicazione pubblico, vero? Il tuo amico FitzMaugham potrebbe ascoltare ogni parola di questa conversazione, e i miei sentimenti fraterni mi impediscono di provocare un pasticcio del genere. Il vecchio dottor Walton non vuole mettere nei guai il suo amato fratello maggiore… oh, no, certo!

— Grazie per la cortesia — disse Roy, in tono acido.

— Tu mi hai procurato questo lavoro. Tu me lo potresti togliere. Diciamo che, per il momento, siamo pari, che ne pensi?

— Come vuoi — disse Walton. Era in un bagno di sudore, anche se il filtro inventato appositamente per gli executive e che era stato applicato nell’impianto di trasmissione del suo visifono impediva che Fred vedesse questo, e gli mostrava Roy fresco come una rosa. — Ho del lavoro da finire, adesso. — La sua voce era quasi inudibile.

— Allora non voglio trattenerti più a lungo — disse Fred. Lo schermo si spense.

Walton chiuse il collegamento con rabbia, si alzò, camminò lentamente verso la finestra. Spostò i comandi e il sistema opacizzante della finestra cessò di funzionare, il velo bianco si dissolse, rivelando il fantastico alveare della città che si stendeva sotto e intorno a lui.

“Idiota!” pensò. “Stupido!”

Aveva rischiato tutto, anche la vita, per salvare un bambino, un bambino probabilmente condannato a una morte precoce, comunque fossero andate le cose. E FitzMaugham lo sapeva… il vecchio era capace di leggere in Walton come in un libro aperto… e anche Fred lo sapeva. Suo fratello, e l’uomo che era stato come suo padre per lui. Entrambi sapevano.

FitzMaugham, probabilmente, questa volta avrebbe deciso di nascondere il tradimento di Roy, ma avrebbe riposto meno fiducia in lui per il futuro. E per quello che riguardava Fred…

Era impossibile dire cos’avrebbe fatto Fred. I due fratelli non erano mai stati molto vicini; avevano vissuto con i genitori (ormai quasi totalmente dimenticati) finché Roy non aveva avuto nove anni e Fred sette. I loro genitori erano scomparsi vicino a Maracaibo in un incidente aereo; Roy e Fred erano stati affidati all’assistenza pubblica.

In seguito avevano percorso due strade nettamente separate. Per Roy, un’istruzione legale, un breve periodo trascorso come segretario privato del senatore FitzMaugham, seguito, il mese scorso, dall’improvvisa elevazione al rango di vicedirettore e amministratore aggiunto del Centro, appena creato. Per Fred, studi medici, una carriera privata di prospettive e terminata in un grosso insuccesso, e infine il lavoro nella sezione del Sonno Felice di Poppy, posto ottenuto grazie a Roy.

“E adesso per la prima volta il gioco è in mano sua” pensò Walton. “Spero che non voglia il mio sangue”.

Era impantanato in una specie di palude, e solo adesso se ne rendeva conto. Per dirigere Poppy ci voleva un uomo duro, freddo e deciso, mentre dentro di lui c’era una gentilezza d’animo che faceva parte del suo carattere, e che era realmente micidiale. Walton si rese conto, d’un tratto, di avere raggiunto il suo posto senza alcun merito reale. L’unica mossa onorevole, da parte sua, sarebbe stata quella di presentare immediatamente le sue dimissioni al direttore FitzMaugham.

Riandò col pensiero alle parole che il senatore gli aveva detto più volte. “Questo è un lavoro per uomini senza cuore. Poppy è l’organizzazione più crudele che mai l’uomo abbia creato e approvato con una legge. Credi di riuscire a farcela, Roy?”

“Lo credo, signore; lo spero”.

Ricordò che, dopo questa dichiarazione, aveva parlato a lungo della necessità del controllo della popolazione, della necessità immediata di affrontare con rigore il problema del continuo aumento della popolazione terrestre. Erano state frasi fatte, nebulose, e un po’ stupide, magari.

“Una crudeltà temporanea è sempre il prezzo della felicità” aveva detto FitzMaugham.

Walton ricordava il giorno in cui le Nazioni Unite avevano finalmente concesso la loro approvazione, avevano scatenato il Centro, il Piano per il Controllo della Popolazione, come una belva feroce e famelica in un mondo troppo sbalordito per reagire. Per reagire? Non proprio. C’era stata una salve di “flash” di fotografi, c’erano stati gli articoli dei giornalisti che avevano dato la notizia al mondo, c’era stata la momentanea nobiltà d’animo del popolo, c’era stata la fugace esaltazione per l’alta missione di Poppy in un mondo che ne aveva enormemente bisogno.

E poi le sei settimane successive, durante le quali l’odio si era formato e aveva continuato a crescere. Nessuno amava Poppy. Nessuno amava applicare degli antisettici sulle ferite, eppure era una cosa necessaria; faceva male un momento, ma evitava dei mali infinitamente peggiori.

Walton scosse il capo, e si sentì pieno di rimorsi. Aveva commesso un grave errore, salvando la vita a Philip Prior. Ma dare le dimissioni non era il metodo più indicato per espiare la sua colpa.

Fece ritornare opaca la finestra e ritornò alla sua scrivania. Era il momento di affrontare la montagna della posta.

La prima lettera del mucchio era indirizzata a lui ed era scritta a mano; l’aprì e le diede una rapida occhiata.


Egregio sigg. Walton,

ieri i suoiumini hanno venuto per prendere mia madre e farla ammazzarre. Lei non ha fatto gniente e ha vissuto una buona vita per settant’anni e io le voglio far sapere che voi tutti siete i più grandi vermi della storia dopo Hitler e Stalin e quando siete vecchi e malati spero che i vostriuomini venghino e vi buttano nel forno che vi meritate. Lei puzza e tutti voi puzzate.

Firmato, “Schifo”


Walton si strinse nelle spalle e aprì la lettera successiva, scritta a macchina da un audio-registratore automatico, su carta da lettere pregiata.


Egregio Signore,

ho letto sui giornali che le ultime cifre inerenti l’applicazione dell’eutanasia sono ancora notevolmente salite, e che lei ha liberato con successo il mondo da molti deboli e incapaci, da coloro i quali si sono dimostrati inadatti ad affrontare la vita, da coloro che, per usare le parole dell’immortale Darwin, “non sono degni di sopravvivere”. Voglia gradire le mie più vive congratulazioni, egregio signore, per la lungimiranza e il nobile fine del suo programma audace e coraggioso. Il suo Piano offre all’umanità la prima, vera possibilità di entrare nella terra promessa, di raggiungere quella lontana Utopia che è rimasta nella nostra speranza e nelle nostre preghiere per tanto tempo.

Spero sinceramente, però, che il suo Centro stia dedicando la propria meditata attenzione al tipo di cittadino che dovrebbe essere risparmiato. Appare evidente che miriadi di asiatici brulicanti per tutto il mondo siano il primo obiettivo di una drastica riduzione, dato che la loro incontrollata proliferazione già ha causato tanti danni e tanti stenti all’intero genere umano. Lo stesso si può dire per gli europei che rifiutano di riconoscere la ragione comune; e, avvicinandoci alla nostra patria, la prego di ridurre il numero degli ebrei, dei cattolici, dei comunisti, degli anti-herscheliani, e del resto di quella marmaglia che tanto ci tormenta, per fare poi rinascere un mondo più puro e più pulito e…


Tossendo, in preda al più completo disgusto, Walton lasciò cadere la lettera. Erano quasi tutte di quel tipo: intelligenti, razionali, fanatiche. C’era stato il professore dell’Alabama, uomo di cultura, senz’altro, che si era lamentato perché Poppy non aveva già deciso di eliminare tutti i cittadini di seconda classe; c’era stato il pastore del Michigan, ansioso di assicurazioni sul fatto che nessun empio ateo materialista sfuggisse alla camera a gas.

E, naturalmente, c’erano le altre lettere… lettere vergate in caratteri incerti, dalle mani di persone che appena avevano frequentato le elementari, e che venivano mandate da genitori o parenti ai quali era stato tolto un figlio o un altro parente, i quali accusavano Poppy di crimini innominabili contro tutta l’umanità.

Be’, c’era da aspettarselo, pensò Walton. Siglò entrambe le lettere con le sue iniziali, e le lasciò cadere nel condotto pneumatico che le avrebbe mandate negli archivi, dove sarebbero state microfilmate e accuratamente riposte. FitzMaugham aveva insistito su un fatto: ogni lettera doveva essere presa in esame e conservata per l’archivio.

Un giorno non molto lontano, pensò Walton, il processo di ridistribuzione della popolazione sarebbe diventato inutile. Oh, certo, l’eutanasia era destinata a continuare; si trattava di un procedimento logico, razionale e, in prospettiva, realmente misericordioso. Ma quel sistema di togliere qualche migliaio di belgi dal loro paese natale e di mandarli nelle libere distese della Patagonia non avrebbe avuto vita lunga.

Lang e i suoi uomini stavano cercando di trasformare Venere in un mondo sul quale l’Uomo potesse vivere. Se il sistema funzionava, gli esperti di “terraforming” avrebbero potuto andare su Marte, a rendere anche quel pianeta abitabile. E poi ci sarebbero state le maggiori lune di Giove e Saturno, e forse perfino il lontano Plutone, se fosse stato possibile inventare qualche efficace metodo di riscaldamento del gelido pianeta.

Allora ci sarebbe stata un’altra transizione. Le moltitudini della Terra sarebbero state caricate su grandi astronavi e mandate sui nuovi mondi. Forse ci sarebbero state delle sommosse; solo pochi avventurieri sarebbero partiti di buon grado. Ma qualcuno sarebbe partito, e questa sarebbe stata una soluzione parziale.

E poi, le stelle. Il progetto dell’astronave-più-veloce-della-luce era tenuto rigorosamente segreto, tanto segreto che, nell’ambito di Poppy, soltanto FitzMaugham conosceva lo stato reale delle cose. Ma se quel progetto fosse stato coronato da un successo…

Walton si strinse nelle spalle, e ritornò al lavoro. I rapporti dovevano essere letti, archiviati, evasi. C’era sempre tanto, troppo da fare.

Il pensiero di Fred e di quello che Fred sapeva lo turbava. Se avesse avuto modo di tornare indietro… se avesse potuto cancellare gli eventi della mattinata, se avesse potuto mandare il piccolo Prior nella camera a gas, fargli somministrare il Sonno Felice e dimenticare tutto, anzi, non sapere che qualcosa era accaduto… come sarebbe stato bello.

La tensione si accumulava dentro di lui, era diventata insostenibile. Frugò in un cassetto della scrivania, trovò la pastiglia verde, a forma di diamante, che stava cercando, e inghiottì il tranquillante con gesto quasi meccanico. Il tranquillante riuscì a calmarlo solo parzialmente, ma riuscì a lavorare con efficienza, senza una pausa, fino alla sosta di mezzogiorno.

Stava per chiamare il centralino per farsi mandare la colazione, quando lo schermo privato si illuminò, lo schermo privato che lui e FitzMaugham usavano per comunicare direttamente.

— Roy?

Il viso del direttore era incredibilmente calmo.

— Signore?

— Avrà una visita alle tredici. Ludwig. Vuole sapere come vanno le cose.

Walton annuì. Ludwig era il capo della delegazione americana delle Nazioni Unite, un uomo testardo e devoto al suo compito che aveva combattuto Poppy per anni; poi egli aveva visto la luce e aveva lottato, con la stessa energia, per la sua approvazione.

— Vuole che gli prepari un rapporto? — chiese Walton.

— No, Roy. Voglio che tu venga qui. Non desidero affrontarlo da solo.

— Signore?

— Alcuni, alle Nazioni Unite, pensano che io stia conducendo Poppy come un dittatore — spiegò FitzMaugham. — Naturalmente, non è così, come dimostra la montagna di lavoro che c’è sulla tua scrivania. Ma ti voglio qui, per dimostrare la verità. Voglio che lui si renda conto personalmente di quanto io conti sui miei assistenti.

— Capisco. Benissimo, signor FitzMaugham.

— E c’è un’altra cosa — proseguì il direttore. — Sarà di grande aiuto il fatto che io possa dimostrare di essere circondato da giovani assistenti fedeli, di carattere ineccepibile. Come te, Roy.

— Grazie, signore — disse Walton, con voce debole.

— Grazie a “te”. Ci vediamo alle tredici esatte, allora?

— Naturalmente, signore.

Lo schermo si spense. Walton lo fissò, con espressione vacua. Si chiese se quella non fosse stata un’allusione elaborata del vecchio: la mentalità di FitzMaugham era abbastanza contorta, e sarebbe stato da lui ricorrere a parafrasi per muovere delle accuse. Quell’ultima frase, sui giovani assistenti fedeli e di carattere ineccepibile… era sembrata sincera, ma chi poteva mai dirlo? FitzMaugham stava recitando una complicatissima commedia, prima di liberarsi del suo protetto che aveva tradito?

Forse c’entrava Fred, nella faccenda, pensò Walton. Decise di occuparsi nuovamente del computer, dopo l’incontro con FitzMaugham e Ludwig. Forse non era ancora troppo tardi per cancellare quelle maledette registrazioni, coprendo così l’errore che aveva commesso. Probabilmente avrebbe potuto eliminare dai banchi di memoria ogni ricordo delle attività svolte dal computer durante la mattinata, per quello che contava Roy Walton… e in questo caso la sua situazione non sarebbe stata schifosa come in quel preciso momento. Avrebbe avuto una certa tranquillità, tranquillità che ora gli mancava completamente.

In questo caso, si sarebbe trattato soltanto della sua parola contro quella di Fred. Avrebbe potuto ancora cavarsela, pensò, ma i suoi pensieri non erano lucidi, c’era come una cappa di piombo che li offuscava.

Ordinò la colazione con dita tremanti, e masticò contro voglia i cibi sintetici, che non avevano sapore né odore e che non davano alcun piacere… cibi fatti per sfamare, non per dare soddisfazione, e chi ricordava esattamente come fosse la buona cucina, a quei tempi? Lui conosceva soltanto quel menu, e gli doveva bastare.

E i suoi pensieri non erano certo i più adatti a fargli ricordare problemi culinari d’altri tempi.

Masticò i cibi, svogliatamente, poi li gettò quasi intatti nel condotto dei rifiuti.

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