3. Il marinaio nudo

— È meraviglioso, Paul… è incredibile! — Thomas balbettò quando furono usciti nello spazio normale, orbitando intorno ad Astrobia. — È un pianeta dorato! Quand’ero bambino, mi avevano detto che le strade di Parigi erano lastricate d’oro; oppure quelle di Roma, di Costantinopoli, di Cordoba… Ho visitato tutte quelle città, ma nessuna di esse era lastricata d’oro. L’ambasciatore spagnolo mi parlò invece di Città del Messico. Non vi sono mai stato, ma il dubbio, ormai, si era insinuato in me… Qui, l’intero pianeta è d’oro!

— È il colore del nostro sole — disse Paul. — Per noi è bianco, e anche a te sembrerà così.

Toccarono la superficie solida di Astrobia, uscirono dalla nave e l’affidarono ai tecnici. S’incamminarono verso le sale di riposo.

— Non da quella parte, Rosso, è una trappola! È una trappola! — La voce dell’ansel esplose nella mente di Paul. — Alla tua sinistra! Presto, alla tua sinistra! Ci sono degli amici al limite del bosco!

— Non da quella parte, Thomas — disse Paul, cambiando direzione. — Attento, ora. Era la voce di Rìmrock, l’ansel, ad avvertirci… Ma tu non sai nulla degli ansel.

— Perché mai? Certo che lo so, Paul. Rimrock ha parlato nella mia mente molte volte, durante le ultime ore del Passaggio. Mi farà piacere incontrarlo. Ma adesso non ho sentito nulla. Ne sei sicuro?

— No, ma non andremo alle sale di riposo finché non avrò tutte le garanzie. Ora è importante sapere cosa sta accadendo, e lo sapremo laggiù, dove cominciano gli alberi. Muoviti, ma sii prudente.

— Paul, non mi piace. — Thomas restò indietro. — E non trattarmi come un ragazzino. Per quanto riguarda le trappole e imboscate, ho molta più esperienza di te. Gli Uomini del Re molte volte usano trappole doppiamente contorte. E sento puzza di bruciato…

Troppo tardi.

— Paul, Thomas! Fuggite, presto! — La voce glauca di Rimrock risuonò nelle loro menti. — Non sono stato io a parlarvi prima, è stato un altro… Fuggite!

Troppo tardi.

Paul e Thomas furono abbattuti come fuscelli.

C’era un oscurità penosa, agonizzante, una confusione cieca, una morte divoratrice che avvolgeva la mente e il corpo di Paul. Puzzava, ruggiva, rimbombava, nauseante e spaventosa. Un confuso frastuono in lontananza si avvicinava, precipitoso, ma non avrebbe fatto in tempo a salvarli…

Paul considerò quanto fosse bella la luce del tramonto, specialmente quando si è appena morti. La sua mente ondeggiò nell’improvviso spezzarsi della luce, e c’era del terriccio nella sua bocca. La doppia visione che accompagnava un violento colpo alla testa, lo stordimento, il dolore lancinante, favoriscono il distacco.

Paul udì, con orecchie che sembravano appartenere a un altro, un possente boato. Lo diverti pensare che Thomas More, morto mille anni prima, lottasse rabbiosamente per non morire. C’era un altro individuo, longilineo, la testa rossa e il volto ghignante, che non sembrava neppure lui disposto ad accettare la morte. Paul raccolse le due metà della sua mente, le riunì, e si accorse che l’altro individuo era lui stesso, e che una furia scatenata stava esplodendo in lui. Un nuovo colpo alla testa, più violento del primo, invece di fracassargliela aveva compiuto il prodigio.

Sputò fuori il terriccio, e in preda a una gelida rabbia si rialzò: — Se tutto questo non mi ha ucciso, neppure il diavolo ci riuscirà — disse tra sé. C’era una speranza. Il frastuono era cresciuto in un’orrenda cacofonia, e Paul riconobbe le urla dei miserabili sputasangue di Cathead, che si precipitavano al suo fianco. Gli sputasangue odiavano tutti, ma soprattutto gli Assassini meccanici.

Anche Thomas non era rimasto a terra; colpito anch’egli due volte, era balzato in piedi e lottava, mescolando urla selvagge e parole, di cui soltanto ora Paul riuscì ad afferrare il senso:

— Di fronte, di fronte! — gridava Thomas. — Sono gli Uomini del Re. Cercano di ucciderti alle spalle. Ti colpiscono alla schiena, alla spina dorsale, alla base del cervello… Chi cerca di fuggire può considerarsi già morto. Di fronte, di fronte!

Ma in quel momento non c’erano più soltanto gli Assassini. C’era una folla tumultuante, uomini e cose uccidevano ed erano uccisi. Paul ricevette un altro colpo che quasi gli fece schizzare le cervella, ma l’oblio non riuscì a ghermirlo. L’oblio era come un miraggio, e gli sgusciava sempre via tra le dita nell’indescrivibile confusione. Suoni vicini e lontani rimbalzavano intorno a lui e l’intera battaglia era un sogno. Sirene squillavano cupamente, da navi di cristallo, su azzurre e sconfinate profondità marine…

Uno degli Assassini giaceva a terra. Un gigantesco sputasangue era stato ucciso. Anche un ragazzo chiamato Adam era stato ucciso.

Non era forse lo stesso Adam che era stato ucciso prima? No, non era necessariamente lo stesso Adam, non questa volta. E neppure l’altra. Il ragazzo era stato ucciso in uno dei sogni durante il Passaggio, e quei sogni (fuori del tempo) potevano appartenere al passato come al futuro.

Quando Paul si accorse che lo stavano salvando, provò un’immensa felicità, come un fanciullo, come se gli spettasse di diritto. Udì Thomas e l’ansel che parlavano, ma non a parole:

— Sarebbe meglio nascondersi in una tana come un orso ferito e studiare gli avvenimenti e le loro cause — disse l’ansel a Thomas, anche se l’ansel era nato su Astrobia e non aveva mai visto un orso. — Un posto qualsiasi ma ben nascosto, e subito, e aspettare laggiù i giorni peggiori che certamente verranno — disse Thomas alla creatura. Thomas aveva la mandibola fratturata e non sarebbe stato capace di parlare finché non gliel’avessero ricucita.


— Siamo soltanto dei miserabili sputasangue di Cathead! — urlò Battersea con la sua voce tonante, rivolto a quella che aveva la parvenza di una folla di curiosi. — C’è stata una zuffa tra noi, ora contiamo i morti e li portiamo via. La gente per bene non si preoccupi. Noi ce ne andremo subito e ci scusiamo per aver disturbato la pubblica quiete.

Stavano trasportando Paul da qualche parte. Così era tutto più facile. Il velo dell’oblio calò su di lui e lo avvolse completamente.

Dopo alcune ore, Paul cominciò a riaversi. Un odore pungente lo risvegliò, un amalgama di molti odori, uno più intenso dell’altro; odori di uomini, di mare, di cose.

— La stessa puzza del Barrio — pensò Paul. L’olfatto sembrava essere l’unico senso che gli funzionasse ancora. — Peggio, è la puzza di Cathead… Peggio ancora, è la puzza del confine tra i due. È la puzza di uno dei diecimila bordelli della zona affollata. La puzza del peggiore di tutti, Il marinaio nudo!

Paul scopri che riusciva a vedere, sia pure distorto, e che la sua testa non era fasciata. L’avevano disteso su un mucchio di paglia, occupato prima di lui, così gli parve, da un branco di capre. Scopri che poteva camminare, sia pure con la testa confusa. Uscì dalla stanza con un passo incerto. Girovagò a caso nelle viscere di un edificio che risuonava dovunque del brusio della folla, passò attraverso una cucina dove una ragazza dagli occhi spiritati gli offri un mezzo pesce cotto tra le alghe, e continuò il suo cammino, masticandolo. Continuò il suo passo dondolante attraverso una grande sala, discese al piano inferiore e udì la voce di Thomas More. Gli avevano ricucito la mascella.

— È un porcile! — gridava Thomas More. — Lo ripuliremo da cima a fondo o lo daremo alle fiamme! Quello che ci vuole adesso è una tinozza qui in mezzo alla stanza e una bella raschiata per tutti!

Thomas dirigeva una specie d’inquisizione. Brutto, ma dall’aspetto piacevole, la sua vivacità, la sua voce chiara e distinta irradiavano simpatia. Una decina di uomini stanchi e cenciosi, seduti sul pavimento, lo fissavano con occhi arrossati.

— Dove diavolo siamo, Thomas? — l’interruppe Paul, anche se le parole gli procurarono una fitta dolorosa. Gli sembrò che piccoli, graziosi frammenti d’osso gli galleggiassero nel cervello.

— Il quarto cerchio, Paul — disse Thomas, in tono incoraggiante. — Il quarto cerchio dell’inferno è per i cristiani, secondo i mussulmani. Calmati, ci sonò tre inferni ancora peggiori di questo. È un posto chiamato Il marinaio nudo.

Il marinaio nudo! Thomas non ci sono tre inferni peggiori di questo! — gridò Paul.

— Sì, amico, ci sono, eccome — fece un uomo dagli occhi cerchiati rosso.

— È un concentrato di Astrobia, Paul — spiegò Thomas, come se stesse parlando con una congregazione di vescovi. — Mi permette di studiare quanto c’è di sbagliato sul tuo pianeta da una posizione vantaggiosa, prima che io faccia la mia comparsa al di là della tomba. Anche Il marinaio nudo è una tomba. Mi sono avventurato fuori di qui tre volte, oggi, e ho ottenuto soltanto che tre uomini morissero per difenderci.

— Se esci un’altra volta, amico, ti ammazziamo noi stessi per toglierci il fastidio — disse un altro uomo dagli occhi cerchiati di rosso, seduto sul pavimento. — Abbiamo solo una vita a testa, e non vale la pena buttarla via per te, brutto muso!

— C’è qualcosa di contorto in tutto questo — osservò Thomas. — Questi giganteschi aggregati di abitazioni mi sembrano trasportati qui direttamente dall’inferno. Paul, lo sapevi che alcune di queste viuzze sono disseminate di cadaveri insepolti? Questa è l’altra faccia di Astrobia, la malattia delirante che l’affligge. Bene, ho già imparato parecchio quaggiù. Tra poco mi troverò nella faccia visibile di Astrobia e scoprirò che cosa non funziona anche lassù.

— Stai in guardia, amico — interloquì un terzo degli uomini dagli occhi arrossati. — è quaggiù che resta ancora il gusto di quanto c’è di buono su Astrobia.

Gli Assassini giravano ancora là fuori e l’aria era carica di tensione. La paura e la rabbia impregnavano l’aria come fuliggine. I mosconi turbinavano, appena fuori dell’edificio, avidi del sangue che rendeva viscido il selciato, e qualcuno era penetrato anche nella sala delle riunioni. C’era stata una carneficina e la tensione indicava che ce ne sarebbero state altre tra poco.

— Che qualifica sociale ho io? — fece Thomas. — Perché tentano di uccidere Paul e me con tanta insistenza? Che cosa sono questi strani Assassini?

— Sono i guardiani dell’Ideale di Astrobia — ironizzò Paul, amaro.

— Temono che ti convinciamo — disse uno degli straccioni. — Anche se noi stessi non siamo affatto sicuri di riuscirci.

— E questi Assassini sono forse esseri umani? — chiese Thomas.

— No — disse l’uomo più stanco e desolato fra quelli seduti sul pavimento. — Sono diavoli rivestiti di scatole di latta!

— E l’ansel che ha parlato con te senza usare la bocca, lo chiameresti un essere umano, Thomas? — chiese Paul. — Rimrock, un essere umano? … Ma tu non l’hai ancora visto.

— Non ho bisogno di vederlo, Paul. È fatto di carne e di spirito. Possiede un intelletto. E questo lo rende umano.

— Ma gli Assassini hanno un aspetto molto più umano di lui. Sono calcolatori, astuti, hanno qualcosa di assai simile a un intelletto. E forma umana.

Si udì un tramestio, un tonfo e un gemito che era umano solo per metà e un grido acuto da animale morente. Un poveraccio entrò di corsa seguito da tre capre, un pazzo, gli occhi fissi nel vuoto. Si sedette per terra singhiozzando e tossendo e le capre gli si raccolsero intorno.

— E lui, forse, è umano, Thomas? — chiese Paul.

— Certamente, anche se è pazzo. È la condanna per tutti quelli che vivono su questo pianeta. Non esistono manicomi per quelli come lui?

— Sulla faccia «civile» di Astrobia dicono che Cathead e il Barrio sono un grande manicomio. Vi sono due milioni di uomini pazzi come lui, uno su dodici. Lui non è poi tanto male, non può parlare coerentemente, ma sgobba e se la cava. è perfino scampato agli Assassini, finora. Ma dubito che riuscirà a evitarli ancora a lungo, visto come si stanno comportando oggi. Forse nessuno di noi riuscirà a evitarli… Non ti piace quello che hai visto a Cathead, Thomas? — disse ancora Paul. — Quello che hai sentito, visto e annusato?

— No, non credevo che vestigia così antiche di povertà e di miseria potessero sopravvivere in un mondo così progredito come Astrobia. Perché cose simili non sono state cancellate tanto tempo fa?

Il pazzo con le capre stava cantando qualcosa d’incomprensibile.

Gli Assassini erano dovunque nelle strade e digrignavano i denti, come cani d’acciaio.

— Non sono antiche vestigia — replicò Paul. — È tutto nuovo. Vent’anni fa Astrobia era dovunque un pianeta civile, perfetto. Poi, cominciarono a comparire questi posti, e si diffusero fulmineamente… come una pestilenza, così li definiscono i capi. Io non li chiamo così.

— Paul, ho attraversato strade e piazze di questa zona, le tre volte che sono uscito di qui. Ho visto bimbi ciechi le cui orbite sono diventate nidi d’insetti. Ho visto la gente morire di fame, cadere senza più riuscire ad alzarsi. Ho visto uomini lavorare con la forza della disperazione in piccoli, fetidi negozi. Neppure gli schiavi hanno mai conosciuto una vita così dura. Ho visto uomini e donne lavorare in un’aria così putrida che la loro pelle diventava paonazza in pochi istanti, costringendoli a uscire e a sputare sangue per poi tornare subito al lavoro prima ancora di essersi ripresi. Ho visto esseri umani nutrirsi col sudiciume delle fogne e bere quell’acqua. Ce ne sono a milioni in queste condizioni. Ho visto un grosso edificio crollare. Ho visto donne offrire in vendita i propri figli. Ho visto venditori di abiti usati spogliare i cadaveri e lasciarli nudi nelle strade. La faccia «civile» di Astrobia è sorda a qualsiasi compassione? È possibile che non voglia far nulla per alleviare tanta miseria?

— Ma, Thomas, tutti coloro che si trovano nel Barrio e a Cathead hanno scelto essi stessi di venirci. Hanno lasciato la faccia civile di Astrobia di loro spontanea volontà per costruire questi enormi alveari. Se vogliono, possono ritornare indietro oggi stesso, in questo preciso momento, e ricevere tutte le cure di cui hanno bisogno, essere reintegrati nelle proprietà e sistemarsi a loro piacimento. E inoltre non dovrebbero più temere gli Assassini meccanici.

— Mio Dio, ma perché non lo fanno?.

— Fermatelo! — urlò Paul. Il pazzo delle capre si era alzato di scatto, precipitandosi verso l’uscita proprio nel momento in cui un’orda di Assassini meccanici avanzava lungo la strada. Molti degli uomini si alzarono a loro volta, nonostante l’estrema stanchezza, ma tornarono subito a sedersi.

Troppo tardi.

Il pazzo, con le sue capre, era più svagato del solito, o forse non era abituato a un numero così grande di Assassini, attirati dalla presenza di Thomas. Sapeva come schivare uno o due Assassini, il povero folle, sgattaiolando qua e là. Ma questa volta ce n’erano troppi.

Gli Assassini avanzarono a grandi falcate e lo colpirono a morte appena fuori dalla porta. Gli altri passanti si misero in salvo e le caprette belarono desolate. Poi, mentre gli Assassini continuavano la loro marcia implacabile alla ricerca di un altro ingresso, torme di affamati si avventarono sulle tre piccole bestie e si azzuffarono ferocemente per impadronirsene, le fecero a brandelli e cominciarono a ingozzarsi di carne cruda e sanguinolenta.

— Ne ho abbastanza — gemette Thomas. — Non ho mai difeso il lusso e la ricchezza. Credo pienamente che la povertà sia santa, ma questo devo aggiungere: la povertà è come una bevanda; se è poca stimola e arricchisce lo spirito creativo, ma se è troppa può trascinare alla depravazione e all’orrore. Voglio far subito qualcosa per questo mondo, e devo andare al nocciolo della questione, poiché in caso contrario non risolverò mai il mistero della degradazione che lo affligge. Come posso entrare in contatto con gli uomini che mi hanno fatto chiamare? Ho visto fin troppe cose dell’«altra faccia» di questo mondo, per oggi.

— Un centro di comunicazioni si sta avvicinando, su due o su quattro zampe — disse Paul. — Può mettere in contatto chiunque.

— Sì, è qui vicino, lo sento. Ha parlato con me, l’ho visto per un istante durante l’imboscata. è Rimrock, l’uomo oceanico! Con lui, almeno, mi sarà possibile ragionare.

E Rimrock, l’uomo oceanico, entrò nella stanza, scivolando, poi su quattro zampe, poi su due. Abbracciò Thomas con grande effusione.

Un ansel assomiglia un poco a una foca della vecchia Terra. Può scivolare sulla terraferma a grande velocità, come se si trovasse in acqua, e può perfino camminare, come un uomo. E ha dei curiosi poteri mentali.

— Amico del verde oceano — lo salutò Thomas con voce stentorea, — dalla nera pelle gommosa e dalle orecchie cespugliose! Tu cammini e saltelli, parli nelle menti degli uomini e compari davanti a loro. Spiegami il significato di questo pianeta maledetto, Rimrock.

— Hanno chiesto di te, tu sei venuto. Io e qualcun altro abbiamo pensato che avresti dovuto conoscere quello che c’è di sano nel Barrio e a Cathead, prima di sprofondare nella follia dell’Astrobia civile. Ma i grandi ti aspettano impazienti già da un giorno e una notte e un’altra mezza giornata. Sono agitati, hanno una tremenda paura che qualcuno abbia rubato il loro gettone vincente e lo possa usare in qualche modo contro di loro. E io dovevo liquidare una faccenda con un altro, un finto ansel che aveva parlato nella mente di Paul per farvi cadere in un agguato e uccidervi. Il sangue che mi ricopre è fresco, spero non ti dia fastidio.

Rimrock, l’ansel, era molto più grosso di una foca terrestre, e la bocca ornata di denti taglienti come rasoi era larga più di un metro.

— Sta venendo qui! — urlarono tutti insieme gli uomini stanchi dagli occhi cerchiati di rosso, balzando in piedi. — Via, via! — e si precipitarono tutti verso le stanze interne dell’edificio, oppure, impugnando sbarre d’acciaio e scalpelli, verso la strada, ad affrontare gli Assassini.

— Cosa succede? — domandò Thomas. — Quale altra sciagura si è abbattuta su di noi?

— Tenebra e desolazione — disse Rimrock. — Abbiamo visite. è incuriosito dalla tua presenza, qui. So che lo hai già incontrato in altre occasioni sul tuo stesso mondo, sia pure per pochi attimi. Sono convinto che hai conosciuto qualche frammento della sua presenza anche durante il tuo ultimo viaggio. Eccolo, è lui in persona.

Entrò invece la donna bambina Evita, simile a uno spettro, d’una bellezza insolita e misteriosa, d’una depravazione così profonda, abissale, da mozzare il respiro. Fin dal primo istante Thomas rabbrividì: qualcosa, in Evita, trascendeva i limiti del mondo.

— Volevo vederlo e parlargli — disse Evita. — Ma ecco che viene l’antico mostro. Parlerò a Thomas in un altro luogo e in un altro momento.

Svanì. Paul, Thomas e Rimrock, l’ansel, erano soli. Allora venne il mostro Ouden, si sedette tra loro e li avvolse.


Il breve resoconto che segue è necessariamente mistico. Non sappiamo se Paul e Thomas abbiano veramente scambiato queste parole con Ouden, e non avremmo potuto ascoltare, comunque, il colloquio tra Ouden e Rimrock, ma soltanto percepirlo a grandi linee. E non siamo neppure sicuri di quali parole abbia detto Thomas, e quali Paul, nel dialogo tra uomo e mostro. Semplicemente, vi fu una presenza, e un confronto.

Paul-Thomas, però, sapeva chi era Ouden. Alla sua presenza, la pelle si raggrinziva e le ossa si svuotavano.

— Sei simile a un fantasma — disse Paul-Thomas. — Sei qui soltanto perché noi crediamo di vederti? Chi è nato per primo, tu, o la credulità degli uomini in te?

— Io sono sempre esistito, e la credulità va e viene — replicò Ouden. — Chiedilo all’ansel: non facevo forse parte dell’oceano fin dall’inizio?

— Che cosa hai fatto a Rimrock? — domandò Paul-Thomas. — Sta diventando più piccolo.

— Si, ridiventa un animale in mia presenza — spiegò Ouden. — E così sarà anche per voi e per la vostra specie. Precipiterete all’indietro, sempre più indietro, e io vi annienterò.

— Io ti rinnego! — gridò Paul-Thomas. — Tu non sei niente del tutto… tu sei il Nulla!

— Sì, sono il Nulla. Ma quelli che m’incontrano commettono l’errore di non capire la natura del mio nulla. Io sono un vortice, sempre agitato e ribollente. T’intendi di topologia? Io non avvolgo, forse, l’intero universo? È come se ogni cosa fosse rovesciata dall’esterno all’interno: ora, tutto si trova all’interno del mio nulla. Molti considerano il Nulla una semplice negazione, e persistono a considerarlo tale fino alla loro morte e distruzione.

— Noi ci facciamo beffe di te — disse Paul-Thomas. — E tu sarai sconfitto.

— No, è fin troppo facile per me vincere su Astrobia — ribatté Ouden. — Ho le mie creature che operano per me. Le vostre menti, la vostra stessa immaginazione s’indeboliscono. Io stesso spengo la fiamma. Ogni vostra azione stupida, ogni parola stupidamente ripetuta vi porta più vicini a me. Dite una menzogna, e io vinco. Ma è soprattutto nelle vostre menzogne più trite che la mia vittoria diventa un trionfo.

— Vecchio nulla che succhi le fiamme per spegnerle, ci sono delle fiamme che divampano più alte di prima! — esclamò Paul-Thomas.

— Non riattizzerò il fuoco — disse Ouden. — Io vi divorerò. Distruggerò la vostra sostanza. Una sola volta la fiamma si è riaccesa. Sono stato sopraffatto una sola volta, ma anche allora ho finito per vincere. Ho soffocato la fiamma quasi dovunque, e la spegnerò per sempre qui.

— Una volta ho pilotato la mia nave verso un mondo di piccoli animali deformi dall’incredibile fetore — replicò Paul-Thomas. — Entravano e uscivano correndo da antichissimi edifici in rovina, opera di una razza intelligente. Gli esperti cui ho fatto esaminare alcune di quelle piccole mostruosità mi hanno detto che essi erano tutto ciò che restava di una razza intelligente. Minuscole creature abominevoli la cui unica attività consisteva nell’insozzare, eppure gli esperti mi garantirono che prima di diventare così erano assai simili all’uomo.

— Conosco la razza di cui parli — disse Ouden. — Sono uno dei miei più grandi trionfi.

— Vattene, ora! — gridò Paul-Thomas. — Tu sei un nulla, un fantasma, si può ordinare a un fantasma di andarsene!

— Non me ne andrò mai. In tutta la tua vita, sarò sempre seduto al tuo fianco, e alla fine soltanto uno di noi sarà ancora capace di alzarsi in piedi, e sarò io. Ti succhierò anche il midollo.

— Ho qualcosa che non sai, e che non puoi succhiarmi via — ribatté Paul-Thomas.

— Molto meno di quanto tu credi.

Il mostro Ouden era scomparso. Paul, e Thomas More, e Rimrock l’ansel sonnecchiavano. Era stato soltanto un sogno, chissà come sopravvissuto al passaggio.


— Guardali come dormono! — gridò il gigantesco Battersea, scoppiando a ridere. — In piedi, voi tre! Siamo in assetto di guerra per riportarvi indietro, e Rimrock deve concentrarsi per garantirci i contatti.

— Qualunque sia il tuo lavoro su Astrobia, devi farlo, bello o brutto — disse Shanty. — Non si salva un mondo pisolando a mezzogiorno. Vieni, ti faremo passare attraverso gli Assassini e ti condurremo dagli uomini importanti che ti aspettano. Poi ti lasceremo solo con loro, e sarai padrone di diventare simile a loro!


Battersea, Shanty, Copperhead e gli altri guidarono una vera spedizione in assetto di guerra. C’erano armi e mezzi d’assalto, e gli Assassini furono travolti. Paul, Thomas e l’ansel si allontanarono dall’abominio del Barrio e di Cathead, dal Marinaio nudo e da diecimila altri bordelli, girarono intorno a Wu Town ed entrarono nell’immensa Cosmopoli, la capitale di Astrobia.

Qui ci si dimenticava della miseria, c’erano opulenza e comodità, bellezza e dignità sia negli edifici che nelle persone, un autentico mondo dorato, la concreta immagine dell’ideale. Era il più bello e il più civile tra i mondi, il più pacifico, quello in cui la libertà regnava sovrana. Smagliante.

E nel cuore di Cosmopoli i tre grandi, insieme al quarto, erano già in contatto con l’ansel e sapevano della loro venuta. E aspettavano il loro gettone vincente dal Passato, quel gettone misteriosamente scomparso due giorni prima al momento dell’atterraggio.

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