L’impazienza e l’irritazione apparivano evidenti in Pianificazione, ma finora nessuno aveva perso veramente la calma. Ib Hoffman, di ritorno da un viaggio durato un mese sulla Terra e su Dromm, non aveva fatto alcun commento e si era limitato a chiedere informazioni. Easy, seduta di fianco al marito, rimaneva ugualmente silenziosa ma intuiva che presto o tardi si sarebbe dovuto fare qualcosa per incanalare la discussione su binari più costruttivi. Modificare la politica di base del progetto poteva rappresentare una buona soluzione, come spesso succedeva. Ma adesso le sembrava tremendamente futile che la gente seduta vicino a lei non trovasse di meglio da fare che rimproverare se stessa e gli altri per l’indirizzo che avevano preso le cose. Ancora meno utile era il continuo vociare degli scienziati all’altra estremità del tavolo. Si stavano ancora chiedendo come faceva un lago a ghiacciare con la temperatura in aumento. Rispondere al quesito poteva contribuire a trovare una soluzione, ma per Easy la risposta poteva venir trovata solo in laboratorio, e non certo a una riunione.
Se suo marito non fosse presto entrato nella discussione, pensò, lo avrebbe fatto lei.
— Ho già sentito ripetere questa faccenda mille volte, e ancora non ci credo! — esclamò Mersereau. — Fino a un certo punto la cosa ha senso, ma ora credo che abbiamo passato quel punto da un pezzo. Sappiamo tutti che più i macchinari sono complessi e meno gente viene richiesta per il loro controllo; ma sappiamo anche che i dispositivi di controllo si fanno più difficili, e che gli addetti alla manutenzione necessitano di corsi di addestramento particolari. Se i ricognitori di terra fossero stati completamente automatizzati come tanta gente voleva, all’inizio avremmo potuto procedere all’esplorazione di Dhrawn con poche centinaia di mescliniti al posto delle migliaia attuali, ma avremmo corso il rischio di vedere la metà dei veicoli fuori uso in poco tempo perché non saremmo mai riusciti a sbarcare su Dhrawn tutto il materiale e il personale necessario. Il fatto è che il numero di mescliniti tecnicamente bene addestrati non basta ancora. Lo so io, e lo sa anche Barlennan: è solo una questione di buon senso. “Ma lei — continuò Mersereau — e per qualche ragione Barlennan siete andati ancora più in là. Barlennan era contro l’utilizzo degli elicotteri. Oh, ricordo benissimo tanta gente che affermava convinta che non era possibile insegnare a volare a un mesclinita, e forse era la paura delle grandi altezze tipica della sua razza che ha spinto Barlennan a rifiutarli inizialmente. Ma almeno lui è stato in grado di capire che senza esplorazione dall’alto i ricognitori non potevano avanzare su un terreno sconosciuto per più di pochi chilometri al giorno, cosa che avrebbe protratto l’esplorazione della sola zona a ovest di Alfa Inferiore all’infinito. Parlando così, lo abbiamo convinto.
“Potevamo fornirgli tante altre cose, attrezzatura e altra roba utile che avrebbe ripagato lo sforzo per apprenderne l’uso facilitando di molto il lavoro; lui ci ha convinto a lasciar perdere. Non ha voluto armi; io mi sono dichiarato d’accordo. Finora non abbiamo incontrato alcun animale superiore su Dhrawn e con tutta probabilità sarebbero risultate inutili. Ma perché non ha voluto le radio a onde corte? E perché niente videocitofoni alla colonia? Trovo assurdo che Dondragmer debba chiamare prima noi, a dieci milioni di chilometri nello spazio, per far arrivare i suoi rapporti a Barlennan. Certo, in effetti non importa molto perché Barlennan non potrebbe far nulla per aiutarlo sul momento e quindi una differenza di un minuto tra emissione e ricezione del messaggio non conta più di tanto, ma non posso fare a meno di considerarla una sciocchezza… e comunque adesso questa faccenda conta perché il primo ufficiale di Dondragmer è scomparso in un’area di cento chilometri dalla Kwembly. Può trovarsi a pochi minuti di volo ma non c’è nessuna dannata maniera di contattarlo né da qui né dal ricognitore. Ma perché Barlennan è contro l’uso della radio? E perché lo è anche lei, Alan?”
— Ho già spiegato i miei motivi — rispose Aucoin con tono vagamente acerbo — e ora li riassumo così: difficoltà di manutenzione.
— Ma non scherziamo! Quali problemi di manutenzione possono verificarsi con una semplice radio, o anche con un video? Se ben ricordo, alla sua prima uscita Barlennan portava con sé quattro telecamere e che io sappia non si sono verificati inconvenienti… questo è successo cinquant’anni fa, Alan. Ora su Dhrawn vi sono sessanta telecamere con apparato radioricevente ancora più complesso e non si è verificato il minimo problema in un anno e mezzo. Barlennan lo sa, e anche lei. Ma poi, perché non potremmo limitarci a ritrasmettere i messaggi automaticamente invece di tradurli ogni volta complicandoli ancora di più (scusa, Easy). Non mi direte che anche in questa base spaziale potremmo avere dei problemi di manutenzione al computer! Insomma, chi sta cercando di prendere in giro chi?
Easy si tese: la discussione procedeva pericolosamente, e la faida personale sembrava dietro l’angolo. Suo marito, comunque, sentì la sua tensione e le sfiorò il braccio con un gesto che lei conosceva benissimo. Ci avrebbe pensato lui. Intanto però lasciò che Aucoin rispondesse a modo suo.
— Nessuno prende in giro nessuno… non intendevo la manutenzione dell’equipaggiamento, e debbo ammettere che ho scelto male le parole. Il problema è morale. I mescliniti sono una razza competente e molto orgogliosa, perlomeno per quanto riguarda i soggetti con cui siamo quotidianamente a contatto. Navigano per migliaia e migliaia di chilometri sugli oceani del loro pianeta su fragili imbarcazioni che, consentitemi, sembrano più un ammasso di travi e funi messe insieme alla meglio che qualcosa di solido e affidabile, restando lontani da casa e da qualsiasi aiuto o punto di riferimento per mesi e mesi senza interruzione. Insomma, come sulla Terra molti secoli fa. Era nostra opinione che rendere troppo facili le comunicazioni avrebbe potuto giocare negativamente sulla loro innata autonomia. Certo, ammetto che è solo un’opinione: i mescliniti non sono umani, anche se molti loro processi mentali ricordano i nostri. Ma i nostri studi su di loro si scontrano con un punto oscuro: non abbiamo idea di quanto vivano normalmente, anche se siamo certi che vivano più a lungo di noi. Comunque, Barlennan si è dichiarato d’accordo con noi e non ha voluto le radio, anzi è stato proprio lui a rifiutarle per primo… e lui non si è mai lamentato delle difficoltà di comunicazione.
— Con noi — intervenì Ib. Aucoin lo osservò sorpreso, poi assunse un’aria interrogativa.
— Esatto Alan, è proprio quello che ho detto. Non si è mai lamentato con noi, ma quello che ne pensano lui e i suoi nessuno di noi lo sa.
— Ma perché non dovrebbe lamentarsene, o addirittura richiedere le radio se pensa che possano tornare utili?
Il responsabile del progetto non pareva intenzionato a modificare le sue opinioni, ma Easy notò con sollievo che il tono di autodifesa era scomparso dalle sue parole.
— Il perché non lo so — ammise Ib Hoffman — ma ricordo benissimo le lezioni che ho imparato dai primi contatti con Barlennan anni fa. Lui fu subito disposto a collaborare con noi, unico e fidato elemento di incontro tra la sua razza e le misteriose razze aliene provenienti da pianeti lontanissimi e sconosciuti quali la Terra, Dromm e Paneshk. Ci ha aiutato con le prime missioni sul suo pianeta e su questo, svolgendo con intelligenza i compiti che gli affidavamo. Poi, all’improvviso, ha avuto il sussulto di orgoglio che non ci aspettavamo, obbligandoci in pratica a fare ciò che cinque umani, sette paneshk e nove drommiani su dieci continuano a ripeterci non avremmo mai dovuto fare. Sapete tutti bene quanto me che trasferire delle nozioni di tecnologia avanzata a una razza che non ha neppure dato inizio alla propria rivoluzione industriale non è una faccenda semplice: gli ecologi hanno visto rosso perché pensano che ogni razza debba seguire la propria linea di sviluppo senza interferenze, i razzisti ci hanno accusato di tramare con i perfidi alieni, gli storici ci sono saltati addosso perché facilitiamo la cancellazione di nozioni fisse nei secoli mentre i burocrati si sono seccati perché temono che questa faccenda faccia emergere dei problemi che non saprebbero come risolvere.
— Il vero problema sono i razzisti — si intromise Mersereau. — Poveri, stupidi fanatici convinti che ogni razza aliena non veda l’ora di farci a pezzi non appena se ne presenta la possibilità. Sono stati loro a obbligarci a fornire ai mescliniti solo ciò che non sono in grado di produrre da soli, tipo i motori a fusione o altro materiale che non sia possibile smontare e studiare senza il nostro aiuto… telecamere a diffrazione, un certo numero di navicelle, e altro ancora. Ciò che Alan ha detto suona giusto, ma si tratta solo di una scusa. Sappiamo tutti quanti molto bene che non occorrerebbero più di due mesi per insegnare a un mesclinita a guidare un elicottero computerizzato se solo studiassimo una serie di comandi adatti alle loro chele, e che non esiste scienziato di questa stazione spaziale che non darebbe tre quarti del suo sangue per vedere questa missione svolta come Dio comanda, cioè con il giusto numero di strumenti scientifici piazzati su Dhrawn e nello spazio circostante.
— Trovo che anche questo non sia vero — ribatté Ib con calma ponderata. — Certo, ci sono molte verità, ma le cose non stanno veramente così. Condivido in pieno i suoi sentimenti verso chi, per fanatismo ideologico, non si rende conto di come vanno veramente le cose, ma è un dato di fatto che con una fonte di energia tanto economica un’astronave interstellare di potenza decente ripagherebbe i suoi costi in quattro, cinque anni e quindi una guerra interstellare non rappresenta più una possibilità tanto remota. Anche lei sa perché questa stazione spaziale ha delle stanze tanto ampie, che molti di noi giudicano scomode e inefficienti: se un drommiano si trovasse davanti a una stanza in cui non può entrare penserebbe subito che contiene qualcosa di deliberatamente nascosto. I drommiani non conoscono il concetto di privacy e secondo i nostri standard la maggior parte di essi è seriamente paranoica. Se avessimo evitato di condividere con loro parte della nostra tecnologia avremmo adesso un pianeta intero abitato da razzisti tecnologicamente sviluppati molto più pericolosi per la pace di tutti i razzisti terrestri messi insieme. Immagino che i mescliniti non reagirebbero allo stesso modo, ma io sono convinto che dare inizio all’università di Mesklin rappresenti la decisione più lungimirante mai presa da quando si è deciso di ammettere i drommiani nel MIT.
— Ma i mescliniti ci hanno ricattato per far partire l’università.
— Imbarazzante ma vero — ammise Ib. — Ma questo non conta più di tanto. Il punto adesso è che noi non sappiamo quali siano le vere intenzioni di Barlennan. Possiamo però ragionevolmente pensare che non avrebbe mai accettato di portare duemila dei suoi su un pianeta rischioso come questo senza validi motivi.
— Una buona ragione gliel’abbiamo fornita noi — commentò Aucoin.
— Già, ricattandoli a nostra volta, concordando che l’università sarebbe rimasta su Mesklin indipendentemente dalle obiezioni di molti dei nostri se lui avesse svolto per noi la missione su Dhrawn. Nessuna delle due parti ha mai avanzato l’ipotesi di pagamenti materiali, anche se i mescliniti sono perfettamente coscienti della relazione che esiste tra cultura e ricchezza materiale. Vorrei tanto pensare che Barlennan sia un idealista ma non saprei dire quanto il suo idealismo possa scivolare nello sciovinismo e, in questo caso, dove le sue convinzioni lo porteranno.
— Ma tutto questo c’entra ben poco con il punto in discussione. Non dobbiamo preoccuparci della scelta del materiale destinato ai mescliniti perché loro l’hanno pienamente accettata, indipendentemente da quali possano esser state le loro obiezioni in privato. Siamo in posizione di aiutarli con una serie di informazioni su fenomeni fisici a loro sconosciuti e che i loro scienziati non possono sperare di conoscere ancora per molto tempo senza un network di sistemi informatici ad elevate velocità. Ora, il problema è quel ricognitore estremamente costoso intrappolato nel ghiaccio con un centinaio tra marinai semplici, tecnici e scienziati a bordo che per noi sono solo personale di ricerca, ma per i mescliniti rappresentano delle personalità. Se vogliamo cambiare la filosofia di base del progetto e insistiamo con Barlennan perché accetti un carico di nuovo materiale per me va bene, ma non risolverebbe comunque il problema. Il punto è come aiutare Dondragmer, ma io non ho la più pallida idea di cosa fare.
— So che lei ha ragione, Ib, ma non posso evitare di pensare che sarebbe andata diversamente se Kervenser…
— Poteva portare con sé una radio, certo. Aveva due telecamere a disposizione, oltre a quella sul ponte per Dondragmer. Ma la decisione di prenderne una o no spettava a lui e al suo capitano. Lasciamo perdere i se e i ma e cerchiamo di concepire qualcosa di costruttivo.
Mersereau si calmò, un po’ irritato con Ib per le parole appena pronunciate ma dimentico del risentimento provato verso l’attitudine di Aucoin. Il responsabile del progetto assunse nuovamente la conduzione della riunione, guardando dall’altra parte del tavolo verso gli scienziati che ora seguivano la discussione in silenzio.
— Bene. Dottor McDevitt, vi siete messi d’accordo sulle cause di quanto è accaduto?
— Non del tutto, ma c’è un’idea che vale la pena di verificare a fondo. Come sapete, gli scienziati della Kwembly hanno riferito che la temperatura è rimasta praticamente costante dalla scomparsa della nebbia; nessun raffreddamento da irraggiamento; se qualche variazione c’è stata si riferisce piuttosto a un leggero aumento della temperatura. Le letture barometriche mostrano un lento innalzamento dei valori in quell’area fin da quando il ricognitore si è arenato. Le letture precedenti non sono significative, per via della variazione di altitudine. Le temperature sono molto al disopra del punto di congelamento di acqua e ammoniaca, ma la faccenda cambia se consideriamo l’eutettico del monoidrato di ammoniaca con l’acqua. Ci siamo chiesti se lo scioglimento iniziale non sia dovuto alla reazione tra la nebbia di ammoniaca e la neve su cui si trovava la Kwembly. Dondragmer temeva questa possibilità. Abbiamo bisogno di dati sull’ammidità…
— Sulla che? — domandarono quasi contemporaneamente Ib e Aucoin.
— Scusate. Un termine tecnico. Intendevo la pressione parziale dell’ammoniaca in relazione ai valori di saturazione, cioè l’equivalente dell’umidità per l’acqua. Abbiamo bisogno di dati per confermare o smentire questa ipotesi, e naturalmente non credo che i mescliniti li abbiano raccolti.
— Sarebbero in grado?
— Sono certo che sarebbe possibile trovare la tecnica giusta. Non ho idea di quanto tempo sarà necessario; il vapore acqueo non interferirà. La sua pressione di equilibrio è inferiore di dieci alla quarta a quella dell’ammoniaca in quella gamma di temperature. Il lavoro non dovrebbe essere troppo difficile.
— Mi pare di capire che questa sia un’ipotesi piuttosto che una teoria a tutti gli effetti; è abbastanza fondata da servire come riferimento per un eventuale provvedimento concreto?
— Dipende dall’azione — fu la risposta. Aucoin ribatté con un gesto nervoso della mano e il meteorologo continuò un po’ affannato.
— Voglio dire, non rischierei più di tanto solo sulla base di questo ragionamento ma suggerirei di studiare qualcosa che consenta alla Kwembly di provare a liberarsi senza mettere a repentaglio le riserve o correre più rischi del dovuto.
Aucoin annuì. — Va bene — disse. — Ritiene più opportuno rimanere qui e aiutarci magari con qualche altra idea o preferisce discutere la sua ipotesi con i mescliniti?
McDevitt contrasse le labbra e ci pensò sopra per un istante.
— Abbiamo parlato con loro abbastanza spesso ultimamente, ma suppongo che in effetti sia più utile discutere con loro che… — disse il meteorologo, lasciando la frase in sospeso. Easy e Ib nascosero un sorriso di approvazione. Aucoin annuì, comportandosi come se non avesse notato la falsa pausa.
— Come crede. Vada pure nel salone delle comunicazioni e buona fortuna. Ci faccia sapere se saltano fuori nuovi elementi che vale la pena di conoscere.
I quattro scienziati annuirono e lasciarono insieme la stanza. Un imbarazzato silenzio calò sulle dieci persone rimaste alla riunione. Poi, Aucoin ruppe il ghiaccio dando voce al pensiero di tutti.
— Guardiamo in faccia la realtà — disse lentamente. — Il vero problema sorgerà quando dovremo trasmettere alla base il rapporto di Dondragmer.
Ib Hoffman sollevò la testa di scatto. — Non lo avete ancora fatto? — domandò sorpreso.
— Barlennan sa solo che la Kwembly si è arenata in una brutta posizione. Gli è stato riferito da Easy, assieme ad altri rapporti intermedi sulle riparazioni alle ruote. Non sa nulla del ghiaccio.
— E perché no? — intervenne Easy. Poteva leggere l’allarme sul volto di suo marito, e si chiese se valeva la pena di accettare la risposta in silenzio o se doveva tuffarsi nella discussione. Aucoin la guardò sorpreso.
— Lo sa bene quanto me. Non fa molta differenza che Barlennan lo sappia adesso o tra dieci ore, oppure tra un anno quando Dondragmer tornerà a piedi alla base: non c’è nulla che si possa fare nell’immediato per aiutarli. La sola cosa che può fare, a noi non va affatto bene.
— E sarebbe? — domandò gentilmente Easy. Aveva quasi deciso che linea tenere in tutta la faccenda.
— Di nuovo, sa benissimo quello che intendo. L’unica cosa che Barlennan può fare è inviare uno dei due ricognitori fermi alla base a soccorrere la Kwembly, come voleva fare per la Esket.
— E lei ha ancora da ridire su questa ipotesi.
— Be’, sì, e proprio per le stesse ragioni per cui ho avuto da ridire con la Esket e Barlennan, lo deve ammettere, alla fine si è trovato d’accordo con me. Non è solo che per quei due ricognitori abbiamo piani completamente diversi, impossibili da cancellare alla leggera; e non giudico affatto la vita extraterrestre meno importante di quella umana, nonostante quello che lei possa pensare, ma sono contro lo spreco di tempo e risorse e cambiare la filosofia di una missione quando è già iniziata causa proprio questo.
— Come può parlare di spreco dopo aver ammesso che la vita di un mesclinita vale quanto quella di un essere umano?
— Lei non sta ragionando, Easy. La capisco, e non ce l’ho con lei per questo, ma lei sembra ignorare che tra la base e la Kwembly vi sono più di quindicimila chilometri in linea d’aria, e diciamo pure ventimila se contiamo le deviazioni dovute al terreno. Via terra, i soccorsi non riuscirebbero a raggiungere Dondragmer prima di duecento, duecentocinquanta ore di marcia. Ma l’ultima parte del tragitto è profondamente cambiata: prima era una pianura gelata, ora non lo sappiamo. I soccorsi potrebbero anche non riuscire a passare.
— Potremmo guidarli noi spostando l’orbita di un satellite.
— Certo, potremmo farlo, ma rimane il fatto che se Dondragmer non riesce a tirar fuori se stesso, il suo equipaggio e il suo ricognitore dalla pozza gelata in cui si trova nessuno può aiutarlo nell’immediato. E se la Kwembly si trova in pericolo, è spacciata. Se invece non si trova in pericolo, è solo intrappolata nel ghiaccio come una baleniera del diciannovesimo secolo. Ma a bordo vi sono provviste a sufficienza, e con il sistema di condizionamento atmosferico che abbiamo studiato per loro e i motori a fusione funzionanti possono tirare avanti mesi e mesi intanto che noi e Barlennan cerchiamo il modo migliore di raggiungerli.
— Ah sì? — ribatté acida Easy. — Proprio come con Destigmet e il suo equipaggio: sono passati sette mesi e nessuno è ancora andato a vedére cosa è successo!
— Quella era invece una faccenda molto diversa. La Esket è ancora là e per quanto possiamo vedere dalla telecamera nulla sembra cambiato tranne l’equipaggio che è scomparso. Non abbiamo la più pallida idea di dove siano andati a finire, ma dato che non si trovano a bordo e non vi hanno fatto mai ritorno è impossibile che siano ancora vivi. Anche con le loro capacità e la loro grande forza fisica, un mesclinita non può vivere su Dhrawn per sette mesi con la sola tuta spaziale.
Easy non rispose. Da un punto di vista logico, Aucoin aveva perfettamente ragione. Ma Easy non poteva accettare che fosse la sola logica a dettar legge quando si parlava di vite umane o extraterrestri. Ib sapeva come si sentiva e decise che era tempo di spostare la discussione su altri argomenti. Si dichiarò d’accordo fino a un certo punto con l’opinione di Aucoin, ma sapeva benissimo perché sua moglie non poteva accettarlo.
— Secondo me il vero, immediato problema — continuò infine — è quello che Dondragmer ha con i membri dell’equipaggio che mancano all’appello. Se ho ben capito, i due timonieri sono rimasti intrappolati sotto il ghiaccio, ma nessuno sa dire se la pozza è ghiacciata completamente o solo parzialmente. A giudicare dal lavoro che erano stati mandati a fare, dovrebbero trovarsi in qualche punto tra le ruote della Kwembly. Immagino quindi che rompendo il ghiaccio in più punti sia possibile tirarli fuori anche se, nonostante le tute spaziali, non ho idea delle possibilità di sopravvivenza per un mesclinita in una situazione del genere. La temperatura non dovrebbe infastidirli più di tanto perché non è molto inferiore alla media, ma non saprei dire quanto possano contare delle eventuali limitazioni fisiche. “Anche il primo ufficiale della Kwembly manca all’appello, disperso durante un volo di ricognizione. Non possiamo far nulla direttamente, perché Kervenser non ha portato la radio con sé, ma vi è un altro elicottero disponibile. Dondragmer ci ha per caso chiesto di assisterlo nella ricerca dell’ufficiale disperso con un elicottero e una telecamera?”
— Non mi risulta — rispose Mersereau. — Almeno, fino a mezz’ora fa.
— Allora suggerirei di fare in modo che richieda il nostro aiuto.
Aucoin annuì e volse lo sguardo verso Easy. — Compito suo direi, signora Hoffman.
— Proverò, ma può darsi che qualcuno lo abbia già convinto — ribatté Easy, avviandosi verso la porta e pizzicando un orecchio a suo marito mentre passava alle sue spalle.
— Poi — riprese Ib rivolto ad Aucoin — anche se conosciamo tutta la sua opposizione a un’eventuale missione di soccorso, direi che dobbiamo comunque aggiornare Barlennan sugli ultimi avvenimenti.
— Ma perché dobbiamo andare in cerca di guai quando non è necessario? — rispose con enfasi Alan Aucoin. — Non mi piace litigare, soprattutto con qualcuno che può sempre fare di testa sua e non è affatto obbligato ad ascoltarmi.
— Perché dovreste litigare? Diceva anche lei che l’altra volta vi siete trovati d’accordo.
— Però ci siamo chiesti poco fa quanto sincero poteva essere Barlennan quella volta.
— Vero, però ora mi domando perché se non era d’accordo non ha inviato i soccorsi lo stesso, come ha fatto in un altro paio di occasioni?
— Oh, in quei due casi i ricognitori si trovavano molto più vicini alla base… Barlennan insistette, e alla fine ci convinse a dare il nostro assenso — disse Aucoin.
— Sa meglio di me che gliel’abbiamo dato per evitare che facesse di testa sua.
— No. Gli abbiamo dato il nostro assenso quelle due volte perché sua moglie, Ib, si è schierata con tanta decisione dalla parte di Barlennan che ci ha convinto. Paradossalmente, i suoi argomenti mi convincono sempre più che è meglio non dir nulla.
— Ma quale parte ha preso mia moglie durante la faccenda della Esket? Io sono convinto che dovremmo riferire a Barlennan la situazione, e subito. A parte la mancanza di onestà, più aspettiamo e più dura sarà la sua reazione davanti al fatto che abbiamo censurato una simile notizia, perché prima o poi lo verrà a sapere comunque.
— Io non la chiamerei censura: dopotutto, non abbiamo alterato i fatti in alcun modo.
— Ma lei ha ritardato la trasmissione della notizia per un sacco di tempo mentre aspettava di decidere la cosa migliore da fare: non mi pare che questo faccia parte degli accordi. Mi scusi i sentimenti un po’ bigotti… certo, su basi puramente egoistiche ammetto che ci conviene tenere segreta la notizia il più a lungo possibile.
Molti dei presenti, che avevano ascoltato in silenzio fino ad allora, presero a parlare tutti insieme nello stesso momento in cui Ib Hoffman appoggiava la schiena sullo schienale della sedia. Fu necessario qualche istante ad Aucoin per capire quello che stavano dicendo, ma quando vi riuscì apparve chiaro che i sentimenti della maggioranza erano per Ib. Il responsabile del progetto si arrese con l’onore delle armi: non faceva parte della sua politica fare da bersaglio a una folla inferocita.
— Va bene, riferiremo tutto a Barlennan non appena terminata la riunione — disse, lanciando un’occhiata al vincitore. — Naturalmente se la signora Hoffman non lo ha già fatto. La questione è chiusa. Qualcuno ha niente da dire?
Uno degli uomini che fino a quel momento si erano limitati ad ascoltare chiese la parola per porre una domanda. — Scusate se non vi ho seguito fino in fondo poco fa, ma mi pare di aver sentito che Barlennan ha concordato con la filosofia del progetto laddove diceva che l’equipaggiamento tecnico doveva venir limitato al minimo. Così, pensavo che la questione fosse definitivamente risolta, ma poi sento che Ib ha dei dubbi sulla sincerità di Barlennan. Ora, Ib, il fatto che i mescliniti abbiano accettato l’uso degli elicotteri ha qualcosa a che fare con questi dubbi?
Hoffman scosse la testa. — No. Abbiamo convinto i mescliniti a usarli con solide ragioni, e la sola cosa che mi ha sorpreso è che non ci abbia pensato lo stesso Barlennan e che abbia avuto qualcosa da ridire.
— Ma i mescliniti sono acrofobia per definizione. Il solo pensiero di volare, per chiunque provenga da un pianeta come il loro, dev’essere inimmaginabile.
Ib rispose con un sorriso forzato. — Vero. Ma una delle prime cose che Barlennan ha fatto dopo l’accordo con gli esperti della Confederazione e dopo il corso di scienze di base è stato progettare, costruire e volare con un pallone aerostatico nelle zone polari, dove la gravità di Mesklin è al massimo. Non so perché Barlennan abbia agito così ma certo non si tratta di acrofobia. Non è che non mi fido di lui: non sono molto certo di quello che pensa, se mi perdonate la crudezza necessaria.
— Sono d’accordo — intervenì Aucoin. — E credo che l’argomento sia esaurito. Suggerirei allora di chiudere e rivederci tra… diciamo sei ore. Ragioniamoci sopra, oppure scendiamo al salone delle comunicazioni per sentire cosa dicono i mescliniti e fare le nostre domande. Basta togliersi di testa i problemi di Dhrawn. Sapete bene cosa ne penso.
— Pensa esattamente quello che penso io — disse l’uomo che aveva parlato prima. — E più precisamente, ogni volta che un ricognitore si trova nei guai, anche il più banale dei problemi, non può fare a meno di veder risorgere il fantasma della Esket.
— Come tutti, immagino — rispose Aucoin scuotendo la testa.
— E più passa il tempo — continuò l’uomo — più mi convinco che la Esket deve aver subito qualche attacco da creature intelligenti. Dopotutto, c’è vita su Dhrawn e anche più sviluppata delle alghe e dei cespugli che i mescliniti scoprono di tanto in tanto. Infatti, come può esistere un’atmosfera contenente ossigeno con queste scarne forme di vita? Da qualche parte debbono esistere delle zone in cui si sono formati degli ecosistemi complessi: forse nelle regioni con temperature più elevate.
— Tipo Alfa Inferiore — aggiunse Ib per completare la frase. — Già, è difficile che ossigeno e ammoniaca coesistanto per tanto tempo, naturalmente parlando in termini planetari. Lo ammetto, è possibile che una specie intelligente viva su Dhrawn anche se finora non ne abbiamo trovato alcuna traccia, né dallo spazio né tramite i mescliniti. Forse alla Esket è capitato di incontrarli; in ogni caso, venti e più miliardi di chilometri quadrati di pianeta costituiscono un eccellente motivo per non aver ancora incontrato i padroni di casa. L’idea è plausibile, e lei non è il primo a pensarci ma non so dove ci possa portare. Comunque ci ha pensato anche Barlennan e nei primi tempi pareva intenzionato a far deviare un ricognitore dalla sua rotta in modo che passasse in quella zona e investigasse, prendendo anche contatto con gli alieni se fosse stato possibile, ma poi non se n’è fatto più nulla. Barlennan era dubbioso, e noi ci siamo ben guardati dall’incoraggiarlo.
— Davvero? — domandò Mersereau. — Pensare che se riuscissimo a stabilire un contatto con i nativi come abbiamo fatto su Mesklin, sarebbe un gran bene per il progetto. Non dovremmo dipendere così strettamente da…
— Aucoin sorrise con una smorfia di soddisfazione.
— Esattamente — disse. — Ora anche lei ha trovato un buon motivo per dubitare della sincerità di Barlennan. Per carità, non sto dicendo che è solo un politico dal cuore di ghiaccio che non ha esitato a sacrificare la vita di tanti dei suoi per mantenere una sorta di egemonia sulle operazioni, ma l’equipaggio della Esket ha dovuto aspettare per molto tempo la sua decisione di non inviare il Kalliff a soccorrerli.
— Ma c’è anche un altro punto.
— aggiunse Ib pensieroso.
— Quale?
— Non so se vale la pena parlarne, dato che non siamo in grado di dare il giusto peso a certe cose, ma la Kwembly è comandata da Dondragmer, cioè da un compagno di lunga data di Barlennan e, per estensione, un suo caro amico. Può darsi allora che il fatto di sentirsi coinvolto in prima persona spinga Barlennan a comportarsi in modo diverso dal solito, magari ordinando a una squadra di soccorso di partire immediatamente? Tra di loro, i mescliniti non si comportano da freddi calcolatori, e dietro quel suo aspetto da bruco Barlennan ha il sangue caldo di qualche antico corsaro.
— Mi sono chiesto la stessa cosa anch’io — ammise Aucoin — e debbo dire che sono rimasto molto sorpreso quando mesi fa Barlennan ha consentito a Dondragmer di partire con la Kwembly. Ho avuto l’impressione che non volesse fargli correre dei rischi. Ma certamente nessuno di noi conosce abbastanza bene la psicologia dei mescliniti da potervi ragionare sopra. Ma c’è qualcuno che li conosce meglio di tutti, ed è la signora Hoffman, che però rifiuta sempre di spiegarci quello che capisce o crede di capire sulla loro personalità. Come dice Ib, immagino non si possa partire da questo rapporto di amicizia per comprendere le decisioni di Barlennan. Limitiamoci dunque ad aggiungerla alla lista delle questioni aperte. Bene, ci sono altre idee? Nessuno ha niente da dire riguardo quei due mescliniti imprigionati nel ghiaccio? Forza, tra poco dobbiamo veramente andare.
— Un generatore a fusione potrebbe venir usato per alimentare una serpentina di grandi dimensioni, capace di sviluppare un certo calore, e dei resistori non sono poi tanto complicati da ottenere — disse Mersereau. — Dei dispositivi di riscaldamento non suonano poi così irragionevoli su Dhrawn. Se solo…
— Ma noi non abbiamo… — lo interruppe Aucoin.
— Noi abbiamo, se mi lascia finire. Sulla Kwembly vi sono abbastanza generatori da sollevarla dalla superficie del pianeta se solo la loro energia venisse applicata a questo scopo. Ci deve essere del metallo a bordo che possa venir arrangiato in modo da funzionare da resistore o arco elettrico. Non saprei dire però se i mescliniti sanno maneggiare questo genere di equipaggiamento. Deve esistere un limite anche alla loro tolleranza per le temperature… in ogni caso, possiamo sempre chiedere a Dondragmer se ha pensato a qualcosa del genere.
— Le do subito torto su un punto. Sono certo che nella struttura della Kwembly e tra il materiale stivato si trova pochissimo metallo, e rimarrei di stucco se una delle funi che loro usano per governare lo scafo si rivelasse valida come conduttore. Non sono un fisico, ma qualsiasi cosa possa venire attorcigliata tanto stretta come le loro fibre deve avere tutti gli elettroni ben saldi al loro posto. Comunque, se proprio vuole chieda pure a Dondragmer. Immagino che Easy si trovi ancora nel salone e senz’altro sarà lieta di aiutarla se dovessero sorgere problemi linguistici. La riunione è terminata.
Mersereau annuì dirigendosi verso la porta senza perdere un secondo e la riunione terminò. Aucoin lo seguì qualche istante dopo. Gli altri uscirono più lentamente. Solo Ib rimase seduto al tavolo.
I suoi occhi non guardavano nulla di particolare, ma l’espressione del volto lo faceva sembrare molto più maturo dei suoi quarant’anni compiuti.
Gli piaceva Barlennan ma ancora di più gli piaceva Dondragmer, proprio come sua moglie. Non poteva lamentarsi sotto nessun aspetto di come procedeva l’esplorazione di Dhrawn, soprattutto considerando che tante volte la colpa di approssimazione e confusione nel progetto erano solo ed esclusivamente umane e di nessun altro. Nessuna ragione per lagnarsi, tranne forse quello scherzetto di cinquant’anni prima. Che Barlennan facesse di tutto per nascondere l’esistenza di una razza intelligente autoctona pareva un’ipotesi incredibile. No, non poteva essere. Dopotutto, dimenticare quanto fatto finora con i mescliniti e incaricare un’altra razza, ancora da addestrare, di includere il lavoro avrebbe ritardato lo svolgimento del progetto più di qualsiasi altra cosa, come Barlennan senz’altro immaginava.
I casi di disaccordo tra gli esploratori e i loro committenti erano rari e circoscritti. Con i drommiani sarebbe successo dieci volte su dieci. No, non c’era alcun motivo di credere che i mescliniti coltivassero idee proprie su cosa fare di Dhrawn.
Tuttavia Barlennan aveva rifiutato gli elicotteri e solo dopo molte insistenze si era convinto ad accettarli. Era lo stesso Barlennan che aveva costruito e fatto volare un pallone aerostatico come primo esercizio di scienze applicate.
Non aveva insistito più di tanto per inviare i soccorsi alla Esket, ben sapendo che tutti i ricognitori di terra erano necessari all’esplorazione e che un centinaio dei suoi rischiavano di trovare un’orribile fine.
Aveva rifiutato l’uso di radio a onde corte, nonostante la loro evidente utilità, con argomentazioni accademiche quanto quelle che un insegnante di filosofia irrigidito usa per rispondere alle domande della classe; solo che questo non era un gioco e il rischio poteva trovarsi dietro ogni angolo.
E infine, cinquant’anni prima Barlennan non si era mostrato solo ansioso di imparare dagli alieni, ma aveva operato in modo da costringerli a insegnargli tutto quello che potevano con l’astuzia e il ricatto.
E lui, Ib Hoffman, non poteva evitare di pensare che stava per succedere di nuovo. Barlennan aveva in mente qualcosa, qualcosa di segreto.
Si chiese cosa ne pensasse mai sua moglie, l’esperta in mescliniti.