Star dietro a Barlennan con la sua andatura mentre si dirigeva in sala radio non era facile, ma in qualche modo il messaggero vi riuscì. Dal canto suo, il comandante dava per scontata la continua presenza al suo fianco del sottoposto e quindi non si girò neppure una volta.
— Ha detto qualcosa di speciale? Dettagli su chi o cosa si stava muovendo?
— No signore. L’umano è comparso sullo schermo e ha detto: “Sulla Esket qualcosa si sta muovendo. Riferite a Barlennan.” Guzmeen mi ha inviato da lei con priorità uragano e io mi sono precipitato fuori. Non ho sentito altro.
— Ha detto proprio così? Che lingua parlava?
— Parlava la lingua degli umani. Le sue parole esatte erano… — e il messaggero ripetè la frase usando stavolta le parole di Mersereau. Barlennan non poté trovarvi alcuna differenza con la traduzione.
— Allora non sappiamo ancora se hanno visto uno dei nostri, qualche oggetto fuori posto, oppure… no, è impossibile.
— Dubito molto della prima possibilità, signore. Gli umani avrebbero senz’altro riconosciuto uno dei nostri.
— Già, è vero. Be’, immagino che ne sapremo di più non appena arrivati in sala radio.
Non c’era più, comunque. Boyd Mersereau non occupava più lo schermo quando Barlennan entrò finalmente in sala radio. Ma ancora più sorprendente era il fatto che nessuno aveva preso il suo posto. Il comandante rivolse a Guzmeen un’occhiata sospettosa, e il responsabile delle comunicazioni radio rispose con l’equivalente di un sospiro. — Ha chiuso il contatto, signore, dopo quella sola frase sul laboratorio.
Barlennan, furente, premette più volte il tasto di chiamata.
Ma Boyd Mersereau aveva altri pensieri per la testa. La maggior parte riguardavano i misteri di Dhrawn, e non della Esket; gli altri invece questioni di stretta convivenza che avevano poco a che fare con il gigantesco pianeta-stella.
Il pensiero principale sul momento era come calmare Aucoin, seccatissimo per non essere stato interpellato né sullo scambio tra Dondragmer e Katimi né su quello tra il capitano mesclinita e Tebbets. Aveva una gran voglia di riprendere il giovane Hoffman per la sua perseveranza nel creare scompensi con comunicazioni non autorizzate. Lo tratteneva però il timore di mettersi contro Easy, che considerava nonostante tutto un membro indispensabile per i contatti. Di conseguenza, erano Mersereau e gli altri che dovevano patire le ire del capo.
Per Boyd comunque i guai non erano seri. Da tempo ormai seguiva con i superiori la stessa politica che seguiva con il proprio rasoio elettrico: maneggiare con cura e impiegare tutto il tempo necessario. Così facendo, si procedeva forse un po’ più lenti ma alla fin fine la convenienza si vedeva. Ma la cosa che assorbiva tutta l’attenzione e che manteneva in secondo piano addirittura la sensazionale notizia dell’avvistamento era l’attuale situazione della Kwembly.
La scala dei sentimenti vedeva Boyd tra coloro che si sentivano moderatamente coinvolti e un poco preoccupati. Non aveva alcun rapporto con i mescliniti dispersi, né tantomeno erano amici personali. Ma era abbastanza civilizzato da sentire la loro morte un evento spiacevole quanto quella di un essere umano, anche se appartenevano a una razza aliena.
No, era la stessa Kwembly a rappresentare un problema, che però ricadeva nei parametri della normalità. I ricognitori finivano spesso in guai come quello e sempre ne erano venuti fuori, presto o tardi. Tutto sommato Mersereau si sarebbe sentito semplicemente interessato se lo avessero lasciato in pace.
Invece no. Benj Hoffman sentiva la questione in modo estremamente personale e possedeva i mezzi per farsi sentire da tutti non solo a parole, nonostante queste non mancassero. Anche quando stava zitto irradiava simpatia. Boyd si era ritrovato a discutere con Dondragmer i progressi ottenuti contro il ghiaccio e la possibilità di un’altra inondazione in termini di rischio per i dispersi invece che con il solito, professionale distacco. Tutto ciò lo seccava. Beetchermarlf, Takoorch e persino Kervenser non contavano molto per l’esplorazione: quello che contava era la sopravvivenza dell’equipaggio. Ma Benj, col suo entusiasmo, faceva sembrare l’obbiettività un capriccio da persone insensibili. Mersereau non aveva difese per questo tipo di attacco. Easy comprendeva perfettamente quello che stava succedendo ma non interferiva perché concordava pienamente con i sentimenti del figlio, sia per sensibilità sia per il suo passato. Anche lei aveva vissuto momenti di vero panico venticinque anni prima, quando per una concatenazione di errori si trovò intrappolata su una sonda automatizzata diretta verso un pianeta con temperatura e pressione elevatissime.
Infatti, lei superò anche il punto oltre cui Benj non si sarebbe mai azzardato ad andare. Dondragmer stava per inviare una spedizione di soccorso alla ricerca di Reffel dato che il punto della sua scomparsa era perfettamente conosciuto, ma non voleva rischiare una delle tre telecamere rimaste affidandola ai membri della spedizione. Ma Easy, in parte utilizzando argomenti propri e in parte adottando le strategie del figlio quando voleva portare Mersereau dalla sua parte, riuscì a convincere il capitano mesclinita che non portare la telecamera avrebbe rappresentato un rischio ancora maggiore. Anche questa discussione era avvenuta ignorando completamente Aucoin; e proprio mentre parlava con Dondragmer, Mersereau si domandava cosa avrebbe potuto dire per giustificarsi davanti al responsabile del progetto. Tuttavia non esitò a prendere le parti di Easy, mentre Benj cercava di nascondere un sogghigno.
Con l’attenzione interamente assorbita in quel modo, Boyd prestò scarso orecchio all’addetto alle comunicazioni che gli riferì degli strani movimenti nel laboratorio della Esket. Si limitò a cercare la base mesclinita e a ripetere il messaggio senza nulla aggiungere, tornando subito dopo alla Kwembly senza attendere il termine del ciclo di comunicazione. Tempo dopo, Mersereau si difese dicendo che non si era accorto dell’importanza della cosa e che aveva preso il messaggio come uno dei messaggi di routine che venivano ritrasmessi dai ricognitori. In ogni caso, in quel momento provò solo irritazione per essere stato distratto. Qualcun altro avrebbe cercato di far cadere la colpa sull’addetto alle comunicazioni che gli aveva passato la notizia, ma con il suo carattere flemmatico Boyd ammise senza difficoltà di aver scelto il modo più veloce per liberarsi del messaggio inopportuno e successivamente di essersi tranquillamente dimenticato del fatto.
Benj vi aveva prestato persino meno attenzione. La faccenda della Esket era successa molto prima del suo arrivo alla stazione e quel nome non significava assolutamente nulla per lui, anche se sua madre gli aveva parlato della scomparsa di due suoi amici, Destigmet e Kabremm.
E così fu Easy, naturalmente, l’unica a rendersi conto dell’importanza della cosa. Prestò scarsa attenzione a quello che Mersereau disse o fece e scartò subito l’idea di riferire a Barlennan senza aver prima ottenuto maggiori dettagli su tutta la faccenda. Per prima cosa cambiò posto andando a sedersi sulle poltroncine che davano sugli schermi del ricognitore abbandonato e quindi relegò il resto dell’universo fuori dalla sua mente.
La chiamata di Barlennan non portò a grandi sviluppi. Easy, a cui alla fine la chiamata pervenne, chiarì subito che l’immagine sugli schermi era immobile come sempre quando lei aveva raggiunto la consolle della Esket. L’unico testimone oculare fu solo in grado di dire che aveva visto due oggetti, un pezzo di tubo e una gomena, rotolare sul pavimento del laboratorio. Poteva essere opera di qualche forma di vita, anche se erano mesi che il ricognitore pareva deserto, ma era più probabile che qualche cosa avesse fatto oscillare la Esket provocando la caduta di quegli oggetti sul pavimento. Come questo poteva esser successo però nessuno sapeva dirlo.
Questo lasciò Barlennan nel dubbio. Forse uno dei marinai di Destigmet aveva operato tanto malamente da farsi vedere oppure la causa era del tutto naturale, come gli umani sembravano voler credere, ma poteva anche trattarsi di una notizia inventata di sana pianta per qualche scopo misterioso. Le ultime discussioni avute con gli scienziati e la sua coscienza di comandante lo spinsero a dare a questa possibilità più peso del solito.
Impossibile però capire dove Poteva tendere una storia di questo genere. Non sembrava affatto una trappola di qualche sorta: cosa potevano farci loro se qualcosa si muoveva a bordo della Esket? No, se era una panzana poteva venir spiegata solo con una completa mistificazione di tutte le notizie riguardanti l’esplorazione. Altrimenti, doveva ammettere che non sapeva cosa pensare.
Questa era però una delle poche cose che non gli piacevano affatto. Preferiva prendere le notizie per quello che erano, concentrandosi sulle parole di chi le aveva riferite senza domandarsi i possibili motivi. Qualche volta, si disse il comandante, la noiosa correttezza di Dondragmer che lo aveva portato a schierarsi contro l’inganno della Esket dimostrava dei lati positivi.
Sì, in ogni caso era meglio far finta di aver creduto subito al rapporto. Era l’unico modo per ritorcere i trucchi degli umani contro di loro. Per il resto, non poteva far nulla se non controllare con Destigmet. Doveva solo inviare un altro messaggio con il Deedee.
Ma pensandoci bene, c’era un altro modo di controllare se le informazioni trasmesse dagli umani corrispondevano alla realtà. Qualsiasi cosa si potesse pensare sulla sua veridicità o meno, quest’ultimo rapporto sembrava esser stato trasmesso subito. E la signora Hoffman doveva esserne coinvolta.
L’idea che il coinvolgimento di Easy rendesse la situazione speciale era la sola idea che Barlennan e Aucoin potevano avere in comune. Naturalmente Aucoin non sapeva ancora nulla di quest’ultima faccenda; persino Mersereau l’aveva riferita senza pensarci bene: era troppo occupato.
— Easy — chiamò Boyd abbandonando il microfono e girandosi verso di lei. — Si direbbe che siamo riusciti a convincere Dondragmer. Ha intenzione di affidare una telecamera a un gruppo di ricerca composto da sei mescliniti. Dice di essersi deciso per controllare i suoi calcoli sul punto in cui Reffel è scomparso. Crede che noi possiamo localizzare il punto in cui si trova la telecamera. Certo, forse è possibile, ma non so se qualcuno si è ricordato di registrare il filmato. Vuole sedere qui intanto che io vado a parlare con gli addetti alla mappatura di Dhrawn o preferisce andare lei personalmente?
— Preferisco stare qui ancora per un po’. Ci mandi Benj: gli farà bene staccarsi da quegli schermi per dieci minuti — rispose Easy, rivolgendo uno sguardo interrogativo a suo figlio. Benj annuì e uscì senza proferire parola. Rimase fuori più a lungo del previsto, e quando tornò aveva un’espressione quasi mortificata.
— Mi hanno detto che sono felici di darmi la registrazione del primo volo di Reffel, ma non del secondo perché purtroppo non esiste. Inoltre, il punto in cui l’elicottero si è spostato dopo il mio suggerimento rimane fuori dalle mappe, che coprono la valle per circa un chilometro e mezzo verso ovest partendo dal ricognitore.
Mersereau, infastidito, rispose con un grugnito. — Umpf! Mi ero scordato di questo nostro piccolo disastro. Pazienza… — disse, rivolgendosi nuovamente a Dondragmer per passargli questa informazione decisamente inutile.
Il capitano non si mostrò né dispiaciuto né sorpreso. Semplicemente se lo aspettava e quindi aveva pensato bene di stimare con Stakendee, che doveva comandare la spedizione, la distanza a cui l’elicottero si trovava quando era precipitato.
— Forse gli umani hanno ragione riguardo il prendimmagini — disse il capitano. — Certo, trasportarlo sarà una scocciatura e non mi piace rischiare di danneggiarlo, ma averlo con voi ridurrà decisamente il rischio di perderci. Temo molto l’ipotesi di una seconda inondazione, anche perché gli umani non sono in grado di arrangiare una previsione decente. Sembra sicuro però che andiamo incontro al disgelo, e quindi una seconda inondazione ci sarà. Grazie a quell’arnese, gli umani potranno avvisarvi subito di qualsiasi cosa sospetta riescano a vedere con i loro satelliti, e voi potrete mettervi in contatto con me tramite loro per ricevere gli ordini appropriati o per comunicare le vostre scoperte.
— Se il ghiaccio si scioglie all’improvviso una seconda volta — rispose Stakendee — rischiamo di perderci comunque senza speranza. Naturalmente se la notizia mi viene data con qualche anticipo faremo di tutto per tornare sulla Kwembly, e se non ce la facciamo possiamo sempre riparare sul versante nord della valle, che mi sembra il più vicino. Se però ci troviamo in una situazione in cui è difficile decidere, non saprei cosa fare. Sopravvivere all’inondazione tornerebbe ben poco utile se la Kwembly venisse trasportata a grande distanza.
— Ci ho pensato anch’io — replicò il capitano — e non ho trovato soluzioni. D’altro canto, dubito molto che la Kwembly possa sopportare un’altra serie di colpi come quelli che ha già subito. In caso di una seconda inondazione, temo proprio che sarebbe ridotta male. Non so, forse è meglio rimuovere le vasche di biorigenerazione e installarle su un lato della valle prima di procedere a sciogliere il ghiaccio. In ogni caso le sue obiezioni sono fondate, e forse sarebbe meglio rimuovere anche i prendimmagini e portarli fuori dalla Kwembly con le vasche. Ci penserò sopra. Intanto cominciate ad andare: prima partite, meno dobbiamo preoccuparci di subire separati le conseguenze di un’altra inondazione.
Stakendee si dichiarò d’accordo con un gesto e cinque minuti dopo Dondragmer lo vide emergere con il suo gruppo dal portello principale. La telecamera donava al gruppo un aspetto quasi grottesco. Lo strumento di plastica alto dieci centimetri, largo altrettanto e lungo circa venticinque veniva trasportato come un oggetto di nessun valore da uno dei marinai che avanzavano sul ghiaccio in fila indiana. Il treppiede era completamente chiuso con le aste forzate a meno di cinque centimetri una dall’altra per poter passare nelle cinghie sistemate sul corpo del mesclinita addetto al trasporto. Sia il treppiede che le cinghie erano stati ricavati dal materiale presente nella stiva della Kwembly: l’equivalente mesclinita del legname da costruzione. Vi era forse una tonnellata di cianfrusaglie e scarti nella stiva: un’altra delle incongruenze che sembravano abbondare a bordo del grande veicolo con i motori a fusione.
La spedizione oltrepassò la prua della Kwembly, puntata verso nordovest, e proseguì diretta verso ovest. Dondragmer osservò le luci emesse dalle torce elettriche zigzagare per un po’ attorno ai massi che costellavano il letto del fiume, ma dovette dedicarsi ad altre faccende molto prima che il gruppo sparisse dalla vista.
Numerose figure allungate si arrampicavano sullo scafo per smontare la sezione esterna della barra di condizionamento. Dondragmer non aveva gradito molto ordinare una simile attività distruttiva, ma aveva soppesato attentamente i pro e i contro delle varie soluzioni e non faceva parte della sua natura preoccuparsi dopo aver deciso. Così come gli umani consideravano i drommiani dei paranoici, i mescliniti consideravano gli umani degli eterni indecisi. Una volta presa la decisione e dato l’ordine, Dondragmer si limitò a guardare per assicurarsi che la Kwembly non subisse danni. Dal ponte gli era impossibile vedere oltre la curvatura dello scafo, molto a poppa, dove si trovava la parte esterna della sezione di tubo che entrava nella parete e si ripromise di uscire più tardi per vedere com’erano andati i lavori. Forse era addirittura meglio portar fuori una delle telecamere degli umani e lasciare che fossero i loro ingegneri a supervisionare. Naturalmente, con l’intervallo di trasmissione risultava loro impossibile fermare in tempo qualche manovra errata.
Al momento quindi il lavoro poteva venir lasciato a Praffen. Il problema che il capitano aveva discusso con Stakendee meritava qualche approfondimento. Le vasche di biorigenerazione erano facili da trasferire a terra e probabilmente avrebbe potuto procedere senza incidere troppo sui lavori già in corso per sciogliere il ghiaccio. Ma se nel frattempo arrivava un’altra inondazione capace di spingere la Kwembly chilometri e chilometri a valle, le cose si sarebbero messe male senza biorigenerazione. Il sistema era a ciclo chiuso e si basava su un certo numero di vasche contenenti piante tipiche di Mesklin, mantenute in vita con l’energia sviluppata dai generatori. Per arrivare a definire il numero sufficiente di colture necessarie a rigenerare l’aria erano stati necessari numerosi calcoli: troppe piante avrebbero rischiato di morire per mancanza di cure, in quanto spettava all’equipaggio prendersi cura delle vasche. Comunque, poteva ordinare di portarne fuori una buona parte e lasciare il resto sulla Kwembly per poi allargare le colture in caso le circostanze obbligassero a decidere tra rimanere sulla Kwembly o scendere a terra. Costruire nuove vasche non era certo difficile, ma ampliare le colture al punto di fornire idrogeno per tutto l’equipaggio sia a terra che sulla Kwembly avrebbe senz’altro preso tempo.
Certe volte era un peccato dover passare attraverso gli esseri umani per comunicare con gli altri. Uno degli obiettivi principali dell’equipaggio della Esket era modificare il vecchio sistema di biorigenerazione o produrne uno diverso in grado di rispondere alle esigenze di una maggiore popolazione. Per quanto Dondragmer ne sapeva, il nuovo sistema poteva essere realtà già da mesi.
I suoi pensieri vennero interrotti da una chiamata.
— Capitano, sono Benj Hoffman. Sarebbe possibile sistemare una delle telecamere in modo da poter osservare lo svolgimento dei lavori? Forse la telecamera sul ponte è la più adatta, in quanto basta installarla a tribordo e rivolgerla verso prua.
— Darò subito l’ordine — replicò Dondragmer. — Stavo giusto pensando che sarebbe meglio se qualcuno dei vostri ingegneri potesse seguire i lavori.
Dato che la telecamera pesava meno di duecento chili nella gravità di Dhrawn, era solo la sua forma disgraziata per i mescliniti che causava dei problemi: il loro impaccio poteva paragonarsi a quello di un umano che cerca di sollevare una scatola di cartone grande quanto un frigorifero. Ma spingendo la telecamera lungo il ponte invece di sollevarla, il marinaio chiamato da Dondragmer riuscì a sistemarla in posizione nel giro di pochi secondi. Dopo un po’ risuonò nuovamente la voce del ragazzo.
— Grazie capitano, ora va bene. Riusciamo a vedere il terreno e quello che mi sembra il portello principale, oltre a parte dei suoi mescliniti che lavorano sul tubo metallico. Difficile calcolare le distanze, ma ora so quanto è grande la Kwembly e quanto dista il portello principale dal ponte. Calcolando le dimensioni in base alla lunghezza dei suoi mescliniti, direi che le luci consentono una visuale di quarantacinque, cinquanta metri oltre il portello.
Dondragmer ne fu sorpreso. — Io riesco a vedere molto più in là… no, aspetti, convertendo il vostro sistema decimale la differenza non è poi così pronunciata, ma senza dubbio vedo molto più distante. I miei occhi debbono esser meglio dei meccanismi contenuti nelle vostre telecamere. Ma mi auguro che lei non stia guardando solo questo schermo; gli altri schermi della Kwembly sono facili per lei da vedere? Voglio rimanere in stretto contatto con la squadra di ricerca appena partita. Dopo ciò che è accaduto a Reffel voglio seguire i loro progressi passo dopo passo.
Dondragmer dovette lottare con la sua coscienza per pronunciare queste parole. Da un lato era quasi certo che Reffel avesse coperto di proposito la lente della telecamera, anche se non sapeva perché questa mossa si era resa necessaria più di quanto lo sapesse Barlennan; dall’altro, disapprovava il gran segreto che circondava tutto l’affare della Esket. Non avrebbe mai rovinato i piani di Barlennan agendo di testa sua, ma non gli sarebbe dispiaciuto se gli umani avessero scoperto che qualcosa non quadrava. Comunque, esisteva anche la possibilità che Reffel si fosse trovato veramente nei guai e in questo caso qualcosa era successo a pochi chilometri da loro: strano che nessuno dei due piloti fosse tornato a riferire l’accaduto.
In breve, Dondragmer aveva una buona scusa ma non gradiva il pensiero di averne bisogno. Ma dopotutto era scomparso anche Kervenser.
— Tutti e quattro gli schermi della Kwembly sono qui davanti a me — lo rassicurò Benj. — Al momento sono qui seduto da solo, anche se il salone è pieno di gente. Mia madre si trova a qualche metro di distanza, davanti agli schermi della Esket. Le hanno riferito che prima qualcosa si è mosso nel laboratorio? Il signor Mersereau sta discutendo vivacemente con il dottor Aucoin — (Barlennan avrebbe dato mezza chela per sentire quella frase). — Alle altre consolle lavorano circa dieci uomini, ma non conosco nessuno molto bene. Lo schermo di Reffel è ancora vuoto. In qualche stanza della Kwembly cinque mescliniti stanno lavorando, ma non saprei dire su che cosa. La squadra di ricerca da lei inviata continua ad avanzare. Posso vedere solo a pochi metri da loro, e naturalmente in una sola direzione. Le luci delle loro torce elettriche sono molto meno intense di quelle della Kwembly. Se si presenta una situazione di emergenza o qualcosa si avvicina al gruppo potrei vederlo addirittura in ritardo dallo schermo. In ogni caso, non riuscirei mai ad avvisarli in tempo per via dell’intervallo di trasmissione. — Forse è meglio riferirglielo — affermò Dondragmer. — Il gruppo fa capo a Stakendee, che non parla però la vostra lingua in modo soddisfacente. Credo che conti molto sul vostro aiuto per scansare eventuali pericoli. Temo proprio di averlo convinto che il vostro apparecchio possa diventare prezioso in caso di guai. Per favore, gli dica che l’unico scopo del prendimmagini è mantenere uno stretto contatto tra il suo gruppo e la Kwembly.
La risposta del ragazzo si fece attendere per un bel po’ anche considerando i tempi di trasmissione. Probabilmente aveva iniziato a ritrasmettere il messaggio senza prendersi il disturbo di chiudere la comunicazione con lui. Il capitano decise di non dare importanza alla cosa. Benj Hoffman era molto giovane, e lui aveva molte altre faccende in grado di occuparlo più produttivamente. Iniziò quindi a seguire un altro lavoro fino a quando il volto di Benj non ricomparve sullo schermo.
— Ho preso contatto con Stakendee e ho riferito la sua richiesta. Mi ha promesso che presterà la massima attenzione, ma non è molto lontano dalla Kwembly e si trova ancora tra i massi del letto del fiume. Mi ha detto di ricordarle che gli ordini erano di procedere verso ovest per un po’. Credo si trovi ancora sulla mappa, anche se non riuscirei mai a distinguere una certa area tra tutte quelle rocce, interrotte ogni tanto da pozze ghiacciate da cui affiorano altre rocce ancora. Se il terreno rimane così non vedo come si possa sperare in qualche risultato positivo. Persino arrampicandosi su uno dei massi più grandi non si riuscirebbe a vedere molto distante. Gli elicotteri non sono molto grossi, e voi non siete certamente molto alti.
— Ne abbiamo già parlato tra noi quando abbiamo organizzato il gruppo — rispose Dondragmer — In effetti, la ricerca difficilmente darà esiti positivi se i piloti sono morti o feriti. Comunque, sappiamo per certo che oltre l’area costellata di macigni si estende una pianura spoglia, il cui fondo dovrebbe essere costituito di sola roccia. In ogni caso, è sempre possibile che Kervenser o Reffel siano in grado di farsi vedere, oppure di chiamare aiuto se il gruppo passa loro vicino. Certamente di notte è più facile farsi sentire che vedere. Infine, qualsiasi cosa sia responsabile della loro scomparsa può essere di taglia tanto grossa da farsi scoprire facilmente.
Mentre pronunciava l’ultima frase il capitano immaginò la risposta del giovane umano. In effetti aveva ragione.
— Scoprire cosa è successo mettendo a repentaglio altre vite non rappresenterebbe un gran successo.
— Invece sì se riusciamo a sapere cosa abbiamo di fronte. Benj, si tenga in contatto con il gruppo di Stakendee per favore. Io debbo occuparmi di altre faccende, e lei verrà messo al corrente degli avvenimenti mezzo minuto prima di me. Non so quanta differenza possano fare pochi secondi, ma comunque in termini di tempo lei sarà più vicino a Stakendee di quanto lo sia io. Tra l’altro adesso debbo uscire. Siamo arrivati a un punto difficile nella rimozione di quella sbarra metallica dallo scafo. Porterei volentieri con me uno dei vostri strumenti, ma non so se sarò in grado di sentirla attraverso la tuta spaziale: il volume di quegli arnesi non è proprio gran cosa. La chiamerò io non appena avrò qualche notizia di rilievo da riferire, perché non c’è nessuno al momento in grado di sostituirmi. Nel frattempo, lei tenga d’occhio Stakendee e i suoi come più ritiene opportuno, purché si ricordi di registrare le immagini.
Il capitano aspettò con impazienza l’arrivo della conferma di Benj, che stavolta non si fece attendere più del dovuto, prima di scendere la rampa che conduceva al portello principale dove si infilò la tuta spaziale. Preferendo però salire sulla parte superiore dello scafo passando dall’interno piuttosto che dall’esterno, risalì fino al ponte e si diresse verso il portello secondario lì presente. Questi consisteva di un tubo metallico a U riempito di ammoniaca nella parte inferiore ed era largo appena a sufficienza per consentire il passaggio di un mesclinita. Dondragmer aprì la paratia mobile più interna e si immerse nel liquido, il cui volume non superava la quindicina di litri, mentre la paratia si richiudeva dietro di lui sospinta dal proprio peso. Avanzò nel liquido seguendo la curvatura dello stretto passaggio e finalmente raggiunse l’esterno spingendo una paratia mobile del tutto simile a quella più interna.
Osservando dall’alto la curvatura dello scafo, le cui sezioni in plastica estremamente levigate sembravano circondarlo da tutte le parti eccetto che a poppa, provò una forte tensione; ma aveva imparato tempo prima a controllare le sue emozioni anche in posizioni eccessivamente elevate. Le sue chele saettarono da un appiglio al successivo mentre si avvicinava al punto dove la sezione esterna della barra di condizionamento non era ancora stata rimossa. Gli umani avevano detto che due delle staffe di sostegno attraversavano completamente lo scafo per fungere da contatti elettrici e Dondragmer sentiva che i problemi maggiori potevano venire proprio dalla loro rimozione. Le altre staffe sembravano connesse allo scafo solo in superficie. Certo rimuoverle era più facile, ma il lavoro andava svolto in modo che fosse possibile rimettere tutto a posto una volta terminato di usare la barra. Conosceva solo in teoria l’arte di saldare con nastri adesivi speciali o con la fiamma ossidrica, ma sapeva che per funzionare entrambi i sistemi necessitavano di una sezione di tubo che sporgesse a sufficienza dallo scafo e quindi era uscito proprio per accertarsi che i suoi marinai tenessero questo particolare in considerazione.
Come gli era stato annunciato, tagliare la barra metallica non fu difficile con i seghetti da metallo in dotazione. Selezionò con cura i punti in cui bisognava segare e ordinò a due marinai di procedere, ordinando subito dopo a coloro che si trovavano immediatamente sotto di spostarsi perché a quel punto la barra metallica poteva cadere a terra all’improvviso. Per prudenza, fece allontanare dallo scafo anche tutti coloro che si trovavano entro un certo raggio. Certamente l’idea era di calare la barra metallica lentamente a terra, ma Dondragmer sapeva che l’elevata gravità poteva giocare brutti scherzi con i pesi. Persino un mesclinita si sarebbe pentito di trovarsi sotto se la barra fosse caduta di colpo, nonostante la loro provata resistenza alla gravità di Dhrawn.
Controllare la rimozione delle due staffe assorbì quasi un’ora del suo tempo. Dondragmer si domandò quali potevano essere le novità dal gruppo di ricerca, ma prima di scoprirlo doveva verificare un altro particolare del progetto. Rientrò quindi velocemente e si diresse verso il laboratorio, dove Borndender stava modificando un generatore in modo da adattarlo alle nuove esigenze. In effetti il lavoro non era nulla di particolarmente complicato: bisognava solo fare in modo di connettere la barra alle due fonti di energia polarizzata che si trovavano alle estremità dell’artefatto umano per sviluppare il flusso di corrente continua necessario per il riscaldamento della resistenza. Naturalmente era sconsigliabile modificare in qualche modo il generatore; meglio agire direttamente sulla barra. Fu necessario solo un attimo a Dondragmer per capire che lo scienziato sapeva come procedere, e quindi si congedò e si affrettò a tornare sul ponte. Solo quando attivò il trasmettitore e cercò di chiamare Benj si accorse di indossare ancora la tuta spaziale. Parlare con Borndender non gli aveva causato difficoltà perché erano vicini, ma parlare a un microfono era tutt’altra cosa. Liberò frettolosamente la parte superiore del suo corpo in modo che i suoni emessi dal suo sifone acustico risultassero chiari e fece partire la chiamata.
— Qui parla Dondragmer. È successo qualcosa di importante durante la mia assenza? — domandò, continuando a togliersi la tuta spaziale mentre aspettava la risposta del giovane umano. Una volta terminato, visto che la risposta ancora non arrivava, piegò con cura l’indumento e lo ripose in un angolino sul ponte. Non era certo il suo posto, ma non avrebbe mai fatto in tempo a scendere di sotto e tornare.
— Nulla di veramente significativo, capitano — rispose Benj. — Si sono limitati ad avanzare tra i grandi massi e credo abbiano percorso un bel po’ di strada, forse quattro o cinque chilometri, senza incontrare alcun relitto o segno di vita. Mi hanno però riferito di aver notato una formazione nuvolosa un poco più a ovest a meno di cento metri dal suolo. Dato che la telecamera è puntata verso la Kwembly, non sono però riuscito a dare un’occhiata a mia volta. Comunque, una formazione nuvolosa a bassa quota potrebbe rappresentare un rischio serissimo: se ben ricordo, gli elicotteri in vostra dotazione non possiedono strumentazione per il volo cieco e nelle nuvole è facile perdere l’orientamento e precipitare prima di rendersi conto di cosa è successo. Trovo incredibile che le cose siano andate così e anche Stakendee, che si dice convinto che quelle nuvole siano troppo piccole per provocare un disastro del genere.
Dondragmer si sentì subito propenso a condividere quell’opinione: non poteva credere che delle semplici nuvole potessero rappresentare un pericolo, e quindi avrebbe accettato qualsiasi ipotesi tranne quella. Un’occhiatina sopra la sua testa rivelò solo il cielo nero pieno di stelle; forse le nuvole non avevano ancora raggiunto la Kwembly. Comunque, se le nuvole venivano spinte verso la Kwembly come aveva detto Benj, Stakendee poteva aver visto la coda dell’ammasso nuvoloso che quindi doveva trovarsi molto più a ovest quando gli elicotteri erano in volo. Questo forse non significava molto per Kervenser, che poteva trovarsi molto lontano quando era scomparso, ma poteva avere qualche importanza per Reffel anche se ancora non ne era convinto. L’attenzione di Dondragmer tornò a Benj, che aveva ripreso a parlare.
— Stakendee dice che il letto del fiume sale in modo considerevole, ma non mi ha detto come ha fatto a stabilirlo. Solo che sono saliti di forse due metri da quando hanno lasciato la Kwembly — riferì il ragazzo. Variazioni di pressione, pensò Dondragmer. Erano sempre così percettibili nelle tute spaziali. Solo arrampicarsi sulla sommità della Kwembly creava una variazione che veniva distintamente avvertita. Inoltre, l’ondata di piena li aveva sospinti in basso molto velocemente; con la gravità di Dhrawn, la caduta di pressione doveva essere notevole. — La sola grande differenza riguarda la natura del terreno. Ormai si sono lasciati dietro i grandi massi che caratterizzano la vostra area e procedono sulla nuda roccia, rotta qua e là da pozze gelate.
— Grazie Benj. I vostri meteorologi sono riusciti a stabilire quando avverrà un’altra inondazione?
Il ragazzo ridacchiò, ma quel suono non significava nulla per il mesclinita. — No. Temo proprio che il dottor McDevitt abbia paura di sbilanciarsi. Il dottor Aucoin se ne stava lamentando poco fa, ma McDevitt ha risposto che ci sono voluti diversi secoli prima che l’uomo riuscisse a produrre previsioni accettabili sulla Terra con un solo elemento di cui tener conto, l’acqua, e con il pianeta interamente accessibile, e quindi che era assurdo aspettarsi risultati concreti nei pochi anni di esplorazione su Dhrawn: qui bisogna tener conto di due variabili oltre allo sbalzo di temperatura, che può variare da cinquanta a oltre mille gradi Kelvin, senza parlare del fatto che conosciamo molto poco di tutto il pianeta. Ha anche detto che siamo stati fortunati che non si siano create delle aree gelate pronte a trasformarsi in paludi a ogni variazione di temperatura e forti piogge locali intervallate da venti gelati capaci di ghiacciare il ponte dei ricognitori in pochi minuti e quaranta altre cose Che il computer continua a ripetere ogni volta che lui vi inserisce una variabile. Era divertente vedere Aucoin che cercava di calmarlo: in genere succede l’opposto.
— Quasi mi dispiace di non esser stato presente anch’io. Sembra si sia divertito — replicò il capitano. — Ha riferito a McDevitt delle nuvole descritte da Stakendee?
— Oh, certamente. L’ho detto a tutti. Questo comunque è successo pochi minuti fa e quindi bisognerà aspettare un po’ per la risposta. Comunque non conterei molto su una previsione, capitano. Non ne sappiamo abbastanza su Dhrawn per poter interpretare tutti i fenomeni atmosferici che ci descrivete, figuriamoci prevederli. Adesso che ci penso però c’era una cosa: il dottor McDevitt ha insistito molto per sapere di quanto Stakendee e i suoi erano saliti rispetto al punto di partenza e mi ha detto di fargli sapere quando le nuvole raggiungono la Kwembly. Mi dispiace… avrei dovuto dirglielo prima.
— Non importa — replicò Dondragmer. — Il cielo è completamente sgombro di nubi. Le farò sapere il momento in cui le vedo avvicinarsi. Questo significa forse che McDevitt teme stia per calare un’altra volta la nebbia, come poco prima dell’inondazione che ci ha trascinati fin qui?
Nonostante le sue difese innate contro la paura, Dondragmer non poté evitare di sentirsi profondamente a disagio mentre aspettava la risposta.
— Non lo ha detto e non lo dirà mai. Ha fatto troppe brutte figure. Eviterà attentamente di fare qualsiasi previsione per un po’, naturalmente se la questione non riguarda qualche emergenza in cui potreste trovarvi. Aspetti! C’è qualcosa sullo schermo di Stakendee — esclamò Benj. Dondragmer sentì tendersi le sue molte zampe. — Mi lasci controllare. Sì, tutti i componenti del gruppo sono in vista tranne uno che sta portando la telecamera, perché vedo l’immagine sobbalzare ogni tanto. In lontananza si vede una luce che mi pare più forte del solito anche se non sono affatto sicuro della distanza. Non so se l’ha vista anche il gruppo, ma credo di sì dato che lei mi ha detto che i vostri occhi sono più sensibili della telecamera. Mamma, guarda anche tu. Cosa può essere? Debbo avvisare Barlennan? Dondragmer è ancora in linea. Sì, Stakendee l’ha vista e il gruppo si è fermato. Anche la luce però si è fermata. Il volume della telecamera è al massimo, ma non riesco a sentire nulla che abbia un senso, ecco, adesso hanno sistemato la telecamera a terra e si stanno sparpagliando nelle vicinanze. Ora posso vederli tutti e sei. Il terreno è quasi completamente spoglio, solo roccia e qualche pozza gelata. Neanche un masso. Ora i mescliniti di Stakendee hanno spento le torce, e l’unica luce rimasta visibile è quella emessa dal misterioso visitatore. Ora è più luminosa, ma forse si deve al fatto che il buio è più intenso. Ora non si vede più nulla, ma…. ecco, l’immagine è tornata. Qualcuno del gruppo si era sistemato inavvertitamente davanti all’obbiettivo, forse qualcuno che si è sollevato per vedere meglio. Riesco a sentire qualche suono, ma non sono parole che conosco. Non capisco perché… aspetti. Adesso Stakendee e i suoi hanno riacceso le torce elettriche e due di loro stanno venendo verso la telecamera. La stanno sollevando e la stanno portando più vicino alle luci. Ora posso vedere bene: c’è un po’ di nebbia in giro, e un banco staziona a pochi metri dal suolo non molto distante da loro. Ma… la luce sembra provenire dal banco di nebbia! Non sono ancora riuscito a capire quanto dista dai nostri. Il terreno non offre nessun aiuto, composto com’è di sola roccia piatta, e gli unici punti di riferimento sono i sei mescliniti appiattiti al suolo con le loro luci e una linea scura a poca distanza da loro che potrebbe essere un ammasso roccioso, o forse un piccolo corso d’acqua che attraversa l’immagine da sinistra a destra. Ora mi sembra di vedere qualche movimento vicino alla luce. Non sarà per caso il fanale dell’elicottero? Non ho idea della distanza, e non so quanto grandi siano gi elicotteri e come sia puntato il fanale quando stazionano a terra.
“Ora si vede meglio. Sì, qualcosa si sta muovendo. Sta venendo verso i nostri e sembra una figura nera nella nebbia. Se la distanza è quella che penso, dovrebbe essere grande quanto un mesclinita. Forse… forse è Kervenser, o Reffel.
“Sì, sono certo che si tratta di un mesclinita ma è ancora troppo lontano per riconoscerlo. Tra l’altro non sono sicuro di conoscere i due piloti dispersi. Ecco, sta attraversando la linea scura di cui ho riferito prima. Deve trattarsi di acqua… sì, è acqua perché ho visto degli spruzzi levarsi al passaggio del nuovo venuto. Ora si trova solo a pochi metri di distanza. Gli altri si stanno avvicinando a lui. Credo che si stiano parlando, ma con voce troppo bassa per permettermi di sentire. Tutti si agitano e io non riconosco nessuno. Se solo si avvicinassero un po’ potrei chiedere notizie, ma suppongo che verremo messi al corrente di tutto tra pochi minuti. Non possono sentirmi così lontani e con addosso le tute spaziali. Ecco, si stanno avvicinando e il gruppo si sta aprendo. Due di loro sono davanti alla telecamera: suppongo si tratti di Stakendee e di uno dei…”
Un grido interruppe Benj, un grido emesso dalla persona che gli stava di fianco che raggiunse non solo le orecchie di tutti i presenti ma anche tre microfoni diversi e attraverso di essi tre stazioni riceventi su Dhrawn, dove produsse tre risultati molto diversi.
— Kabremm! Ma dove sei sparito in tutti questi mesi? — gridò Easy Hoffman, rimanendo a bocca aperta.