37

Krug è appoggiato allo stipite della cabina trasmat. Ansa. Rabbrividisce. Si è fermato appena in tempo; ancora un passo e sarebbe finito nel campo con Thor Guardiano. Si arresta un istante. Poi fa un passo indietro. Si volta.

La torre è rovinata al suolo. Migliaia di androidi sono lì fermi, immobili come statue. La donna alfa Lilith Mesone giace faccia a terra sulla tundra in disgelo. Piange. A una decina di metri di distanza c’è Manuel, inginocchiato: una figura dolente, sporca di sangue, macchiata di fango, gli abiti stracciati, gli occhi vacui, il volto rilasciato.

Krug sperimenta un immenso senso di pace. Il suo spirito s’innalza; è libero da ogni legame. Si avvia verso Manuel.

— Su — dice. — Alzati.

Manuel resta in ginocchio. Krug lo prende per le ascelle, lo tira su, lo sorregge finché non riesce a stare in piedi da solo.

— Ora — dice Krug — il comando è tuo. Ti lascio tutto. Guida la resistenza, Manuel. Prendi il controllo. Opera verso il ristabilimento dell’ordine. Sei tu il capo. Sei Krug. Mi capisci, Manuel? In questo istante io abdico.

Manuel sorride. Manuel tossisce. Manuel fissa il suolo fangoso.

— E tutto tuo, ragazzo. So che puoi farcela. Oggi le cose ti possono parere nere, ma è solo una situazione provvisoria. Ora hai un impero, Manuel. È per te. Per Clissa. Per i vostri figli.

Krug abbraccia il figlio. Poi si reca ai trasmat. Compone le coordinate del centro produzione veicoli speciali di Denver.

Laggiù ci sono migliaia di androidi, ma nessuno di essi, a quanto pare, lavora. Fissano Krug stupiti, paralizzati. Krug attraversa in fretta l’officina. — Dov’è Alfa Fusione? — chiede. — Qualcuno l’ha visto?

Compare Romolo Fusione. Sembra sbalordito alla vista di Krug. Krug non gli lascia dire parola.

— Dov’è l’astronave? — chiede bruscamente.

— Allo spazioporto — risponde l’androide, incespicando sulle parole.

— Accompagnami.

Le labbra di Romolo Fusione si muovono con esitazione, come se stesse per dire a Krug che c’è stata una rivoluzione, che i suoi ordini non hanno più peso. Ma Alfa Fusione non dice nessuna di queste cose. Si limita a fare un cenno d’assenso.

Accompagna Krug all’astronave. Eccola lì, rizzata come sempre, sola al centro del vasto spiazzo.

— È pronta a partire? — chiede Krug.

— Il volo di prova nell’orbita terrestre era previsto entro tre giorni, signore.

— Non c’è tempo per le prove, adesso. Partenza immediata per un viaggio interstellare. Viaggeremo mediante pilota automatico. Equipaggio di una singola persona. Avverti la stazione a terra: programmare la nave per la destinazione finale prevista, come da precedenti istruzioni. Velocità massima.

Romolo Fusione fa nuovamente un cenno d’assenso. Si muove come in sogno. — Passerò le vostre istruzioni — dice.

— Ottimo. Cerca di fare in fretta.

L’alfa esce di corsa dal campo. Krug entra nella nave, chiude ermeticamente il portello dietro di sé. La nebulosa planetaria NGC 7293 in Aquario gli sfrigola nella mente, emette brillanti pulsazioni di luce; una luce velenosa che rimbomba nei cieli come un gong. Krug arriva, dice a se stesso. Aspettate. Aspettatemi, voi lassù! Krug arriva per parlarvi. In un modo o nell’altro. Un modo ci sarà.

Anche se il vostro sole brucia di un fuoco che mi spoglierà le ossa a dieci anni luce di distanza. Krug arriva per parlarvi.

Esamina la nave. Tutto è in ordine.

Non mette in funzione lo schermo per un ultimo scorcio della Terra; Krug ha voltato la schiena alla Terra. Sa che se guardasse fuori vedrebbe i fuochi che divampano in ogni città della Terra, e non vuole vederli; l’unico fuoco che gli interessa è l’anello fiammeggiante in Aquario. La terra l’ha lasciata a Manuel.

Krug si toglie i vestiti. Krug si stende in un’unità refrigerante del sistema d’ibernazione. È pronto a partire. Non sa quanto durerà il viaggio, non sa neppure se troverà qualcuno all’arrivo. Ma non gli hanno lasciato scelta. Si affida totalmente alle sue macchine, alla sua astronave.

Krug attende.

Gli obbediranno in quest’ultimo comando?

Krug attende.

D’improvviso, le valve di vetro dell’unità refrigerante scivolano a posto, serrandolo ermeticamente. Krug sorride. Ora sente il liquido refrigerante ruscellare all’interno; al contatto con la pelle gli nasce un brivido. Il liquido s’innalza. Sì. Sì. Presto inizierà il viaggio. Krug andrà alle stelle. Al di là della nave, le città della Terra avvampano. Ma un altro fuoco lo trascina: il gong dei cieli. Krug arriva! Krug arriva! Ora il liquido refrigerante gli copre tutto il corpo. Scivola nel letargo; il corpo sospende le pulsazioni, il cervello febbricitante si placa. Non è mai stato così rilassato. Nella mente gli ondeggiano fantasmi: Clissa, Manuel, Thor, la torre, Manuel, la torre, Thor, Clissa. Poi scompaiono, ed egli vede solo l’anello corrusco della NGC 7293. E infine svanisce anche quello. Ormai Krug non respira quasi più. Il sonno si impadronisce di lui. Non sperimenterà l’accelerazione della partenza. A cinque chilometri di distanza, un pugno di androidi caparbiamente fedeli parla a un computer; invia Krug alle stelle. Krug attende. Ora dorme. Il liquido freddo lo avvolge completamente. Krug è in pace. Si separa per sempre dalla Terra. Finalmente il suo viaggio comincia.

FINE
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