29

Lilith Mesone disse: — Ieri mattina ho avuto un ospite, Thor.

— Manuel Krug?

— No. Siegfried Classificatore.

Thor si sciolse dal possessivo abbraccio del divano topologico di Lilith. — Classificatore? Qui? Perché?

Lilith rise. — Sei diventato talmente umano da provare gelosia, Thor?

— Non scherzare. Come mai è venuto da te?

— L’ho incontrato in ufficio — disse Lilith. — Sai, lavora alla Tutela della Proprietà di Buenos Aires, ed è venuto a discutere alcune clausole del contratto. Poi mi ha chiesto se poteva accompagnarmi a casa. Niente in contrario. L’ho invitato a salire. Non mi pareva pericoloso.

— E poi?

— Ha tentato di farmi aderire al PEA.

— Tutto qui?

— No — disse Lilith. — Voleva che convincessi anche te.

Thor tossicchiò. — Sarà molto difficile.

— È profondamente convinto delle sue idee, Thor. Devoto alla causa dell’eguaglianza, della libertà e di tutto il resto. Due minuti dopo essere entrato, ha cominciato a sommergermi di argomenti a sostegno di un’azione politica immediata. Gli ho detto che ero religiosa; lui ha risposto che non importava, che potevo benissimo continuare a pregare per l’intervento miracoloso di Krug, ma che intanto gli firmassi la petizione. Gli ho detto no, non firmo mai niente. Lui mi ha dato un mucchio di cubi propagandistici, tutta la dottrina politica del PEA. Se ti interessa, li ho messi in cucina. È rimasto più di un’ora. — Lilith gli rivolse un sorriso abbagliante. — Ma non ho firmato.

— Mi chiedo perché sia venuto proprio da te — disse Thor. — Cosa intende fare? Abbordare tutti gli alfa del mondo, uno alla volta, per cercare aderenti?

— Te l’ho già detto. Vuole la tua adesione. Sa che siamo amici e pensa che, se riesce a convincere me, io poi riuscirò a convincere te. Parole sue. E una volta che tu sia dalla loro parte, anche gli altri ti verranno dietro. — Lilith drizzò la schiena e alzò il mento. — «E se Alfa Guardiano passerà dalla nostra parte, Alfa Mesone, porterà con sé centinaia di alfa molto influenti. Potrebbe essere la svolta decisiva per il nostro movimento. Alfa Guardiano tiene forse in pugno il destino di tutti gli androidi». Non ti senti impressionato, Alfa Guardiano?

— Mi scuote profondamente, Alfa Mesone. Non so dire quanto mi spaventa l’idea. E come hai fatto per sbarazzartene?

— Ho cercato di sedurlo.

Cosa?

— Sono troppo civetta, Thor? Se non vuoi, non ne parlo più.

— Non mi hanno programmato per la gelosia — disse Thor, caparbio. — A stuzzicarmi non approdi a nulla. E non ho voglia di scherzare.

— D’accordo, d’accordo. Mi spiace di averne parlato.

— No, continua. Hai cercato di sedurlo. Non ci sei riuscita?

— No — disse Lilith. — È stata un’ispirazione che mi è venuta sul momento. Mi sono detta: Classificatore è talmente impettito che, probabilmente, scapperà via urlando. Se invece abbocca, be’, magari può risultare divertente. Così mi sono spogliata e ho incominciato… com’è il vecchio termine?… a fare approcci. Sì, a fare approcci. Su, gli ho detto, stiamo un po’ insieme, e l’ho chiamato «Sigghi». Sigghi… Sigghi… Ho cominciato a sfiorarlo. Una cosa molto erotica. Gli passavo davanti, ondeggiavo. Ce l’ho messa tutta, sai Thor, anche meglio di quando seducevo te. Lui non si è affatto prestato. Mi ha pregato di smetterla.

— Certo — disse Thor. — È quanto cercavo di spiegarti. In verità, i maschi alfa hanno poco interesse per il sesso. Nella loro vita ha un peso irrilevante.

— Non esserne troppo sicuro. Classificatore mi desiderava. Era pallido. Tremava.

— E allora perché non venire a letto con te? Aveva paura di compromettersi politicamente?

— Per niente — disse Lilith. — Solo che era in lutto.

— Lutto?

— Sì, per la moglie. Cassandra Nucleo. La moglie, Thor. Il PEA propugna il matrimonio tra androidi. Aveva sposato Alfa Nucleo tre anni fa. Adesso sta osservando sei mesi di lutto, e in questi sei mesi non intende finire tra le braccia della prima alfa che trova. Mi ha spiegato la situazione ed è uscito subito. Come se, restando, temesse di non resistere.

— La moglie — borbottò Thor.

— Il PEA intende porre anche una clausola riguardante il matrimonio tra androidi, quando presenterà al Parlamento la petizione. Classificatore mi ha detto, inoltre, che se noi volessimo sposarci, Thor, lui potrebbe celebrare il matrimonio il giorno stesso della nostra adesione al PEA.

Thor rise seccamente. — Parla come un bambino! A cosa ci serve il matrimonio? Abbiamo forse dei figli cui occorrono famiglie regolarmente costituite? Se avessi voglia di vivere con te, Lilith, verrei a vivere con te. O tu con me. Qualcuno dovrebbe prima pronunciare delle frasi fatte su questa decisione? Darci un foglio di carta?

— No, Thor. Si tratta dell’idea. L’idea di un’unione permanente tra uomo e donna, come per gli umani. È molto commovente. Sai, Thor, lui l’amava. Veramente.

— Ne sono certo. L’ho visto piangere quando Spaulding l’ha uccisa. Ma l’amava forse di più per il fatto che erano sposati? Se il matrimonio è una cosa meravigliosa, allora perché Manuel Krug viene qui tutte le settimane? Non dovrebbe rimanersene a casa, visto che ha un’unione permanente con la signora Clissa Krug?

— Alcuni matrimoni funzionano, altri no — disse Lilith. — E non è detto che la felicità di un matrimonio dipenda solo dal fatto che si dorma con l’una o con l’altra. Comunque, il matrimonio di Classificatore era un matrimonio felice, e non vedrei nessun male nell’adottare anche noi la pratica, se crediamo davvero nella nostra eguaglianza.

— D’accordo — disse Thor. — Mi vuoi sposare?

— Parlavo in termini generali.

— E io invece parlo in termini personali. Non occorre unirsi al PEA per sposarsi. Cerco Alfa Costruttore e Alfa Comunicatore: mettiamo subito nella comunione le cerimonie di matrimonio; ci sposiamo in cappella, questa sera stessa. D’accordo?

— Sii serio, Thor.

— Lo sono!

— Sei arrabbiato, e non sai cosa dici. Due minuti fa dicevi che è assurdo il matrimonio tra androidi. Adesso sei disposto a inserirlo nella comunione. Non stai parlando seriamente, Thor.

— Non vuoi sposarti con me? Non preoccuparti, non cercherò d’interferire nella tua relazione con Manuel. Non sono programmato per essere possessivo. Potremmo vivere insieme, potremmo…

— Smettila, Thor.

— E perché?

— Quel che c’è tra noi può continuare a esserci senza matrimonio. Lo sai benissimo. E lo so anch’io. Non cercavo di trovare marito. Cercavo solo di farti capire Siegfried Classificatore, la natura delle sue emozioni, la complessità dei suoi sentimenti verso Alfa Nucleo, e la posizione del PEA sul…

— Basta. Basta. — Thor si portò le mani agli orecchi e chiuse gli occhi. — Fine della conversazione. Sono affascinato che tu non sia riuscita a sedurre Sigghi Classificatore, sbalordito che il PEA voglia sostenere il matrimonio, e a questo punto, basta. D’accordo?

— Oggi hai il nervoso, Thor.

— Sì.

— Come mai? Posso fare qualcosa per te?

— Leon Spaulding mi ha detto una cosa, Lilith. Quando la delegazione del PEA presenterà al Parlamento la petizione, Krug rilascerà una dichiarazione contro tutto il movimento per l’eguaglianza androide, e dirà chiaro che, se avesse saputo che avremmo chiesto i diritti giuridici, non ci avrebbe mai creato.

Lilith rimase a bocca aperta. Con le lagrime agli occhi, si fece quattro volte il segno di “Krug ci salvi”.

— Non è possibile — sussurrò.

— Spaulding dice di averlo sentito da Krug, circa una settimana fa, al Nemo Club, testimoni il senatore Fearon, il Presidente Salah al-Din e un paio d’altre persone. Ed è chiaro che Spaulding me l’ha riferito solo incidentalmente, nel corso della conversazione. Due parole tra ectogeno e androide. Sa che sono contrario al PEA; pensava che la notizia mi divertisse. Che porco!

— Può essere vero?

— Può esserlo. Krug non ha mai espresso un punto di vista sulla posizione degli androidi. Io stesso non so cosa ne pensi. Ho sempre supposto che fosse un nostro simpatizzante, ma potrebbe trattarsi semplicemente di una proiezione delle mie speranze. Il problema non è se possa essere vero, ma se è vero.

— E non hai il coraggio di chiederlo a lui?

— No, non ne ho il coraggio — disse Thor. — Credo che tutta questa storia sia nata nella mente perversa di Spaulding, che Krug non abbia intenzione d’infrangere la sua regola di tenersi lontano dalla politica, e che se mai egli dovesse rilasciare una dichiarazione, sarebbe la dichiarazione che noi tutti ci aspettiamo e ci auguriamo. Ma ho il terrore di sbagliarmi. Il terrore, Lilith. Una dichiarazione contro l’eguaglianza da parte di Krug, farebbe crollare la nostra fede. Ci scaglierebbe nella tenebra più profonda. Capisci ora quali sono le mie preoccupazioni?

— Ti devi basare solo sulle parole di Spaulding? Non puoi chiedere al senatore Fearon o al Presidente? Scoprire cosa abbia veramente detto?

— Chiedere informazioni sulle parole di Krug, intendi dire? Lo riferirebbero subito a Krug.

— E allora, cosa intendi fare?

— Forzargli la mano — disse Thor. — Devi portare Manuel in una cappella.

— E quando?

— Appena puoi. Non nascondergli nulla. Spiegagli tutto. Lavora sulla sua coscienza. Poi mandalo da suo padre, prima che Krug rilasci una dichiarazione al Parlamento. Sempre che Krug intenda rilasciarla.

— Farò come dici — convenne Lilith. — D’accordo.

Thor assentì. Chinò il capo; agitò oziosamente il piede sul pavimento. Si sentiva frastornato, la gola gonfia. Odiava i maneggi che ora l’avevano invischiato, le mosse e contromosse, il dover affidare alle deboli spalle di Manuel una questione di tale importanza, la supposizione che Krug — Krug! — potesse venire influenzato da piccoli intrighi a livello personale. Ciò pareva negare la vera fede. Era un modo assai cinico di mercanteggiare con il destino: Thor si chiedeva se la sua stessa fede fosse mai stata vera. Era solo una facciata, dunque, inginocchiarsi in cappella, recitare le triplette dei codoni, immergersi nella totalità di Krug, arrendersi, pregare? Solo un modo di occupare il tempo in attesa di un momento propizio per assumere la direzione degli eventi? Thor aborriva quel pensiero. Ma, rifiutandolo, non gli restava nulla in mano. Avrebbe voluto non avere mai fatto la prima mossa. Avrebbe desiderato trovarsi alla torre, innestato al computer, a cavalcare senza pensieri l’onda dei dati. Questo, dunque, vuol dire essere umani? Le decisioni da prendere, i timori? Ma allora perché non rimanere androidi? Accettare il disegno divino. Servire, e non desiderare altro. Staccarsi dalle cospirazioni, dai groppi d’emozione, dalle reti di passione. Si scoprì a invidiare i gamma, privi di aspirazioni. Ma non poteva essere un gamma. Krug gli aveva dato l’intelligenza. Krug l’aveva creato per il dubbio e la sofferenza. Sia benedetta la volontà di Krug! Thor si alzò; attraversò la stanza, lentamente, e poi, per sfuggire a se stesso, accese l’olovisione. L’immagine della torre di Krug fiorì nello schermo: immensa, brillante, bellissima, splendente nella luce di gennaio. Una telecamera sospesa ne percorreva lentamente tutta la lunghezza, e intanto il commentatore parlava del conseguimento della quota mille, e paragonava la torre alle piramidi, alla grande muraglia cinese, al faro di Alessandria, al colosso di Rodi. Una conquista magnifica, che apre la strada alla comunicazione con altre razze su stelle lontane. È in se stessa un capolavoro di bellezza, sottile e lucente. La camera balzò su e giù per le pareti cristalline, e infine salì alla sommità. Gamma sorridenti agitarono la mano. Thor colse anche se stesso: immerso nei problemi, ignaro della ripresa olovisiva. E poi Krug, raggiante d’orgoglio, che indicava particolari della torre a un ordinato branco d’onorevoli e d’industriali. Dallo schermo pareva diffondersi il freddo della tundra. La camera colse i nastri di refrigerazione incassati nel gelido terreno: ne saliva una pallida nebbia. Se il terreno non venisse mantenuto gelato, spiegava il commentatore, la stabilità della torre sarebbe compromessa. Un grande successo dell’ingegneria ambientale. Un miracolo. Un monumento alle visioni dell’uomo e alla sua determinazione. Sì. Sì. Fenomenale. Con improvvisa ferocia, Thor spense lo schermo. La torre luccicante svanì come un sogno interrotto. Si appoggiò al muro, voltando le spalle a Lilith, e cercò di capire perché mai la vita fosse divenuta improvvisamente così complicata. Aveva voluto essere umano. Sì. E non aveva forse pregato Krug affinché lui e tutti i suoi simili ricevessero i privilegi dei Nati dal Ventre? Sì. Sì. E i privilegi erano accompagnati dalle responsabilità. Sì. E le responsabilità dall’angoscia. Rivalità. Sesso. Amore. Intrigo. Forse, pensò Thor, non ero ancora pronto. Forse sarei dovuto rimanere un buon alfa, dedito solo al mio lavoro, invece di alzarmi a sfidare la Volontà di Krug. Forse. Forse. Recitò il rituale della calma, ma senza esito. Ora sei più umano di quanto non avessi desiderato, Alfa Guardiano, si disse. Si accorse che Lilith gli era vicino. Il suo seno gli sfiorava la schiena; poi, quando lei lo abbracciò, lo sentì premere.

— Povero Thor — mormorò lei. — Così teso. Così preoccupato. Vuoi fare all’amore?

Poteva rifiutare? Finse entusiasmo. La abbracciò. I loro corpi si strinsero. Lei gli si aprì ed egli la penetrò. Questa volta era più esperto, ma l’atto continuava a sembrargli una cosa vuota, una pressione di carni, un’estasi lontana. Non provava piacere, anche se poteva provare indirettamente soddisfazione nel vedere Lilith che si scoteva, gemeva e inarcava la schiena nel trarre piacere da lui. In verità, si disse, non sono abbastanza umano, nonostante tutto, mentre invece lei è fin troppo umana. Sì. Certo.

Accelerò il movimento. Questa volta provò il formicolio di una sensazione; Krug aveva progettato bene il Suo popolo, ed erano presenti le normali connessioni nervose, anche se erano state inibite, forse, dal condizionamento che Thor si era imposto. All’approssimarsi dell’acme, provò alcuni istanti di genuina passione; ansò, serrò le dita sulla carne di Lilith, affondò, spinse. Poi venne l’istante del completamento, e subito dopo, come l’altra volta, la tristezza, la sensazione di vuoto. Gli pareva d’essere in un’immensa tomba sotterranea, lunga centinaia, larga decine di metri, e di non scorgere altro che fiocchi di polvere e frammenti di allori disseccati. Si forzò a rimanere nell’abbraccio di Lilith, anche se desiderava staccarsi e rimanere solo. Aprì gli occhi e la vide piangere. La vide sorridere. Avvampava; era sudata e raggiante.

— Ti amo — disse lei, piano.

Thor esitò. La situazione richiedeva una risposta. Il silenzio, gonfiandosi fino ai secondi successivi, minacciava di soffocare l’universo. E non poteva non rispondere. Un silenzio sarebbe stato inumano. Le sfiorò la fronte rovente. Si sentiva fuori fase, non accordato.

Infine superò quella sensazione e disse in fretta: — Ti amo, Lilith.

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