Capitolo 6 LA SLITTA

— Vuoi dire che saresti disposto a trainare con una slitta la «Bree» per tutto il percorso sulla terraferma, allo stesso modo in cui avete trainato me? — chiese Lackland.

— Non esattamente. Il peso della «Bree» sarebbe eccessivo per le nostre forze. No, mi riferivo alla possibilità che tu rimorchiassi la «Bree» su di una slitta con un altro trattore.

— Capisco. Sarebbe infatti un’ottima soluzione, a meno di non trovarci davanti degli ostacoli invalicabili per il trattore. Ma saresti disposto a intraprendere un simile viaggio con il tuo equipaggio? E in seguito vi sentirete ancora soddisfatti del poco che possiamo fare per voi in cambio del vostro aiuto?

Barlennan allungò le pinze in un gesto tipico che equivaleva a un sorriso terrestre.

— Sarebbe un progetto infinitamente migliore di quello originario. Le merci che dalle coste dell’oceano orientale giungono fino al nostro paese attraverso le interminabili strade carovaniere dell’entroterra, quando arrivano ai nostri porti sono già favolosamente care, e un onesto mercante non riesce a ricavarne un margine accettabile di guadagno. Seguendo questa strada potrei riuscire a procurarmele direttamente, e ciò compenserebbe il rischio di affrontare i disagi del viaggio. Naturalmente, da parte tua dovresti impegnarti a riportarci indietro, attraverso l’istmo, quando sarà arrivato il momento di ritornare.

— È una proposta molto giusta, Barl, e sono sicuro che la mia gente sarà d’accordo. Ma per quanto riguarda il viaggio via terra, queste sono regioni che tu non conosci affatto. Non può darsi che il tuo equipaggio abbia paura di affrontare terre sconosciute, con alte montagne, e popolate da mostri molto più grossi e pericolosi di quelli a cui siete abituati dalle vostre parti?

— Anche in passato abbiamo affrontato tremendi pericoli. Io, poi, sono stato capace di abituarmi a stare in zone soprelevate, compreso il tetto del tuo veicolo. Quanto ai mostri, la «Bree» ha le sue armi di fiamma, e nessuno di quelli che popolano la terra può avere le dimensioni dei mostri marini. Ma adesso devo tornare alla «Bree»: le nubi si addensano di nuovo minacciose. Comunicherò all’equipaggio i nostri progetti e, per allontanare ogni dubbio e paura, ricorderò a tutti che i profitti della spedizione verranno divisi secondo il grado: non c’è un solo membro dell’equipaggio disposto a permettere che la paura prevalga sulla sete di guadagno.

—. E tu? — chiese ridendo Lackland.

— Oh, io non ho paura. — Il mesklinita scomparve nella notte, lasciando il terrestre incerto sull’esatto significato della sua risposta.

Rosten, quando fu informato del nuovo progetto, commentò con una punta di ironia che a Lackland non mancavano di certo le idee per convincere i suoi superiori a fargli avere un nuovo trattore, ma in complesso si dichiarò favorevole alla proposta di Barlennan.

— Si può sapere, ad ogni modo, che specie di slitta dovremo costruire per il transatlantico del tuo amico pinzuto?

— La «Bree» è lunga esattamente tredici metri e larga un po’«meno di quattro. Non credo che peschi più di una quindicina di centimetri. È composta di una serie di zattere, che misurano circa un metro ciascuna e sono larghe una cinquantina di centimetri, legate insieme così da consentire la massima elasticità e rapidità nei movimenti; il che è abbastanza comprensibile su un mondo come questo.

— E da cosa è mossa?

— Dalla forza dei venti. Tutto sommato, è una zattera a vela. Ci sono alberi su almeno una ventina delle zattere che compongono la nave. Ho anche il sospetto che quasi tutte le zattere abbiano una specie di chiglia rientrabile, per permettere alla nave di essere tirata in secca. Comunque, non ho mai approfondito l’argomento con Barlennan. Non so con precisione quanto sia progredita l’arte nautica su questo pianeta, ma dall’indifferenza con cui Barlennan parla di traversare larghi tratti di mare aperto, ritengo che sappiano come difendersi da un forte vento contrario.

— Probabile. Bene, costruiremo una slitta di metallo leggero, qui sulla luna, e te la spediremo sul pianeta appena sarà pronta, insieme col nuovo trattore. Intendiamoci bene, Lackland, se farai saltare anche quello, sarà inutile piagnucolare per averne un altro. Il più vicino che potresti trovare è sulla Terra.

Barlennan si dichiarò soddisfattissimo, quando Lackland gli riferì le decisioni, qualche centinaio di giorni più tardi.

— Partiremo appena la bufera perderà la sua forza — disse, a Lackland. — Troveremo ancora molta neve per terra, ma questo sarà un vantaggio se saremo costretti a passare attraverso un terreno accidentato, o comunque peggiore della sabbia sassosa che si trova su questa spiaggia.

— Non credo che faccia molta differenza per il trattore — disse Lackland. Poi, prendendo in mano la nuova mappa, il prodotto delle sue ultime fatiche: — Per il tratto di terra ho studiato una rotta che mi sembra la migliore possibile. La più breve, quella che abbiamo scoperto insieme, ha l’inconveniente di costringerci a una lunga arrampicata su per le montagne. Allora ho preferito il percorso che qui vedi segnato con una riga rossa. Come puoi notare, segue il fiume che si getta nella grande baia da questa parte della penisola, per una lunghezza di circa millenovecento chilometri; poi attraversa in linea retta l’entroterra per altri seicento chilometri, fino a raggiungere le sorgenti di un altro corso d’acqua. Là potrai scendere il fiume sulla «Bree», se vorrai, o farti ancora trainare da me. Dipenderà se riterremo opportuno scegliere una soluzione più comoda per voi marinai o il sistema più rapido. L’aspetto peggiore di questo percorso sta nel fatto che si snoda a cinque o seicento chilometri dall’equatore: un’altra mezza gravità in più per me, da sopportare. Ma vedrò di farcela.

Quando si furono messi d’accordo sulla strada da seguire, a Lackland restava ormai ben poco da fare, mentre Mesklin correva lungo la sua orbita verso l’equinozio ormai prossimo, che non sarebbe durato molto, naturalmente! Con il mezzo inverno dell’emisfero australe che cadeva quasi esattamente quando il pianeta gigante era al perielio, cioè nel punto dell’orbita più vicino al suo sole, il moto orbitale in autunno e in inverno era estremamente rapido. Ognuna di queste stagioni era un po’«più lunga di due mesi terrestri, mentre la primavera e l’estate occupavano ognuna circa ottocentotrenta giorni terrestri, pari, più o meno, a ventisei mesi. Ci sarebbe dunque stato tutto il tempo necessario a fare la traversata.

La forzata inattività di Lackland non era condivisa dall’equipaggio della «Bree». Varie specie di armi furono portate al massimo grado di efficienza. Vennero tagliati e resi maneggevoli mazze e randelli, più grossi e pesanti di quelli che gli stessi Hars o Berblannen sarebbero stati capaci di brandire e roteare a latitudini più elevate. Trovarono alcune piante che contenevano nel fusto cristalli di cloro e le immagazzinarono nei serbatoi della polvere di fuoco. Mancavano, naturalmente, tutte le armi da lancio, di qualsiasi tipo: l’idea del proiettile non si era mai potuta sviluppare in un mondo dove nessuna forma intelligente di vita aveva mai visto un corpo solido mantenersi in sospensione senza alcun sostegno, dato che ogni grave lasciato cadere si dirigeva verso il suolo con una velocità tale da rendersi praticamente invisibile. Un proiettile calibro 50, sparato orizzontalmente nelle regioni polari di Mesklin, sarebbe calato di trenta metri nei suoi primi novanta di volo. Barlennan, dopo avere stretto amicizia con Lackland, si era potuto fare un’idea abbastanza approssimativa del concetto di «lancio» e aveva anzi pensato di chiedere al Volatore informazioni sulla possibilità di costruire armi basate su quel principio, anche se non voleva ancora rinunciare a quelle di tipo più familiare. Da parte sua, Lackland aveva preso in considerazione l’eventualità che durante la loro traversata dell’istmo incontrassero una razza che già conoscesse e usasse il principio dell’arco e della freccia. Aveva perciò chiesto e ottenuto da Rosten che il trattore promesso fosse armato con un cannoncino da 40 mm. a bombe incendiarie e dirompenti.

La slitta venne finita facilmente e molto in fretta sulla Luna, ma, seguendo il consiglio di Lackland, non fu, portata subito sulla superficie di Mesklin, dove le bufere continuavano a lasciare i loro sedimenti di neve a base di metano e ammoniaca. Il livello oceanico non si era ancora alzato sensibilmente presso l’equatore, e i meteorologi si erano lasciati sfuggire osservazioni poco lusinghiere sull’attendibilità e le capacità linguistiche di Barlennan. Però, a mano a mano che la luce del sole si spingeva sempre più nell’interno dell’emisfero australe con l’avvicinarsi della primavera e che si facevano nuove fotografie mettendole a confronto con quelle prese in autunno, i meteorologi non dissero più niente. Anzi, potevi vederli aggirarsi senza scopo per tutta la stazione di Toorey, borbottando tra sé. Il livello del mare a latitudini superiori era già salito di almeno un centinaio di metri, come il mesklinita aveva previsto, e continuava a crescere ogni giorno di più. Il fenomeno di livelli marini profondamente diversi nel corso dell’anno non rientrava nell’esperienza di meteorologi educati sulla Terra. Tutti continuavano ancora a lambiccarsi il cervello, quando l’arco diurno del sole si allungò verso sud, oltre l’equatore e la primavera ebbe ufficialmente inizio nell’emisfero australe di Mesklin.

Le tempeste erano diminuite straordinariamente di frequenza e di intensità parecchio tempo prima, sia perché l’eccezionale appiattimento del pianeta aveva ridotto molto in fretta l’irradiazione sulla calotta polare nord dopo la metà dell’inverno, sia perché la distanza di Mesklin dal sole era aumentata di oltre il cinquanta per cento durante lo stesso tempo. Barlennan, interrogato in proposito, si disse pronto a iniziare il viaggio con l’avvento astronomico della primavera e non mostrò nessuna preoccupazione per le tempeste equinoziali.

Lackland ne informò la stazione della prima luna, e subito iniziarono le operazioni di trasferimento del trattore e della slitta sulla superficie del pianeta.

La slitta venne portata giù per prima, in modo che l’equipaggio della «Bree» vi caricasse sopra la nave, mentre il razzo andava a prendere il trattore. Ma Lackland chiese ai compagni di non avvicinarsi con il razzo alla «Bree», e la voluminosa e goffa slitta fu lasciata presso la cupola, in attesa che arrivasse il trattore per rimorchiarla. Lackland guidò personalmente il trattore, benché l’equipaggio del razzo fosse rimasto a terra, pronto a fornire la propria assistenza.

Ma nessun aiuto umano si rese necessario. I meskliniti, con un’attrazione gravitazionale pari a solo tre volte la gravità terrestre, furono perfettamente in grado di sollevare la loro imbarcazione. E l’insormontabile riflesso condizionato che impediva loro di mettere qualunque parte del corpo sotto una tale massa, non impedì che la trainassero sulla spiaggia con delle corde. Ogni marinaio, naturalmente, si teneva ancorato saldamente a un albero con una o due coppie di pinze posteriori. In questo modo la «Bree», a vele ammainate, scivolò facilmente sulla sabbia fin sopra la piattaforma metallica scintillante.

I costruttori della slitta sulla lontana Toorey avevano provveduto a dotarla di fori e cavicchi sufficienti perché l’equipaggio potesse assicurarvi solidamente la «Bree».

Poi la piattaforma venne attaccata al trattore, che nel frattempo era stato rifornito d’ogni cosa necessaria, compresi viveri per parecchi giorni. Ulteriori rifornimenti, se proprio indispensabili, sarebbero stati trasportati dal razzo.

Infine Lackland salì a bordo del trattore, sigillò il portello, pompò fuori l’atmosfera mesklinita, liberò quella terrestre, immagazzinata in precedenza in speciali serbatoi, e senza altre esitazioni avviò i motori centrali di propulsione, guidando il trattore e il suo pesante traino verso est.

Il carattere pianeggiante e senza asperità del terreno cominciò gradualmente a cambiare. Nei quaranta giorni che passarono prima che Lackland sentisse il bisogno di fermarsi per dormire, percorsero circa ottantacinque chilometri, e la spedizione si ritrovò in una regione di colline ondulate, non più alte di centocentotrenta metri. Nessun inconveniente si era verificato nella trazione della slitta o a bordo della nave caricatavi sopra. Barlennan riferì attraverso la radio che all’equipaggio piaceva quella nuova esperienza e che l’insolita inattività non aveva ancora annoiato nessuno. La velocità del trattore con il suo pesante traino era di circa otto chilometri all’ora, notevolmente superiore alla media di quel faticoso trascinarsi sul suolo che era la deambulazione mesklinita.

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