CAPITOLO SESTO

Dal momento che nessuna nave si alzò in volo per intercettarli o per indagare sulla loro presenza, Flinx ritenne abbastanza sicuro avvicinarsi ad Alaspinport da nord invece che da est, come aveva progettato in precedenza. Quando fu a una distanza di cinquanta chilometri, fece una brusca virata, inserendosi in una rotta diretta per il porto, risparmiando così almeno mezz'ora di volo.

Sorvolarono una larga baia, con le sue spiagge deserte di sabbia bianca, passando sopra una mezza dozzina di skimmer marini che stavano lavorando ai banchi di molluschi al largo della barriera corallina. Alaspin aveva degli oceani poco profondi e molto estesi, che erano ideali per coltivare banchi di molluschi, sia quelli del posto che le varietà introdotte da altri pianeti, tuttavia quell'industria era appena agli inizi. La maggior parte di quello che veniva raccolto era destinato al consumo interno. Non che avesse un gran desiderio di far denaro, ma aveva passato metà della sua vita con gente per cui il denaro era l'unica ragione di vita e non aveva quindi potuto fare a meno di assorbire un po' della loro mentalità. L'argomento di conversazione preferito da Mamma Mastino, ad esempio, erano i diversi modi per far denaro.

In ogni caso, Flinx aveva acquisito altri interessi. Dopo tutto, il denaro non era altro che un mezzo per assicurarsi la libertà, e la libertà preludeva alla cultura. E la cultura? A che serviva la cultura? Non lo aveva ancora deciso.

Maledizione, ho solo diciannove anni. Pensa piuttosto a Clarity Held, si disse. Meglio ancora, pensa alle sue gambe… interruppe di colpo quel tipo di pensieri. Non ancora. Non c'è tempo di concentrarsi su quello. Per ora è meglio cercare di arrivare salvi sul Teacher.

Alaspinport sorgeva su uno strato di terreno ghiaioso, costellato di cupole che servivano da magazzini provvisori e il cui solo scopo era di isolare le merci dalla fauna e dal clima del posto. Le poche strutture a più piani erano tutte raggruppate lungo l'alta cresta che formava una scogliera sull'oceano.

L'attracco delle navette vero e proprio occupava un pezzo di savana bonificata a sud della città. Flinx inserì lo skimmer nel corridoio aereo automatico al di sopra della città, perché se anche questo li rallentava, era in compenso anonimo e conveniente. Avvertendo una falsa sicurezza nel ritorno alla civiltà, Clarity fu ben felice di ritrovarsi in mezzo alla folla.

Invece di fare una richiesta formale di atterraggio allo spazioporto, Flinx atterrò accanto ad un gruppo di veicoli commerciali fermi vicino ad una stazione di rifornimento. Da quel punto, un trasporto pubblico li guidò all'interno del porto vero e proprio.

C'erano parecchie navette private parcheggiate negli spazi riservati. Non c'erano astronavi commerciali in orbita quel giorno, quindi il traffico era solo aereo, con velivoli che andavano e venivano da Crapinia e Mooscoop, città di frontiera che distavano da Alaspinport ancor più di Mimmisompo. L'assenza di una navetta da trasporto abbassò alquanto il morale di Clarity.

— Se sono qui, e scommetto che saranno sparpagliati per tutto lo spazioporto, non dovranno far altro che tenere d'occhio ogni navetta che si prepara al lancio.

— Perché dovrebbero? Che importa a loro se la navetta di una società o quella privata di una famiglia si prepara a partire? Non c'è ragione di presumere che tu potresti essere su una di quelle.

— Ma mi vedranno. Terranno d'occhio tutte le sale di partenza e mi vedranno.

Flinx cercò di non apparire esasperato. — Prima di tutto, non sappiamo che tipo di contatti abbia questa gente su Alaspin, e nessuno viene ammesso senza autorizzazione nelle sale d'attesa delle navette private.

— Allora mi controlleranno dall'esterno.

Flinx rifletté. — E allora non ci resta che farti passare senza che ti vedano.

— Come? Con un travestimento?

— No, credo che ci sia un modo molto più semplice ed efficace.

Cartelli luminosi sospesi sopra le loro teste li diressero in quell'area del porto in cui Flinx voleva andare e dove in un piccolo ufficio, dietro uno schermo piatto, sedeva un tipo minuto. Questi sollevò la testa quando li vide entrare.

— Posso esservi d'aiuto?

Flinx si avvicinò alla barriera che separava l'ufficio dall'area dei visitatori. — Voglio usare le attrezzature.

Il sorriso di benvenuto dell'uomo svanì. — Mi dispiace, sarò lieto di fare tutto quello che mi chiede, ma qui non è concesso servirsi da soli. Regolamenti dell'assicurazione e cose simili, sa.

Flinx estrasse dai pantaloni una sottile tessera di plastica: il sensore sulla tessera lesse l'impronta del pollice e la temperatura del corpo e si staccò obbediente dalla striscia di sicurezza che lo teneva allacciato all'interno della tasca. Si trattava di una normalissima tessera di colore azzurro vivo.

— Lo inserisca nel terminale e poi mi dica.

L'uomo esitò, poi scrollò le spalle e obbedì. Clarity notò che l'ometto non aveva più sollevato lo sguardo dallo schermo dopo che la tessera era stata decodificata.

— Mi dica un prezzo — disse Flinx alla fine, quando l'uomo non parlò.

— Che cosa?

— Ho detto: mi dica un prezzo per usare le attrezzature.

— Un prezzo. Certo. — Annuì in fretta, fece per alzarsi, poi si accasciò. — Le ho detto che non siamo un self-service. Non posso assolutamente…

Senza chiedere il permesso, Flinx superò la barriera e fece scorrere le dita sulla tastiera. L'uomo sollevò lo sguardo su di lui.

— Non può essere vero.

Per tutta risposta, Flinx premette il tasto di ESECUZIONE. La macchina registrò la transazione. L'uomo emise un lungo sospiro.

— E adesso? Che cosa vuole che faccia?

— Vada a mangiare qualcosa, vada in bagno o magari telefoni a sua moglie.

— Non sono sposato — mormorò stralunato il funzionario.

— Allora telefoni a un amico.

— Già, giusto.

Uscì in fretta dall'ufficio e Flinx chiuse a chiave la porta dietro di lui.

— Che cosa hai fatto? — chiese Clarity scrutandolo.

— Ho preso in affitto le attrezzature. Vieni con me.

Lei lo seguì. — Che razza di posto è questo? — File di casse e scatoloni riempivano piattaforme e scaffali nella grande stanza dietro l'ufficio.

— Vedrai. Sali qui. — La mise in posizione su di una piattaforma circolare.

— Che cosa vuoi fare? — Guardò diffidente la piattaforma e il macchinario accanto ad essa. — Confezionarmi un travestimento?

— Non proprio. — Si sedette di fronte ad un altro terminale e studiò con attenzione la tastiera.

— E se ci trovano qui? — Flinx aveva continuato a studiare le apparecchiature per cinque minuti e Clarity stava diventando nervosa.

— Non ci troveranno qui — rispose in tono assente. — Stai ferma. — Sollevò le dita verso la tastiera.

Lei abbassò lo sguardo sorpresa. — Ehi, cosa…

— Ti ho detto di stare ferma.

Perplessa, ma fiduciosa, lei si immobilizzò. Non aveva altra scelta che fidarsi di lui.

Era una scatola molto elegante che normalmente veniva usata per trasportare piante tropicali esotiche. Il cilindro alto due metri era dipinto di verde e marrone, per adattarsi al contenuto, ed emanava anche un leggero profumo. Gli venne in mente che non le aveva chiesto se soffriva di claustrofobia, ma adesso era troppo tardi.

La macchina di imballaggio intesseva il contenitore da uno speciale materiale fibroso prodotto su Alaspin. L'alto contenuto di cellulosa permetteva all'aria di circolare liberamente e al tempo stesso schermava il contenuto dalle radiazioni, il che significava che avrebbe confuso anche eventuali rilevatori. Era anche a prova di suono. Come si conveniva al trasporto di costosa vegetazione tropicale, l'interno era abbondantemente imbottito. Aveva un sistema di repulsione incorporato alimentato da una batteria all'yttrilithium. Giroscopi programmati lo mantenevano perfettamente diritto, per proteggere i delicati petali della pianta all'interno. Come tocco finale, sull'involucro c'era scritto: PRODOTTO DI ALASPIN — FLORA SENSIBILE — NON APRIRE, MANEGGIARE CON CURA E NON CAPOVOLGERE.

— Spero che sia comodo — disse ad alta voce quando ebbe finito. Naturalmente non ebbe risposta. Clarity non poteva sentirlo, né lui poteva sentire lei. L'aria all'interno del cilindro sarebbe stata un tantino calda ma, per quanto temporaneamente disagevole, la ragazza non correva il rischio di soffocare.

Mentre accompagnava il suo bagaglio personale attraverso i controlli di sicurezza, verificò di sottecchi tutte le possibili facce sospette. Nel salone d'attesa nessuno gli si avvicinò, e nessuno tentò di fermarlo quando guidò il cilindro attraverso il corridoio di imbarco che fiancheggiava la navetta. Poi, con un leggero tocco ai repulsori del cilindro, lo issò nel piccolo vano di carico dello shuttle.

— Ce l'abbiamo quasi fatta — disse ad alta voce, anche se lei non poteva sentirlo.

Impartì istruzioni a voce al computer della navetta per il decollo e l'attracco, poi si sistemò nel sedile del pilota e attese. Una volta ricevuta l'autorizzazione al decollo dalle autorità portuali, lo shuttle si mise in posizione di lancio. Dopo pochi istanti, si precipitò con un rombo giù dalla pista di decollo, acquistando velocità e ripiegando le ali nella posizione a delta mentre sorvolavano le prime erbe della palude. Minuscoli boccioli rosso scuro vibrarono al loro passaggio.

Clarity si era preoccupata senza motivo. Chiunque fossero coloro che l'avevano rapita, erano certo pieni di risorse, ma non erano onnipotenti. Si alzò e aggrappandosi alle maniglie in assenza di gravità si spinse verso il vano di carico nella parte posteriore. Era arrivato il momento di disimballare il passeggero.


La donna in piedi davanti a lui era molto alta ed estremamente graziosa… troppo, per l'uomo dalla faccia insipida che era entrato con lei. Una coppia stranamente assortita, ma molto educata, persino deferente.

— Ha detto che c'era una donna con lui? Una donna giovane? — La donna alta indossava un'uniforme della guardia portuale.

— Sì. — Quella risposta sembrò eccitare molto entrambi, anche se fecero un grosso sforzo per non dimostrarlo. L'impiegato non riusciva ancora a capire chi dei due comandasse. — Perché? C'è qualche problema? — L'ammontare della bustarella che aveva ricevuto dal suo precedente visitatore gli pesava ancora sulla coscienza.

— No, nessun problema — disse il giovane sottovoce. — Vogliamo solo fare un paio di domande alla ragazza.

— Chiedo scusa. — Una matrona con un abito sgargiante rosa e giallo e un cesto di piante sotto il braccio, entrò dalla porta. — Ho delle radici fresche di maniga che vorrei spedire oggi a Tasc…

La donna alta dai capelli biondi le si parò dinnanzi. — Spiacente. Questo ufficio è chiuso.

L'impiegato dietro il banco sbatté le palpebre. — Chiuso? No, siamo aperti fino alle sei.

— È chiuso — ripeté la bionda senza voltarsi.

— Ma lui ha appena detto… — cominciò la matrona.

La donna si chinò, puntò una mano sul petto della vecchia e spinse. La matrona barcollò all'indietro, mantenendo a stento l'equilibrio e spalancò la bocca per la sorpresa.

— Be', se siete chiusi, siete chiusi! — Girò su se stessa e uscì quasi di corsa dall'ufficio.

— Ehi, aspetti un minuto! — esclamò l'impiegato alzandosi dalla sedia. — Gli affari ufficiali del porto sono una cosa, ma…

— Non ci vorrà molto. — Il giovane gli si avvicinò mentre la sua compagna chiudeva silenziosamente la porta a chiave. — E faremo molto più in fretta se lei collaborerà.

— Certo che collaborerò — rispose irritato l'impiegato, — ma non c'è bisogno di chiudere l'ufficio!

— Le domande vengono comprese molto meglio quando non subiscono interruzioni — disse la bionda.

Che voce meravigliosa, pensò l'impiegato fissandola. Tutto in lei era stupendo… tranne il suo atteggiamento. E le guardie portuali erano conosciute per la loro educazione.

— Forse — disse all'improvviso l'impiegato, — farei meglio a fare una telefonata e a controllare, prima di rispondere ad altre domande. — Si sporse per azionare il comunicatore inserito nel terminale.

Con due lunghi passi, la bionda gli fu accanto e gli strinse il polso con le dita. — Forse — disse a bassa voce, — sarebbe meglio di no.

L'uomo cercò di sottrarsi alla stretta, ma era come se avesse il polso legato con fil di ferro. Cercò di calmarsi. Tutto ciò che quella gente voleva erano delle informazioni e chi era lui per negargliele? C'era la porta posteriore, ma quando la donna gli lasciò il polso, gli venne in mente che forse spiccare la corsa per raggiungerla non era una buona idea. Perché rovinarsi la giornata e magari anche più di quello solo per salvaguardare la riservatezza di un estraneo?

— Va bene. — Tornò a sedere sulla seggiola. — Avanti, fate pure le domande.

— Grazie — disse il giovanotto. La sua palpebra sinistra aveva un visibile tic. — Le persone a cui stiamo dando la caccia stanno cercando di rovinare un intero mondo. Lei non vuole che accada una cosa simile, vero?

— Certo che no. Quale cittadino benpensante potrebbe volere una cosa simile?

Il tic si attenuò, ma senza scomparire del tutto. — Vedi? — si rivolse alla bionda. — Te l'avevo detto che sarebbe andato bene.

— Continuo a pensare che avremmo dovuto fare nell'altro modo, ma… — scrollò le spalle, — … facciamo in fretta.

L'impiegato si accorse che stava tremando leggermente, anche se aveva preso la decisione giusta.

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