Catz Wailen si tolse la cuffia. Era sola nello studio di registrazione invaso dalle ombre.
Si strinse la testa fra le mani, tremò per l’improvviso liberarsi della tensione nervosa. Singhiozzò, ma dai suoi occhi non scesero lacrime.
Dopo un po’ si alzò. Con voce spezzata dalla stanchezza, chiese: — Stu? Sei qui con me in questo momento?
Non ci fu risposta. Ma qualcosa sussurrò dagli angoli più bui della stanza. Una corrente d’aria, forse.
Catz si stiracchiò, fece schioccare le nocche delle mani. Poi si sdraiò sul tappeto, e cercò di rilassarsi. La sua bocca era chiusa, ma lei stava chiamando. Chiamava da un punto nascosto nel profondo del suo essere.
— Grazie. Hai gettato un ponte verso di me — disse Stu, dal finestrino del lucernario sopra lo studio. Lei vide il riflesso di lui, ma non c’era nulla a proiettare il riflesso.
Non importava: riusciva a sentirlo. — Oh, Gesù Cristo santissimo, bastardo, idiota, porco, figlio di puttana… — Continuò a quel modo per un po’, e questa volta le lacrime accompagnarono lo sfogo verbale.
Il chiarore di Cole sul finestrino continuò a sorridere debolmente finché Catz non ebbe finito. — Adesso va meglio? — le chiese, quando lei piombò nel silenzio.
— Hai permesso che s’impossessasse di te — disse Catz, secca. Si era messa a sedere, le gambe distese sul tappeto.
— Non ho potuto farci niente — disse Cole. — Ma adesso sono con te. Sono ancora…
— Basta! Vuoi raccontarmi le solite balle tipo sarò-per-sempre-con-te-nello-spirito? Non m’interessano. Non voglio che tu te ne stia sempre qui con me. Continuerei a pensarci. Non ho intenzione di vivere come una monaca di clausura e di continuare a rimpiangere il mollusco che eri, Cole. Sono assolutamente decisa a fare l’amore tutte le volte che mi va, e non voglio che tu te ne stia qui attorno, invisibile, a spiarmi.
Cole rise. Catz, no.
Dopo un po’, Cole disse: — Dovevo raccontartelo.
Nella voce di lei c’era un tono di profonda amarezza, quando rispose: — Oh, capisco.
— Adesso devo tornare a San Francisco.
— Ci avrei scommesso.
— Ti aiuterò nella carriera. Credo di poter…
— Non farmi nessun favore — disse lei. Si alzò e raggiunse in fretta la porta. Uscendo, fece un gesto rabbioso verso il banco di registrazione, premette un pulsante: la musica registrata, la musica della band di Catz, zampillò nella stanza come un’esplosione gloriosa. Catz era scomparsa. Cole si fermò un attimo, ad ascoltare. Poi tornò a un’altra città, a un’altra musica.