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OTTAVO GIORNO
VENERDÌ 9 AGOSTO
148/119/02

RICERCA ULTIMISSIME
Parola(e) chiave: Neandertal

Il gruppo ambientalista Emerald Dawn ha denunciato l'inefficienza dei sistemi di controllo dell'Osservatorio dei neutrini di Sudbury, su cui ricadrebbe la responsabilità dell'attentato. Da parte sua, la direttrice dell'Osservatorio, Bonnie Jean Mah, ha negato che si sia verificata un'esplosione, dichiarando che la distruzione dell'impianto è stata causata da un improvviso e imprevedibile afflusso di aria…

Questa mattina sul sito commerciale eBay sono state messe all'asta le radiografie del cranio di Ponter Boddit. Le offerte hanno raggiunto i 355 dollari, ma la vendita è stata sospesa in seguito alle dichiarazioni rilasciate alla CBS da un portavoce dell'ospedale regionale di Sudbury, che ha dichiarato trattarsi di un falso…

Ieri il dollaro canadese ha subito un ulteriore ribasso a causa dei persistenti contrasti con gli Stati Uniti, che si contendono con il Canada la giurisdizione sullo strano uomo delle caverne…

Secondo alcune indiscrezioni trapelate da ambienti vicini al dottor Montego, nel nord dell'Ontano, i Neandertal non condividerebbero le nostre teorie scientifiche sull'origine dell'universo. In particolare, sembra che non riconoscano la teoria più accreditata, quella del big bang, cosa evidentemente molto gradita ai sostenitori della creazione divina dell'universo…

Voci non confermate sostengono che la Russia avrebbe inviato nel Nord dell'Ontano alcuni ICBM dotati di armi nucleari. 'Se sul nostro pianeta si è abbattuta un'epidemia, qualcuno dovrà pure intervenire, per il bene di tutta l'umanità, sterilizzando le zone infette,' ha dichiarato un certo Yuri A. Petrov su un newsgroup in Internet che si occupa di sanità internazionale…

Ponter Boddit ha accettato di effettuare il primo lancio allo SkyDome, dove giovedì prossimo i Blue Jays affronteranno i New York Yankees…

Secondo un sondaggio della CNN, le tre prime tre domande che la gente vorrebbe porre al Neandertal sono: Come sono fatte le donne nel tuo mondo? Cosa è accaduto alla nostra specie nel tuo mondo? Credi in Gesù Cristo?


La compagna di Adikor, Lurt, aveva il diritto di visionare il proprio archivio degli alibi in qualsiasi momento. L'ultima volta era stato pochi mesi prima, quando una sua collaboratrice aveva accidentalmente cancellato una formula che lei aveva scritto su una lavagna. Invece di ricavarla di nuovo, l'aveva recuperata semplicemente recandosi all'archivio, dove aveva visionato le immagini che mostravano la formula.

Per questo Lurt sapeva che il suo cubo era sistemato nel contenitore numero 13.997: non fu quindi necessario che la Custode degli alibi facesse la ricerca sul computer. La donna si limitò ad accompagnarla, dopodiché Lurt mise il suo Companion di fronte all'occhio blu pronunciando la frase di rito: «Io, Lurt Fradlo, desidero visionare il mio archivio degli alibi per semplice curiosità. Registrazione dell'ora di apertura.»

L'occhio divenne giallo, identificandola.

A sua volta l'archivista puntò il suo Companion e disse: «Io, Mabla Dabdalb, Custode degli alibi, attesto che la qui presente Lurt Fradlo è stata identificata in mia presenza. Registrazione dell'ora di apertura.»

L'occhio divenne rosso emettendo un segnale acustico.

«Tutto a posto. Puoi usare il proiettore della sala quattro» disse Mabla. La sala quattro era una stanzetta con una sola sedia. Lurt immaginò che da qualche parte, in una sala come quella, un addetto alla sorveglianza stesse controllando in tempo reale le trasmissioni del Companion di Adikor.

Ma se era possibile visionare in diretta le immagini da parte di terzi, non si poteva registrare il presente e contemporaneamente visionare le immagini del passato.

Azionò i comandi, selezionando un giorno a caso: la bolla olografica si riempì di immagini banali che la mostravano nel suo laboratorio. Mentre le immagini scorrevano, uscì dalla stanza, come per andare al bagno. In un corridoio deserto si guardò intorno, infilò un paio di guanti, tirò fuori il piccolo congegno che aveva portato con sé, lo attivò e lo gettò in un contenitore per il riciclaggio di materiale usato. Poi si sfilò i guanti.

Bolbay aveva torto, pensò mentre tornava fischiettando nella sala quattro. Il luogo perfetto dove commettere un omicidio non era nelle viscere della terra, ma proprio lì, nell'edificio degli archivi, dove nessuno poteva vederti perché il tuo cubo degli alibi era in funzione, quindi non poteva registrare…

Inizialmente, per ottenere l'effetto desiderato aveva pensato di usare il solfato d'idrogeno, ma una concentrazione superiore a 500 parti su un milione poteva essere fatale in breve tempo. Quindi aveva preso in considerazione il muschio artificiale di moffetta, ma la formula era troppo complessa: trans-2-butilene-1-tiolo, 3-metile-1-butilenetiolo, trans-2-buteniltioacetato, e altro ancora. Alla fine aveva deciso per il solfato di ammonio, usato spesso da quei bambini che non hanno ancora imparato che il Companion registra tutte le loro marachelle.

A pensarci, un olfatto così sviluppato aveva certo i suoi svantaggi: aveva sentito dire che la ragione per cui la sua specie, a differenza degli altri primati, mangiava pochissimi vegetali era la difficoltà a tollerare le flatulenze prodotte da una dieta a base di verdure.

Rimase in attesa, le narici dilatate. Probabilmente fu la prima a sentire l'odore, anche se la stanza dove stava visionando il cubo era piuttosto lontana dal luogo in cui aveva lasciato il congegno, ma evitò di dare l'allarme. Rimase seduta finché non sentì qualcuno accorrere, quindi lasciò la sala, trattenendo i conati di vomito procurati dall'insopportabile odore. Un tipo grande e grosso uscì di corsa da una stanza, la mano sul naso. Lurt pensò che fosse l'addetto alla sorveglianza di Adikor, e ne ebbe la conferma quando dal corridoio intravide nell'ologramma a bolla l'immagine di Jasmel e Adikor che uscivano di casa.

«Cos'è questa puzza terribile?» disse la Custode degli alibi con una smorfia che le deformava il viso.

«È terribile!» disse un altro, facendosi largo a forza verso l'uscita.

«Aprite le finestre! Aprite le finestre!» gridò un terzo.

Lurt si unì al gruppo che si affrettava verso l'uscita. Ci sarebbe voluta qualche ora prima che quella puzza si disperdesse e i locali fossero di nuovo agibili.

Sarebbe bastato ad Adikor per mettere in atto il suo progetto?


Il giorno seguente Mary si recò all'università Laurenziana; aveva finalmente deciso di liberarsi una volta per tutte dei giornalisti che presidiavano l'ingresso del suo albergo. I reporter erano rimasti delusi di non aver incontrato Ponter. Reuben aveva dichiarato che il Neandertal aveva bisogno di riposo, e aveva fatto in modo di depistare la stampa. Quella sera stessa Mary lo aveva accompagnato di nuovo a casa di Reuben.

Quando alle dieci e trenta, nel corridoio di fronte ai laboratori di genetica, si imbatté in Louise Benoìt, ne fu molto sorpresa. La ragazza indossava un paio di attillatissimi pantaloncini corti di cotone e una maglietta bianca con un nodo alla cintola che metteva a nudo il ventre piatto. Be', pensò, faceva sì un caldo micidiale, ma così conciata sembrava proprio che se la stesse cercando…

No!

Si maledì per averlo pensato; una donna poteva vestirsi come voleva, avere il diritto di essere lasciata in pace e potersi muovere liberamente senza subire molestie di nessun genere. Decise di mostrarsi cordiale, e la salutò con quelle poche parole di francese che conosceva: «Bonjour. Comment ça va?»

«Bene, grazie. E lei?»

«Bene. Che fa di bello da queste parti?»

«Sono andata a trovare degli amici del dipartimento di fisica. In questo periodo non ho molto da fare all'osservatorio. Hanno finito di drenare la camera di rilevamento, e la ditta costruttrice della sfera di acrilico si sta occupando della sua sistemazione, ma ci vorranno ancora delle settimane. Così ho pensato di discutere di una certa idea con un paio di persone, per vedere se potevano danni qualche dritta.»

Mary si avvicinò a un distributore automatico per prendere una busta di patatine al malto e aceto, un vizio che poteva permettersi solo dal punto di vista economico, ma che da lungo tempo si concedeva, iniziando la settimana lavorativa con una confezione da 43 grammi.

«E gliel'hanno data?»

Louise scosse il capo.

«L'idea è buona?»

«Suppongo di sì» rispose Louise. Mary frugò nella borsa in cerca di spiccioli, tirò fuori un dollaro e un quarto e lo inserì nel distributore automatico, mentre la giovane ricercatrice prendeva del caffè da un altro distributore.

«Si ricorda quella riunione nella sala conferenze della Inco?» disse Louise. «Be', come dissi allora, le teorie della meccanica quantistica sull'esistenza di universi paralleli affermano che ogniqualvolta un evento quantistico può prendere due direzioni, allora le prende effettivamente.»

«Una scissione della sequenza temporale?» chiese Mary sedendosi sul bracciolo di una poltroncina imbottita in vinile.

«Oui» disse Louise. «Be', ne abbiamo parlato parecchio con Ponter.»

«Sì, lo aveva detto infatti, ma non ci avevo fatto caso» ricordò Mary.

«Era sera tardi, e…»

«È tornata nella sua stanza dopo la lezione di inglese?» chiese Mary, incredula dell'impeto di… o mio Dio, gelosia, che l'aveva colta.

«Certo. Lo sa che mi piace stare sveglia la notte. Ero curiosa di saperne di più sulle cognizioni di fisica dei Neandertal.»

«E allora?» volle sapere, sforzandosi di mantenere fermo il tono della voce.

«Be', è molto interessante» disse Louise mentre sorseggiava il caffè. «Qui da noi ci sono due principali interpretazioni della meccanica quantistica: quella di Copenaghen e quella dell'esistenza di mondi paralleli di Everett. La prima conferisce un ruolo fondamentale all'osservatore, la cui coscienza influenzerebbe la realtà. Be', questa idea mette a disagio un sacco di ricercatori, e da alcuni è vista come un ritorno al vitalismo. La teoria di Everett elabora questo concetto, affermando che i fenomeni quantistici provocano una continua scissione dei mondi, ma gli effetti di queste interazioni quantistiche hanno luogo ognuno in un universo differente. Non è l'osservatore a determinare la realtà, bensì ogni realtà concepibile come esistente, esiste di per sé.»

«Capisco» disse Mary, più che altro per fermare quel fiume in piena.

«Be', Ponter e la sua gente hanno elaborato una teoria unica di meccanica quantistica, una sorta di sintesi delle nostre due. Anch'essa contempla l'ipotesi dell'esistenza di molteplici universi paralleli, ma non ritiene che tali universi siano il frutto di eventi quantistici casuali, bensì che siano creati dall'azione di osservatori consapevoli.»

«E perché noi non abbiamo elaborato questa sintesi?» chiese Mary alle prese con una patatina più grande delle altre.

«Probabilmente perché una serie di calcoli matematici rende incompatibili le nostre due teorie. Eppoi c'è sempre l'antico problema di deontologia professionale: i fisici che condividono la teoria di Copenaghen passano la vita a cercare di dimostrarne la validità, e lo stesso avviene per i seguaci di Everett. Non accade mai che facciano autocritica, ammettendo che potrebbero anche essere in errore.»

«Ah, è un po' come il dibattito esistente in antropologia tra la 'continuità regionale' e la 'sostituzione.'»

Louise annuì. «Se lo dice lei. Ma supponiamo che la teoria elaborata dai Neandertal sia giusta: sottintende che la coscienza e la volontà umane possono creare nuovi universi. Be', questa concezione porta al nodo focale della nascita dell'universo: in origine, presumibilmente al momento del big bang, doveva esserci un solo universo, che in un secondo momento ha cominciato a scindersi.»

«Credevo che Ponter non condividesse la teoria del big bang» disse Mary.

«Infatti, sembra che i loro scienziati ritengano che l'universo sia sempre esistito. Credono che, su larga scala, gli spostamenti verso il rosso dello spettro della luce stellare — la prova fondamentale della teoria dell'universo in continua espansione — siano proporzionali all'età e non alla distanza; cioè, la massa varia nel tempo. E credono anche che la struttura delle galassie e gli ammassi galattici siano stati prodotti da monopòli e da turbini di filamenti magnetici che hanno compresso il plasma. Ponter sostiene che la microonda cosmica di sottofondo — che noi riteniamo sia il residuo dell'esplosione del big bang - in realtà è il prodotto di elettroni intrappolati in questi forti campi magnetici che assorbono ed emettono le microonde. Questi continui processi di assorbimento ed emissione di miliardi di galassie hanno dissolto l'effetto, dando luogo allo sfondo uniforme che oggi percepiamo.»

«Le sembra possibile?»

Louise scrollò le spalle. «Non lo so, ho intenzione di approfondire l'argomento.» Bevve un sorso di caffè, quindi aggiunse: «Ma non è tutto. Quella notte Ponter mi ha detto un'altra cosa sorprendente.»

«Cosa?»

«Credo che lei gli abbia fatto vedere una funzione religiosa, vero?»

«Sì, alla TV.»

«Be',» disse accomodandosi sull'altra poltroncina «credo che quella notte abbia passato un sacco di tempo a guardare Vision TV, scoprendo i principi religiosi. Mi ha detto che la nostra teoria sull'origine dell'universo non è altro che un mito della creazione, come quello della Bibbia. 'In principio Dio creò il cielo e la terra…' e così via. 'Persino la vostra scienza è contaminata da questo errato dogma religioso,' mi ha detto testualmente.»

Anche Mary si accomodò sulla poltroncina. «Senta, la fisica non è la mia materia, ma credo che lei abbia ragione. Le ho appena parlato del dibattito esistente tra continuità regionale e sostituzione, che alcuni chiamano anche 'multiregionalismo' contrapposto alla teoria del 'fuori dall'Africa.' Alcuni sostenitori della teoria della sostituzione, tra cui io, sono ben consapevoli che essa ha origini fondamentalmente bibliche: l'umanità è nata in Africa, poi si è sparsa per il mondo, come fosse stata cacciata da un giardino, ed esiste una barriera invalicabile tra noi e tutte le specie animali viventi, incluse le altre attualmente esistenti del genere Homo.»

«Interessante» commentò Louise.

«E la stessa cosa vale per i sostenitori dell'altra teoria: anch'essi portano avanti una concezione biblica. Il parallelo tra la teoria del multiregionalismo e le dieci tribù di Israele è piuttosto evidente. Eppoi c'è l'ipotesi dell''Eva africana mitocondriale': gli esseri umani moderni derivano da una donna vissuta centinaia di migliaia di anni fa. Già il nome stesso, Eva, è sospetto: più che a una vera e propria teoria scientifica fa pensare al riferimento biblico.» Rimase un attimo in silenzio, poi si scusò per la digressione: «Comunque scusi, stava parlando delle teorie di fisica quantistica dei Neandertal.»

«Sì, infatti. Be', io dico questo: supponiamo che i Neandertal abbiano ragione riguardo alle modalità costitutive degli universi paralleli, ma non sul fatto che il nostro universo sia sempre esistito. Se quindi l'universo avesse davvero un'origine, la domanda fondamentale sarebbe: quando si è verificata la prima scissione?»

Mary aggrottò la fronte. «Be', uhm, non saprei. Direi la prima volta che qualcuno ha preso una decisione.»

«Giusto! Credo che sia proprio così! E quando è stata presa la prima decisione?» Ci pensò un attimo, poi aggiunse: «L'osservazione di Ponter è estremamente interessante: le nostre teorie scientifiche e la nostra visione del mondo coincidono con i miti della creazione; in effetti il big bang e il modello di evoluzione degli ominidi sono una sorta di moderne versioni della Genesi. E, a pensarci bene, anch'io sto facendo la stessa cosa: nella Bibbia, la prima decisione presa da qualcuno che non fosse Dio è stata quella di Eva quando ha colto la mela — il peccato originale — e, be', si può dire che quella decisione ha determinato la prima scissione dell'universo. Nella nostra evoluzione temporale, l'umanità è stata cacciata dal paradiso. In un'altra versione, questo non è avvenuto. In effetti, è un po' come il caso di Ponter, che si ritrova proiettato da una realtà a un'altra.»

Mary non la seguiva più. «Cosa vuole dire?»

«Mi riferisco a Maria; non a lei, professoressa Vaughan, Maria, la madre di Gesù. Lei è cattolica, vero?»

Mary annuì.

«L'ho capito dal crocifisso che porta al collo.» Mary abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Anche io sono cattolica» continuò Louise. «Quindi, essendo cattolica, è probabile che non commetta lo stesso errore che fanno molti sulla dottrina dell'immacolata concezione: la maggior parte delle persone credono che sia un'espressione fantasiosa per definire la verginità di Maria malgrado la maternità, ma non è così, no?»

«No» rispose Mary. «No, si riferisce al concepimento della stessa Maria. La ragione per cui poté dare alla luce il figlio di Dio fu perché lei stessa era stata concepita senza peccato originale: è il suo concepimento a essere immacolato.»

«Giusto. Ma come fa a nascere qualcuno senza peccato originale in un mondo in cui tutti discendono da Adamo ed Eva?»

«Non ne ho idea» rispose Mary sinceramente.

«Non capisce? È come se Maria provenisse da un altro universo dove Eva non aveva mai colto la mela, l'Uomo non era mai caduto e la gente viveva senza la macchia del peccato originale.»

Mary annuì, tutt'altro che convinta. «Si potrebbe anche metterla così.»

Louise sorrise. «Be', le dimostro meglio questo parallelo tra Ponter e la vergine Maria. Torniamo un attimo a quanto dicevo prima: se Ponter ha ragione, e l'universo si sdoppia ogni volta che si prende una decisione, quando è avvenuta la prima scissione? E lei ha risposto: la prima volta che qualcuno ha preso una decisione. Ma quando avvenne questo? Non nella Bibbia, ma, diciamo, nella realtà…»

Mary pescò un'altra patatina nella busta. «Mamma mia, non lo so! La prima volta che un trilobite ha deciso di andare a sinistra invece che a destra?»

Louise poggiò il caffè sul tavolino. «No, non credo sia stato questo. I trilobiti non avevano volontà; come tutte le altre forme primitive di vita, erano solo delle macchine chimiche. In un suo libro, riferendosi alla teoria del caos, Stephen Jay Gould ipotizza che se si riavvolgesse il nastro della vita, si otterrebbero risultati diversi da quelli attuali. Ma è in errore. Se metti mille volte un trilobite davanti allo stesso bivio, andrà sempre dalla stessa parte. Un trilobite non pensa, non ha consapevolezza. Si limita a processare gli input dei suoi sensi seguendo gli ordini che questi gli impartiscono. Non opera nessuna scelta. Piuttosto, Gould ha ragione quando sostiene che se cambiassimo le condizioni iniziali gli esiti sarebbero radicalmente diversi, ma riavvolgere il nastro della vita e farlo ripartire così com'è non cambierebbe nulla; sarebbe come riavvolgere la videocassetta di Via col vento e riguardarla un'ennesima volta: comunque, Rhett e Rossella non rimarranno insieme. Credo che delle vere e proprie decisioni — scelte effettive, che presuppongono una reale consapevolezza — si siano verificate molto, molto tempo dopo. Sono convinta che i primi esseri completamente consapevoli su questo pianeta siamo stati noi, la specie dell'Homo sapiens.»

«Prima di noi ci sono state diverse specie umane caratterizzate da comportamenti che presupponevano una certa complessità intellettuale» obiettò Mary. «Homo ergaster, Homo erectus, Homo abilis, perfino l'australopiteco e il Kenyanthropus.»

«Be', mi rendo conto che siamo nel suo campo, professoressa Vaughan…» Mary si meravigliò di non averla mai invitata a chiamarla per nome malgrado tutto il tempo trascorso insieme rinchiusi a casa di Reuben «ma su Internet ho letto un bel po' di questa roba. E, dall'idea che mi sono fatta, i comportamenti di tutte quelle specie primitive non erano più sofisticati di quelli di un castoro che costruisce una diga.»

«Hanno costruito degli utensili» ribatté Mary.

«Oui. Ma non si trattava forse di utensili costruiti in serie, virtualmente identici, prodotti a migliaia nei secoli, tutti con la stessa forma, che presupponevano la stessa idea di base?»

«Be', questo è vero» convenne Mary.

«Naturalmente nel caso dei manufatti litici dovevano esserci per forza delle differenze casuali dovute alla difficoltà della lavorazione della pietra. Se fosse esistita una qualche forma di consapevolezza, gli ominidi avrebbero dovuto accorgersi che alcuni oggetti erano migliori di altri anche senza aver apportato miglioramenti alla forma standard. È un po' come per l'invenzione della ruota: non è stata ideata tout court, probabilmente si è cominciato con un manufatto a cinque facce, poi si è visto che a sei rotolava meglio, finché si è arrivati alla forma completamente tonda.»

Mary annuì.

«Senza consapevolezza, non si è in grado di capire che una versione diversa dal modello originale prodotto in serie potrebbe essere migliore. I reperti archeologici a nostra disposizione non mostrano variazioni o miglioramenti consapevoli nel tempo. E l'unica spiegazione che mi viene in mente è che i miglioramenti apportati al modello originale non erano frutto di una scelta: chi costruiva quegli oggetti non era consapevole, non era in grado di rendersi conto che quel particolare modo di scheggiare la pietra produceva uno strumento migliore rispetto al procedimento consueto. Il modello era immutabile.»

«È un ragionamento interessante» disse Mary sinceramente ammirata.

«Quando siamo di fronte a un comportamento complesso e ripetitivo degli animali, come la costruzione di una diga, lo chiamiamo istinto: e questo secondo me vale anche per la costruzione di utensili da parte dei primi ominidi. No, sono convinta che fino alla comparsa dell'Homo sapiens non si possa parlare di consapevolezza, e — qui è l'arcano — anche per i successivi sessantamila anni.»

«Che cosa intende?»

«Quando è apparso il primo uomo anatomicamente uguale a noi?» le chiese Louise riprendendo il bicchiere di caffè.

«Circa centomila anni fa.»

«Ho letto la stessa cosa sul Web. Quindi, ho capito bene? Centomila anni fa per la prima volta fecero la loro comparsa delle creature molto simili a noi, che camminavano su due gambe. Creature, a giudicare dai cranii ritrovati, con il cervello avente la stessa forma e grandezza del nostro, giusto?»

«Sì, è così» confermò Mary che aveva finito le patatine. Tirò fuori un fazzolettino dalla borsa e si nettò le dita unte.

«Ma» continuò Louise «a giudicare da quanto ho letto, per almeno sessantamila anni non manifestarono una particolare capacità intellettiva, limitandosi a seguire comportamenti fondamentalmente istintuali. Finché, quarantamila anni fa, avvenne qualcosa che cambiò radicalmente la situazione.»

«Il grande balzo in avanti!» esclamò Mary spalancando gli occhi.

«Esatto!»

Mary sentì il cuore in gola. Il grande balzo in avanti era l'espressione con la quale alcuni antropologi denominavano il grande risveglio culturale avvenuto quarantamila anni fa, che altri invece chiamavano la rivoluzione del paleolitico superiore. Come aveva detto Louise, i primi esseri umani con le stesse caratteristiche fisiche dell'uomo moderno erano comparsi già da circa seicento secoli, ma non avevano prodotto manufatti artistici, non indossavano monili, e non inumavano i morti con oggetti di nessun genere. Ma improvvisamente, a partire da quarantamila anni fa, gli esseri umani cominciarono a dipingere splendide scene sulle mura delle caverne, a indossare collanine e braccialetti e a seppellire i propri cari con cibo e oggetti di valore di varia natura che si credeva potessero essere utili ai defunti nell'altro mondo. Arte, moda e religione fecero simultaneamente la loro comparsa: davvero un grande balzo in avanti.

«Quindi vorrebbe dire che quarantamila anni fa qualche Cro-Magnon ha improvvisamente cominciato a fare delle scelte, determinando la prima scissione dell'universo?»

«Non proprio» rispose Louise, che si era alzata a prendere un secondo caffè. «Il nodo da sciogliere è stabilire cos'è che ha dato il via al grande balzo in avanti.»

«Nessuno può dirlo» disse Mary.

«Si tratta di un punto di svolta testimoniato dai reperti archeologici, che segnano la nascita della consapevolezza dell'umanità, vero?»

«Suppongo di sì» rispose Mary.

«Ma a quel momento non si accompagna nessuna mutazione fisica di rilievo; non apparve all'improvviso una nuova forma di umanità che tutto a un tratto cominciò a creare opere d'arte. Cervelli dotati di una consapevolezza in embrione esistevano già sessantamila anni fa, ma non erano in grado di attivare questa funzione. Finché non accadde qualcosa.»

«Sì, il grande balzo in avanti. Ma come ho già detto, nessuno sa cos'è che l'ha determinato.»

«Ha mai letto The Emperor's New Mind di Roger Penrose?»

Mary scosse il capo.

«È un matematico di Oxford. Sostiene che la coscienza umana segue i principi di meccanica quantistica»

«E con ciò cosa intende?»

«Che quello che noi comunemente crediamo siano l'intelligenza e la sensibilità non è determinato dalle sinapsi dei neuroni, o da spiegazioni altrettanto primitive, bensì da particolari processi quantistici. Insieme a un certo Hameroff, un anestesiologo, sostiene che la superimposizione quantistica di elettroni isolati nei microtuboli delle cellule cerebrali determina il fenomeno della coscienza.»

«Ah!» fece Mary dubbiosa.

«Be', non capisce?» disse Louise sorseggiando il secondo caffè. «Questa teoria è in grado di spiegare il grande balzo in avanti. Probabilmente centomila anni fa i nostri cervelli erano gli stessi di oggi, ma la coscienza si attivò solo quando si verificò il fenomeno di meccanica quantistica, probabilmente dovuto al caso: l'unica scissione che ha dato vita a un nuovo universo è avvenuta proprio nel modo ipotizzato da Everett.»

Mary annuì; era una teoria estremamente interessante.

«E i fenomeni quantistici, per la loro stessa natura, danno luogo a una molteplicità di risultati» continuò Louise. «Quella fluttuazione quantistica, o qualunque cosa fosse, potrebbe aver attivato la consapevolezza nell'Homo sapiens, o anche nell'altra specie umana esistente quarantamila anni fa, l'uomo di Neandertal. Il primo sdoppiamento dell'universo sarebbe quindi avvenuto per un caso fortuito, un colpo di fortuna quantistico. Nel nostro mondo, le capacità di pensiero e di cognizione si attivarono in un nostro progenitore, nel mondo di Ponter in un suo avo. Ho letto che i Neandertal sono comparsi sulla terra circa duecentomila anni or sono, è vero?»

Mary annuì.

«Ed erano dotati di una calotta cranica superiore alla nostra?»

Mary annuì di nuovo.

«Ma nella nostra versione del mondo, nel nostro percorso evolutivo, la scintilla della consapevolezza nei cervelli dei Neandertal non si è mai accesa. Nei nostri invece sì, e questo ci conferì quel margine di superiorità — ingegnosità e conoscenza della realtà circostante — che ha determinato il nostro trionfo sulla loro specie, rendendoci padroni del mondo.»

«Ah! Ma nel mondo di Ponter…»

Louise annuì. «Nel mondo di Ponter è avvenuto l'esatto contrario: sono stati i Neandertal ad acquisire la consapevolezza e a sviluppare la cultura, l'arte e… l'ingegnosità. Lì sono stati loro a compiere il grande salto in avanti, mentre la nostra specie è rimasta allo stato semi-selvaggio come nei sessantamila anni precedenti.»

«Be', è un'ipotesi plausibile» disse Mary. «Potrebbe scriverci un bel saggio.»

«Anche qualcosa di più» replicò Louise mandando giù un sorso di caffè. «Se questa ipotesi fosse esatta, il nostro amico potrebbe tornare a casa.»

«Cosa?» esclamò Mary sentendosi mancare.

«L'ipotesi si basa in parte su quanto mi ha detto Ponter, in parte sulle nostre conoscenze fisiche. Supponiamo che l'universo non si sdoppi come fosse un'ameba, dove la cellula madre cessa di esistere, ma con un processo simile a quello che presiede la riproduzione dei vertebrati: cioè, l'universo originale continua a vivere anche dopo la creazione di un nuovo universo.»

«E questo cosa comporterebbe?»

«Be', se così fosse gli universi non avrebbero la stessa età. Apparirebbero perfettamente identici, ma l'uno avrebbe dodici miliardi di anni, e l'altro… be', poche ore di vita, e pur essendo giovanissimo dimostrerebbe anch'esso dodici miliardi di anni.»

Mary aggrottò la fronte. «Uhm, Louise, qualcosa mi dice che lei non crede alla teoria della creazione, eh?»

«Oui?» fece la ragazza, che poi scoppiò a ridere. «No, no, capisco a cosa allude, ma la mia è un'argomentazione prettamente fisica.»

«Se lo dice lei. Ma se tutto ciò fosse vero, Ponter come potrebbe tornare a casa?»

«Be', mettiamo che questo universo, quello in ci troviamo in questo momento, sia quello originale, che quindi sia stato l'Homo sapiens a sviluppare la consapevolezza; allora tutte le altre miriadi di universi abitati da Homo sapiens dotati di consapevolezza sono figli o nipoti o pronipoti del nostro.»

«È un'ipotesi un po' troppo ardita» opinò Mary.

«Lo sarebbe se non avessimo prove. Ma abbiamo la dimostrazione che il nostro universo è speciale: il fatto che Ponter sia finito proprio qui, anziché in altri mondi. Quando il suo computer quantistico ha processato tutte le altre versioni di se stesso esistenti in altri universi, cosa ha fatto? Be', ha individuato tutti gli universi diversi dal suo, e ha selezionato proprio quello che in origine si era separato dagli altri, quello cioè che quarantamila anni prima aveva intrapreso una strada diversa, con un tipo di umanità diversa. Ma non appena raggiunto un universo dove non esisteva un computer quantistico, esattamente nello stesso posto dove era stato tentato l'esperimento, il processo di fattorizzazione è fallito, e il contatto tra i due mondi si è interrotto. Ma se la gente di Ponter ripetesse esattamente l'esperimento che lo ha proiettato qui, penso che ci sarebbe una reale possibilità di ricreare il passaggio tra i due universi.»

«In queste sue ipotesi ci sono troppi se» rifletté Mary. «E comunque, se potessero davvero ripetere l'esperimento, perché non l'hanno già fatto?»

«Non lo so» si arrese Louise. «Ma se ho ragione, il varco verso il mondo di Ponter potrebbe aprirsi di nuovo.»

Mary sentì una fitta allo stomaco — non erano certo le patatine che aveva mangiato -, disorientata dal marasma di sensazioni che quell'ipotesi le scatenava.

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