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— Sono due i motivi per cui un paziente potrebbe sottoporsi alla chemioterapia — disse a Susan e a me la dottoressa Katarina Kohl, poco dopo la diagnosi. — Il primo è la speranza di eliminare il cancro. — Guardò me, poi Susan, poi di nuovo me. — Ma vi dirò la verità. Tom, nel suo caso le probabilità sono molto scarse. Di rado il cancro al polmone viene sconfitto.

— Allora niente chemioterapia — dissi subito. — Non voglio passare tra le sofferenze quel poco di vita che mi resta.

La dottoressa Kohl sporse le labbra. — Indubbiamente la decisione spetta a lei — disse poi. Rivolse un cenno a Susan. — A tutti e due. Ci sono però degli equivoci, la chemioterapia può essere anche un palliativo: ecco è il secondo motivo da tenere presente.

Mossi le labbra a formare la parola palliativo. La dottoressa Kohl annuì. — Probabilmente soffrirà parecchio nei prossimi mesi, Tom. La chemioterapia può ridurre la sofferenza riducendo la massa dei tumori.

— Lei cosa farebbe al mio posto? — domandai.

La dottoressa Kohl si strinse nelle spalle. — Se fossimo negli Stati Uniti… se lei non avesse assicurazione medica e dovesse pagare di tasca sua la chemioterapia, forse ne farebbe a meno e si rassegnerebbe a convivere con i dolori… anche se, in un caso e nell’altro, le prescriverei degli analgesici per resistere meglio. In genere, quando ho a che fare con carcinomi polmonari a grandi cellule, uso composti di platino… e sono medicinali molto costosi. Però dal momento che l’ohip pagherà l’intera cura, le suggerisco di prenderli. Useremo cis-platino in combinazione con etoposide di vinblastina o mitomicina-C. I composti di platino devono essere somministrati in ospedale, ma sono la scommessa migliore nei casi di cancro al polmone.

— Effetti collaterali? — domandai.

— Possibile nausea. Perdita parziale o totale dei capelli.

—Voglio lavorare il più a lungo possibile.

— La chemioterapia può aiutarla. Non le prolungherà la vita, ma può renderla più produttiva.

Ricky adesso andava a scuola a tempo pieno e Susan aveva il suo impiego. Se avessi continuato a lavorare, anche per qualche mese, sarebbe stato meglio che rimanere a casa e avere bisogno di cure continue.

— Non prenda subito una decisione — disse la dottoressa Kohl. — Ci rifletta. — Ci diede da leggere alcuni opuscoli.

Hollus credeva in Dio. T’kna credeva in Dio. E io?

— Forse mi lascio condizionare troppo dalla parola Dio — dissi a Hollus, una volta tornati nel mio ufficio.

— Certo, se ipotizzi che nell’evoluzione sulla Terra abbia interferito una fonte esterna, non posso dire che ti sbagli. In fin dei conti tu stesso mi hai detto che c’erano alieni intelligenti in questa parte della galassia, tre miliardi di anni fa.

— Sì, la razza di Eta Cassiopeae A III.

— Quelli che fecero esplodere la loro luna, no?

— No, quelli erano gli abitanti di Mu Cassiopeae A I, a 5,5 anni luce da Eta Cassiopeae.

— Ah. Bene, gli esseri di Eta Cassiopeae, diciamo di Eta Terzo per semplificare, avevano una civiltà tecnologica già tre miliardi di anni fa, quando sul mio pianeta la vita era appena agli inizi. A quel tempo non avrebbero certamente avuto difficoltà a venire qui.

— Sorvoli su un mucchio di tempo — disse Hollus.

— Tu stesso hai detto che la vita qui esisteva almeno ottocento milioni, se non un miliardo, di anni prima di tre miliardi di anni fa.

— Be’, sì, ma…

— E ovviamente a quel tempo il nostro sole, Beta Hydri, non si era ancora formato; come ti ho già detto, conta solo 2,6 miliardi di anni, perciò nessun abitante di Eta Terzo potrebbe averlo visitato.

— Forse allora non erano quelli di Eta Terzo, ma è possibile che esseri di un’altra stella siano venuti qui o sul vostro pianeta o su quello dei Wreed. Tutte le azioni che attribuisci a Dio possono essere opera di alieni progrediti.

— La tua tesi presenta due problemi — disse educatamente Hollus. — Primo, anche se escludi la necessità di Dio negli eventi recenti… eventi degli ultimi miliardi di anni; eventi accaduti dopo la comparsa, in questo universo, di altri osservatori consapevoli… non hai fatto niente per escludere la necessità di un progettista che abbia stabilito i valori delle cinque costanti fondamentali, le proprietà termiche dell’acqua e così via. Quindi, ciò che fai è contrario al rasoio di Occam di cui hai parlato: accresci, non riduci, il numero di entità che hanno influenzato la tua esistenza: un inevitabile dio per creare l’universo ed eventuali entità minori che in seguito abbiano manipolato lo sviluppo della vita.

Rimase in silenzio un istante. — Secondo — riprese — non devi dimenticare le estinzioni di massa evidentemente orchestrate per verificarsi simultaneamente nei nostri tre pianeti: la più antica avvenne 440 milioni di anni fa; la più recente, 65 milioni di anni fa. C’è un arco di 375 milioni di anni… eppure come abbiamo trovato, la durata di vita di una razza intelligente, misurata dal punto in cui ha inventato la radio, non supera a quanto pare un paio di centinaia d’anni: poi la razza si autodistrugge o scompare.

— D’accordo — dissi. — Forse í parametri fondamentali sono stati davvero stirati per creare un universo in grado di dare origine alla vita.

— Non si tratta di supposizione — dichiarò Hollus.

— L’universo è stato chiaramente progettato per generare la vita.

— E va bene. Ma se accettiamo questa premessa, di sicuro l’unico fine del creatore non può essere quello di creare la vita. Bisogna pensare che il tuo progettista putativo volesse non solo la vita, ma la vita intelligente! La vita non intelligente in realtà è niente di più che chimica complessa. Solo quando sviluppa l’intelligenza, la vita diventa davvero interessante.

— Dichiarazione bizzarra, per uno che studia í dinosauri — osservò Hollus.

— Non proprio. In fin dei conti í dinosauri scomparvero 65 milioni di anni fa. Solo grazie all’avvento della vita intelligente sappiamo che sono esistiti. Ma ti avvicini al punto che volevo sostenere. — Cercai una metafora appropriata. — Sai cucinare?

— Cucinare? Vuoi dire ricavare cibo da materiali grezzi?

— Sì.

— No.

— Be’, io cucino, o almeno cucinavo. Ci sono pietanze che non puoi fare col semplice sistema di mettere nella pentola tutti gli ingredienti insieme fin dall’inizio. Se vuoi cucinarle, devi intervenire durante la cottura.

Hollus rifletté. — Ipotizzi allora che in nessun modo il creatore avrebbe potuto ottenere vita intelligente senza intervento diretto? Molti spiriti religiosi obbietterebbero a questo concetto, perché l’intervento occasionale implica un Dio che sia solitamente assente dall’universo.

— Non voglio implicare niente — dissi. — Mi limito ad analizzare l’assunto insito nelle tue convinzioni. I dinosauri hanno dominato la Terra più a lungo dei mammiferi, eppure non hanno mai raggiunto neppure lontanamente l’intelligenza. Col tempo il loro cervello si è ingrandito un poco, certo, ma perfino il più intelligente dinosauro mai vissuto… — presi il cranio del troodonte di Phil Currie, ora su uno scaffale alle mie spalle — non era più intelligente del più stupido mammifero. In realtà era impossibile che i dinosauri diventassero più intelligenti. Nei rettili non esiste quella parte del cervello dei mammiferi dove risiede l’intelligenza. Mi hai detto che le creature dominanti sul tuo pianeta fino a 65 milioni di anni fa, quei pentapodi, erano animali stupidi e che una situazione analoga si è avuta su Delta Pavonis.

— Sì.

— E i tuoi antenati di quel tempo erano, come i miei e quelli dei Wreed, creature di piccole dimensioni che vivevano ai margini dell’ecosistema.

— Giusto — confermò Hollus.

— Però quegli antenati avevano un cervello in grado di sviluppare l’intelligenza. I nostri antenati erano crepuscolari, si mettevano in attività al tramonto. Così svilupparono occhi grandi e complessa corteccia visiva. E ovviamente la capacità cerebrale per analizzare le immagini risultanti.

— Vuoi dire che l’infrastruttura per l’intelligenza può solo sorgere in quegli animali che si trovano, per usare le tue parole, ai margini di un ecosistema? Animali costretti a nutrirsi di notte?

— Forse. Se è così, allora l’intelligenza può solo realizzarsi se gli stupidi animali dominanti sono spazzati via.

— Può darsi — disse Hollus. — Ma… oh, capisco. Secondo te, le condizioni che potrebbero far nascere la vita e perfino far iniziare l’intelligenza potrebbero essere codificate nel progetto stesso dell’universo, ma è impossibile far emergere l’intelligenza, farla sviluppare e fiorire, senza intervento diretto.

Con mia stessa sorpresa, risposi: — Sì, è questa la mia ipotesi.

— Che spiega le estinzioni di 65 milioni di anni fa. Ma quelle precedenti?

— Chi lo sa? Forse erano indispensabili anch’esse per spostare l’ecosistema verso il conclusivo sviluppo dell’intelligenza. Sulla Terra, le estinzioni alla fine del permiano hanno contribuito a sgombrare il campo per rettili simili ai mammiferi, gli antenati dei mammiferi. La loro abilità di regolare la temperatura corporea era forse irrilevante, nel clima temperato esistente fino alla glaciazione che causò quelle estinzioni. Durante un evento glaciale, però, anche una primitiva capacità regolatrice della temperatura corporea sarebbe stata un grande vantaggio… e sospetto che la vera qualità del sangue caldo, che si evolse da quella capacità, è un altro requisito per l’intelligenza. Perciò l’estinzione del permiano fu un modo per accrescere notevolmente la percentuale di creature endotermiche, garantendo che non fossero spazzate via ed eliminate dal pool genetico.

— Ma come potrebbe il creatore forzare un’era glaciale? — domandò Hollus.

— Be, se presumiamo che alla fine del cretaceo abbia scagliato un asteroide su ciascuno dei nostri pianeti, al termine del permiano avrebbe anche potuto frantumare in orbita un paio di asteroidi per formare anelli intorno a ciascun pianeta. Un anello del genere, inclinato nel modo giusto, potrebbe ombreggiare notevolmente il pianeta e abbassare la sua temperatura quanto basta a provocare una massiccia glaciazione. Oppure il creatore potrebbe avere generato una nube di polvere che avviluppasse tutta questa parte della galassia, mettendo in ombra simultaneamente tutti i pianeti, il vostro, il nostro e quello dei Wreed.

— E le altre estinzioni di massa? — domandò Hollus.

— Altri aggiustamenti lungo la strada. Quella del triassico, per esempio, diede ai dinosauri, o alla loro controparte, il dominio del pianeta. Senza dinosauri a dominare l’ecosistema, i mammiferi o gli octopodi endotermici su Beta Hydri III e i vivipari come T’kna su Delta Pavonis II, non sarebbero mai stati costretti a condurre l’esistenza crepuscolare che favorì lo sviluppo di un cervello più grande. Occorre cervello, per sbarcare il lunario, quando non si è la specie dominante.

Faceva una certa impressione, ascoltare quell’enorme ragno nella parte dell’avvocato del diavolo.

— Ma l’unica prova diretta — disse infatti Hollus — che il creatore abbia manipolato l’evoluzione dopo l’inizio della vita è la coincidenza delle date delle estinzioni di massa su Beta Hydri III, Delta Pavonis II e Sol III. Certo, forse il creatore ha manipolato in modo analogo la vita nei sei pianeti abbandonati, ma di questo non siamo riusciti a trovare prova inequivocabile.

— Be’, forse in questo universo il caso può favorire davvero lo sviluppo dell’intelligenza. Esiste anche la probabilità che gli asteroidi cadano sui pianeti ogni dieci milioni di anni più o meno. Ma non ci sarà mai l’esistenza contemporanea di varie specie intelligenti, a meno di mandare all’aria la tabella di marcia… e non una volta sola, ma parecchie volte. Per tornare alla metafora culinaria, certo, forse un’insalata potrebbe comparire per caso… che so, il vento ammassa sufficienti verdure. E forse una bistecca può comparire spontaneamente… un fulmine colpisce una mucca nel modo giusto. E potrebbe spuntare anche il vino… fermentazione di grappoli accumulati in uno stesso posto. Ma è impossibile che tutto ciò avvenga nello stesso tempo… un bicchiere di vino, un’insalata e una bistecca… senza svariati interventi. La stessa cosa potrebbe essere vera nel caso della comparsa simultanea di svariate forme di vita intelligente.

— Questo però fa sorgere la domanda: perché Dio vuole l’esistenza contemporanea di svariate intelligenze?

Mi grattai il mento. — Buona domanda!

— Buona sul serio — disse Hollus.

Riflettemmo per un poco, ma nessuno di noi due aveva una valida risposta. Erano quasi le cinque del pomeriggio. — Hollus? — dissi.

— Sì?

— Posso chiederti un favore?

L’alieno smise di muovere i peduncoli oculari. — Quale?

— Vorrei che venissi con me a casa mia. Cioè, lasciami portare a casa il proiettore d’ologramma e farti comparire lì.

— A quale scopo?

— È… è ciò che fanno gli esseri umani. Invitiamo a pranzo gli amici. Conosceresti la mia famiglia.

— Amici… — disse Hollus.

All’improvviso mi sentii un idiota. Ero una creatura primitiva, al suo confronto; anche se la psicologia gli permetteva di provare affetto per altri, di certo Hollus non provava niente di speciale nei miei confronti. Ero solo un mezzo per raggiungere un fine.

— Scusami — dissi. — Non volevo disturbare.

— Nessun disturbo — replicò Hollus. — Sono lieto che tu provi per me il sentimento che provo io per te. — Agitò i peduncoli oculari. — Mi piacerebbe moltissimo conoscere la tua famiglia e vedere la tua casa.

Notai con sorpresa d’avere gli occhi umidi. — Grazie — dissi. — Grazie davvero. — Esitai. — Posso farli venire qui, se preferisci. Non dobbiamo per forza andare a casa mia.

— No, mi piacerebbe venire da te. La tua famiglia significa tua moglie Susan, giusto? — Ormai mi aveva sentito parlare con lei al telefono varie volte.

— E mio figlio Ricky. — Girai verso Hollus la piccola fotografia in cornice sulla scrivania.

L’alieno puntò i peduncoli oculari sulla foto. — Il suo aspetto non è simile al tuo.

— Figlio adottivo — spiegai, con una scrollata di spalle. — Non è il mio figlio naturale.

— Ah. Mi piacerebbe conoscerli tutt’e due. Stasera è troppo presto?

Sorrisi: Ricky avrebbe fatto salti di gioia. — Stasera va benissimo — risposi.

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