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Jimmy non si rese pienamente conto della grandiosità della sua impresa fin quando non ebbe raggiunto la riva del Mare Cilindrico. Finora aveva sorvolato un territorio noto, dove, in caso d'incidente, poteva sempre atterrare e tornare alla base a piedi.

Ma adesso era diverso. Se fosse precipitato in mare, sarebbe probabilmente annegato in quelle acque avvelenate, e se anche fosse riuscito ad atterrare felicemente nella zona meridionale, sarebbe stato impossibile per le squadre di soccorso riuscire a salvarlo nel breve tempo che restava prima che la Endeavour fosse costretta a lasciare Rama.

Jimmy sapeva benissimo che gli incidenti più prevedibili erano anche quelli che si sarebbero verificati più difficilmente. La regione sconosciuta che stava sorvolando poteva riservargli chissà quante sorprese. E se avesse incontrato creature volanti ostili alla sua intrusione? Nelle sue condizioni, avrebbe potuto sostenere, al massimo, uno scontro con un piccione. Qualche beccata sarebbe stata sufficiente a distruggere l'aerodinamica della Libellula.

Ma, pensò Jimmy, chi non risica non rosica. Milioni di uomini sarebbero stati felici di potersi trovare al suo posto, perché non solo sarebbe andato in posti che l'uomo non aveva mai visitato, ma che non avrebbe mai neanche più potuto visitare. In tutta la storia dell'umanità, sarebbe stato l'unico a visitare il continente meridionale di Rama. Bastava pensare a questo per scacciare la paura che lo assaliva di tanto in tanto.

Non gli ci era voluto molto per abituarsi a stare seduto a mezz'aria circondato da ogni parte da un mondo. Poiché era sceso di un paio di chilometri al di sotto del livello dell'asse centrale, aveva acquisito la sensazione esatta del su e del giù. La pianura si stendeva sei chilometri sotto di lui, e l'arco del cielo dieci chilometri sopra. La città di Londra stava lassù vicino allo zenit, New York, invece, era esattamente a perpendicolo sotto di lui.

Libellula - chiamò il Controllo Mozzo — siete un po' troppo in basso. Duemiladuecento metri dall'asse.

— Grazie — rispose Jimmy. — Prenderò quota. Avvertitemi quando sono a duemila.

Era uno spettacolo che valeva la pena di vedere. La tendenza a perdere quota era naturale, e Jimmy non disponeva di strumenti che gli indicassero la posizione esatta. Se si allontanava troppo dalla zona priva di gravità dell'asse, poi forse non sarebbe più riuscito a risalire. Per fortuna, il margine d'errore era molto ampio, e c'era sempre qualcuno che lo seguiva metro per metro al cannocchiale, dal mozzo.

Adesso sorvolava il mare, pedalando a venti chilometri all'ora. Fra cinque minuti si sarebbe trovato sopra New York: l'isola pareva una nave che navigasse in cerchio senza mai fermarsi, nel Mare Cilindrico.

Fece un giro sopra New York, fermandosi parecchie volte, perché la sua piccola telecamera potesse inviare agli altri immagini senza vibrazioni. Il panorama degli edifici, torri, impianti industriali, centrali per la produzione di energia (o qualsiasi altra cosa fossero), era affascinante ma privo di significato. Per quanto li esaminasse, non sarebbe mai riuscito a capirci niente. La telecamera avrebbe rilevato maggiori particolari di quanti poteva assimilarne la sua memoria, e forse un giorno, chissà quando, uno studioso avrebbe trovato, grazie a quelle immagini, la chiave dei segreti di Rama.

Lasciata New York compì la traversata dell'altro braccio di mare in un quarto d'ora. Pur senza rendersene conto, tendeva ad accelerare, sorvolando l'acqua, e appena ebbe raggiunta la riva meridionale, inconsciamente si rilassò, rallentando di parecchi chilometri all'ora. Si trovava in territorio sconosciuto, ma almeno sotto di lui c'era la terraferma.

Dopo aver superato lo strapiombo che formava l'argine meridionale del mare, riprese una panoramica completa, facendo compiere alla telecamera una rotazione di 360°.

— Bellissimo! — commentarono dal Controllo Mozzo. — I cartografi ne saranno felici. Come va?

— Bene… solo un po' stanco, ma non più del previsto. Quanto disto dal polo?

— Quindici chilometri e seicento metri.

— Avvertitemi quando arriverò a dieci. Farò una sosta. E state attenti che non scenda troppo. Comincerò a salire quando mancheranno cinque chilometri.

Venti minuti dopo, il mondo si chiudeva su di lui. Era arrivato al termine della sezione cilindrica e stava entrando nella cupola meridionale.

L'aveva esaminata per ore al telescopio, dal lato opposto di Rama, e ne conosceva a memoria la geografia. Ma nonostante questo, non era del tutto preparato allo spettacolo che lo circondava.

Le estremità opposte di Rama, Polo Nord e Polo Sud, differivano totalmente. Qui non c'erano tre gradinate, né una serie di strette terrazze concentriche, né una curva che scendeva dal mozzo alla pianura. Invece, c'era un grosso raggio, o aculeo centrale, lungo più di cinque chilometri, che si protendeva lungo l'asse. Altri sei, lunghi la metà, lo circondavano a distanza uguale uno dall'altro. Tutto l'insieme ricordava un gruppo di stalattiti simmetriche pendenti dal soffitto di una caverna, o, invertendo la visuale, le guglie di un tempio cambogiano che salivano dal fondo di un cratere.

A collegare questi picchi aguzzi, incurvandosi sotto di loro fino a scendere nella pianura cilindrica, c'erano archi rampanti così solidi all'apparenza che avrebbero potuto sostenere il peso di un mondo. E tale era forse la loro funzione, se costituivano gli elementi di qualche misterioso sistema di propulsione, come qualcuno aveva suggerito.

Jimmy si avvicinò cauto al picco centrale, smettendo di pedalare quando fu a una distanza di circa cento metri. Controllò il livello delle radiazioni, e vide che erano bassissime, come sempre su Rama. Però, non era improbabile che in quella zona agissero forze che nessuno strumento umano era in grado di rilevare… ma anche questo era un rischio inevitabile.

— Cosa vedete? — chiese con ansia il Controllo Mozzo.

— Il Big Horn. È liscio, e così aguzzo in punta che lo si potrebbe adoperare come ago. Ho paura di avvicinarmi troppo.

Scherzava, ma neanche tanto. Gli sembrava incredibile che un oggetto di quelle dimensioni potesse terminare con una punta così sottile e geometricamente così perfetta. Jimmy aveva visto collezioni di insetti infilzati con uno spillo, e non aveva il minimo desiderio che la Libellula facesse la stessa fine.

Pedalò lentamente fino a un punto in cui l'aculeo misurava alcuni metri di diametro, e si fermò. Dopo aver aperto un piccolo contenitore, ne estrasse una sfera grossa come una palla da tennis e la scagliò contro l'aculeo. Rotolando nell'aria, la palla si trascinava dietro un filo sottilissimo. La bomba-adesiva andò a urtare dolcemente contro la liscia superficie curva, senza rimbalzare. Jimmy diede uno strattone di prova al filo, poi un secondo, più forte, e finalmente, tirando, avvicinò la Libellula a quello che aveva battezzato Big Horn, finché riuscì a toccarlo con la mano.

— Sembra di vetro — riferì al Controllo Mozzo. — È liscio e leggermente caldo. Adesso provo a sistemare il microfono… Vediamo se la ventosa aderisce… Inserisco la spina… Sentite qualcosa?

Dopo una lunga pausa, dal Controllo Mozzo risposero: — Un bel niente, eccetto i soliti rumori termici. Volete provare a percuoterlo con qualcosa di metallico così possiamo sentire se è cavo?

— Ecco fatto. E adesso?

— Provate a volare rasente l'aculeo per mezzo chilometro per vedere se c'è qualcosa di diverso. Poi, se lo ritenete sicuro, avvicinatevi a uno dei Little Horns. Ma solo se siete sicuro di poter tornare in assenza di gravità senza problemi.

— Tre chilometri dall'asse. Forza di gravità appena superiore a quella della Luna… La Libellula è stata concepita per gareggiare sulla Luna. Dovrò pedalare un po' più forte, tutto qui.

— Jimmy, parla il Comandante. Ci ho ripensato. A giudicare dalle immagini inviate, gli aculei più piccoli sono uguali a quello grosso. Cercate di riprenderli come meglio potete con lo zoom. Non voglio che usciate dalla zona a bassa gravità se non per motivi eccezionali. Ne riparleremo a tempo debito.

— D'accordo, Comandante — rispose Jimmy, e c'era una sfumatura di sollievo nella sua voce. — Resto vicino al Big Horn. Riparto.

Gli pareva di precipitare a perpendicolo per una stretta valle in mezzo a un gruppo di montagne sottili, lisce e incredibilmente alte. Il Big Horn gli incombeva sopra per un chilometro, e i sei aculei minori lo circondavano da ogni parte. L'insieme degli archi rampanti simili a contrafforti che circondavano la base dei picchi si avvicinava rapidamente. Chissà se sarebbe riuscito ad atterrare felicemente in qualche punto di quell'architettura ciclopica.

Mentre si avvicinava al Polo Sud cominciò a crescere in lui l'impressione di essere un passerotto che volava sotto la volta di una immensa cattedrale. E chissà, forse era proprio un tempio di una religione sconosciuta. No, non era possibile, perché su Rama non erano state trovate tracce di espressione artistica, tutto era puramente funzionale. Forse i ramani erano convinti di conoscere i segreti fondamentali dell'universo, e non erano ossessionati dai desideri e dalle aspirazioni che tormentano l'umanità.

Jimmy era un tipo pratico, poco portato alla filosofia, e ritrovarsi a formulare idee così elevate lo spaventò un poco. Provando l'urgente bisogno di stabilire un contatto umano, chiamò il Controllo Mozzo per dare ragguagli.

— Ripetete, per favore, Libellula - gli risposero. — Non riusciamo a capire. La trasmissione è confusa.

— Ripeto: mi trovo in prossimità della base del sesto aculeo. Ho lanciato la bomba adesiva e adesso vado a esaminarlo da vicino.

— Sentiamo solo parzialmente. Voi ci sentite?

— Benissimo. Ripeto, benissimo.

— Per favore, contate.

— Uno, due, tre, quattro…

— Ricevuto solo in parte. Trasmettete per quindici secondi solo il segnale, poi riprendete a parlare.

— Pronto.

Jimmy attivò il segnale automatico che serviva a localizzarlo in qualunque punto si trovasse, e contò i secondi. Poi chiese preoccupato: — Cosa succede? Mi sentite, adesso?

Probabilmente non lo sentivano, perché l'operatore chiese una ripresa di quindici secondi. Solo dopo aver ripetuto due volte la domanda, Jimmy riuscì a farsi capire.

— Siamo contenti che possiate sentirci, Jimmy. Ma c'è qualche cosa di strano dalla vostra parte. Ascoltate la registrazione.

Jimmy ascoltò il noto fischio del suo segnale; sulle prime gli parve normalissimo, poi si verificò una strana distorsione. Il fischio di mille cicli arrivava modulato, a impulsi così bassi che si percepiva appena. Era un sussurro basso, profondo, di cui si percepiva ogni vibrazione. Anche le modulazioni si innalzavano e cadevano a intervalli di cinque secondi.

A Jimmy non passò neanche per l'anticamera del cervello che ci fosse un guasto nella sua trasmittente. Si trattava di un disturbo esterno, ma in cosa consistesse, non avrebbe saputo dirlo.

Anche il Controllo Mozzo brancolava nel buio, ma aveva un'ipotesi.

— Crediamo che ci sia una specie di campo molto intenso, probabilmente magnetico, con una frequenza di dieci cicli. Potrebbe essere abbastanza forte da risultare pericoloso. Meglio che vi allontaniate di lì, può darsi che si tratti di un fenomeno localizzato. Continuate a trasmettere il segnale, noi ve lo rinviamo. Così potrete dirci quando sarete uscito dalla zona d'interferenza.

Jimmy liberò in fretta la bomba adesiva e rinunciò al tentativo di atterraggio. Fece compiere un ampio cerchio alla Libellula mentre dagli auricolari gli veniva ritrasmesso il fischio del segnale. Dopo aver percorso pochi metri sentì che il disturbo diminuiva rapidamente. Come aveva ipotizzato il Controllo, si trattava di un fenomeno localizzato.

Si fermò quando era ormai appena percettibile, come una tenue pulsazione, allo stesso modo che un selvaggio avrebbe potuto ascoltare il ronzio di un trasformatore elettrico.

Qualunque fosse l'origine di quel rumore misterioso, e quale ne fosse il significato, Jimmy fu ben felice di uscire dalla zona in cui si verificava lo sconcertante fenomeno. Là, fra le gigantesche strutture architettoniche del Polo Sud, non era certo il posto più adatto per ascoltare, in completa solitudine, la voce di Rama.

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