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Libellula era senz'altro un bel nome. Le lunghe ali rastremate erano pressoché invisibili, salvo quando la luce le colpiva sotto certi angoli rifrangendosi in tutti i colori dell'arcobaleno. Si aveva l'impressione che il piccolo e delicato aeromobile fosse racchiuso dentro una bolla di sapone, l'involucro che avvolgeva l'aerociclo era una pellicola organica dello spessore di poche molecole, ma tuttavia abbastanza robusta da controllare e dirigere i movimenti a una velocità di cinquanta chilometri orari.

Il pilota, che era anche fonte di energia e guida, era sistemato su un sellino al centro di gravità, in posizione semi-reclinata per contrastare meglio la resistenza dell'aria. I comandi erano costituiti da un'unica barra che si poteva spostare avanti e indietro, a destra e a sinistra; l'unico strumento era un nastro con un peso, attaccato alla parte anteriore e che serviva a indicare la direzione del vento.

Dopo che l'aerociclo era stato montato, sul mozzo, Jimmy Pak non aveva permesso a nessuno di toccarlo. Mani inesperte avrebbero potuto strappare la sottilissima fibra e le ali iridescenti erano così belle che tutti provavano l'irresistibile tentazione di toccarle.

Guardando Jimmy che montava in sella, Norton cominciò a preoccuparsi. Se succedeva un guasto mentre l'aeromobile volava sul continente meridionale, Jimmy non avrebbe più potuto tornare alla base. Inoltre, con quella missione, veniva infranta una delle regole fondamentali dello spazio: un uomo sarebbe andato da solo a esplorare un territorio sconosciuto, e nessuno l'avrebbe potuto soccorrere. L'unica consolazione era che si sarebbe sempre tenuto in contatto via radio, e che loro lo avrebbero seguito a occhio nudo o coi cannocchiali per tutto il viaggio. Se gli fosse successo qualcosa, l'avrebbero saputo subito, e avrebbero anche saputo di cosa si trattava.

Ma nonostante i timori e i rischi, sarebbe stato assurdo rinunciare a quell'occasione. Era l'unica possibilità che avevano di sorvolare la parte meridionale di Rama e di vedere più da vicino i misteri del Polo Sud. Jimmy era perfettamente consapevole di quello che si accingeva a fare, lo sapeva meglio di chiunque altro dei suoi compagni. Quello era proprio un rischio che bisognava correre. E se avesse perso… be', rientrava nelle regole del gioco. Non si può vincere sempre.

— Ascoltatemi con attenzione, Jimmy — disse Laura Ernst. — Dovete stare molto attento a non stancarvi troppo. Ricordate che al livello dell'asse, qui, l'ossigeno è ancora molto scarso. Se doveste sentirvi a corto di fiato, fermatevi e respirate a fondo per trenta secondi, ma non di più.

Jimmy assentì distrattamente. Stava preparandosi alla partenza per il volo di collaudo. Il complesso timone-sollevatore, che formava un corpo unico montato su un'intelaiatura esterna lunga cinque metri, dietro l'abitacolo rudimentale, cominciò a girare di lato, gli alettoni a flap, posti a metà ali, si muovevano alternativamente su e giù. Jimmy avviò lentamente i pedali. L'ampio trasparente ventaglio dell'elica, anch'essa costituita come le ali da un leggerissimo scheletro coperto da una pellicola iridescente, cominciò a girare. Dopo pochi secondi era invisibile. La Libellula era partita.

Si sollevò dal mozzo, puntando in avanti, avanzando lentamente lungo l'asse di Rama. Quando ebbe percorso un centinaio di metri, Jimmy smise di pedalare. Faceva uno strano effetto vedere un veicolo così inconfondibilmente aerodinamico restare sospeso, immobile nel vuoto. Certo era la prima volta che si verificava una cosa simile, salvo forse, su scala ridotta, a bordo di una delle più grandi stazioni spaziali.

— Come va? — chiese Norton.

— Risponde bene ai comandi, ma la stabilità lascia a desiderare. So perché: manca la gravità. È meglio che scenda di un chilometro.

— Un momento… non ci sarà pericolo?

Perdendo quota, Jimmy, avrebbe sacrificato il vantaggio principale di cui godeva. Finché rimaneva esattamente sull'asse, sia lui sia la Libellula erano privi di peso, e volando, avrebbe potuto tenersi agevolmente sospeso, e perfino dormire, se ne avesse avuto voglia. Ma allontanandosi dalla linea centrale intorno alla quale Rama ruotava, sarebbe ricomparso lo pseudo-peso della forza centrifuga.

Perciò, a meno che non si mantenesse sulla linea dell'asse, avrebbe continuato a perdere quota e, contemporaneamente, ad acquistare peso. E quel processo in continua accelerazione poteva condurre alla catastrofe. La forza di gravità, sulla pianura di Rama, era doppia di quella in cui avrebbe dovuto operare la Libellula. Jimmy poteva anche atterrare senza danni, ma non sarebbe mai più riuscito a sollevarsi in volo.

Il giovane, però, aveva già pensato a tutto questo, e rispose in tono fiducioso: — Riesco a farcela senza difficoltà con un decimo di g. E poi la si può manovrare più agevolmente in un'atmosfera più densa.

La Libellula volteggiò attraverso il cielo descrivendo lentamente un'ampia spirale, che seguiva grosso modo l'andamento della scala Alfa. Da certi punti, il piccolo aerociclo era quasi invisibile: sembrava che Jimmy pedalasse furiosamente seduto nel vuoto. Talvolta avanzava con uno scatto a trenta all'ora, poi smetteva di pedalare fin quasi a fermarsi, manovrava i comandi, e tornava ad acquistare velocità. E stava sempre bene attento a tenersi lontano dalla superficie ricurva di Rama.

Risultò presto evidente che la Libellula era molto più maneggevole a bassa quota, non ondeggiava più alle svolte e si era talmente stabilizzata che le ali restavano parallele alla pianura. Jimmy completò alcune ampie orbite, poi riprese a salire e finalmente si fermò pochi metri al di sopra dei suoi compagni in attesa. Solo allora si accorse, un po' troppo tardi, che non sapeva come far atterrare quel suo leggerissimo velivolo.

— Vi dobbiamo lanciare una corda? — chiese Norton un po' sul serio e un po' per scherzo.

— No, Comandante, posso cavarmela da solo. Al Polo Sud non troverò nessuno ad aiutarmi.

Rimase un po' a pensarci sopra, poi calò pian piano la Libellula verso il mozzo pedalando per brevi tratti. Fra una pedalata e l'altra l'aerociclo rallentava rapidamente perché era contrastato dalla resistenza dell'aria. Quando fu a pochi metri dal mozzo, e la bicicletta continuava ancora a muoversi, Jimmy scese di sella e galleggiò verso la corda più vicina del reticolato che circondava il mozzo, l'afferrò, e si rigirò in tempo per afferrare la Libellula con l'altra mano. La manovra, eseguita con un tempismo perfetto, strappò un sincero applauso agli astanti.

— Ho fatto un po' di confusione — si affrettò a dire Jimmy — ma adesso ho capito come devo fare. Prenderò una bomba adesiva con una ventina di metri di cavo. Così potrò fermarmi dove voglio.

— Fatemi sentire il polso, Jimmy — ordinò Laura Ernst — e soffiate in questo sacchetto. Voglio anche un campione di sangue. Avete avuto difficoltà di respirazione?

— Solo a questa altezza. Ehi, a cosa vi serve il sangue?

— Voglio misurare la quantità di zucchero per vedere quanta energia avete consumato. Vogliamo essere sicuri che abbiate abbastanza carburante per la missione. A proposito, qual è il record di durata in aerociclo?

— Due ore, venticinque minuti e sei secondi. Naturalmente sulla Luna… sulla pista di due chilometri della Cupola Olimpica.

— E pensate di resistere per sei ore?

— Facilmente, dato che posso fermarmi quando voglio. Sulla Luna farei una fatica doppia di qui.

— Va bene, Jimmy. E adesso, presto, in laboratorio. Vi darò il via appena avrò ultimato l'esame dei prelievi. Non voglio illudervi, ma sono quasi sicura che potrete farcela.

Un sorriso di soddisfazione si allargò sulla faccia di Jimmy. Mentre seguiva la dottoressa verso i compartimenti stagni, si voltò a gridare ai compagni: — Giù le mani, per favore! Ci mancherebbe che mi sfondaste le ali!

— Ci penso io — promise Norton. — Proibito a tutti di toccare la Libellula… me compreso.

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