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All'interno di Rama c'erano adesso venti persone tra uomini e donne, sei nella pianura, e gli altri addetti al trasporto del materiale e dei viveri attraverso il sistema dei compartimenti stagni e lungo la gradinata. A bordo dell'astronave era rimasto solo il personale strettamente indispensabile, e si diceva scherzando che erano gli scim a comandare la Endeavour, con a capo Goldie. Norton aveva stabilito alcune norme fondamentali valevoli per tutte le squadre, le più importanti risalivano ai primordi dell'esplorazione spaziale. In ogni squadra doveva esserci un membro che avesse già fatto parte di una esplorazione. Ma non più di uno. Così gli altri avrebbero avuto modo di imparare qualcosa nel minor tempo possibile.

La prima squadra diretta al Mare Cilindrico e guidata dal colonnello medico Laura Ernst aveva come esperto Boris Rodrigo, appena tornato da Parigi. Il terzo componente, il sergente Peter Rousseau, aveva fatto parte delle squadre di appoggio su al mozzo. Era esperto di strumenti per la ricognizione spaziale, ma in quella spedizione l'unico strumento di cui disponeva era un piccolo telescopio portatile.

Dai piedi della gradinata Alfa alla riva del mare correvano circa quindici chilometri, cioè l'equivalente di otto sulla Terra, considerando la forza di gravità inferiore di Rama. Laura Ernst guidava la sua squadra a passo vivace per dimostrare che, grazie alla sua ginnatica, era in ottima forma. A metà strada sostarono per mezz'ora, e coprirono felicemente l'intero percorso in tre ore.

Il tragitto si era rivelato alquanto noioso e monotono, ma al termine, proprio davanti a loro, ai margini del riflettore che illuminava la zona dall'alto, scoprirono qualcosa di nuovo. Su un mondo normale l'avrebbero scambiato per l'orizzonte, ma avvicinandosi, scoprirono che la pianura s'interrompeva bruscamente. Erano arrivati in riva al mare.

— Mancano cento metri — li avvertì il Controllo Mozzo. — Rallentate.

Il consiglio era inutile perché avevano già rallentato. Dal livello della pianura a quello del mare (se poi si trattava di un mare e non di un altro strato di quel materiale cristallino che copriva il fondo della Valle Dritta) c'era una brusca caduta di cinquanta metri. Sebbene Norton avesse insistito che evitassero di prendere tutto per scontato su Rama, era difficile pensare che il mare non fosse di ghiaccio vero. Ma per quale motivo la scarpata sulla riva meridionale era alta invece cinquecento metri?

Era come se si stessero avvicinando ai confini del mondo. L'ovale luminoso delle loro lampade, bruscamente interrotto davanti a loro, diventava sempre più piccolo. Ma in lontananza, sullo schermo ricurvo del mare erano apparse le loro ombre, mostruosamente accorciate, che ripetevano i loro gesti ingigantendoli. Sembravano creature del Mare Cilindrico pronte a difendere il loro regno.

Sostando sull'orlo di un dirupo profondo cinquanta metri, potevano ammirare in pieno, per la prima volta, la curvatura di Rama. Ma nessuno aveva mai visto un lago gelato curvarsi verso l'alto, fino ad assumere una forma cilindrica, era uno spettacolo sconvolgente, e tutti cercavano di dare un'altra spiegazione al fenomeno. La dottoressa Ernst, che una volta si era occupata di illusioni ottiche, aveva l'impressione di guardare per metà tempo una baia che si curvava orizzontalmente e non una superficie che saliva fino al cielo. Era necessario uno sforzo di volontà per accettare la fantastica realtà.

La normalità sussisteva solo guardando in linea retta, parallelamente all'asse di Rama. Solo in quella direzione, visuale e logica concordavano. Lì, almeno per qualche chilometro, Rama sembrava piatto, e lo era. Più avanti, oltre le loro ombre distorte al di là della portata luminosa delle lampade, sorgeva l'isola che dominava il Mare Cilindrico.

— Controllo Mozzo — trasmise la dottoressa Ernst, — per favore puntate il riflettore su New York.

La notte di Rama li avvolse quando l'ovale luminoso si spostò verso l'alto mare. Involontariamente, arretrarono tutti di qualche passo, consci di trovarsi sull'orlo del precipizio. Poi, come per magia, apparvero le torri di New York.

La somiglianza con la Manhattan di un tempo era solo vaga e superficiale, e più la dottoressa Ernst la guardava, più si rendeva conto che la New York di Rama non era una città.

La vera New York, come la grandissima maggioranza degli agglomerati urbani, non era sorta secondo un progetto definito, e non era mai stata completata. Questa, invece, era tutta un susseguirsi di schemi geometrici esatti, anche se tanto complicati da sfuggire alla comprensione. Era stata concepita e progettata da un'intelligenza come una macchina destinata a uno scopo preciso. Una volta terminata la costruzione, non era stato più possibile apportare cambiamenti.

Il raggio del riflettore illuminava le torri e le cupole lontane, e le sfere e l'intrico di tubi che le collegavano.

Dopo qualche minuto chiesero che il riflettore tornasse al punto di prima, e si incamminarono in direzione est lungo l'orlo del dirupo. Pensavano infatti di trovare una scala o una rampa che scendesse fino al livello del mare. La sergente Ruby Barnes, esperta di nautica, a proposito di quel problema aveva detto: — Dove c'è il mare ci devono essere moli e banchine… e navi. Si può imparare tutto di una civiltà studiando come ha costruito le proprie imbarcazioni. — I colleghi avevano pensato che il suo fosse un punto di vista un po' limitato, però era un'ipotesi stimolante.

Ora, la dottoressa Ernst stava già per rinunciare alla ricerca e ordinare di prepararsi alla discesa con le corde, quando Rodrigo scoprì una scaletta. Fu un vero caso perché oltre l'orlo della scarpata non c'era luce, e la scala non aveva parapetto o ringhiera che ne indicasse la presenza. Scendeva per tutti i cinquanta metri della scarpata, e si perdeva sotto la superficie del mare.

Con le lampade degli elmetti, esaminarono la fuga di scalini, e poiché la discesa non sembrava presentare rischi, la dottoressa ottenne da Norton il permesso di scendere in riva al mare. Un minuto dopo tastava cautamente la superficie ghiacciata.

Sì, era proprio ghiaccio, perché il suo piede scivolò al primo contatto, e quando lo colpì con una martellata s'incrinò nel solito modo caratteristico, e non ebbe difficoltà a raccoglierne qualche campione. Quando alzò verso la luce la provetta in cui li aveva messi, qualcuno si era già sciolto. Il liquido aveva l'apparenza di acqua leggermente torbida.

— È potabile? — chiese Rodrigo dopo che lei l'ebbe annusata.

— Credimi, Boris — rispose la dottoressa, — se mai sono esistiti su Rama germi patogeni sono morti da millenni, altrimenti sono di una specie sconosciuta ai miei apparecchi.

Ma Rodrigo non era convinto. Nonostante gli esperimenti fatti, c'era sempre il rischio, sia pur minimo, che l'acqua fosse avvelenata o portatrice di qualche malattia sconosciuta. In circostanze normali la dottoressa Ernst non avrebbe mai corso il minimo rischio. Ora, invece, il tempo stringeva, e le poste in palio erano enormi. Se si fosse ritenuto necessario mettere in quarantena la Endeavour sarebbe pur sempre stato un prezzo irrisorio in cambio delle cognizioni acquisite.

— Per essere acqua è acqua — disse — ma io non la berrei. Puzza come una coltura di alghe andata a male. Non vedo l'ora di esaminarla in laboratorio.

— E ci possiamo camminare sopra?

— Sì, è solido come roccia.

— Allora possiamo arrivare a New York.

— Lo credete davvero, Peter? Avete mai percorso un tratto di quattro chilometri sul ghiaccio?

— Già, capisco cosa volete dire. Immaginate cosa direbbero in fureria se chiedessimo qualche paio di pattini! A parte il fatto che non so se siamo tutti capaci di pattinare.

— Ma c'è anche un altro problema — intervenne Rodrigo. — Vi rendete conto che la temperatura è già salita sopra lo zero? Fra poco il ghiaccio si scioglierà. Esistono spaziali capaci di nuotare per chilometri? Non credo, specie in questo mare.

— È stato un viaggio lungo per pochi centimetri cubi d'acqua — disse la dottoressa agitando trionfante la fialetta, — ma ci dirà molte cose di Rama che altrimenti ignoreremmo. E adesso torniamo a casa.

Sulla via del ritorno, si voltarono più volte a guardare la misteriosa isola che sorgeva, quasi in visione, in mezzo al mare di ghiaccio, e una volta, per un attimo, alla dottoressa Ernst parve che un lieve alito di brezza le avesse sfiorato la guancia.

Ma la cosa non si ripeté, e lei non ci pensò più.

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