VIII IL MESSO

Il reverendo Thrower si concedeva pochi vizi. Tra questi, le cene del venerdì sera dai Weaver. Più che di cene si sarebbe dovuto parlare di festini, perché i Weaver avevano bottega e laboratorio, e a mezzogiorno si concedevano solo un rapido spuntino. Ma ciò che riconduceva Thrower da loro un venerdì dopo l’altro non era tanto la quantità, quanto la qualità. In giro si diceva che Eleanor Weaver poteva prendere un vecchio ceppo e trasformarlo in modo da farlo sembrare uno squisito coniglio in umido. E d’altra parte non era soltanto questione di cibo, perché Armor-of-God — ‘Corazza-di-Dio’ — Weaver era un uomo che andava in chiesa e conosceva la Bibbia a menadito, e la conversazione con lui poteva svolgersi su un piano superiore. Non così elevato come in una conversazione tra ecclesiastici colti, ma senz’altro il meglio che si potesse avere in quelle terre selvagge e arretrate.

I padroni di casa e l’ospite consumavano il pasto nel retrobottega, che fungeva insieme da cucina, laboratorio e biblioteca. Ogni tanto Eleanor andava a rimestare nei tegami, e il profumo del pane appena infornato e della cacciagione che cuoceva a fuoco lento si mescolava con gli odori provenienti dal casotto esterno in cui i Weaver facevano il sapone, e a quello del sego con cui in quella stessa cucina fabbricavano candele.

«Vedete, noi siamo un po’ di tutto» aveva detto Armor la prima volta che il reverendo Thrower era stato da loro. «Sì, produciamo cose che ogni contadino dei dintorni è in grado di produrre da sé… ma le facciamo meglio, e quando le comprano da noi risparmiano ore e ore di lavoro, che possono utilizzare per disboscare, arare e coltivare altra terra».

Le pareti della bottega affacciata sulla strada erano piene di scaffali fino al soffitto, e gli scaffali erano pieni di mercanzie giunte fin lì sui carri coperti provenienti dall’Est. Tessuti di cotone prodotti dai filatoi e dai telai a vapore dell’Irrakwa, piatti di peltro, pentole e stufe di ferro prodotte dalle fonderie della Pennsylvania e di Suskwahenny, raffinate ceramiche, cofanetti e stipi fabbricati dagli ebanisti della Nuova Inghilterra, e persino qualche prezioso sacchetto di spezie giunto a Nuova Amsterdam dal lontano Oriente. Armor Weaver aveva una volta confessato che per riempire quella bottega aveva dato fondo ai risparmi di una vita, e non era affatto sicuro che in quella regione scarsamente popolata il suo azzardo si rivelasse vincente. Ma il reverendo Thrower aveva notato il costante afflusso di carri provenienti dalla bassa valle del Wobbish, dall’alto Tippy-Canoe o addirittura dal bacino del fiume Noisy, oltre cento miglia più a ovest.

Ora, mentre attendevano che Eleanor annunciasse che la selvaggina in umido era pronta, il reverendo Thrower rivolse ad Armor una domanda che lo tormentava da qualche tempo.

«Ho visto i carichi che fanno» disse, «e non riesco assolutamente a immaginare con cosa vi paghino. Da queste parti nessuno riscuote denaro contante, e non molto di ciò che possono offrire in cambio può interessare ai mercati dell’Est».

«Pagano in lardo, carbone, cenere e legname da costruzione, e naturalmente provviste per Eleanor e me e… per chiunque altro possa arrivare». Solo uno sciocco non si sarebbe accorto che Eleanor era ingrossata tanto da far pensare che ormai il suo tempo fosse agli sgoccioli. «Ma più che altro» disse Armor, «pagano a credito».

«Credito! E voi fate credito a contadini i cui scalpi l’inverno prossimo potrebbero essere barattati a Fort Detroit con moschetti o liquore?»

«Scalpi? Sì, se ne parla parecchio, ma sono soprattutto chiacchiere» disse Armor. «I Rossi di queste parti non sono degli stupidi. Sanno degli Irrakwa, e che i loro rappresentanti siedono accanto a quelli dei Bianchi nel Congresso di Filadelfia, e che hanno moschetti, cavalli, fattorie, campi e città proprio come se ne vedono in Pennsylvania, sul Suskwahenny o a Nuovo Orange. Sanno del popolo Cherriky degli Appalachi, che coltiva la terra e combatte a fianco dei ribelli bianchi di Tom Jefferson per difendere l’indipendenza del suo paese contro il re e i suoi tirapiedi».

«Può anche darsi che abbiano notato il costante flusso di chiatte lungo il fiume Hio, e i carri che vengono all’Ovest, e gli alberi che vengono abbattuti mentre si alzano le case di tronchi» osservò Thrower.

«Penso che in parte abbiate ragione, reverendo» disse Armor. «Penso che i Rossi abbiano davanti due strade: possono cercare di sterminarci, o possono cercare di diventare sedentari e vivere in mezzo a noi. Per loro non sarebbe la cosa più facile del mondo… non sono abituati alla vita di città, che per i Bianchi è il modo di vivere più naturale. Ma mettersi contro di noi sarebbe peggio, perché se ci provano finiranno con l’essere sterminati. Potrebbero anche pensare che uccidendo qualche Bianco sia possibile spaventare gli altri e tenerli lontani da qui. Ma non sanno come vanno le cose in Europa, come il sogno di possedere un pezzo di terra possa spingere la gente a fare un viaggio di cinquemila miglia e a lavorare come non ha mai lavorato in vita sua e a seppellire figli che in patria sarebbero magari sopravvissuti, e a rischiare di trovarsi un tomahawk piantato nel cervello, perché essere padroni di se stessi è meglio che servire sotto qualcun altro, chiunque egli sia. Tranne il Signore Iddio».

«Anche per voi è lo stesso?» chiese Thrower. «Rischiare tutto, in cambio della terra?»

Armor guardò sua moglie Eleanor e sorrise. Lei non ricambiò il sorriso, notò Thrower; ma allo stesso tempo il pastore notò la bellezza e la profondità del suo sguardo, come se Eleanor conoscesse segreti tali da costringerla a restare solenne anche quando il suo cuore traboccava di gioia.

«Non la terra nel senso in cui vuole possederla un agricoltore» disse Armor. «Io non sono un contadino, ve lo assicuro. Esistono altre maniere di possedere la terra. Vedete, reverendo Thrower, io oggi concedo loro credito perché credo in questo paese. Quando vengono da me a fare acquisti, mi faccio dire i nomi di tutti i loro vicini, e chiedo loro di disegnarmi rozze mappe delle loro fattorie e dei fiumi presso i quali vivono, e delle strade e dei corsi d’acqua che hanno attraversato per giungere fin qui. Chiedo loro di recapitare lettere scritte da altri, e scrivo lettere per loro e le rispedisco a est, a quelli che si sono lasciati alle spalle. So tutto di tutti nell’intera regione tra il Wobbish e il Noisy, e so come si fa ad arrivarci».

Il reverendo Thrower sorrise socchiudendo gli occhi. «In altre parole, fratello Armor, voi qui siete il governo».

«Per adesso, diciamo che se dovesse arrivare il giorno in cui un governo possa tornar comodo, io sarò pronto a prendere servizio» disse Armor. «E nel giro di due o tre anni, quando arriverà altra gente, e anche altri cominceranno a produrre mattoni, pentole, stoviglie, armadietti e botti, birra e formaggio e foraggio, be’, dove credete che verranno a vendere e comprare? Alla bottega che ha fatto loro credito quando le loro mogli morivano dalla voglia di un po’ di stoffa per farsi un vestito, o quando avevano bisogno di una pentola di ferro o di una stufa per tener fuori di casa il gelo dell’inverno».

Philadelphia Thrower aveva un po’ meno fiducia nella possibilità che per pura gratitudine quella gente si mantenesse fedele a Corazza-di-Dio Weaver, ma preferì non insistere. D’altra parte, pensò, potrei anche sbagliarmi. Il Salvatore non ha forse detto che dobbiamo gettare il nostro pane sulle acque? E anche se Thrower non riuscirà a realizzare il suo sogno, avrà pur sempre compiuto un’opera meritoria, contribuendo ad aprire queste terre alla civiltà.

La cena era pronta. Eleanor mise in tavola la carne in umido. Quando gli venne posta davanti un’elegante scodella bianca, Thrower fu quasi costretto a sorridere. «Dovete essere veramente orgogliosa di vostro marito e di tutto quello che sta facendo».

Invece di sorridere modestamente come Thrower si era aspettato, Eleanor quasi scoppiò a ridere. Corazza-di-Dio non si sognò nemmeno di mostrare altrettanta delicatezza. Sghignazzò proprio. «Reverendo Thrower, siete proprio una sagoma» disse. «Quando ho le braccia fino ai gomiti nel sego da candele, Eleanor ha le sue nel sapone. Quando scrivo una lettera per conto di qualcun altro e trovo il modo di farla recapitare, Eleanor disegna mappe e annota nomi per il nostro piccolo censimento. Non c’è cosa che io faccia senza che Eleanor sia al mio fianco, e non c’è cosa che lei faccia senza che io sia al suo fianco. Tranne forse il suo orticello di erbe odorose e medicinali, che interessa soprattutto lei. E la lettura della Bibbia, che interessa soprattutto me».

«È un bene che la moglie sia la più fedele collaboratrice del marito» sentenziò il reverendo Thrower.

«Noi collaboriamo a vicenda» ribatté Corazza-di-Dio. «Non dimenticatevene».

Lo disse con un sorriso che il reverendo Thrower restituì; ma il pastore restò un po’ deluso dal fatto che Armor fosse così sottomesso alla moglie da dover ammettere apertamente di non avere l’ultima parola non solo nella bottega, ma addirittura in casa. Che cosa ci si poteva aspettare, del resto, sapendo che Eleanor era cresciuta in quella strana famiglia Miller? Dalla figlia maggiore di Alvin e Faith Miller non ci si poteva certo aspettare che si piegasse ai voleri del marito come il Signore aveva stabilito.

La selvaggina in umido, comunque, era la migliore che Thrower avesse mai assaggiato. «Non sa assolutamente di selvatico» disse. «Non avrei mai creduto che il cervo potesse avere questo sapore».

«Eleanor toglie tutto il grasso» spiegò Armor, «e ci mette un po’ di pollo».

«Adesso che me lo dite» disse Thrower, «lo sento anch’io, nel sugo».

«Del grasso di cervo facciamo sapone» disse Armor. «Non gettiamo mai via nulla, se riusciamo a trovare il modo di utilizzarlo».

«Proprio secondo la volontà del Signore» disse Thrower. Poi si dedicò al cibo. Aveva già attaccato la seconda scodella di umido e la terza fetta di pane, quando fece un commento che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere scherzoso. «Signora Weaver, i piatti che cucinate sono così prelibati da farmi quasi credere nella stregoneria».

Thrower si aspettava al massimo una risatina. Eleanor invece abbassò sul tavolo uno sguardo talmente vergognoso da far pensare che l’avesse accusata di adulterio. E Corazza-di-Dio s’irrigidì sulla sedia. «Vi ringrazierei se non voleste toccare questo argomento in casa nostra» disse.

Il reverendo Thrower cercò di scusarsi. «Non parlavo seriamente» disse. «Forse che tra cristiani dotati di raziocinio cose simili sono da prendersi sul serio? Sappiamo bene che si tratta solo di un cumulo di superstizioni, e io…».

Eleanor si alzò di scatto e uscì dalla stanza.

«Che cosa ho detto?» chiese Thrower.

Armor sospirò. «Oh, non potevate certo saperlo» disse. «È una discussione che va avanti da prima che ci sposassimo, da quando arrivai da queste parti. La conobbi quando venne coi suoi fratelli ad aiutarmi a costruire la mia prima capanna… quello che ora è il casotto dove facciamo il sapone. Lei cominciò a spargere sul pavimento delle foglie di menta selvatica e a recitare una specie di filastrocca, e io le urlai di piantarla e uscire immediatamente da casa mia. Le citai la Bibbia, dove è scritto: ‘Non permetterai a una strega di vivere’. Vi lascio immaginare se quello che seguì non fu un brutto quarto d’ora».

«Le avete dato della strega, e lei vi ha sposato?»

«Nell’intervallo tra le due cose abbiamo avuto qualche spiegazione».

«Così ora non crede più a quel genere di cose, no?»

Armor aggrottò le sopracciglia. «Non è questione di credere, reverendo, ma di fare. E lei non lo fa più. Né qui né altrove. E quando voi in qualche maniera l’avete accusata di farlo ancora, be’, l’avete sconvolta. Perché me l’ha promesso, capite».

«Ma quando le ho chiesto scusa, perché…».

«Be’, il punto è proprio questo. Voi avete il vostro modo di pensare, ma non potete dirle che fatture, erbe e incantesimi non servono a nulla, perché lei ha visto coi suoi stessi occhi cose che non si lasciano spiegare tanto facilmente».

«Ma certamente un uomo come voi, con la vostra conoscenza delle Scritture e la vostra esperienza del mondo, potrà certamente convincere la propria moglie a rinunciare alle superstizioni dell’infanzia».

Armor posò gentilmente la mano sul polso del reverendo Thrower. «Reverendo, mi costringete a dirvi qualcosa che non avrei mai creduto di dover dire a un adulto. Un buon cristiano si rifiuta di lasciar posto nella propria vita a questo genere di cose non perché non funzionino, ma perché l’unico modo giusto per accedere alle potenze occulte è attraverso la preghiera e la grazia del Signore Gesù».

«Ma certo che non funzionano» disse Thrower. «Le potenze celesti sono qualcosa di reale, come le visioni e le visite degli angeli, e tutti i miracoli attestati dalle Scritture. Ma le potenze celesti non hanno niente a che vedere con l’innamoramento, o con il mal di gola, o con le galline che non depongono le uova, o con tutte le altre sciocchezze che la gente comune nella sua ignoranza cerca di ottenere con le cosiddette ‘arti segrete’. Non c’è niente di tutto quello che si può ottenere con la rabdomanzia, con le fatture o simili, che non possa essere spiegato da una semplice indagine scientifica».

Per un lunghissimo intervallo, Armor tacque. Il silenzio cominciò a mettere Thrower a disagio, ma il pastore non aveva la minima idea di che cosa aggiungere. Prima d’allora non gli era mai capitato di pensare che Armor potesse davvero credere a quel genere di cose. Era una prospettiva sconcertante. Una cosa era stare alla larga dalla stregoneria perché era un’assurdità; tutt’altra cosa era crederci e astenersene perché era peccato. A Thrower venne da pensare che in realtà la seconda posizione era ben più nobile della prima: per lui disprezzare la stregoneria era una questione di puro e semplice buon senso; per Armor ed Eleanor, invece, era un duro sacrificio.

Prima che il pastore trovasse il modo di esprimere questo concetto, però, Armor si appoggiò allo schienale della sedia e cambiò bruscamente argomento.

«La vostra chiesa dev’essere ormai quasi finita».

Sollevato, il reverendo Thrower lo seguì su quel più sicuro terreno. «Il tetto è stato terminato ieri. Oggi hanno finito d’inchiodare le tavole delle pareti. Domani, quando avranno sistemato le imposte, non vi entrerà più un goccio d’acqua, e quando avremo montato le porte e le vetrate non ci passerà nemmeno un filo d’aria».

«Le vetrate le sto facendo arrivare per via d’acqua» disse Armor. Poi ammiccò. «Ho risolto il problema della navigazione sul lago Canada».

«Come ci siete riuscito? In questo periodo i francesi affondano un’imbarcazione su tre, persino quelle provenienti dall’Irrakwa».

«Semplice. Ho ordinato le vetrate a Montreal».

«Vetrate francesi per le finestre di una chiesa inglese?»

«Americana» lo corresse Armor. «E anche Montreal si trova in America. A ogni modo, anche se i francesi stanno tentando di liberarsi di noi, nel frattempo noi continuiamo a costituire un mercato per i prodotti delle loro manifatture, perciò al marchese de la Fayette, il governatore, non dispiace affatto se, finché ci troviamo ancora qui, la sua gente può ricavare un profitto dagli scambi commerciali con noi. Così le vetrate faranno tutto il viaggio per via d’acqua, prima giù per il lago Mizogan, poi su per il St. Joseph con una chiatta, e infine giù di nuovo lungo il Tippy-Canoe».

«Ce la faranno ad arrivare fin qui prima della brutta stagione?»

«Penso di sì» replicò Armor, «o non saranno pagati».

«Siete un uomo sorprendente» disse Thrower. «Ma mi stupisce la vostra mancanza di attaccamento al Protettorato inglese».

«Be’, vedete, è così che vanno le cose» disse Armor. «Voi siete cresciuto sotto il Protettorato, e pensate ancora come un inglese».

«Scozzese, prego».

«Britannico, comunque. Nel vostro paese, chiunque venga anche solo sospettato di praticare le arti segrete viene immediatamente esiliato, senza che nemmeno ci si preoccupi di fargli il processo: non è vero?»

«Cerchiamo di essere giusti… ma i tribunali ecclesiastici agiscono con rapidità, e senza possibilità di appello».

«Bene, e adesso seguite il mio ragionamento. Se chiunque avesse un dono per le arti segrete è stato spedito nelle colonie americane, non vi sembra logico che là dove siete cresciuto non vi sia più traccia visibile di stregoneria?»

«Non ce n’è traccia perché cose del genere non esistono».

«Non esistono in Inghilterra. Ma sono la maledizione dei buoni cristiani d’America, perché qui — tra fiaccole, stille, rabdomanti, fattucchiere e incantesimi vari — ci siamo dentro fino al collo, e un bambino non può arrivare a quattro spanne senza andare a sbattere il naso contro la rete invisibile che qualcuno ha gettato intorno al proprio frutteto, o senza restare catturato dall’incantesimo scioglilingua gettato da qualche burlone, così che comincia a dire tutto quello che gli passa per la mente e offende ogni cristiano nel giro di dieci miglia».

«Un incantesimo scioglilingua! Fratello Armor, vi rendete sicuramente conto che una buona sorsata di liquore può sortire il medesimo effetto».

«Non nel caso di un ragazzo di dodici anni che non abbia mai toccato un goccio di liquore in vita sua».

Era evidente che Armor si riferiva a episodi di cui era stato personalmente testimone, ma questo non mutava i termini della questione. «Esiste sempre un’altra spiegazione».

«Certo, di spiegazioni se ne possono sempre trovare a bizzeffe» disse Armor. «Ma voglio dirvi una cosa. Predicate pure contro la magia, e continuerete ad avere una congregazione. Ma se continuate a sostenere che la magia non funziona, ebbene, penso che la maggior parte delle persone si chiederanno perché mai hanno fatto tanta strada per andare in chiesa a sentire le prediche di un perfetto imbecille».

«Come pastore, sono tenuto a dire la verità» disse Thrower.

«Certo, si può benissimo dire che ci sono dei bottegai che imbrogliano sul peso, ma non se ne possono mica fare i nomi dal pulpito, no? Nossignore, bisogna continuare ad ammannire prediche sull’onestà, nella speranza che prima o poi il messaggio venga raccolto».

«State dicendo che dovrei usare un approccio indiretto».

«Voi state costruendo una bellissima chiesa, reverendo Thrower, e non sarebbe altrettanto bella se non fosse per il vostro sogno di come dovrebbe essere. Ma la gente di qui pensa che quella sia la sua chiesa. Loro hanno abbattuto gli alberi, loro l’hanno costruita, sorge sulle terre comuni. E sarebbe una vera vergogna se voi foste così ostinato da costringerli a offrire il vostro pulpito a qualche altro pastore».

Il reverendo Thrower contemplò a lungo gli avanzi della cena. Pensò alla chiesa, non di legno grezzo com’era in quel momento, ma finita, con le panche a posto, il pulpito che svettava e la navata piena di luce proveniente dalle vetrate multicolori. Non è solo per l’edificio, si disse, ma per ciò che qui posso realizzare. Se lasciassi cadere questo posto nelle mani di gente ignorante e superstiziosa come Alvin Miller e, a quanto pare, tutta la sua famiglia, mancherei al mio dovere di cristiano. Se la mia missione consiste nel distruggere il male e la superstizione, debbo risiedere tra gli ignoranti e i superstiziosi. A poco a poco li condurrò alla verità. E se non riesco a convincere i genitori, col tempo riuscirò a convertire i figli. È una missione che può richiedere una vita, e allora perché dovrei gettarla via tanto per togliermi il gusto di dire la verità?

«Siete un uomo assennato, fratello Armor».

«Anche voi lo siete, reverendo Thrower. In fin dei conti, anche se possiamo trovarci in disaccordo su qualche particolare, penso che tutti e due vogliamo la stessa cosa. Vogliamo che questo paese diventi civile e cristiano. E a nessuno di noi dispiacerebbe se Vigor diventasse una vera città e questa città diventasse capitale dell’intero territorio del Wobbish. Laggiù a Filadelfia si discute persino se invitare il territorio dell’Hio a costituirsi in Stato e unirsi alla Confederazione, e sicuramente faranno la stessa offerta anche agli Appalachi. E perché non il Wobbish, prima o poi? Perché non pensare a una grande nazione che si estenda da un oceano all’altro, in cui Bianchi e Rossi possano convivere pacificamente, ciascuno libero di votare per un governo che faccia leggi alle quali essere lieti di obbedire?»

Era uno splendido sogno. E in quel sogno Thrower poteva vedersi svolgere una splendida parte. L’uomo che aveva il pulpito della più grande chiesa della più grande città del territorio sarebbe divenuto capo spirituale d’un intero popolo. Per qualche momento credette a quel sogno con tale intensità che, quando ringraziò calorosamente Armor per la cena e uscì all’aperto, restò senza fiato nel vedere che per adesso la città di Vigor consisteva esclusivamente nella bottega di Armor con gli edifici annessi, in un prato comune recintato sul quale brucavano una decina di pecore, e nel grande guscio di legno grezzo di una nuova chiesa.

Eppure la chiesa era abbastanza reale. Era quasi pronta, le pareti c’erano, il tetto era a posto. Thrower era un uomo razionale. Prima di credere a un sogno aveva bisogno di vedere qualcosa di solido, ma la chiesa era ormai sufficientemente solida, e insieme lui e Armor avrebbero potuto trasformare in realtà anche la parte rimanente del sogno. Richiamare qui la gente, fare di questo posto il centro dell’intero territorio. La chiesa era sufficientemente spaziosa per tenervi non solo funzioni religiose, ma assemblee cittadine. E durante la settimana? Thrower avrebbe sprecato l’educazione ricevuta se non avesse fondato una scuola per i bambini dei dintorni. Insegnar loro a leggere, a scrivere, a far di conto, e soprattutto a pensare: estirpare dalla loro mente ogni superstizione, non lasciandovi altro che conoscenza pura e fede nel Salvatore.

Assorbito com’era da questi pensieri, non si accorse di non essersi avviato verso la fattoria di Peter McCoy, un po’ più a valle, dove in una casetta di tronchi lo attendeva il suo letto, ma su per la salita che portava alla chiesa. Solo dopo avere acceso due candele si rese conto che in realtà aveva già deciso di trascorrervi la notte. Quelle pareti di legno spoglio erano casa sua come nessun altro posto al mondo. L’odore resinoso che gli giungeva alle narici lo inebriava, gl’infondeva il desiderio di cantare inni mai uditi prima d’allora, e canticchiando fra sé si mise a sedere sfogliando le pagine del Vecchio Testamento senza nemmeno accorgersi che su quelle pagine fossero stampate delle parole.

Non li udì finché non misero piede sul pavimento di legno. Allora Thrower alzò lo sguardo e scorse, con sua grande sorpresa, Faith con una lanterna in mano, seguita dai gemelli diciottenni Wastenot e Wantnot. Questi ultimi trasportavano una grande cassa di legno. A Thrower ci volle un momento per capire che la cassa in realtà voleva essere un altare. Un bell’altare, a dire il vero: gli incastri non erano meno precisi di quelli che avrebbe potuto eseguire un maestro ebanista, il legno era trattato col mordente in modo da far risaltare la grana, e incise a fuoco lungo il bordo superiore c’erano due file di croci.

«Dove lo volete?» chiese Wastenot.

«Papà ha detto che dovevamo portarvelo stasera, visto che il tetto e le pareti sono a posto».

«Papà?» ripeté Thrower.

«L’ha fatto appositamente per voi» disse Wastenot. «E il piccolo Al ha inciso le croci, visto che non gli è più permesso di venire qui».

In piedi davanti a loro, Thrower vide che l’altare era stato costruito con grande cura. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato da Alvin Miller. E le croci perfettamente allineate non sembravano davvero opera di un bambino di sei anni.

«Qui» disse guidandoli nel punto in cui aveva pensato di collocare l’altare. Sarebbe stato l’unico arredo di quel luogo di culto, ed essendo stato trattato col mordente era più scuro delle pareti e del pavimento di legno grezzo. Era perfetto, e Thrower si sentì venire le lacrime agli occhi. «Dite loro che è bellissimo».

Faith e i gemelli sorrisero calorosamente. «Lo vedete che non è vostro nemico» disse Faith, e Thrower non poté che assentire.

«Nemmeno io gli sono nemico» disse. Non aggiunse: lo conquisterò con l’amore e la pazienza, ma alla fine lo conquisterò, e questo altare è segno inequivocabile che in cuor suo egli segretamente brama d’esser liberato dalle tenebre dell’ignoranza.

Senza trattenersi oltre, Faith e i gemelli s’incamminarono di buon passo verso casa, scomparendo nel buio. Thrower collocò la candela sul pavimento vicino all’altare — mai sopra, avrebbe puzzato di papista — e s’inginocchiò per recitare una preghiera di ringraziamento. La chiesa quasi completamente edificata, e un bellissimo altare già al suo posto, costruito proprio dall’uomo che più aveva temuto, le croci incise col fuoco da quello strano bambino che più di ogni altro simboleggiava la superstizione radicata in quella gente ignorante.

«Quanto orgoglio vive in te» disse una voce alle sue spalle.

Thrower si voltò, con il sorriso già sulle labbra, perché ogni visita del Messo lo rendeva felice.

Ma il Messo non sorrideva. «Quanto orgoglio!»

«Perdonami» disse Thrower. «Già me ne pento. Eppure come posso fare a meno di rallegrarmi per la grande opera che qui è stata iniziata?»

Il Messo sfiorò delicatamente l’altare, seguendo con le dita il contorno delle croci. «L’ha fatto lui, non è vero?»

«Alvin Miller».

«E il ragazzo?»

«Le croci. Temevo che fossero servitori del demonio, e invece…».

Il Messo gli lanciò uno sguardo penetrante. «Siccome hanno costruito un altare, questo dimostrerebbe che non lo sono?»

Thrower si sentì attraversare da un brivido di paura, e sussurrò: «Non pensavo che il diavolo potesse usare il simbolo della croce…».

«Tu non sei meno superstizioso di loro» disse freddamente il Messo. «I papisti si fanno in continuazione il segno della croce. La ritieni forse un amuleto, capace di respingere il demonio?»

«E allora come faccio a saperlo?» chiese Thrower. «Se il diavolo può costruire altari e disegnare croci…».

«No, no. Thrower, figlio mio diletto, nessuno dei due è un diavolo. Quando vedrai il diavolo lo riconoscerai. Mentre gli uomini sulla testa hanno i capelli, il diavolo ha le corna d’un toro. Mentre gli uomini hanno due piedi, il diavolo ha gli zoccoli fessi d’un caprone. Mentre gli uomini hanno due mani, il diavolo ha enormi zampe da orso. E d’una cosa puoi essere certo: quando verrà da te, non costruirà altari». Poi il Messo posò ambedue le mani sull’altare. «Adesso questo altare è mio» disse. «Chiunque l’abbia costruito, posso volgerlo ai miei scopi».

Thrower pianse di sollievo. «Ora è consacrato, tu l’hai reso sacro». E tese una mano per toccarlo.

«Fermati!» sussurrò il Messo. Ma anche pronunciato a bassa voce, quel suo comando fece tremare le pareti. «Ascoltami, prima» disse.

«Sono sempre pronto ad ascoltarti» disse Thrower. «Anche se non riesco a capire perché tu abbia scelto un miserabile verme come me».

«Persino un verme può essere reso grande da un tocco del dito di Dio» disse il Messo. «No, non fraintendermi… io non sono il Signore degli Eserciti. Non devi adorarmi».

Ma Thrower non riuscì a trattenersi, e pianse di devozione, genuflettendosi di fronte a quell’angelo così savio e potente. Sì, un angelo, Thrower non ne dubitava, sebbene il Messo non avesse ali e indossasse un abito intero del genere che ci si sarebbe aspettati di vedere addosso a un parlamentare.

«L’uomo che l’ha costruito è in preda alla confusione, ma cova in cuor suo una rabbia omicida, che, se egli verrà provocato quanto basta, non mancherà di scatenarsi. E il bambino che ha tracciato queste croci… sì, è straordinario come tu immagini. Ma non è ancora dato sapere se la sua sarà una vita di bene o di male. Ambedue le vie gli sono ancora aperte, ed egli può essere influenzato. Mi capisci?»

«È questa l’opera che mi attende?» chiese Thrower. «Debbo forse trascurare ogni altra cosa, e dedicarmi soltanto a guidare il ragazzo sulla retta via?»

«Se tu apparissi troppo zelante, i suoi genitori ti respingerebbero. No, è meglio che tu eserciti il tuo ministero come hai fatto finora. Ma in cuor tuo rivolgerai ogni sforzo verso quello straordinario fanciullo, per conquistarlo alla mia causa. Perché se all’età di quattordici anni non sarà diventato mio servitore, io lo ucciderò».

Il solo pensiero di Alvin Junior ferito o ucciso era per Thrower intollerabile. Tale era il senso di perdita da cui si sentiva colmare, che un padre o addirittura una madre non avrebbero potuto provarne uno più acuto. «Farò tutto ciò che un debole mortale può fare per salvarlo» esclamò, la voce quasi trasformata in urlo dalla sofferenza.

Il Messo annuì, gli rivolse quel suo meraviglioso e amabile sorriso, e tese la mano verso di lui. «Ho fiducia in te» disse pacatamente. «So che agirai per il meglio. E per quanto riguarda il diavolo, non devi provare alcun timore a causa sua».

Thrower fece per afferrare la mano protesa, per coprirla di baci; ma dove avrebbe dovuto toccare la carne, non trovò che il vuoto, e in quello stesso istante il Messo scomparve.

Загрузка...