I MARIA LA SANGUINARIA

Quando doveva raccogliere le uova, la piccola Peggy agiva con estrema cautela. Rovistava nella paglia con la mano finché le sue dita non s’imbattevano in qualcosa di duro e pesante. Gli escrementi di pollo non la preoccupavano. In fin dei conti, quando alla locanda alloggiavano famiglie con bambini piccoli, la mamma non si faceva né in qua né in là nemmeno dinanzi ai pannolini più spettacolosi. Anche quando gli escrementi di pollo erano bagnati e filamentosi e le appiccicavano insieme le dita, la piccola Peggy non se ne dava per inteso, ma si limitava a farsi strada nella paglia, a chiudere le dita sull’uovo e a tirarlo fuori dal nido di legno. Tutto questo in punta di piedi su uno sgabello traballante, protendendo la mano in alto sopra la testa. La mamma diceva sempre che era troppo piccina per andare a prendere le uova, ma la piccola Peggy teneva a dimostrarle che non era vero. Tutti i giorni frugava in tutti i nidi e riportava a casa tutte le uova, senza lasciarne neanche uno. Sissignori, proprio così.

Tutti, si ripeteva mentalmente. Devo frugare in tutti quanti.

Poi la piccola Peggy tornò a guardare nell’angolo di nord-est, l’angolo più buio di tutto il pollaio, ed ecco lì Maria la Sanguinaria accovacciata nel suo nido, più brutta di un incubo di Satana, che con quegli occhiacci maligni scintillanti d’odio le diceva: vieni qui bambina e lasciati beccare. Voglio beccarti sul pollice e su tutte le altre dita, e se ti avvicini abbastanza e cerchi di prendermi l’uovo, ti beccherò anche in un occhio.

La maggior parte degli animali non possedeva una gran fiamma vitale, ma quella di Maria la Sanguinaria era bella forte e produceva fumo avvelenato. Nessun altro poteva vederla, ma la piccola Peggy sì. Maria la Sanguinaria sognava la morte di tutti gli esseri umani, e in particolar modo quella di una certa bambina di cinque anni; la piccola Peggy aveva sulle dita i segni che lo dimostravano. Uno, per lo meno, e sebbene papà sostenesse di non vederlo, la piccola Peggy ricordava come se lo era procurato, e nessuno poteva fargliene una colpa se qualche volta si scordava di mettere la mano nel nido di Maria la Sanguinaria, accovacciata lassù come un bandito di strada che aspetta di far fuori il primo che soltanto prova a passare da quelle parti. Nessuno si sarebbe arrabbiato se lei ogni tanto si scordava di andarci a guardare.

Me ne sono scordata. Ho guardato in tutti i nidi, in tutti, e se ne ho saltato uno è perché me ne sono scordata, scordata, scordata.

Tutti sapevano che Maria la Sanguinaria era una gallina assolutamente odiosa, e che comunque era troppo cattiva per deporre uova che non fossero marce.

Me ne sono scordata.

Quando entrò in casa col cestino delle uova, la mamma non aveva ancora finito di preparare il fuoco. La mamma ne fu così soddisfatta che permise alla piccola Peggy di mettere le uova una alla volta nell’acqua fredda; poi appese la pentola al gancio, che fece ruotare in modo da portarlo direttamente sul fuoco. Per bollire le uova non importa aspettare che la legna diventi brace, è una cosa che si può fare col fumo e tutto.

«Peg» disse papà.

Così si chiamava la mamma, ma papà non aveva pronunciato quel nome con la voce con cui di solito si rivolgeva alla mamma. L’aveva pronunciato con la voce alla piccola-Peggy-sei-nei-pasticci, e la piccola Peggy capì di essere stata scoperta, assolutamente scoperta, perciò si voltò di scatto e urlò quello che fin dall’inizio si era proposta di dire.

«Me ne sono scordata, papà!»

La mamma si voltò a guardare sorpresa la piccola Peggy. Ma papà non sembrò sorpreso, e si limitò a sollevare un sopracciglio. Aveva una mano dietro la schiena, e la piccola Peggy capì che in quella mano c’era un uovo. Lo schifosissimo uovo di Maria la Sanguinaria.

«Di che ti sei scordata, piccola Peggy?» chiese sommessamente papà.

In quel preciso istante la piccola Peggy pensò di essere la bambina più stupida mai comparsa sulla faccia della terra. Eccola lì che si metteva a negare prima ancora di essere accusata di qualcosa.

Ma non era disposta a cedere, almeno non così, non subito. Non riusciva a sopportare che si arrabbiassero con lei, e avrebbe tanto voluto che la lasciassero andare a vivere in Inghilterra. Perciò assunse la sua espressione più innocente e disse: «Non lo so, papà».

Si figurava che l’Inghilterra fosse il miglior posto in cui andare a vivere perché l’Inghilterra aveva un Lord Protettore. Da ciò che scorgeva nello sguardo di papà, un Lord Protettore era esattamente ciò di cui avrebbe avuto bisogno in quel momento.

«Di che ti sei scordata?» chiese di nuovo papà.

«Dillo e falla finita, Horace» disse mamma. «Se ha sbagliato, ha sbagliato».

«Me ne sono scordata una volta soltanto» disse la piccola Peggy. «È una vecchia gallinaccia cattiva, e non mi può vedere».

«Una volta soltanto» ripeté papà scandendo sommessamente le parole.

Poi tirò fuori la mano da dietro la schiena. E in quella mano non c’era un uovo soltanto, ma un intero cestino. E quel cestino conteneva un ammasso di paglia — probabilmente tutta la paglia del nido di Maria la Sanguinaria — e la paglia era appiccicata in un unico blocco, con pezzi di guscio e tuorli e chiare essiccate e i cadaverini mangiucchiati di tre o quattro pulcini.

«Era proprio necessario portarmi in casa questa roba prima di colazione, Horace?» chiese la mamma.

«Non so che cosa mi faccia arrabbiare di più» disse papà. «Se il malestro che ha combinato, o la bugia che è andata ad inventarsi».

«Non mi sono inventata nulla e non ho detto bugie!» strillò la piccola Peggy. O se non altro ci provò. Quello che venne fuori somigliava stranamente al pianto, sebbene solo il giorno prima la piccola Peggy avesse deciso che non si sarebbe più lasciata sfuggire una sola lacrima per il resto dei suoi giorni.

«Visto?» disse la mamma. «Già le dispiace».

«Le dispiace di essere stata sbugiardata» replicò papà. «Sei troppo tenera con lei, Peg. È portata a mentire. Non voglio che diventi cattiva. Preferirei vederla morta come le sue sorelline, piuttosto che vederla diventare cattiva».

La piccola Peggy vide la fiamma vitale di mamma incendiarsi di ricordi, e davanti a sé scorse un neonato graziosamente composto in una piccola bara, e poi un altro, solo che questo non era così grazioso perché era la seconda bambina, Missy, quella che siccome era morta di vaiolo nessuno la voleva toccare tranne sua madre, che a sua volta era ancora così debole per la malattia che non aveva potuto fare granché. La piccola Peggy vide quella scena e capì che papà aveva commesso un errore nel dire quel che aveva detto, perché l’espressione di mamma si era fatta di gelo anche se la sua fiamma vitale continuava a divampare.

«Questa è la cosa più cattiva che qualcuno abbia mai detto in mia presenza» disse la mamma. Poi prese dal tavolo quel cestino colmo di corruzione e uscì di casa.

«Maria la Sanguinaria mi becca la mano» si difese la piccola Peggy.

«Adesso vedremo se c’è qualcosa che becca ancora di più» disse papà. «Per aver lasciato le uova ti darò una sola frustata, perché capisco che a una ranocchietta come te quella vecchia gallina lunatica possa anche fare paura. Ma per le bugie che hai raccontato te ne darò altre dieci».

A questa notizia, la piccola Peggy pianse a dirotto. Papà era scrupoloso e imparziale in tutto, specialmente per quanto riguardava le frustate.

Papà prese la verga di nocciolo dallo scaffale più alto. La teneva lassù da quando la piccola Peggy aveva buttato quella vecchia nel fuoco, riducendola in cenere.

«Da te, figlia mia, preferirei udire mille amare e dure verità piuttosto che una sola innocua e gradevole menzogna» disse, e poi si chinò e cominciò a percuoterle le cosce con la verga di nocciolo. Zip zip zip, la piccola Peggy le contò una per una, e ciascuna la feriva fino al cuore da quant’erano piene di rabbia. Peggio che mai, sapeva che tutto ciò era profondamente ingiusto, poiché anche stavolta la fiamma vitale di suo padre divampava per un motivo completamente diverso. Quel suo odio per la malvagità scaturiva sempre dal suo ricordo più segreto. La piccola Peggy non ci capiva molto, perché era tutto così contorto e confuso, e nemmeno papà se lo ricordava molto bene. Tutto ciò che la piccola Peggy riusciva a vedere con chiarezza era che c’entrava una signora, e che quella signora non era la mamma. Ogni volta che qualcosa andava storto, papà pensava a quella signora. Quando la piccola Missy era morta senza alcun motivo, e poi anche l’altra bambina che si chiamava Missy pure lei era morta di vaiolo, e poi la volta che il fienile era andato a fuoco e una vacca era morta, tutto quello che andava storto lo faceva pensare a quella signora e lui cominciava a dire quanto detestasse la malvagità, e la verga di nocciolo volava ch’era un piacere.

Preferirei udire mille amare e dure verità, questo aveva detto, ma la piccola Peggy sapeva che esisteva una verità che egli non avrebbe mai voluto sentirsi dire, e che lei non gli avrebbe mai urlato in viso a costo di fargli spezzare la verga di nocciolo, perché ogni volta che pensava di accennare a quella signora continuava a vedersi davanti suo padre morto, e questa era una cosa che lei sperava di non veder mai succedere. Oltre a ciò, la signora che ossessionava la fiamma vitale di papà non aveva vestiti, e la piccola Peggy sapeva che se avesse parlato di gente nuda sarebbe stata frustata di sicuro.

Perciò si prese le frustate e pianse fino a sentirsi il moccio in gola. Subito dopo papà uscì dalla stanza, e la mamma rientrò a preparare la colazione per il fabbro, gli ospiti e gli uomini di fatica, ma nessuno le rivolse la parola, come se niente fosse accaduto. Per un minuto pianse ancora più forte, ma senza risultato. Alla fine prese il suo Bugy dal cestino del cucito e a gambe rigide andò alla capanna del nonno e lo svegliò.

Come sempre, il nonno ascoltò attentamente il suo racconto.

«La conosco, quella Maria la Sanguinaria» commentò alla fine, «e a tuo padre gliel’avrò detto cinquanta volte, mica una, di tirargli il collo, a quella gallina, e farla finita. È una bestiaccia lunatica. Più o meno una volta la settimana le prende la pazzia e rompe tutte le uova che ha nel nido, anche quelle pronte a schiudersi. Ammazza i suoi stessi pulcini. E chi uccide i propri figli può essere solo un pazzo».

«A momenti papà ammazzava me» disse la piccola Peggy.

«Se riesci ancora a camminare, non può essere poi così grave».

«Non è che cammini granché bene».

«Certo, è possibile che tu rimanga storpia per sempre» osservò il nonno. «Ma capisci, per come la vedo io, tuo padre e tua madre adesso non ce l’hanno tanto con te, quanto l’uno con l’altra. Perché non te la svigni per un paio d’ore?»

«Vorrei potermi trasformare in uccello e volare via».

«Ma se non puoi farlo, la cosa migliore è andare in un posto segreto dove a nessuno venga in mente di venirti a cercare» le consigliò il nonno. «Tu ce l’hai un posto così? No, non dirmelo… se lo riveli a qualcuno, anche a una persona sola, sciupi tutto. Vai in quel posto per un po’. Purché sia un posto sicuro, non là fuori nella foresta, dove qualche Rosso possa prendersi per ricordo i tuoi bei capelli, e non troppo in alto, da dove tu possa cadere, e non troppo stretto, dove tu possa restare incastrata».

«È grande e in basso e non è nella foresta» disse la piccola Peggy.

«E allora vacci, Maggie».

La piccola Peggy fece la faccia che faceva sempre quando il nonno la chiamava in quel modo. Alzò Bugy e con la vocetta stridula di Bugy disse: «Si chiama Peggy».

«Vacci, Piggy, se preferisci essere chiamata così…».

La piccola Peggy sbatté Bugy sul ginocchio del nonno.

«Un giorno o l’altro Bugy lo farà una volta di troppo, si sventrerà e morirà» disse il nonno.

Ma Bugy continuò a ballonzolargli imperterrito sul viso insistendo: «Non Piggy, Peggy!».

«D’accordo, Puggy, va’ in quel posto segreto e se qualcuno dirà che bisogna trovare quella bambina, io dirò che so dov’è e che tornerà quando si sentirà pronta».

La piccola Peggy corse alla porta della capanna, poi si fermò e si voltò. «Nonno, sei l’adulto più buono del mondo».

«Tuo padre non la pensa così, ma credo dipenda da un’altra verga di nocciolo alla quale ho dato mano un po’ troppo spesso. E adesso fila».

La piccola Peggy si fermò di nuovo un istante prima di chiudere la porta. «Sei l’unico adulto buono!» Lo urlò proprio forte, quasi sperando che la potessero udire fin da dentro la casa. E poi se ne andò di corsa, attraverso il giardino, laggiù oltre il prato sul quale pascolavano le mucche, e poi su per il pendio boscoso, fino ad arrivare sul sentiero che portava al deposito costruito sulla sorgente.

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